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CAPITOLO SECONDO

2. PER UNA METODOLOGIA TRANS-LOCALE: ETNOGRAFIA DI UNA RETE

2.5. Definizione del campo: nodi e interazioni

La mia ricerca etnografica si è svolta prevalentemente seguendo gli eventi organizzati dalla RIVE, la Rete Italiana Villaggi Ecologici, concentrandomi su alcuni dei suoi nodi come casi studio, analizzando alcune delle connessioni con altre realtà associative o comunitarie con cui la rete mantiene rapporti costanti e riflettendo sulle relazioni tra le correnti che emergono con più vigore nella dialettica interna, rappresentative di quelle che scorrono nel movimento intero.

Quando parlo di “nodi” della RIVE intendo sia gli ecovillaggi associati, ognuno contraddistinto dal particolare intreccio tra territorio e gruppo umano che si crea e si modella di volta in volta in base ai mutamenti interni ed esterni; sia le associazioni e le “reti amiche” che fanno parte della rete (in qualità di soci o di collaboratori); sia i singoli individui che a vario titolo (soci sostenitori, membri di ecovillaggi soci, volontari, partecipanti ai corsi organizzati dalla rete o dalle singole comunità) le gravitano attorno. Infine, considero nodi anche gli eventi (raduni, workshop, open days) durante i quali si sviluppa maggiormente l’attività della rete. I siti della mia analisi si configurano perciò in diversa maniera, e configurano a loro volta un campo di ricerca polimorfo, sulla base di un’idea di etnografia “indeterminata, multi-situata, processuale, dialogica e multi-prospettica” (Hamm 2011).

2.5.1. Gli ecovillaggi della RIVE

L’attività della rete è stata analizzata partecipando ai principali raduni ed eventi che la RIVE organizza durante l’anno in diversi ecovillaggi soci (escluso il raduno invernale, dedicato ai soli comunardi): nello specifico, tra il 2013 e il 2016, ho partecipato a tre raduni estivi, due autunnali e uno primaverile, a un campo per i nuovi progetti, a un incontro della sottosezione RIVE Lazio e a un seminario residenziale di comunicazione nonviolenta tenutosi in quattro diversi ecovillaggi nel corso di un anno. Oltre alla partecipazione a incontri e laboratori, ho deciso di approfondire alcune comunità appartenenti alla rete, dove complessivamente ho condotto diversi mesi di osservazione partecipante. A tal proposito ho scelto due realtà che, per diversi aspetti, rappresentassero alcune delle diversità più ricorrenti all’interno della rete: la Città della Luce, ecovillaggio e scuola olistica vicino Senigallia (Ancona) e Habitat, ecovillaggio in costruzione e progetto di permacultura tra Volterra e San Gimignano (in provincia di Firenze).

Oltre a queste due realtà, tramite i vari raduni, le visite individuali, gli eventi organizzati dalle singole comunità o dalla RIVE stessa, oppure nel corso delle cosiddette “giornate aperte” (occasioni organizzate dagli ecovillaggi per far conoscere dall'interno la propria realtà al territorio circostante), ho avuto modo di frequentare brevemente anche altri ecovillaggi soci, in modo da avere una visione di insieme maggiormente dettagliata: tra questi il Vignale, ecovillaggio in costruzione in provincia di Viterbo (progetto abbandonato nel momento in cui scrivo); la Comune di Bagnaia, una delle comunità più antiche d’Italia, in provincia di Siena; Panta Rei, centro di educazione sostenibile sul lago Trasimeno; Campanara, contrada di montagna riabitata tra gli Appennini tosco-emiliani; Upacchi, borgo ricostruito vicino ad Arezzo; il Giardino della Gioia, ecovillaggio di yurte nel Gargano; Dulcamara, cooperativa agricola che al tempo della mia visita era in transizione per diventare un ecovillaggio; Che Passo!, punto di accoglienza per i pellegrini in Umbria lungo il cammino di San

Francesco e progetto di ecovillaggio; Ca’ dei Venti (oggi la Torre di Mezzo) e Corricelli (Associazione Basilico), rispettivamente casale e borgo in ristrutturazione a pochi chilometri uno dall’altro sull’Appennino toscano.

Nonostante la presenza in Italia di realtà storiche e consolidate come la Comune di Bagnaia, Torri Superiore, Damanhur, Urupia o il Popolo degli Elfi, la mia scelta è ricaduta specialmente su comunità giovani e sperimentali, più o meno precarie e instabili, e questo per delle ragioni ben precise.

In primo luogo, perché essendo questo un campo di ricerca relativamente giovane per gli studi antropologici (e praticamente sconosciuto per quelli italiani), ho ritenuto più interessante analizzare realtà completamente estranee alla ricerca, piuttosto che comunità ben consolidate come Damanhur e Bagnaia che avevano già avuto modo di riformulare il proprio pensiero nella relazione col mondo accademico in vari ambiti del proprio vivere quotidiano: dalla struttura familiare a quella abitativa, dall’impegno politico a quello religioso, ecc. 30

In secondo luogo, perché ritengo che le piccole realtà sperimentali da me analizzate siano più rappresentative della situazione italiana, dove l’evoluzione del movimento si trova agli inizi rispetto ad altri paesi come la Germania, l’Inghilterra, l’Australia o gli Stati Uniti. Questo perché in Italia molti di loro sono sorti anche come conseguenza della crisi economica del 2008, che ha investito più duramente che altrove i paesi dell’Europa meridionale (lo stesso è avvenuto infatti anche in Spagna, Portogallo, Grecia e Slovenia). Le realtà comunitarie storiche, tutte risalenti agli anni ’70 e tutte esempi fondamentali per la costituzione della rete e degli attuali ecovillaggi italiani, rappresentano quel ponte ideale tra il movimento contro-culturale esploso alla fine degli anni ’60 e l’attuale movimento alter-globale, entrambi parzialmente

Si veda per esempio Cardano 1997 per Damanhur e gli Elfi; Guidi 2009 e Vignali (n.d.) per Bagnaia; 30

contraddistinti dalla creazione di comunità intenzionali. Tuttavia, proprio perché precedenti al diffondersi del movimento, le circostanze storico-politiche, le ragioni alla base della loro fondazione, le condizioni lavorative dei loro abitanti, le strutture abitative, i contatti con il territorio, ecc. non sono quelli che rappresentano maggiormente il movimento globale attuale. Un esempio su tutti è la questione ambientale, integrata solo in seguito negli scopi delle comunità più antiche, mentre è tra i motori scatenanti di quelle più nuove.

Le realtà sperimentali di cui mi sono occupata, nella loro marginalità, precarietà e mutevolezza, rappresentano in pieno quel desiderio di comunità (Bauman 2003) e convivialità (intesa come libertà di agire e modellare la propria realtà, Illich 1974) e quell’atteggiamento di resistenza quotidiana e creativa scaturite da un generale senso di frustrazione e precarietà che si riscontrano sempre più spesso nelle società urbanizzate. Inoltre, pur nella loro instabilità interna, rappresentano una delle spinte più innovative nella definizione della nuova identità della rete.

2.5.2. Altre reti e altri siti

La RIVE non è solo rete in sé, ma anche nodo di diverse reti più ampie che si occupano di transizione, giustizia sociale, sostenibilità e vivere comunitario, alcune formalmente istituite (come GEN, ECOLISE o la neonata “Rete delle Reti”), altre coincidenti con movimenti trans-locali più difficili da definire, come quello alter-globale, neorurale, New Age o della transizione. Pur essendomi concentrata sulla RIVE, ho dunque approfondito anche alcune delle connessioni principali che questa mantiene in ambito nazionale e internazionale con altri nodi e con altre reti, partecipando ad esempio a un

festival di Terra Nuova a cui erano state invitate anche altre associazioni “amiche” che 31 si occupano di vivere comunitario o ecosostenibilità (come MCF, la Rete Italiana Cohousing o Edilpaglia); ad alcuni eventi di Permacultura, sistema di progettazione seguito dalla maggioranza degli ecovillaggi nel mondo, nello specifico un festival che si tiene ogni anno a Bolsena, due conferenze (una durante il Think Green Ecofestival di Roma e una a Panta Rei), un corso di due settimane ad Habitat e la presentazione dei progetti finali del corso alla Collina del Barbagianni di Roma (vedi più avanti); a tutte le fasi iniziali della creazione del progetto di ecovillaggio diffuso “Tribulab”, nato da membri di altri esperimenti comunitari, attivisti del movimento della decrescita e soci sostenitori della RIVE; a un corso di formazione di “Italia che Cambia” (altra rete di transizione che condivide i valori della RIVE e intrattiene collaborazioni molto strette con i suoi membri), tenutosi a Panta Rei e incentrato su economia alternativa e permacultura; alla seconda “taverna comunale” organizzata a Roma da “Comune-Info”, una piattaforma online che mette in connessione tutte quelle esperienze che “si ostinano a ribellarsi facendo” e “che mettono in discussione il profitto e la mercificazione delle relazioni ”; infine, a una conferenza del GEN Europa tenutasi 32 nell’ecovillaggio di Arterra in Navarra, Spagna, con altri esponenti della rete italiana. Ho inoltre frequentato per alcuni mesi “La Collina del Barbagianni” a Roma, una comunità di famiglie facente parte della rete “Mondo Comunità e Famiglia” (MCF) che, come la RIVE ma con alcune differenze nei valori di base (di ispirazione cattolica), collega diverse realtà comunitarie presenti in Italia; e ho partecipato ad alcuni incontri di approfondimento sugli aspetti che più caratterizzano le esperienze MCF, come l’uso

AAM Terra Nuova è una rivista mensile che promuove stili di vita sostenibili. È attiva nel sostegno e 31

nella promulgazione dei valori e degli eventi della rete e delle comunità che la compongono fin dai suoi inizi, ospitando una sezione dedicata agli ecovillaggi sul proprio sito, gestendo la newsletter della RIVE e pubblicando numerosi articoli al riguardo. Mimmo Tringale, redattore della rivista, è stato tra i fondatori della RIVE e presidente dal 1997 al 2008. Francesca Guidotti, ex presidentessa e membro attivo in molti dei gruppi organizzativi dell’associazione, è anche giornalista per Terra Nuova.

della cassa comune, il valore dell’accoglienza e il metodo della condivisione tramite ascolto profondo, tenutisi sia alla Collina che a “Il Casale Vecchio” sempre a Roma. Infine, ho trascorso una giornata in un cohousing urbano di Torino, Numero Zero, che sarebbe dovuto diventare la mia prima esperienza prolungata di osservazione partecipante ma che poi, per diverse ragioni, non lo è stata.

Sebbene nel corso della ricerca mi sia diretta sempre di più verso il movimento degli ecovillaggi piuttosto che sul fenomeno comunitario italiano in generale, le realtà che ho analizzato che non possono propriamente essere identificate come ecovillaggi fanno comunque parte di reti “amiche” o con principi affini, e la filosofia della rete prevede una stretta e continua relazione con le altre realtà associative presenti sui medesimi contesti, tematiche e territori; così, tali esperienze hanno comunque contribuito alla mia comprensione generale non solo del fenomeno eco-comunitario, ma anche della più ampia cornice alter-mondialista in cui si inseriscono. Le collaborazioni temporanee e saltuarie tra reti negli ultimi anni tendono sempre di più a cristallizzarsi in forme più stabili e ufficiali, prendendo sempre più la forma di un movimento cosciente della propria identità. È questo ad esempio il caso di ECOLISE , tra i cui membri figurano 33 reti regionali, nazionali e internazionali sia di iniziative comunitarie, tra cui la RIVE, la rete degli ecovillaggi baltici, Transition Networks nazionali e il GEN Europa, sia altri enti impegnati a livello europeo o locale nella ricerca, la formazione, la comunicazione e altre attività di supporto all’azione comunitaria sul cambiamento climatico e la sostenibilità .34

Considero infine parte integrante della mia esperienza etnografica tutto il lavoro di collaborazione, confronto e informazione avvenuto nei siti virtuali, tramite gli strumenti e i social media a disposizione della rete (mailing list, newsletter, pagina Facebook, sito, gruppi Whatsapp e cartelle Google Drive condivise) e tramite blog,

vedi nota 7.

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www.ecolise.eu.

pagine Facebook e siti di diffusione di stili di vita alternativi (Terra Nuova, Italia che Cambia, Comune-Info, ecc.). Questa parte dell’etnografia ha avuto luogo sia tra un incontro e l’altro, sia nel periodo di “distacco” dal campo che ho trascorso negli Stati Uniti, in cui ho continuato l’attività di volontaria nel gruppo della RIVE che si occupa della gestione dei canali di comunicazione interni e verso l’esterno.