tra necessità e libertà
7. La differenza sessuale e la singolarità
Nella misura in cui l’interrogare della differenza sessuale è inag-girabile, allora nessuno può sfuggire a esso: riguarda ciascuno e ciascuna. È un interrogare che tocca ciascuno e ciascuna nella sua singolarità in quanto è nella sua propria singolarità che ciascuno e ciascuna ha da interpretare esistenzialmente il suo essere uo-mo o donna, nella sua vita in generale e in ogni data situazione. Quanto appena rilevato in maniera formale e dunque nella sua validità generale, sulla connessione che dalla questione della dif-ferenza sessuale porta alla singolarità della risposta e dunque al te-ma stesso della singolarità, richiede per lo meno due glosse per es-sere compreso adeguatamente.
La prima glossa intende bloccare una lettura neutralistica del ri-lievo precedente, una lettura che prefi gurasse il campo come co-stituito, da un lato, dalla molteplicità delle singolarità e, dall’al-tro, dal monolite concettuale denominato ‘differenza sessuale’. In realtà, ‘differenza sessuale’ è un nome di comodo per indicare sia la differenza femminile, sia la differenza maschile, o meglio, l’es-ser donna in un mondo di donne e uomini e l’esl’es-ser uomo in un
45 Wanda Tommasi lavora su una domanda simile alla prima citata applicandola al suo dedicarsi alla fi losofi a e al dedicarsi alla fi losofi a da parte di altre donne nel saggio: W. Tommasi, La tentazione del neutro, in Diotima (a cura di), Il pensiero della differenza
sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, pp. 81-103; cit. pp. 85-87. Per quanto riguarda
l’assunzione maschile dell’ultima domanda citata, si veda ancora: Seidler, Riscoprire la
mascolinità: sessualità, ragione, linguaggio.
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mondo di donne e uomini – quest’ultima formulazione ostacola l’insorgere dell’altro errore, quello di intendere la differenza ma-schile e la differenza femminile come due monoliti teorici del tut-to isolati. La molteplicità di singolarità è dunque una molteplici-tà di donne e uomini, ciascuna e ciascuno interrogato immediata-mente dalla sua differenza sessuale e, attraverso di essa, da quella degli altri e delle altre.
In questo quadro più preciso diventa fi nalmente possibile por-re due domande essenziali: la prima chiede se la diffepor-renza ma-schile interroghi gli uomini come la differenza femminile interro-ga le donne o se non esista invece un’asimmetria tra le due diffe-renze. In questo secondo caso, l’interrogazione non sarebbe solo contenutisticamente diversa, ma formalmente identica, bensì sa-rebbe, almeno in parte, anche formalmente differente. Nel sag-gio presente, ho descritto quel tratto in cui, comunque, le due in-terrogazioni sarebbero formalmente identiche, ma non intendo escludere che quel tratto non sia il tutto della loro struttura for-male e che dunque le due interrogazioni abbiano anche qualcosa della loro forma che le differenzia. Se, ad esempio, emergesse la centralità del rapporto alla propria madre nella formazione tanto delle donne, quanto degli uomini, si troverebbe qui il fondamen-to di un’asimmetria: quella formulabile come ‘essere o non esse-re dello stesso sesso della madesse-re’46. In un caso, l’interrogare della propria differenza si solleverebbe dal e articolerebbe nel rappor-to con una singolarità dello stesso sesso, nell’altro in un rapporrappor-to con una singolarità dell’altro sesso: avremmo a che fare con un ar-ticolarsi dell’interrogazione, formalmente differente47.
La seconda domanda che diventa formulabile nel quadro
trac-46 Sebbene il presente capitolo lasci semplicemente aperto lo spazio all’ipotesi appena prospettata e non l’affermi come tesi, è opportuno osservare che non è formulabile un’ipotesi alternativa centrata sul padre. Ciò non solo e tanto perché la funzione ma-terna sia più importante della funzione pama-terna, quanto piuttosto perché la funzione materna è legata al sesso femminile (ad esempio per la gravidanza e l’allattamento) più di quanto la funzione simbolica paterna, sia essa defi nita come la posizione di colui che dà la legge al desiderio o come la posizione di colui che semplicemente collabora con la madre nel prendersi cura del fi glio o della fi glia, sia legata al sesso maschile. Quanto poi al padre biologico, che, ovviamente, non può che essere un uomo, costui può essere qualcuno il cui rapporto col fi glio o la fi glia si riduce all’aver dato il seme.
47 Sebbene non formulata in questi esatti termini, mi pare che l’ipotesi appena pro-spettata corrisponda a una delle tesi centrali del libro di L. Muraro, L’ordine simbolico
della madre.
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ciato all’inizio di questa prima glossa è questa: se la differenza ses-suale, articolandosi in differenza femminile e differenza maschile (simmetriche o meno che siano tra loro), interroga le singolarità e dunque è esistenzialmente interpretata da ciascuna, che natura ha un discorso astratto sull’esser donna o uno altrettanto astrat-to sull’esser uomo? Chi afferma che la questione della differenza sessuale si gioca nella singolarità dell’interpretazione esistenziale, può poi avanzare tesi generali sull’essere uomo o l’essere donna?
Evidentemente, degli uomini si può per lo meno dire che so-no coloro che, per il loro corpo, soso-no innanzitutto interrogati dal-la differenza maschile e delle donne si può per lo meno dire che sono coloro che, per il loro corpo, sono innanzitutto interrogate dalla differenza femminile; gli uni sono coloro che interrogano il loro desiderio essendo interrogati innanzitutto dal loro esser uo-mini, le altre sono coloro che interrogano il loro desiderio essen-do interrogate innazitutto dal loro esser essen-donne. Questa determi-nazione generalissima e formale (e, in questo senso, astratta) con-segue dal discorso fatto fi no a ora, non possiamo trattenerla: essa può esser complicata dall’introduzione dell’asimmetria ipotizza-ta poco fa, ma, in qualche modo, resipotizza-ta valida. Ebbene, ipotizza-tale deter-minazione formale è perfettamente compatibile con il riconosci-mento della molteplicità di modi di interpretare il proprio esser donna da parte delle donne e il proprio esser uomo da parte de-gli uomini; anzi, porre quella determinazione non solo è compati-bile con quel riconoscimento, ma è la condizione di possibilità di esso giacché, con quella determinazione, viene aperto il campo al-la potenziale e reale molteplicità delle interpretazioni esistenziali offerte in risposta all’interrogare della differenza.
Si noti: la molteplicità delle interpretazioni dell’esser donna offerte dalle donne e la molteplicità delle interpretazioni dell’es-ser uomo date dagli uomini potranno esdell’es-sere raggruppate in tipi e si potranno far emergere delle comunanze: molte donne agi-scono il loro esser donne così e così, per lo più gli uomini pra-ticano ed elaborano la differenza maschile in questo o quest’al-tro modo ecc. Tutto ciò non è impossibile, anzi, il quadro traccia-to rende concepibile il produrre siffatte ricerche e l’ottenere ri-sultati consimili, ma, in più, evita che tutto questo sia inteso come la scoperta dei tratti che ‘defi niscono’ l’esser uomo o l’esser don-na. Nel quadro tracciato, ciò che di singolare ha la risposta di cia-scuno e ciascuna non è pensato come qualcosa che si aggiunge,
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dall’esterno, all’essere uomo o donna, a sua volta pensato come una determinazione fi ssa e dal contenuto defi nito: invece, la sin-golarità della risposta di ciascuno e ciascuna articola e singolariz-za il suo esser uomo o donna48. Con la terminologia della tradizio-ne aristotelico-tomistica, potremmo dire che i predicati ‘esser uo-mo’ e ‘esser donna’ non si attribuiscono univocamente, come pre-dicati di genere, bensì analogicamente, nel rispetto della singola-rità dell’interpretazione esistenziale che a essi è offerta da ciascu-no o ciascuna49.
La seconda glossa da apporre alla sottolineatura del
movimen-48 Il punto qui è insomma mostrare che pensando la differenza sessuale come un si-gnifi cante si lascia aperta la possibilità, che da un punto di vista teoretico è giustamen-te subordinata, di compiere, sulla base di ricerche empiriche, delle generalizzazioni (del tipo: «Per lo più gli uomini…», «Più per donne che per uomini irrinunciabile è…» ecc.), ma si evita di cadere nell’essenzialismo di genere. Proprio difendendosi dall’accusa di produrre una concezione essenzialista dell’esser donna, accusa di sa-pore postmoderno, Luisa Muraro compie alcune osservazioni sul signifi cato della parola ‘donna’ che meritano di essere lette perché aiutano a comprendere che cosa sia o possa essere l’interpretazione esistenziale della propria differenza sessuale: «Il problema del signifi cato di questa parola esiste, lo riconosco, ma noi (intendo: noi che siamo d’accordo sulla possibilità di un senso libero della differenza sessuale) lo affrontiamo praticamente; per noi l’essenzialismo non è un errore, non è un peccato, ma una sfi da e una lotta. […] Nel senso di lottare contro la fi ssazione ad una deter-minata idea, contro la subordinazione a un modo di pensare, contro l’idealizzazione di una risposta, per quanto buona. In positivo si tratta di lottare perché ogni singola, dal concreto della sua esistenza, trovi le forze materiali e simboliche per signifi care quello che lei è, e comunicare quello che le capita di vivere o di desiderare, con paro-le che sente fedeli. Paroparo-le che si sente autorizzata a sostenere (e, in caso, a cambiare) sia che parli con sua madre, con la sua prof., con le donne del suo gruppo, con il suo fi danzato, con la sua o il suo capo… insomma, lì dove il suo desiderio e le necessità della vita l’hanno messa. Dando così un senso nuovo e libero alla differenza di essere donna» (L. Muraro, Le donne pensano, «Via Dogana», 61, Libertà senza emancipazio-ne [2002], pp. 11-12; cit. p. 11).
49 L’idea di concepire come analogico sia il predicarsi di ‘esser donna’, sia il predi-carsi di ‘esser uomo’ – e non, si badi, il predipredi-carsi, interamente astratto, di ‘avere una differenza sessuale’, la devo a Luisa Muraro che ha scritto: «Le differenze tra le donne sbarrano la strada a chi, in passato come oggi, fa appello alla natura femminile come ad una possibile spiegazione dei comportamenti e delle vicende deteriori riferibili a donne, confi nando il meglio nell’eccezionalità. […] Nel linguaggio del cosiddetto femminismo della differenza, diciamo che sì, si può parlare della differenza femmi-nile come tale ed evitare, al tempo stesso, l’insorgere di un signifi cato non libero di essa [cioè non liberamente interpretato, ma fi ssato dall’esterno, da fuori del luogo dell’elaborazione esperienziale di ciascuna, ndc], alla condizione che di essa si parli come di un signifi cante, e delle donne al plurale o al singolare indeterminato, una donna, alcune donne, le donne, facendo sempre posto alle differenze tra loro. Mi chiedo se non sarebbe qui di aiuto la vecchia nozione di analogia entis» (Muraro,
In-tervento all’interno del forum: ‘Quale futuro per il pensiero femminile?’, p. 218).
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to concettuale che dalla differenza sessuale porta alla singolarità complessifi ca la prima secondo una meccanica che abbiamo già visto operare più volte nelle pagine precedenti: se la prima glos-sa forniva chiarimenti e delucidazioni sulla struttura eidetica del rinvio alla singolarità da parte della differenza sessuale, la secon-da considera quella struttura a partire secon-dalla situazione storica in cui oggi ci troviamo. Quest’ordinamento delle glosse non è l’uni-co possibile, né quello che rispecchia il movimento naturale del-l’esperienza: è infatti nella sua confi gurazione storica che noi in-contriamo la struttura ed è grazie a una certa confi gurazione stori-ca che qualcosa di strutturale si fa incontrare in modo pregnante.
Ebbene, la singolarità delle risposte alla questione della diffe-renza sessuale è un elemento strutturale che solo oggi, o oggi più di un tempo, diventa davvero visibile. È chiaro che le singolarità restano tali anche qualora offrano risposte stereotipate o perfet-tamente inquadrate nei reticoli predisposti dall’ethos dominante: due risposte assimilabili in quanto entrambe applicano mediazio-ni già a disposizione, o praticano ruoli defi mediazio-niti, restano pur sem-pre le risposte di due singolarità. Questo prova la validità di quan-to osservaquan-to nella prima glossa e, insieme, mette in guardia dal credere che ‘risposta singolare’ signifi chi sempre ‘risposta crea-tiva e capace di introdurre qualcosa di nuovo, capace di rivelare spazi di possibilità dimenticati’. Una risposta singolare è, in quan-to tale, una risposta che potrebbe essere creativa, ma non una che lo è necessariamente. D’altro canto, la singolarità della risposta di-viene particolarmente evidente quando la risposta singolare è una risposta creativa. Ebbene, le risposte creative, singolarmente crea-tive, sono ciò che oggi accade più spesso. O meglio, sono ciò a cui il presente chiama più di quanto non facesse il passato. La ragio-ne l’abbiamo già indicata: il sistema delle risposte già a disposizio-ne che si trattava solo di assumere e applicare è andato in crisi. Per quanto forte sia la tentazione di rinunciare al compito di far vive-re una propria singolarità cvive-reativa, per ottenevive-re in cambio il di più di sicurezza garantito dai modelli dati di interpretazione esi-stenziale e dalle identità immaginarie loro connesse, comunque oggi questa via non è praticabile come lo era in passato: la sua cri-si è anch’essa un dato d’esperienza.
L’attuale crisi di un ordine più o meno unitario di possibili ri-sposte alla questione della differenza innesca un moltiplicarsi di tali risposte: gli uomini e le donne si trovano così a esercitare più
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libertà, per lo meno nella scelta tra le molteplici possibilità, se non nell’invenzione di una propria traiettoria a partire dall’ela-borazione della propria situazione (includendo in essa non sol-tanto i dati evanescenti, ma anche ciò che caratterizza più profon-damente). Questo signifi ca che, nella circostanza attuale, la diffe-renza sessuale, da un lato, rivela in maniera pregnante il suo es-sere un signifi cante, dall’altro lo è in maniera più piena nella mi-sura in cui l’attività di pensiero e di signifi cazione che struttural-mente chiede ai singoli e alle singole non è innanzitutto presa in carico da una generica e anonima creatività sociale, ma da quella creatività sociale che è la stessa creatività della molteplicità degli uomini e delle donne.
Considerare la confi gurazione della circostanza storica attuale, comunque, consente di arricchire il discorso esposto nella prima glossa anche sotto altri rispetti: l’asimmetria nell’interrogazione della differenza femminile e della differenza maschile, che, nella delucidazione della struttura, abbiamo citato solo come un’ipote-si da verifi care, è pienamente affermabile come un dato della cir-costanza presente. Che la sfi da di inventare nuove mediazioni at-traverso cui vivere la propria differenza sessuale nei contesti più diversi senza rinnegarla sia una sfi da raccolta (e vinta) molto più spesso da donne che da uomini è un fatto attestato dalla sociolo-gia, ma attestabile anche da parte di chiunque50.
Infi ne, l’attenzione alle condizioni storiche che oggi favorisco-no e rendofavorisco-no più probabile l’accadere di interpretazioni esisten-ziali della propria differenza sessuale creative e dunque singola-ri in un senso non solo formale-strutturale ci consente, se non di affrontare, per lo meno di porre un problema fondamentale che non va taciuto e cioè quello che si chiede se non sia possibile dire nulla sul piano della struttura a proposito delle condizioni di pos-sibilità delle interpretazioni singolarmente creative. Insomma, vi sono o no specifi che condizioni che necessariamente caratteriz-zano le situazioni in cui accadono interpretazioni creative dell’es-ser donne o dell’esdell’es-ser uomini? Questa domanda, che pure lasce-remo aperta, è importante in quanto invita a indagare il nesso tra
50 In proposito, l’esempio paradigmatico è A. Touraine, Il mondo è delle donne (2006), tr. it. di M. Fiorini, Il Saggiatore, Milano 2009. Con particolare riferimento al contesto del lavoro, si veda pure: S. Bologna, Ceti medi senza futuro? Scritti, appunti sul lavoro e
altro, DeriveApprodi, Roma 2007.
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singolarità/creatività e relazioni interpersonali. Un’interpretazio-ne esistenziale creativa della propria differenza sessuale è, per lo meno, una che non si limita ad applicare un’elaborazione di quel-la differenza già messa a disposizione, o addirittura posta come destinazione, dalla cultura dominante: ebbene, si tratta ora di ca-pire se l’invenzione (sia nel senso di ritrovamento, sia nel senso di creazione) di un’elaborazione nuova e giusta sia o no qualcosa che non può non accadere all’interno di una relazione e, nel ca-so, in quale tipo di relazione: si tratta di una relazione quale che sia, oppure ha da essere una relazione di reciproco riconoscimen-to, in cui ciascuno o ciascuna porta e può portare nello scambio tutto ciò che è (la sua unicità), oppure, ancora, si tratta di una for-ma specifi ca di reciproco riconoscimento in cui è messa in gioco un’attribuzione di autorità o un affi damento? E, infi ne, questa re-lazione come è tagliata dalla differenza sessuale, è forse necessa-rio che l’altra singolarità sia dello stesso sesso perché dalla relazio-ne possa nascere un senso libero della propria differenza sessua-le? Oppure è necessario che l’altra singolarità sia dell’altro sesso? Oppure, ancora, dipende dalle circostanze storiche, per cui, dato il dominio patriarcale, alle donne è stato necessario trovare nel-le relazioni tra loro la possibilità di un senso libero del loro esser donne, a partire da cui incontrare ora anche gli uomini, mentre gli uomini si trovano oggi a non poter rimandare un confronto tra loro, ma in uno scenario in cui non è pensabile non cercare nuo-ve forme di relazionalità con le donne?51
51 C’è un livello di comprensione di quanto appena affermato che è legittimo e ap-propriato e che rivela immediatamente la verità della tesi: in una situazione in cui le elaborazioni e gli strumenti simbolici a disposizione erano viziati dal dominio ma-schile, è evidente che le donne non potessero che cercare nuove parole e la loro propria voce allontanandosi dai luoghi dove troppo forte era l’abitudine a prestarsi alle parole e alle modalità di pensiero e di relazione altrui; l’evidenza dell’opportu-nità di questa mossa, ovviamente, non cancella la sua dirompente novità e il coraggio di quelle che l’hanno compiuta. Davanti a quella situazione e al processo di dissolu-zione in cui essa sta rapidamente consumandosi, la posidissolu-zione maschile è, altrettanto evidentemente, differente : semplifi cando solo un poco, potremmo dire che qui non si tratta di trovare parole che siano fi nalmente le proprie, ma di trovarne di nuove non viziate dall’esercizio di un dominio; oppure, si tratta anche qui di trovare la propria voce, ma non in quanto voce fi nalmente non dominata, ma in quanto voce fi nalmen-te non esercitannalmen-te un dominio (e dunque assoggettata sì dal meccanismo del domi-nio, si veda in proposito la nota 20, ma in quanto occupante in esso la posizione del
dominus). Ora, data questa posizione differente rispetto a quella femminile, è chiaro
che il primo compito simbolico per gli uomini, compreso ovviamente il sottoscritto, è di ascoltare la voce femminile anche per trovare in essa, nel suo essere di donna, la
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Abbiamo tratteggiato il movimento teorico che da un’indagine sulla differenza sessuale porta a tematizzare la questione della golarità. Vale anche il movimento contrario: non c’è, infatti, sin-golarizzazione che non attraversi apertamente quell’inaggirabile che è la differenza sessuale52.
La parola ‘singolarità’ è virtuosamente ambigua e questo va tenuto presente. Da una parte essa indica sì l’individuo, un uo-mo, una donna, lo fa, però, invitando ad attivare la rifl essione af-fi nché l’intero paradigma teorico connesso al concetto di
indi-misura attraverso cui scoprire il loro, il nostro, essere una parte, il fatto che la nostra voce di uomini sia la voce di una parte. Mi pare comunque irrimandabile anche un secondo compito per gli uomini, opposto ma simmetrico al compito femminile, dalla