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La differenza sessuale è un inaggirabile

tra necessità e libertà

5. La differenza sessuale è un inaggirabile

L’inaggirabile non è l’innegabile, cioè quello che non può esse-re negato perché la negazione che tentasse di investirlo si trove-rebbe per ciò stesso a investire almeno una delle proprie condi-zioni di possibilità e di riuscita. Si consideri l’atteggiamento intel-lettuale del negare: esso non smette di aver a che fare con ciò che nega, tale averci a che fare può essere semplicemente il negar-lo, quando la negazione riesce, oppure può essere il negarlo e in-sieme il presupporlo, e allora la negazione non riesce perché ap-punto ha tentato di investire l’innegabile. Questo ‘avere a che fa-re con qualcosa’, questo pfa-rendefa-re posizione su di esso, ad esem-pio negandolo, è ciò che ora ci interessa: quando su qualcosa si prende una qualche posizione, dirò che non lo si sta aggirando. In generale, l’inaggirabile è ciò che non si lascia aggirare da nessun atteggiamento, non solo da quelli che esplicitamente progettano

qualcosa che meriterà poi di esser chiamato ‘problema fi losofi co’. Guardandosi in-torno si ha l’impressione che esistano tre modi di praticare la fi losofi a: a) dedicarsi a un problema disinteressandosi del tutto o quasi dell’esperienza propria e altrui del mondo e degli altri; b) dedicarsi a un problema o magari a un astruso rompicapo cercando di persuadere se stessi e gli altri della sua vicinanza all’esperienza magari attraverso l’invenzione di storielle che dovrebbero indurre i loro lettori che certi puz-zle dell’ontologia o della logica sono effettivamente delle questioni ordinarie; c) cer-care nell’ordine delle urgenze costruito a livello massmediatico una scusa per potersi dedicare agli antichi problemi che appassionano, avendo però la certezza soggettiva di non essere disperso in un gioco autoreferenziale. Ecco, queste tre possibilità non sono davvero le uniche.

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di toglierlo, ma anche da quelli che sembrerebbero del tutto in-dipendenti e indifferenti a esso: quale che sia il modo in cui ci si dispone praticamente e intellettualmente in una data situazione, si è comunque presa posizione e ci si è disposti, non importa se con consapevolezza o meno, in relazione a quel che è inaggirabi-le. Così, inaggirabile è ad esempio la questione della propria mor-te: in tutto ciò che facciamo emerge, più o meno esplicitamente, il modo o i modi in cui ci disponiamo in rapporto a essa. Conside-riamo un altro esempio: la questione della trascendenza, ossia, la questione religiosa.

C’è stato un tempo, e forse questo tempo dura ancora, in cui la questione della trascendenza era esperienzialmente reale e in-terrogante per tutti e tutte: sia che si rispondesse con la fede, op-pure con un’attiva incredulità, opop-pure ancora con l’agnostica so-spensione del giudizio, comunque si prendeva una posizione in rapporto all’interrogare di quella questione. E questa presa di po-sizione pesava su e condizionava, sebbene non necessariamente in maniera lineare e prevedibile, il resto degli atteggiamenti nei con-fronti degli altri e del mondo. In questo senso, quella questione era un inaggirabile. Forse il tempo di quell’inaggirabilità dura an-cora o forse oggi si è profi lato nell’orizzonte d’esperienza un nuo-vo possibile atteggiamento che, a differenza di quegli altri, che certo ancora esistono e non sono marginali, davvero non si lascia interpretare come una presa di posizione in relazione alla que-stione della trascendenza: è quell’indifferenza radicale ma spon-tanea che proprio non avverte l’interrogare di quella questione. Anche questo atteggiamento, se esiste, può essere letto, dall’ester-no, come un disporsi nei confronti della possibilità della trascen-denza, ma, e questo è il punto, non come un disporsi nei confron-ti della quesconfron-tione della possibilità della trascendenza: è chiaro infat-ti che perché vi sia un disporsi nei confroninfat-ti di una quesinfat-tione è necessario che la questione sia avvertita dal soggetto stesso del di-sporsi. Comunque sia, al di là del problema se si sia o no forma-to, in società come la nostra, in cui la religione ha sempre avuto un peso importante, un tale atteggiamento di indifferenza e sor-dità spontanee, resta che per affermare che la questione religio-sa è un inaggirabile occorre capire se non posreligio-sano esistere società in cui la questione religiosa non è formulata per nulla. Ora, piut-tosto che esaminare quest’ultimo problema, osserviamo che esso non si individua in rapporto alla domanda sull’inaggirabilità

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la differenza sessuale: è chiaro infatti che lo stesso darsi di due ses-si e delle diverse caratteristiche dei due, soprattutto in rapporto al generare, è suffi ciente a innescare l’interrogazione sul senso del-la differenza sessuale. Detto altrimenti: del-la base che innesca e sor-regge l’interrogare proprio della differenza sessuale è già un dato dell’esperienza – l’esperienza dei corpi sessuati.

Da questa succinta delucidazione del concetto di inaggirabile, emerge che inaggirabili possono essere solo delle questioni, que-stioni che appunto interrogano la vita umana in un modo che non si lascia accantonare senza che tale eventuale tentativo di ac-cantonamento sia già un certo rispondere. Affermando che la dif-ferenza sessuale è un inaggirabile non sto affermando che essa non è nient’altro che una questione, piuttosto, affermo che il ses-so con cui uno o una nasce ses-sostiene e porta una questione che non smette di interrogare costui o costei. Quanto detto, aggiun-go, vale in generale, ma non allo stesso modo per gli uomini e le donne: che non vi sia atteggiamento, maschile o femminile, che non sia segnato da un certo disporsi nei confronti della differen-za sessuale, propria e altrui, non signifi ca né comporta che ogni atteggiamento, tanto degli uomini, quanto delle donne, nasca da un’esplicita presa in carico di quella interrogazione. La psicoana-lisi e più semplicemente la storia stessa della rifl essione fi losofi ca sulla differenza sessuale, che abbiamo richiamato più sopra, testi-moniano di come siano le donne a essere più facilmente portate a contro-interrogare attivamente l’interrogazione che viene loro dalla differenza sessuale (e dal rapporto di questa con i ruoli sim-bolico-culturali per essa apparecchiati); la cultura patriarcale, po-tremmo dire, costituisce nella sua interezza la risposta maschile a quella interrogazione – una risposta, però, che occulta il suo ca-rattere di risposta e dunque l’originarietà della questione stessa. Ritroviamo qui un’asimmetria cui abbiamo già fatto cenno e di cui perdurano gli effetti anche dopo la crisi di legittimazione del-l’ordine patriarcale.

Ma è poi vero che l’esser donne o uomini pone a ciascuno e a ciascuna una questione che è inaggirabile, sebbene, ripetiamo, possa non essere apertamente posta da ciascuno o ciascuna nel-la sua singonel-larità? Innanzitutto, abbiamo appena ribadito quanto è scritto nello stesso nome della differenza sessuale e cioè che es-sa non interroga allo stesso modo, bensì differentemente, quando è differenza maschile e quando è differenza femminile. Mentre

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questo diverso interrogare è testimoniato, se non esplicitamente tematizzato, (anche) negli altri contributi a questo volume, qui è possibile avanzare alcuni rilievi generali che ciascuno e ciascuna potrà poi declinare autonomamente.

Ebbene, per trattare la domanda appena citata si può, almeno in prima battuta, ricorrere nuovamente al ragionamento contro-fattuale che abbiamo incontrato discutendo della necessità: cia-scuno o ciascuna è ancora invitato a provare a immaginare scena-ri o ‘mondi possibili’ che si differenziano da quello attuale innan-zitutto perché in essi lui o lei avrebbe un sesso diverso. Il punto è che ora non importa tentare di stabilire se questo ipotizzare per-viene o no a un contenuto che in assoluto sia possibile, bensì con-statare quanto l’immaginazione stessa si inceppi rapidamente nel tentare di prefi gurare articolatamente quell’altra, presunta, nostra vita possibile: un uomo può immaginare, più o meno poveramen-te, la vita di una donna, una donna può fare lo stesso con la vita di un uomo, entrambi possono anche dichiarare di stare immagi-nando non la vita di un altro possibile, ma una propria altra vita possibile, ma, in realtà, non riescono davvero a identifi carsi nel-la vita che producono con l’immaginazione. Non riescono davve-ro a riconoscersi nel personaggio che costruiscono come il lodavve-ro io nello scenario controfattuale. Possono dire e dirsi: «Sarebbe po-tuto accadere che io fossi… un uomo invece che una donna/una donna invece che un uomo», ma, in realtà, non riescono a dare una rappresentazione ricca di questa presunta possibilità. Questa diffi coltà non è la prova dell’impossibilità di questo ipotetico al-tro ‘mondo possibile’ – la questione della possibilità o impossibili-tà di esso non ci interessa più, a questo punto del discorso; quella diffi coltà dell’immaginazione e dell’autoidentifi cazione prova in-vece quanto pervasivi siano gli effetti del nostro sesso sulla nostra vita attuale: non riusciamo a produrre una variazione immagina-tiva suffi cientemente ricca e persuasiva perché non riusciamo a censire quanto della nostra vita dovremmo variare per essere coe-renti con la variazione in ipotesi (cioè quella del sesso). Ebbene, questi effetti pervasivi sono la risposta di ciascuno e ciascuna al-la questione che al-la sua differenza sessuale gli o le pone. Con que-sto esperimento dell’immaginazione non intendevamo dimostra-re la necessità, per ciascuno e ciascuna, della risposta che ha dato e dà alla sua differenza sessuale, bensì mostrare quanto questa ri-sposta viva e si dispieghi in tutte le dimensioni della sua esistenza.

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In questo senso, non c’è dimensione della propria esistenza in cui la differenza sessuale, propria e dunque altrui, divenga una que-stione aggirabile33.

Se ora lasciamo gli esperimenti immaginativi e i ragionamen-ti controfattuali a loro stessi34 e consideriamo la nostra esperien-za effettiva o le testimonianze delle esperienze effettive di altri e altre, ritroviamo la pervasività, in rapporto alla sua vita, della ri-sposta che ciascuno/a, consapevolmente o meno, dà alla sua dif-ferenza sessuale. Si potrebbero considerare, ad esempio, le testi-monianze di coloro che si sono sottoposti alla riassegnazione chi-rurgica del sesso: si potrebbe osservare così l’enorme questione di rielaborazione esperienziale e di interpretazione esistenziale che si accompagna e anche precede quella stessa operazione. La ri-confi gurazione di tutto emerge come la posta in gioco35.

Quanto il proprio disporsi in relazione alla differenza sessua-le condizioni e permei gli atteggiamenti più vari di cui è fatta la nostra vita, si può vedere anche prestando attenzione agli effetti che la crisi del patriarcato, cioè di un certo tipo di risposta a quel-la questione, ha avuto e ha sull’esistenza e l’esperienza delle don-ne e degli uomini: per quanto riguarda le dondon-ne, si possono

leg-33 Ipotizziamo per un momento che una brava scrittrice o un bravo scrittore riuscisse, dopo un lungo lavoro, a offrirci una rappresentazione ricca di un’immaginaria altra sua vita possibile caratterizzata dal fatto che in essa lei o lui avrebbe un altro sesso. Questa ipotesi non crea alcuna diffi coltà: la quantità di variazioni che la scrittrice o lo scrittore dovrà immaginare prova la pervasività degli effetti del suo attuale rapportar-si alla sua differenza sessuale.

34 Un’obiezione importante all’esperimento mentale-immaginativo appena citato è considerata sotto nella nota 43. Di seguito, nel testo, sono invece presentate altre argomentazioni, di vari generi, a favore dell’affermazione dell’inaggirabilità della differenza sessuale.

35 D’altro canto l’operazione chirurgica riguardante i genitali è solo una parte del vero e proprio processo di transizione che include, oltre che altre procedure mediche come le cure ormonali, anche varie procedure legali e burocratiche volte a realizzare il cambio anagrafi co. Tutto questo, per certi versi incornicia e per altri è incluso nel lavoro di ritessitura del senso della propria vita, che tocca a chi si sottopone a que-sto processo: questa ritessitura è evidentemente un certo praticare l’interpretazione esistenziale della propria differenza sessuale. Cfr. V. Ruggieri - A.R. Ravenna et al.,

Transessualismo e identità di genere. Indagine clinica e sperimentale, Edizioni Universitarie

Romane, Roma 1999; P. Marcasciano, Tra le rose e le viole. La storia e le storie di

transes-suali e travestiti, Manifestolibri, Roma 2002. In questo secondo testo, che raccoglie

alcune testimonianze si può notare come il lavoro di ritessitura ed elaborazione espe-rienziale non sia inquadrabile come una pura questione personale e privata giacché esso applica oppure ricontratta e modifi ca gli strumenti simbolici che costituiscono la cultura della società.

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gere le testimonianze di coloro che hanno attivamente contribui-to a quella crisi mettendo al centro della loro vita l’affermazione: «Io sono una donna» e che in seguito a questo hanno visto aprir-si nella loro esperienza aprir-sia nuovi e inaspettati spazi di libertà, aprir-sia compiti, talvolta drammatici, di rielaborazione e invenzione con-cettuale e pratica di situazioni e contesti36. Per quanto riguarda gli uomini, la prova dell’inaggirabilità della questione posta dal-la differenza sessuale è visibile nello spaesamento vissuto dagli uo-mini stessi e innescato dal compito, che oggi si para loro di fron-te, di elaborare una nuova pratica e una nuova etica dei rappor-ti con le donne e quindi poi anche tra loro: la cosiddetta ‘crisi del maschio’ di cui non si smette di sentir parlare nei giornali e in te-levisione e che, ovviamente, non riguarda solo i contesti amorosi, è un nome di questo spaesamento37.

Stiamo affermando l’inaggirabilità della differenza sessuale

in-36 La bibliografi a è qui talmente ampia che qualunque elenco ristretto è poco signifi -cativo. Ciò nonostante, oltre al volume, già citato, di Calabrò - Grasso, Dal movimento

femminista al femminismo diffuso e i numeri della rivista, anch’essa già citata, «Via

Do-gana», si possono vedere i documenti raccolti nel volume antologico: L. Kreyder et al. (a cura di), Lapis: sezione aurea di una rivista, Manifestolibri, Roma 1998. Inoltre: A. Del Bo Boffi no (a cura di), Percorsi del femminismo milanese. Fra privato e pubblico i

legami da scoprire, nessi da reinventare, Guerini, Milano 1996; L. Melandri (a cura di), Una visceralità indicibile. La pratica dell’inconscio nel movimento delle donne degli anni Set-tanta, Franco Angeli, Milano 2000; L. Passerini, Storie di donne e femministe, Rosenberg

& Sellier, Torino 1991.

37 Su quello che abbiamo chiamato l’attuale spaesamento degli uomini, anche le ri-fl essioni maschili cominciano a essere numerose; senza pretesa di completezza, si possono citare almeno: S. Bellassai, La mascolinità contemporanea, Carocci, Milano 2004; S. Ciccone, Essere maschi. Tra potere e libertà, Rosenberg & Sellier, Torino 2009; R.W. Connell, Maschilità. Identità e trasformazione del maschio occidentale, tr. it. di D. Mez-zacapa, Feltrinelli, Milano 1996; V. Melchiorre, Quasi una postfazione. La transizione fra

invarianti e nuove fi gure, in S. Spinsanti (a cura di), Maschio-femmina: dall’uguaglianza alla reciprocità, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1990; L. Paolozzi - A. Leiss, La paura degli uomini. Maschi e femmine nella crisi della politica, Il Saggiatore, Milano 2009;

E. Ruspini (a cura di), Donne e uomini che cambiano. Relazioni di genere, identità sessuali

e mutamento sociale, Guerini, Milano 2005; Seidler, Riscoprire la mascolinità: sessualità, ragione, linguaggio. Inoltre, i seguenti numeri di «Via Dogana», dove si alternano sia

contributi maschili, sia femminili: La questione maschile (21/22-1995 ), E gli uomini? (56/57-2001), Parla con lui (79-2006), Lo svantaggio maschile (81-2007). E, infi ne: I. Dominijanni, Quello che gli uomini non dicono. Invito ad un gesto di libertà, «Golem. L’in-dispensabile», 1 Novembre 2006, leggibile sul web all’indirizzo: http://www.golemin-dispensabile.it/index.php?_idnodo=8605&page=1&_idfrm=61. Lo spaesamento ma-schile è elaborato come qualcosa che può stimolare negli uomini la ricerca di nuovi tipi di relazioni (non competitive o ordinate da una gerarchia di potere) con le don-ne e tra loro, don-nella politica come don-nel lavoro, da Alberto Leiss, Uomini in debito, «Via Dogana», 54 (2001), pp. 3-4. Si veda anche quanto ho osservato sopra nella nota 18.

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tesa come la questione su come elaborare esperienzialmente e in-terpretare esistenzialmente il proprio essere uomini o donne e il proprio desiderio in quanto è il desiderio di un essere che è inter-rogato dal suo essere uomo o donna. Tale inaggirabilità può es-sere riconosciuta anche seguendo vie argomentative ulteriori ri-spetto all’esperimento con l’immaginazione o all’esame di alcu-ne testimonianze di donalcu-ne e uomini: si sperimenta l’inaggirabi-lità della questione della differenza sessuale quando tale questio-ne ci si para innanzi sebbequestio-ne noi stessimo dedicandoci all’esame di qualcun altro dei tratti che caratterizzano nel profondo quello che siamo. Ad esempio, che il desiderio amoroso attraversi la que-stione posta dalla differenza sessuale, quando è omoerotico altret-tanto di quando non lo è, è fuori di dubbio, ma anche l’interpre-tazione esistenziale dell’esser fi gli, che è una condizione comune, comporta necessariamente un disporsi in relazione alla differen-za sessuale, sia la propria di fi glia o fi glio, sia quella del genitore, madre o padre: sono contesti pratici speciali, circoscritti e spesso ideologicamente viziati, quelli in cui si richiede che le determina-zioni ‘padre’ e ‘madre’ siano messe da parte a favore della nozio-ne nozio-neutrale di genitore, nozionozio-ne che nasconde non solo la distin-zione tra esser madre ed esser padre, ma anche l’asimmetria del-le due posizioni in rapporto o dal punto di vista dei fi gli38. Quan-to appena osservaQuan-to prova d’altronde che neppure la condizione, non comune, di ‘genitore’ è interpretabile senza appoggiarsi a una qualche interpretazione esistenziale della differenza sessuale: ad esempio, una donna che è madre può vivere e agire il suo esser madre in modi diversi e tale diversità in parte dipende da come vi-ve, agisce ed elabora il suo esser donna.

38 «Nel linguaggio del diritto, della giurisprudenza, delle scienze psicologiche e pe-dagogiche, nel linguaggio burocratico dei servizi per l’infanzia, nelle politiche di sostegno alle famiglie e ai minori, si parla di genitori e di famiglia, al neutro, can-cellando la differenza sessuale, mentre il riferimento alle madri (e più di recente ai padri, ai quali è stato esteso il congedo parentale) è esplicito solo quando si tratta di provvedimenti di tutela. Si tratta di un modo fuorviante e misero di nominare la realtà, perché non dà conto del fatto che è la differenza sessuale che fa genitori, e la differenza sessuale fa genitori differentemente. Le relazioni madre-fi gli sono differenti da quelle padre-fi gli, come ben sanno molto precocemente, fi n dai primi mesi di vita, bambine e bambini, e dunque esse non sono riducibili a un prendersi cura

(ca-retaking) neutro ed egualmente fungibile da fi gure adulte, in base ad una presunta

equivalenza funzionale» (A.M. Piussi, La differenza di essere padri, in A. Buttarelli - L. Muraro - L. Rampello [a cura di], Duemilaeuna. Donne che cambiano l’Italia, Nuova Pratiche Editrice, Milano 2000, pp. 97-102; cit. pp. 97-98).

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Se le condizioni di madre e di padre evidentemente non so-no comuni come quelle di fi glia o fi glio, si potrebbe chiedere se non sia inaggirabile la questione della possibile paternità o ma-ternità: non è forse una questione che interroga tutti, anche colo-ro che non hanno generato o, addirittura, il cui corpo è infecon-do? Forse la risposta è affermativa, ma è certo che questa questio-ne e dunque la sua eventuale inaggirabilità non è districabile dal-la questione deldal-la differenza sessuale – anzi, proprio dal-la posizione di questa seconda questione consente di non formulare la prima a un astratto livello di neutralità, quasi che la possibilità di generare e poi il generare stesso interrogassero con la stessa intensità e al-lo stesso modo gli uomini come le donne. La formulazione astrat-tamente neutrale sembra davvero uno stratagemma maschile per rimandare ancora sia un’approfondita rifl essione sul rapporto tra esser uomo ed esser padre, sia una revisione fondamentale della concettualizzazione del rapporto tra l’esser uomo e la capacità ge-nerativa delle donne39.

Vorrei citare ancora un’altra determinazione che è o, per lo meno, è stata spesso considerata radice di una questione inaggi-rabile. Tale questione, tuttavia, se osservata attentamente, rivela di essere attraversata dalla questione della differenza sessuale per cui o presuppone l’inaggirabilità di questa o va a costituire con es-sa un complesso inaggirabile. La determinazione in oggetto è la