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Definizione e caratteri generali

1.4 Esperti nella società

2.1.1 Definizione e caratteri generali

Alla luce di quanto visto nel capitolo precedente, possiamo dire che la competenza interazionale consiste nella padronanza di conoscenza tacita forte (o collettiva) che si sviluppa nella cultura orale di una certa comunità, intesa come forma di vita. Dunque, essa non può essere mai del tutto esplicata o formalizzata e include la padronanza del linguaggio parlato nel gruppo sociale in cui si è immersi. La sua principale differenza con la competenza contributoria sta nel fatto che l’esperto interazionale non partecipa alla componente pratica delle attività del gruppo. In altre parole, gli autori hanno riconosciuto che si possa sviluppare un tipo autonomo di competenza grazie ai soli scambi linguistici.

Da ciò, Collins ed Evans enunciano una tesi fondamentale nella loro ricerca e, come vedremo, abbastanza feconda nelle sue conseguenze.

Proposizione 2.1 (Ipotesi interazionale forte). Il livello di fluidità nel linguaggio di un dominio che può essere conseguito da qualcuno che è un semplice esperto

interazionale è indistinguibile da quello che può essere conseguito da un esperto contributore manifesto.86

In altri termini, avere scambi linguistici è uno metodo sufficiente per l’acquisi- zione dell’intero linguaggio specialistico della comunità.87 Si noti però che l’esperto interazionale non acquisisce abilità pratiche di alcun tipo.

Come sembra evidente, l’ipotesi è strettamente connessa con il rapporto tra lin- guaggio e conoscenza tacita. Attualmente esistono due modi opposti di prendere in esame il problema.

1. Visione informale. Per padroneggiare un linguaggio specialistico occorre una conoscenza tacita che deriva dalla partecipazione alle attività pratiche del gruppo di riferimento. Dunque occorre una piena immersione nell’ambiente.

2. Visione formale. Per padroneggiare un linguaggio specialistico è sufficiente l’acquisizione di una conoscenza tacita debole, di tipo proposizionale. Tale conoscenza può essere formalizzata in un set finito di regole.

Vale la pena analizzare brevemente i pro e i contro della seconda posizione. La tesi alla sua base è che noi sentiamo quando un certo scambio sociale è fuori luogo, e dunque è come se una qualche regola sia stata effettivamente violata. Se è davvero così, basta ricercare ed esplicare tutte le regole sociali di questo tipo, e sarà possibile, almeno in linea teorica, programmare una intelligenza artificale che riesca a padroneggiare il linguaggio umano. Purtroppo, ci sono molti esperimenti che dimostrano come sia insostenibile scrivere esplicitamente un insieme di regole sociali che funzionino sul lungo periodo.88 Sembra dunque che la posizione informale sia quella favorita e

apparentemente essa è abbastanza antitetica all’ipotesi interazionale forte.

Ma le cose non stanno proprio così. Tra i due estremi, ovvero tra il saper-fare e le istruzioni, c’è uno spazio. In questo spazio si posizionano gli scambi linguistici. Paradossalmente, nello studio di ciò che occorre per padroneggiare il linguaggio, sembra che sia stato trascurato proprio il linguaggio.

A differenza della visione formale, la competenza interazionale non può essere appresa tramite un insieme finito di istruzioni; d’altra parte, a differenza della visione informale, per apprenderla non è necessario compiere le attività pratiche del gruppo. Allo stesso tempo, però l’ipotesi interazionale forte richiede un certo grado di partecipa- zione nella comunità. Per questo, la visione di Collins ed Evans, come essi ammettono, è più vicina alla prima posizione che alla seconda: una sorta di quasi-informalità.

A parere degli autori, la competenza interazionale è alla base degli scambi propria- mente «interdisciplinari», a cui si oppongono quelli «multidisciplinari», in cui, anche se può esserci uno scambio di informazioni, non c’è mai la reale padronanza dei reciproci linguaggi specialistici.

Una condizione implicita dell’ipotesi è che impone sempre l’esistenza di una compe- tenza contributoria, di cui quella interazionale è parassitica. I primi esperti interazionali in una comunità nascono e si formano attraverso gli scambi con i contributori; in una seconda fase, altri interazionali potranno formarsi senza un contatto diretto con essi. Sono i contributori a creare il linguaggio specialistico, attraverso le pratiche del gruppo, e senza di essi non potrebbe sussistere alcuna comunità.

86Cfr.Collins e Evans,2007, p. 31.

87Cfr.Collins, Evans, Ribeiro et al.,2006, p. 658.

88Cfr. ad esempioH. L. Dreyfus[1998] eH. L. Dreyfus e S. E. Dreyfus[1986]. Hubert Dreyfus è uno dei più fieri avversari delle intelligenze artificiali, e il suo lavoro ha evidenziato molti limiti nella definizione e nella progettazione di esse.

Ma l’ipotesi ha anche un limite ben evidente: non c’è quasi mai una netta linea di separazione tra esperti interazionali ed esperti contributori. Uno studente di ingegneria impara a padroneggiare il linguaggio ingegneristico prima di riuscire effettivamente a fare progetti, a causa delle sue interazioni con i professori. Tuttavia, nei corsi avanzati gli viene chiesto di fare dei progetti, e in ciò egli cerca di mettere in pratica quello che ha imparato solo a livello interazionale. Quando si può dire che egli passa dall’uno all’altro tipo di competenza? Quando decide di fare il progetto, mentre lo fa o quando il professore gli dice che quello è realmente un progetto “da ingegnere”? E se gli dice che non è un progetto, ma solo una serie di disegni e calcoli sbagliati? Per usare una locuzione cara a Collins, non esiste un momento “Aha!”, in cui l’esperto interazionale si accorge di essere diventato contributore, proprio come non ne esiste uno in cui il non specialista si accorge di essere diventato un esperto interazionale.

Un altro problema è l’arbitrarietà nella definizione del dominio specialistico. Come è emerso dalla seconda ondata, nel circoscrivere un certo ambito scientifico, ad esempio, le persone coinvolte utilizzano una certa quantità di negoziati sociali, i cui risultati risentono molto dell’ambiente culturale in cui vengono effettuati. Inoltre, si può facilmente immaginare il caso in cui colui che è solo esperto contributore in un certo dominio specialistico, ma interazionale in un altro, possa diventare esperto contributore anche nel secondo, a causa di una nuova scoperta che colleghi i due campi e “costringa” le comunità a ridefinire se stesse e i propri lavori.

Un notevole esempio di ciò viene dalla matematica: il teorema di Taniyama-Shimura, dimostrato da André Weil nel 1967, dopo vari tentativi da parte di innumerevoli matematici, collega curve ellittiche e forme modulari, cioè una certa area specialistica della geometria con una certa area specialistica dell’analisi funzionale. Questa, in vari modi, era stata connessa a sua volta con la teoria dei numeri. Sfruttando tali collegamenti, il matematico Andrew Wiles riuscì a dimostrare un teorema di teoria dei numeri, il cosiddetto «Ultimo Teorema di Fermat», nel 1995, con una dimostrazione tutta geometrica, dopo secoli di insuccessi da parte dei matematici che cercavano dimostrazioni nell’ambito della teoria dei numeri.89 Dal punto di vista della nostra

analisi, grazie al teorema di Taniyama-Shimura, all’improvviso tutti i matematici esperti contributori nella geometria ellittica, ma interazionali nelle altre aree, si ritrovarono ad essere esperti contributori anche in analisi funzionale e in teoria dei numeri.

Per concludere, c’è da rilevare che Collins ed Evans non hanno mai specificato se possa o meno esistere una «ipotesi interazionale debole». Essa potrebbe semplicemente affermare che un non specialista può padroneggiare al più una parte del linguaggio specialistico di un certo dominio, attraverso l’interazione con gli esperti contributori, e questo equivale ad affermare che gli esperti interazionali non saranno mai allo stesso livello di questi ultimi. Se ciò fosse vero, nascerebbero altri problemi, ad esempio si dovrebbe chiarire cosa accade quando un non specialista interagisce con questo tipo di esperti interazionali deboli. L’ipotesi degli autori, nella sua forza, semplicemente elimina la possibilità che tali complicazioni possano esistere.

Nell’ultimo paragrafo proverò a rispondere anche a tali questioni.