CAPITOLO SECONDO
2. PER UNA METODOLOGIA TRANS-LOCALE: ETNOGRAFIA DI UNA RETE
2.6. RIVE, la Rete Italiana dei Villaggi Ecologici
Come descritto da Francesca (Guidotti 2013) nella sua guida sugli ecovillaggi italiani, la RIVE nacque nel 1997 a seguito di un convegno organizzato l’anno prima ad Alessano (Lecce) sul tema “Il Villaggio Globale: una soluzione per il futuro del pianeta?” . Il 35 tema centrale del convegno riguardava quelle comunità più o meno spirituali ma spiccatamente ecologiche che stavano sperimentando forme sociali alternative e che si stavano moltiplicando in giro per l’Europa. Oltre a esponenti del neonato Global Ecovillage Network, si pensò quindi di invitare anche realtà comunitarie già presenti sul territorio italiano e che si riconoscevano nella definizione di ecovillaggio, tra cui Torri Superiore, Damanhur, Upacchi e la Comune di Bagnaia, tra i futuri membri fondatori della rete. L’opportunità di incontrarsi e di scambiare opinioni ed esperienze sullo stile di vita comunitario mostrò la necessità di creare una rete capace di supportare, sviluppare e diffondere le buone pratiche vissute quotidianamente in ciascuna comunità. Così l’anno successivo a Bagnaia si diede vita in maniera informale a un’associazione senza fini di lucro, apartitica e aconfessionale che persegue finalità di
Sulla nascita e la storia della RIVE vedi anche Capriolo e Narici 1999 e il sito dell’associazione,
35
www.ecovillaggi.it. Il convegno fu promosso da Còsmos, un “Istituto di Ricerche Olistiche” di Milano (http://www.istitutocosmos.it/), il che dimostra l’importanza che l’aspetto spirituale ebbe fin dall’inizio nella costituzione degli ecovillaggi. Allo stesso modo infatti, il GEN nacque da una conferenza a Findhorn, una “ spiritual community” scozzese che continua ad avere un ruolo centrale
solidarietà e promozione sociale con modalità ispirate a principi di democraticità e uguaglianza .36
Una delle prime caratteristiche della rete, e insieme uno dei primi ostacoli occorsi, fu la spiccata differenza ideologica tra i suoi fondatori: a parte l’aspetto comunitario ed ecologico infatti, ognuna di queste realtà nasceva da esperienze e sperimentazioni di contestazione al sistema sociale dominante che prendevano pieghe notevolmente diverse tra loro, fino agli estremi di Damanhur, comunità spirituale, esoterica e vagamente gerarchica, e Urupia, comune politicizzata di ispirazione libertaria. Questo portò alle prime defezioni, poiché alcune realtà ideologicamente più orientate non ritenevano concepibile un dialogo produttivo con realtà di natura più spirituale o con le istituzioni.
Tuttavia, come analizzo nell’ultimo capitolo, questa sfida iniziale col tempo si è rivelata anche la risorsa più grande della RIVE, poiché la diversità interna della rete ha permesso di sviluppare soluzioni alternative in ambito comunicativo che hanno permesso di accoglierla e utilizzarla come ricchezza invece che come ostacolo. Oggi perciò nella descrizione dell’associazione si legge:
“La diversità tra i membri della RIVE è un tratto caratterizzante dell’associazione stessa, in quanto ricchezza che ispira a molteplici stili di vita. Infatti, a essa appartengono esperienze comunitarie differenti tra loro per orientamento filosofico e organizzativo ma tutte tese verso un modello di vita responsabile e sostenibile dal punto di vista ecologico, spirituale, socioculturale ed economico.”37
A causa delle numerose voci interne che bisognava imparare ad ascoltare, i primi dieci anni di vita dell’associazione videro poca attività rivolta all’esterno e una maggiore
dallo Statuto Associazione Rete Italiana Villaggi Ecologici - Rive,
http://ecovillaggi.it/rive/43-statuto-36
rive.html.
http://ecovillaggi.it/rive/chi-siamo.html.
concentrazione nella definizione di un’identità comune fatta di soluzioni e percorsi condivisi. La redazione dello statuto, che sancisce l’istituzione ufficiale della rete, sarà perciò ultimata solo nel 2007: in questo l’articolo 2 dedicato alle finalità dell’associazione sarà volutamente lasciato generico proprio per poter accogliere quanta più diversità interna possibile. Si parla dunque di solidarietà, democrazia partecipata, uguaglianza e promozione sociale, armonia (quella che in altre sedi viene definita “sostenibilità”) spirituale, economica ed ecologica, trasparenza, fiducia reciproca, libertà, cultura di pace e rispetto della diversità, dando alle esperienze comunitarie il primato nella “sperimentazione sociale ed educativa per un mondo migliore” . 38
Oltre alla costituzione ufficiale dell’associazione avvenuta nel 2007, tappe fondamentali nell’evoluzione della rete sono state l’adozione del metodo del consenso e della facilitazione per quando riguarda i processi decisionali interni, avvenuta l’anno successivo durante un’incontro a Torri Superiore, e la decisione di aprire uno dei quattro momenti annuali di incontro, quello estivo, a tutti gli interessati alle realtà comunitarie che non fossero soci, concretizzatosi quello stesso 2008 a Campo Mascherina, ospiti del Popolo degli Elfi sulle montagne pistoiesi . A quel primo 39 incontro parteciparono circa 300 persone, e il numero si attesterà su quelle cifre per gli anni successivi, con picchi fino ad 800 partecipanti come nel caso del raduno a Bagnaia nel 2014. Ognuna di queste tappe ha contribuito alla stabilità e alla creazione di un’identità condivisa in cui riconoscersi ed essere riconosciuti dall’esterno: lo statuto ha sancito il riconoscimento giuridico, la facilitazione ha fornito la capacità di dialogare e confrontarsi nonostante le numerose divergenze interne, l’apertura verso l’esterno ha dato modo di farsi conoscere e di diventare un punto di riferimento tra i movimenti
dallo Statuto Associazione Rete Italiana Villaggi Ecologici - Rive, http://ecovillaggi.it/rive/43-statuto-38
rive.html.
Da “C’era una volta…”, articolo che narra la nascita della rete scaricato dal precedente sito della RIVE in 39
italiani di transizione. Tuttavia questa identità è continuamente rimessa in discussione, a seconda di come muta e si evolve la componente umana della rete.
2.6.1. La meta è il viaggio: l’identità fluida della rete
Durante il primo raduno riservato ai soli soci a cui partecipai, tenutosi in Puglia al Giardino della Gioia nell’autunno del 2013, venne presentata una prima proposta di Accordi di Base (AdB), che dovevano essere “una sorta di traduzione pratica dei principi dell'associazione che regolano il modus operandi della stessa ”, e per questo più 40 flessibili al variare della situazione reale e più aderenti allo stato delle cose rispetto allo Statuto. Questa prima bozza era frutto di un anno di lavoro da parte di un gruppo in seno al direttivo, e rispondeva all’esigenza di una maggiore strutturazione e chiarezza riguardo al riconoscimento e alla composizione dei membri della rete, emersa dall’espansione della stessa. L’esigenza era sia interna che esterna: si sentiva cioè la necessità che le realtà associate rispecchiassero coerentemente quanto dichiarato dall’associazione, anche per evitare fraintendimenti o aspettative deluse da parte degli avventori esterni.
La conseguenza principale dell’espansione della rete verso l’esterno si concretizzava nella figura del “sostenitore”, che nello Statuto veniva concepito come figura che supporta solamente l’associazione senza farne attivamente parte, spesso con un contribuito puramente economico (paragonabile a quello che nell’associazionismo viene solitamente definito “tesserato”), e quindi privo di diritto di parola o di voto, di rappresentanza nel direttivo ed escluso da due dei tre incontri annuali riservati ai soci. Questa situazione tuttavia stava cominciando a scontrarsi con la realtà dei fatti, soprattutto data la natura dell’associazione, che predilige i rapporti umani e diretti; di conseguenza, chi partecipava attivamente e assiduamente agli eventi della rete
Francesca Guidotti, Resoconto dell’incontro autunnale RIVE 2016, 16 Gennaio 2017, dal sito 40
dell’associazione (http://ecovillaggi.it/notizie/incontri/125-resoconto-dell-incontro-autunnale-rive-2016.html).
diventava automaticamente degno di fiducia e di responsabilizzazione, senza badare troppo allo status associativo. Oltre a questo, negli ultimi annii soci sostenitori stanno effettivamente superando di numero i membri comunitari, richiedendo dunque un sempre maggiore riconoscimento: comparando i dati raccolti dalla segreteria negli ultimi anni infatti, si può osservare come le comunità associate abbiano avuto un incremento più che positivo (da 29 nel 2015 a 35 nel 2016 e 51 nel 2017), ma che questo non sia paragonabile all’aumento della partecipazione individuale, passata da 44 a 90 fino agli attuali 155 soci attivi .41
Per queste ragioni si propose dunque la creazione degli AdB, con cui fra le altre cose trovare un riconoscimento più adatto ai soci individuali. Ciononostante, all’inizio di quell’assemblea una parte dei presenti non era d’accordo a conferire ai soci sostenitori un potere deliberativo, soprattutto perché il socio individuale, al contrario dei
rappresentanti degli ecovillaggi, non parla per conto di una ipotetica comunità di soci sostenitori (sebbene a mio avviso possa essere considerato portavoce della “società esterna”), ma rappresenta solo se stesso, sollevando il problema della proporzionalità . 42 Questo però è vero anche per alcuni ecovillaggisti che partecipano alla vita dell’associazione più a titolo personale e come rappresentanti della rete stessa, pur essendo la loro comunità associata alla RIVE. Dall’altra parte, c’era chi invece all’interno dell’assemblea riteneva che escludere i soci sostenitori da molti dei processi decisionali della rete fosse in contrasto con il carattere inclusivo dell’associazione e con il ruolo attivo che questi effettivamente ricoprivano. Secondo alcuni membri della rete bisognava dunque riconoscere il loro contributo per due motivi principali: da una parte
I dati sono stati forniti tramite comunicazioni interne tra alcuni gruppi operativi della rete 41
(Comunicazione, Direttivo, Presidenza e Segreteria) oppure tramite resoconti dell’andamento dell’associazione condivisi nella mailing list interna.
In un consesso che non concepisce il voto per maggioranza ovviamente la questione della 42
proporzionalità ha meno peso; tuttavia, con il graduale passaggio al metodo sociocratico, che prima di giungere alla decisione finale (presa con il consenso) prevede delle votazioni, la questione si è riproposta
perché rendevano un servizio enorme alla RIVE, non solo lavorando come volontari ai raduni e agli eventi, ma anche facendo da ponte diretto con la società esterna e testimoniando al di fuori le esperienze degli ecovillaggi; dall’altra perché spesso gli ecovillaggisti, fatta eccezione per coloro che rappresentano abitualmente la propria comunità agli incontri, sono troppo occupati con l’auto-sostentamento e con le problematiche interne del proprio ecovillaggio per dedicare energie alla rete. Questo è particolarmente vero nella situazione italiana, dove la maggior parte degli ecovillaggi si trova ancora in una fase di costruzione e non ha un numero di membri sufficiente per il raggiungimento dell’autosufficienza minima (che è anche uno dei motivi principali per cui la rete esiste).
Il processo di definizione degli AdB va avanti da anni e non si è ancora concluso, con continue proposte di revisione e modifica sugli aspetti che riguardano la composizione della base, le attività della rete, la gestione organizzativa e decisionale e gli aspetti economici, mettendo in scena i conflitti ideologici e i contrasti personali che compongono la natura composita della rete, ma rappresentando allo stesso tempo un buon esempio etnografico delle potenzialità dei metodi di comunicazione e decisione sperimentati dagli ecovillaggi (come si vedrà nel paragrafo 3.6 del capitolo successivo). All’ultimo raduno a cui ho partecipato, tenutosi nell’autunno 2015 a Panta Rei (PG), durante uno dei tanti momenti del processo di revisione degli AdB il moderatore, introducendo l’argomento con un cappello storico sulla loro evoluzione, ne sottolineò proprio il carattere consensuale e processuale: gli accordi sono stati una tappa fondamentale nella formazione dell’identità della rete, ma come tutte le identità questa è fluida e dinamica; modificandosi dunque la composizione dell’associazione, e con questa i suoi obiettivi, è naturale che ne cambi l’identità. Ed è questo che gli AdB rispecchiano.
In base a quanto dichiarato nella versione definitiva (per ora) degli AdB, i soci della RIVE vengono oggi suddivisi in quattro categorie: ecovillaggi, ecovillaggi in
costruzione, progetti di ecovillaggio e soci sostenitori. Una comunità per essere considerata “ecovillaggio” deve essere composta da almeno cinque adulti, non tutti legati da vincoli di parentela, che vivono insieme in un luogo con spazi condivisi e hanno un progetto comune di sostenibilità a 360°: ecologico ed economico, sociale, culturale e di crescita personale e collettiva. Inoltre, queste condizioni devono persistere da almeno due anni. Un ecovillaggio in costruzione si distingue dal precedente per un numero minore di membri adulti che hanno però l’intenzione di raggiungere un minimo di cinque entro due anni; mentre un progetto è considerato tale se ha tutte le caratteristiche di cui sopra tranne un luogo dove coabitare, che si impegna a trovare entro due anni. Infine, i soci sostenitori sono quelle persone fisiche o giuridiche che condividono e sostengono gli scopi degli ecovillaggi senza appartenere a una delle categorie di cui sopra. Sebbene non sia un prerequisito, molti dei soci individuali hanno un ruolo attivo nell’organizzazione e nella gestione degli eventi RIVE. Ogni due anni avviene una verifica dei parametri di appartenenza alle diverse categorie, con eventuale “promozione” o “retrocessione” a categoria sovra o sottostante. La retrocessione tuttavia, come spiegato allo stesso raduno di Panta Rei, non viene applicata a quegli ecovillaggi a cui si riconosce uno “status onorario” all’interno dell’associazione per l’impegno profuso e il percorso effettuato, anche qualora non sussistano più i criteri: esempi oggi sono Upacchi, dove molti hanno abbandonato il borgo e chi ci vive ora conduce una vita più da vicinato solidale che da comunità; e Campanara, che è sostanzialmente una famiglia allargata. La verifica dei criteri è auto-certificata: si fonda perciò sull’auto-coscienza e la fiducia reciproca, che è alla base della rete stessa, sebbene l’idea di creare un gruppo di verifica e supporto delle realtà in formazione sia tuttora in discussione.
La composizione della retene influenza naturalmente anche scopi e obiettivi: durante un incontro primaverile tenutosi nel 2015 a Dulcamara (Bologna) si organizzò un’assemblea apposita al riguardo, per determinare se la RIVE dovesse essere
considerata più una rete “di” ecovillaggi, composta cioè essenzialmente da comunità, o una rete “per” ecovillaggi, creata cioè principalmente per favorirne la diffusione. La distinzione può apparire puramente semantica, ma esprimeva proprio quell’esigenza dei soci individuali di vedersi riconosciuta un’importanza pari a quella delle comunità socie. La riunione a Dulcamara culminò nella redazione di un documento divulgato tramite la mailing list dei soci, in cui si legge:
“La Rive è composta e supportata da singoli individui, gruppi informali o associazioni che aspirano a uno stile di vita comunitario o sono affini alla filosofia degli ecovillaggi e riconosce i singoli soci come motore dell’associazione essenziali per la divulgazione del sapere e il supporto agli ecovillaggi, prospettive di cambiamento nella società. Pertanto Rive è aperta all’inclusione di tutti coloro che desiderano partecipare attivamente alla realizzazione di progetti inerenti allo scopo statutario e/o ad attività di condivisione realizzate da gruppi auto organizzati e autonomi composti dagli interessati.”