• Non ci sono risultati.

dell’esperienza

Ho affermato che l’attuale crisi del sistema patriarcale e il femmi-nismo, che è sia con-causa di quella crisi, sia principale centro di elaborazione e rifl essione su di essa, sono le condizioni di emer-genza della questione della differenza sessuale come questione di primo piano da un punto di vista storico-sociale. Tale questio-ne emerge dapprima con queste fattezze: diviequestio-ne evidente il fat-to che la tradizione ci ha consegnafat-to le più importanti fi gure del-l’esperienza umana quali la libertà, i vari tipi di legami e rapporti, la fede religiosa, l’impegno politico, la distinzione tra pubblico e privato, il lavoro, le pratiche di sapere ecc. all’interno di inquadra-menti su cui pesa il dominio di un sesso sull’altro, in cui il libero esprimersi della differenza sessuale non trova il suo spazio giusto – ciò, ovviamente, vale in particolare per la differenza femminile, ma, in un certo senso, anche per quella maschile che, nella misu-ra in cui si esprime esercitando un dominio, è cattumisu-rata essa stessa da quel modo fossilizzato di signifi carsi che è il dominare20. Il di-venire evidente di questa dominanza, cioè il didi-venire evidente che l’ordine simbolico patriarcale è piuttosto un dis-ordine, è il dive-nire irrimandabile del compito di elaborare nuove articolazioni e interpretazioni, pratiche oltre che teoriche, di quelle fi gure espe-rienziali: articolazioni e interpretazioni che non portino il segno di una violenta cancellazione della verità della differenza sessuale, ma che invece rivelino come l’umanità sia fatta di uomini e don-ne, innanzitutto essendo espressione di ragionamenti ed elabora-zioni compiuti, insieme e no, da uomini e da donne.

La questione della differenza sessuale si presenta, dunque, co-me il compito per gli uomini e per le donne di signifi care e risi-gnifi care le loro esperienze e le fi gure intorno a cui queste si

coa-20 Che la relazione di dominio non sia una di cui si dispone, ma una che invece di-spone di coloro che vi partecipano è uno dei temi su cui più ha pensato Simone Weil, che elabora tale relazione come un tipo di rapporto centrato sulla forza: cfr. S. Weil,

L’Iliade poema della forza, in Id., La Grecia e le intuizioni precristiane, Borla, Torino 1967,

pp. 9-41; cit. p. 31. Va notato che l’articolazione weiliana del rapporto di dominio non è assimilabile a quella già roussoniana e poi ripresa da Hegel, secondo cui «chi si crede padrone degli altri, è nondimeno più schiavo di loro» in quanto dipende dal loro riconoscimento deferente e dai loro servizi (la citazione costituisce la seconda frase del primo capitolo de Il contratto sociale ; cfr. J.-J.Rousseau, Il contratto sociale, tr. it. di M. Garin, Laterza, Bari 1997, p. 5.)

03_Fanciullacci.indd 17

gulano, in modo libero. Si tratta di un lavoro, già cominciato, che si muove all’interno di un doppio vincolo: da un lato si misura e orienta sulla verità delle esperienze, che si tratta di dire e di ren-dere dicibili, dall’altro è preso dall’esigenza di restare fedele a quell’evento dato dal porsi della libertà femminile e dal conse-guente rivelarsi parziale e violento del precedente ordine di signi-fi cazione dell’esperienza.

Sebbene tornerò in seguito sul doppio vincolo appena evocato, conviene dedicare a esso alcuni chiarimenti. Le svariate situazioni in cui ciascuno o ciascuna si trova, di volta in volta, coinvolto/a ri-chiedono a costui o a costei una risposta, ma tale risposta dipende da come la situazione esperita è elaborata, inquadrata, signifi ca-ta. L’elaborazione esperienziale è, in una certa accezione di ‘espe-rienza’, qualcosa di esterno all’esperienza – si tratta del senso per cui l’esperienza è ciò che l’elaborazione elabora –, ma, in un’acce-zione più profonda, è un momento dell’esperienza stessa, concre-tamente intesa. È possibile non esaminare nel dettaglio ora que-sto rapporto di inclusione/esclusione21.

Nonostante che esista un livello di descrizione in cui è corretto dire che l’elaborazione della propria esperienza appartiene sem-pre al soggetto di quell’esperienza, cioè è qualcosa di cui lui o lei può aver da rispondere, è vera anche la descrizione che dice che l’elaborazione esperienziale è qualcosa in cui il soggetto dell’espe-rienza non è colui o colei che parla, bensì chi è parlato. La verità colta da questa seconda descrizione può essere espressa anche

co-21 La concezione, che ho appena richiamato, dell’esperienza come immediatezza e, insieme, come movimento di mediazione di quell’immediatezza mi pare simile a quella che ritrovo in particolare nel primo capitolo del volume, appena pubblicato mentre scrivo, di F. Botturi, La generazione del bene. Gratuità ed esperienza morale, Vita e Pensiero, Milano 2009. Su questo implesso, si vedano anche: G. Giannini, La nozione

di esperienza. Implicazioni fi losofi che ed esistenziali, Città Nuova, Roma 1987; A. Grillo, Teologia fondamentale e Liturgia. Il rapporto tra immediatezza e mediazione nella rifl essione teologica, Edizioni Messaggero, Padova 1995. In attesa di ritornare tematicamente, in

un futuro lavoro cui mi sto dedicando, su quanto ora ho solo accennato, posso per lo meno elencare i nomi di coloro il cui lavoro sulla nozione di esperienza è stato de-cisivo per me e per la concezione che in questo scritto faccio valere: Hegel, Adorno, Barth, Sartre, Gadamer, Bontadini e Muraro. Va inoltre osservato che il concetto di esperienza è tra quelli su cui si gioca una delle sfi de teoriche più importanti per il femminismo della ‘seconda ondata’ e prima ancora per il pensiero femminile: si veda in proposito il volume di A. Buttarelli - F. Giardini (a cura di), Il pensiero dell’esperienza, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2008 e, inoltre, T. De Laurentis, Sui generis. Scritti di

teoria femminista, Feltrinelli, Milano 1996, pp. 99-130.

03_Fanciullacci.indd 18

sì: il complesso degli strumenti simbolici, parole e concetti, che ri-corrono in un’elaborazione e le regole sintattico-grammaticali se-condo cui gli elementi di quel complesso possono essere connessi per formare quell’elaborazione sono cose presupposte e non di-pendenti dal concreto lavoro che colui o colei che ha da risponde-re dell’elaborazione della sua esperienza può compierisponde-re singolar-mente. Questa osservazione non esclude l’esistenza di quel margi-ne di creatività grazie a cui un soggetto può plasmare nuovi con-cetti o nuovi principi di connessione: questa creatività è, anzi, pro-prio quella invocata oggi dalla questione della differenza sessua-le e dalla crisi del patriarcato. D’altro canto, il riconoscimento di questo margine non arriva a negare che, quale che sia la creativi-tà di cui qualcuna o qualcuno è capace, essa comunque opera su e a partire da un linguaggio ricevuto. Alla luce dei chiarimenti of-ferti si può vedere in che senso il soggetto dell’esperienza è e non è il soggetto dell’elaborazione della sua esperienza: lo è innazitut-to in quaninnazitut-to non può che essere lui o lei a rispondere di tale ela-borazione (e anche in quanto costui o costei può aver investito in essa la sua creatività e la sua capacità di invenzione simbolica), ma non lo è in quanto ciò di cui risponde non dipende interamente da lui o da lei, ma è, almeno in parte, ricevuto.

Ora, un’elaborazione esperienziale misura se stessa sull’espe-rienza che elabora: ha da cogliere la verità di quest’espesull’espe-rienza. La norma del vero è dunque operante e costituisce il primo dei due vincoli più sopra evocati con l’espressione ‘doppio vincolo’. (Che la norma del vero non operi qui in maniera semplice lo si può intuire anche solo non cedendo a esemplifi cazioni troppo ba-nali: elaborare la propria esperienza non signifi ca solo, né innan-zitutto, riconoscere che piove quando piove, ma signifi ca anche comprendere, o almeno non fraintendere, la situazione in cui si è coinvolti, riconoscere le linee di forza secondo cui si dispongono e ordinano gli elementi di essa).

Per cogliere il sorgere del secondo vincolo, occorre tener pre-sente che la soggettività non è solo un’apertura esperienziale, uno sguardo sul mondo, ma è anche libertà: può disporsi variamente in relazione a ciò che le si fa incontro e se alcuni modi di dispor-si contraddicono e deturpano la verità di quanto esperito, ciò non signifi ca che vi sia un solo modo di non operare tale violenza. In-somma, il rispetto della norma del vero lascia ancora ampi margi-ni all’invenzione soggettiva ed è in questi margimargi-ni che sorge o può

03_Fanciullacci.indd 19

sorgere il secondo vincolo. A differenza della norma del vero che è riaffermata anche da chi tenta di negarne il valore, il secondo vincolo non è strutturalmente operativo, ma lo diventa quando si dà l’evento a cui è riferito: il secondo vincolo, infatti, è quello che chiede che la risposta di ciascuno/a all’evento in cui è coinvol-to/a sia all’altezza dell’evento stesso. Chi è coinvolto da un even-to, chi liberamente riconosce in un accadimento un crinale, cioè qualcosa di cui non può più non tener conto nell’elaborare la sua esperienza e nel rispondere alle situazioni che attraversa, costei o costui per ciò stesso si riconosce legato a un nuovo vincolo: delle sue elaborazioni esperienziali e delle sue risposte pratiche si potrà misurare la fedeltà all’evento.

Nel presente discorso, l’evento è la presa di parola da parte delle donne e la conseguente emersione della differenza sessuale, cioè del fatto che la soggettività (l’agire e il pensare libero) è eser-citata sia da uomini, sia da donne, è questione sia di uomini sia di donne: è attraversata dalla differenza sessuale22. Come vedre-mo, la fedeltà a questo evento e dunque il legarsi al doppio vinco-lo non sono atteggiamenti dal signifi cato generale e astrattamen-te enucleabile, ma vanno inastrattamen-terpretati da ciascuno e ciascuna. Ri-conoscersi legati al doppio vincolo non signifi ca dunque misurar-si sulla verità, attivando nel contempo un astratto rispetto per la libertà delle donne: con la consapevolezza che si sta solo varian-do una formula il cui signifi cato è come una freccia che indirizza verso le singolarità e dunque ciascuno o ciascuna verso la sua pro-pria esperienza, potremmo piuttosto dire che riconoscere il

dop-22 Il rapporto tra l’evento e la verità è complesso: da un lato, prendendo la parola, le donne assumono la posizione di soggetti di enunciazioni e questa, il loro esser sog-getti, diventa una verità constatabile, dall’altro lato, questa verità non diventa un fatto del passato in quanto le donne continuano a esercitare la loro soggettività e dunque prolungano l’evento – in questo senso, quella verità chiede più che una mera consta-tazione. Questa prima tensione andrebbe approfondita considerando che anche que-gli uomini che ora prendono la parola riconoscendo che la soggettività è attraversata dalla differenza sessulale testimoniano una loro fedeltà all’evento del femminismo. Il rap-porto tra verità ed evento, comunque, è attraversato anche da una seconda tensione: da un lato, prendendo la parola, le donne rivelano che la soggettività (il pensiero, la libertà) è da sempre una questione sia di uomini sia di donne, dall’altro, questa verità, proprio mentre rivela come ideologiche le antiche limitazioni alla libertà femmini-le, indica pure la necessità di comprendere più a fondo il rapporto tra essere una soggettività ed esercitare concretamente la propria soggettività, nonché tra essere una soggettività e avere intorno delle condizioni socio-simboliche che ostacolano o favoriscono l’esercizio di essa.

03_Fanciullacci.indd 20

pio vincolo signifi ca rispondere alla verità della situazione esperi-ta in un modo che consenesperi-ta anche un esercizio e un incremen-to della propria singolare libertà di uomo o donna che vive in un mondo di donne e uomini.

Ebbene, se la questione della differenza sessuale si presenta dap-prima come una questione che invoca un’impresa di signifi cazio-ne e, soprattutto oggi, di risignifi caziocazio-ne dell’esperienza (cioè di invenzione di nuovi strumenti per elaborare situazioni talvolta an-che antian-che), allora la differenza sessuale, l’essere donne oppure uomini, non può che avere qualcosa a che fare con l’umana capa-cità di signifi cazione, con l’umana capacapa-cità di elaborare e porta-re a parola l’esperienza, di mediaporta-re l’immediato per proteggerlo, per elaborarlo o per modifi carlo. Qual è dunque esattamente il modo in cui la differenza sessuale, il proprio essere una donna op-pure un uomo, ha a che fare con la propria capacità di pensare e dire la verità, sia essa la verità su ciò che non può venir meno, op-pure la verità su ciò che avrebbe potuto non accadere, ma che di fatto accade sempre, oppure la verità su ciò che è nuovo e che per questo innesca il pensare (la sua novità, infatti, lo rende inafferra-bile attraverso la semplice applicazione degli strumenti di pensie-ro già a disposizione), oppure infi ne, la verità sull’umana capaci-tà di far accadere qualcosa di nuovo?

Se è possibile leggere i saggi scritti per questo volume come tentativi di affrontare, direttamente o indirettamente, tale do-manda, qui vorrei invece dedicarmi a difendere una tesi prelimi-nare: nella capacità che la propria differenza sessuale possiede di innescare, risvegliare, dare nuovo impulso al proprio pensare, ca-pacità evocata nel titolo del volume con la locuzione ‘il signifi care della differenza’ che indica appunto nella differenza sessuale un signifi cante, un propulsore di signifi cazione, ecco, in questa capaci-tà sta la fondamentalicapaci-tà della differenza sessuale, la ragione più im-portante per dire che l’essere donna e l’essere uomo sono deter-minazioni fondamentali. Naturalmente, le modalità secondo cui opera questa capacità, propria della differenza sessuale, di ridesta-re e riattivaridesta-re il pensiero pensante non sono le stesse se la diffe-renza è quella femminile o quella maschile, ma questo, nello scrit-to presente, può essere solo detscrit-to in astratscrit-to. Ciò che invece può e deve essere ora chiarito è il senso secondo cui, nella tesi appe-na avanzata, ricorre la nozione di fondamentalità in relazione ai

03_Fanciullacci.indd 21

predicati ‘essere donna’, ‘essere uomo’ – questo mi darà, tra l’al-tro, l’occasione per offrire ulteriori chiarimenti sulla comprensio-ne della differenza sessuale come un signifi cante23.

4. La fondamentalità della differenza sessuale