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Il signifi care della differenza sessuale e la sua norma

tra necessità e libertà

6. Il signifi care della differenza sessuale e la sua norma

Ho affermato che la differenza sessuale è fondamentale in quanto è inaggirabile e che è inaggirabile in quanto è una questione che interroga l’umana capacità e propensione a elaborare l’esperien-za al fi ne di rispondervi intellettualmente e praticamente. Che ta-le interrogare sia inaggirabita-le signifi ca che ogni nostro atteggia-mento risente, più o meno direttamente e per vie più o meno di-rette, della interpretazione esistenziale che ciascuno offre della differenza sessuale, la sua e quella altrui; anzi, è più esatto dire che in ogni atteggiamento di ciascuno o ciascuna si esemplifi ca e articola, in modo più o meno intenso, questa sua interpretazio-ne. Questa interrogazione per lo più non è esplicita, ma una sua formulazione esplicita può essere questa: ‘Che cosa signifi ca, per me che sono una donna, essere una donna, qui e ora e in genera-le?’, ‘Che cosa signifi ca, per me che sono un uomo, essere un uo-mo, qui e ora e in generale?’ – dove la locuzione ‘qui ed ora’ può indicare la situazione più diversa, da quella in cui si ha di fronte una persona dell’altro sesso, a quella in cui ci si rivolge a Dio in preghiera.

Questa domanda non è solo una domanda di verità, ma come ogni interrogazione esistenziale si rivolge tanto alla verità, quanto alla libertà: il signifi cato intorno a cui chiede è uno che va, insie-me, trovato e inventato. Questo annodamento non può essere ri-costruito e compreso se si muove dagli elementi di esso dopo aver-li preventivamente isolati: va, invece, riconosciuta a esso un’origi-narietà, l’originarietà dell’atto che è la risposta creativa (libera)

stessa. Comunque sia, questa strategia di risposta, evidentemente plausibile, resta qui solo il contenuto di un’ipotesi.

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all’esperienza in cui si riconosce la propria verità. La differenza sessuale chiede un tale atto, chiede a ciascuno e a ciascuna di in-ventare un’elaborazione di ciò che trova in sé e intorno a sé e che si articoli sia in parole, sia in azioni e comportamenti, attraverso cui vivere il proprio essere donna o uomo. La differenza sessuale chiede un tale atto in un modo che non è quello in cui lo chiedo-no la maggior parte degli altri tratti che caratterizzachiedo-no di fatto cia-scuno e ciascuna: per quanto si abbia da interpretare esistenzial-mente il proprio esser italiano/a piuttosto che francese, tale que-stione non ha la fondamentalità della queque-stione della differenza sessuale. La ragione di questo squilibrio andrebbe indagata, ma innanzitutto occorre che questo squilibrio sia riconosciuto come un dato, un dato ovvio.

La differenza sessuale chiede di essere esistenzialmente inter-pretata e lo chiede in un modo, che abbiamo defi nito ‘inaggira-bile’, per cui non c’è un nostro disporsi pratico o intellettuale, in rapporto agli altri o al mondo, che non risenta di questa interpre-tazione esistenziale. In questo senso, la differenza sessuale è un propulsore di signifi cazioni (un signifi cante), cioè di elaborazioni pratiche e intellettuali, innanzitutto dell’esperienza del proprio esser sessuati e, di conseguenza, di ogni altra esperienza in quan-to è un’esperienza che coinvolge un essere sessuaquan-to, uomo o don-na. Queste signifi cazioni sono da inventare, giacché in esse si eser-cita la libertà degli uomini e delle donne, ma non sono arbitarie. Queste signifi cazioni sono da scoprire, giacché in esse deve trova-re parola e articolazione ciò che nell’esperienza è dato (l’imme-diato), tuttavia non sono esse semplicemente un dato, cose a cui il pensare deve semplicemente fare spazio. A partire da questo an-nodamento, che più sopra abbiamo chiamato ‘doppio vincolo’, si apre forse la possibilità di pensare all’interpretazione esistenziale come a qualcosa che nel suo interno ospita una misura cui ha da corrispondere. Parlando di fedeltà alla verità e alla libertà prima ho alluso a questo tentativo di corrispondere a una misura; cuno potrebbe anche determinare questa misura come una qual-che forma di coerenza. Certo è qual-che aprire lo spazio a una tale mi-sura comporta rendere pensabile l’eventualità di un’interpreta-zione esistenziale difettiva, smisurata – in qualche modo infede-le, in qualche modo incoerente. Si riapre con ciò lo spazio per un disciplinamento, una regolamentazione delle signifi cazioni inne-scate dall’interrogare della differenza sessuale?

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La risposta sarebbe affermativa se e solo se non ci fosse altro modo di concepire la misura che non fosse il concepirla come una regola, cioè come una norma il rispetto o non rispetto della quale necessariamente non è discriminabile solo da chi compie l’atto che a essa è commisurato. Se c’è una regola, la sua pretesa applicazione non può essere valutabile come corretta o scorret-ta solo da parte di chi la realizza, «altrimenti credere di seguire la regola sarebbe la stessa cosa che seguire la regola»44, cioè non si potrebbero distinguere le due cose e il concetto stesso di rego-la sarebbe inapplicabile. Ora, se ci fosse una regorego-la che defi nis-se quali interpretazioni esistenziali della differenza nis-sessuale sono difettive (infedeli, incoerenti o altro ancora), allora esisterebbe lo spazio logico del giudice di quelle interpretazioni, esistereb-be cioè la possibilità che quelle interpretazioni fossero giudica-te come misuragiudica-te o difettive anche da qualcun altro oltre colui o colei che le ha compiute. Questa conseguenza, che, va notato, di per sé non dice che sarebbe un altro essere umano che potrebbe occupare il posto del giudice, cade se si mostra che quella misu-ra interna non ha la natumisu-ra di una regola e dunque se si elabomisu-ra un’idea di normatività o di ordine diversa da quella che si realiz-za nelle regole. È possibile questo? Solo la regola pone un limi-te all’arbitrio, pone un limilimi-te alla capacità inventiva impedendo-le di farsi arbitrio?

Visto che il quadro tracciato consente e anzi invita a formular-le, non volevo che queste domande restassero non formulate, seb-bene ora non possa far altro che formularle. Il quadro che con-sente di formularle è quello che pone la differenza sessuale come un signifi cante, come una questione che, da un lato, chiede signi-fi cazioni che la elaborino e, dall’altro, non è indifferente alle altre elaborazioni che riguardano il resto che si fa incontro nell’espe-rienza, ma anzi rende legittimo chiedere come queste altre ela-borazioni stiano in rapporto con quella prima, l’elaborazione del proprio essere donna o uomo (‘Che cosa c’entra il mio esser don-na con il mio comportarmi così e così in questa tal circostanza? Dove l’ho messo?’, ‘In che rapporto sta l’atteggiamento che assu-mo in quel tipo di situazioni con il mio essere uoassu-mo? Quanto

pe-44 L. Wittgenstein, Ricerche fi losofi che (1953), tr. it. di R. Piovesan - M. Trinchero, Einau-di, Torino 1995, p. 109 (§202).

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sano in esso le aspettative connesse all’essere uomo che ho fatto mie nell’interpretare esistenzialmente il mio esser uomo?’)45.

È nell’essere un inaggirabile propulsore di signifi cazioni che ho posto la radice della fondamentalità che appartiene alla differen-za sessuale rispetto alle altre determinazioni che ci caratterizdifferen-zano. Questo signifi ca che la differenza sessuale, l’essere donne, l’esse-re uomini, è fondamentale in quanto è generativa, ma è generati-va, prima di tutto, in quanto è generativa di pensieri, cioè di paro-le e di comportamenti – ad esempio, quelparo-le paroparo-le e quei compor-tamenti attraverso cui si risponde alla nascita di un fi glio o di una fi glia e la si rende così un effettivo ‘venire al mondo’.