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3.2 Knowledge Management

3.2.2 La macchina per il pane

Nel 1985, la Matsushita Electric Company, un’azienda di Osaka che produceva elettrodomestici, stava lavorando ad una innovativa macchina per fare il pane. Tuttavia il team di sviluppo aveva problemi durante la fase dell’impasto. Nonostante i loro sforzi, i risultati erano pessimi: la crosta del pane veniva bruciata, mentre l’interno praticamente crudo.

Gli impiegati non sapevano cosa fare. Dunque provarono una grande varietà di approcci, arrivando anche a comparare ai raggi X il pane prodotto dalla macchina con quello preparato da esperti fornai, senza risultati.

Così, un ingegnere informatico dell’azienda, Ikuko Tanaka, ebbe l’idea di andare a fare un tirocinio presso l’Osaka International Hotel, che aveva fama di preparare il pane più buono della città. Durante l’addestramento con il capo fornaio dell’Hotel, che durò diversi mesi, ella apprese un modo particolare di distendere la pasta, che veniva allargata in una sorta di spirale.

Ci volle un anno di lavoro con il team di sviluppo per riuscire a ricostruire le specifiche della macchina che potessero ripetere i movimenti del fornaio. La macchina dovette subire alcuni miglioramenti, in particolare l’applicazione di alcune nervature nel design, per consentire alla pasta di assumere la forma a spirale.

Risultato: la macchina “twist” della Matsushita registrò, nel primo anno, un record di vendite e divenne una dotazione standard in molte case del paese.

Questo caso aziendale è lo spunto che uno dei fondatori del KM, Ikujiro Nonaka, utilizza per introdurre il suo approccio alla conoscenza nelle aziende.162 Cercherò qui

di riassumerlo brevemente.

Secondo Nonaka, la conoscenza tacita può essere trasformata in esplicita e viceversa e questo movimento ciclico dà luogo ad una «spirale della conoscenza».

1. Socializzazione: da conoscenza tacita a conoscenza tacita. È il modo con cui Tanaka, durante i mesi a stretto contatto con il fornaio, ha appreso tacitamente la tecnica di preparazione del pane. Secondo Nonaka non è un metodo utile all’azienda. Nel caso della macchina del pane, al posto della socializzazione l’azienda avrebbe potuto semplicemente assumere il fornaio per una consulenza. 2. Esternalizzazione: da conoscenza tacita a conoscenza esplicita. È il modo con cui Tanaka ha lavorato insieme al team di sviluppo, al fine di trasformare la sua capacità di fare il pane in una serie di movimenti ripetibili da una macchina. Secondo Nonaka, è un metodo con cui le aziende possono formalizzare ciò che i dipendenti sanno fare, per trattenere la loro conoscenza tacita e non perderla quando essi si licenziano o vanno in pensione.

3. Combinazione: da conoscenza esplicita a conoscenza esplicita. È il modo con cui un lavoratore può assemblare pezzi di conoscenza esplicita in modi nuovi e originali.

4. Internalizzazione: da conoscenza esplicita a conoscenza tacita. È il modo con cui i lavoratori apprendono la conoscenza esplicita dell’azienda. Secondo Nonaka, è importante che possano far proprie, ad esempio, le direttive aziendali, per migliorare il lavoro in team.163

162Cfr.Nonaka e Takeuchi,1995.

163Nell’internalizzazione si nota la tendenza alla massima e coerente diffusione della conoscenza nell’azienda, tipica degli oggettivisti.

Tabella 4 – Alcune azioni effettuate durante la preparazione del pane, rispettivamente da un fornaio e da macchina+utente.

AZIONE Fornaio professionista Macchina+Utente

Macchina Utente

Preparare la zona di produzione Polimorfica Polimorfica

Scegliere ricetta, grandezza e colore della crosta Polimorfica Polimorfica

Affrontare la variabilità di ingredienti e marche differenti Polimorfica Polimorfica Scegliere il livello di tolleranza del prodotto finale Polimorfica Polimorfica

Raccogliere gli ingredienti Mimeomorfica Mimeomorfica

Misurare Polimorfica Mimeomorfica

Impostare il programma – Mimeomorfica

Fissare la grandezza dell’impasto – Mimeomorfica

Mescolare e impastare Mimeomorfica Mimeomorfica

Modellare la forma Mimeomorfica Mimeomorfica

Infornare Mimeomorfica Mimeomorfica

Le tesi di Nonaka (e Takeuchi, coautore) sono state criticate da molti autori, sia dal punto di vista della conoscenza, sia da quello dell’azione.164

Riguardo il primo aspetto, Collins nota che in questo approccio la conoscenza tacita non è approfondita minimamente nella sua complessità, ma è trattata come «conoscenza non-ancora-articolata». Tsoukas[2005] afferma, correttamente, che gli autori giapponesi hanno pensato di aver ridotto la conoscenza tacita ad una serie di “se, allora” (if, then), cioè istruzioni, comuni a quasi tutti i linguaggi di programmazione, che formano i cicli più utilizzati dai programmatori: alla macchina è ordinato di compiere una certa azione se sono soddisfatte certe condizioni (pressione e temperatura dell’impasto, ad esempio), e di compierne un’altra se non sono soddisfatte.

In base alla classificazione della conoscenza tacita, secondo Collins per preparare il pane occorre una commistione di conoscenza relazionale, somatica e collettiva. Ad esempio, il fornaio non dice esplicitamente di stendere la pasta a spirale ad un certo punto della preparazione, dunque è una conoscenza relazionale, facilmente esplicabile da un comando. L’azione in sé, ovvero la distensione, è invece una conoscenza somatica che può essere simulata da una macchina.

Infine, bisogna osservare che entra in gioco anche la conoscenza collettiva: nel mondo, infatti, il pane è fatto con una grandissima varietà di ingredienti, di dosi (ad esempio, impasto più o meno idratato165), di forme e grandezze, di tipi di crosta, etc.

Da queste variazioni dipendono il tipo di utilizzo e quanto può rimanere commestibile

164Per il primo cfr.Collins[2010, p. 141-145], per il secondo cfr.Collins e Ribeiro[2007].

165L’idratazione modifica a cascata tutta la produzione: ad esempio, modifica la temperatura e la durata di cottura. Inoltre, per un fornaio, più essa è alta e più impastare (manualmente) è difficile.

prima di ammuffire. Questi aspetti sono stati del tutto tralasciati da Nonaka e Takeuchi, anche perché non possono essere immessi in una sola macchina. D’altra parte, Collins osserva esplicitamente che le macchine oggi in commercio possono essere impostate in modo da variare il tipo di pane prodotto, seppur non eccessivamente. Ciò non equivale ad aver esplicato conoscenza collettiva, ma solo ad aver accorpato in una sola macchina diverse conoscenze somatiche.

Infatti, e qui passiamo alla critica dal punto di vista dell’azione, il pane della macchina è fatto mimeomorficamente. La macchina è una «protesi sociale», proprio come lo è una calcolatrice.

Rimproverando agli studiosi di KM, compresi i due autori giapponesi, mancanza di esperienza diretta,Collins e Ribeiro[2007] affermano di aver effettivamente utilizzato una macchina per fare il pane e aver imparato ad usarla, prima di scrivere un articolo su di essa.166 Inoltre, hanno anche fatto il pane a mano, per poter comparare i due

procedimenti (vedi tabella4).

Essi notano per prima cosa che il manuale della macchina svolge una funzione insostituibile. Infatti, in esso è spiegato spesso cosa va misurato e come vanno effettuate certe misurazioni. Alla sezione Risoluzione dei Problemi, la risposta in15 casi su 30 è «misurare gli ingredienti con accuratezza». In questo, il manuale serve a convertire una azione polimorfica in una mimeomorfica, stabilendo i quantitativi di ingredienti in modo preciso.

Gourlay [2006] osserva che questa funzione delle macchine è così comune che ha anche un nome: deskilling, ossia ridurre le abilità dell’utente necessarie a farla funzionare. Collins commenta dicendo che è un termine infelice, perché l’utente non deve “ridurre” le abilità, ma sostituirle. In questo caso, la misurazione “a spanne”, che può fare un fornaio con esperienza, è sostituita dalla misurazione precisa che deve imparare l’utente, seguendo le indicazioni del manuale.

Come è evidente dalla tabella, la macchina non fa altro che eseguire mimeomorfi- camente ciò che anche il fornaio esegue mimeomorficamente. Tuttavia, il fornaio può decidere, ad esempio, di tirare il pane fuori dal forno un po’ dopo, perché quel giorno vuole provare un pane più cotto, scegliendo la nuova durata di cottura “ad occhio”. Questo renderebbe polimorfica anche l’azione di infornare, cosa che la macchina non può fare.

Per il resto, usare la macchina non fa altro che sostituire certe azioni polimorfiche con altre azioni ugualmente polimorfiche, eseguite soddisfacendo però diversi criteri. Ad esempio, nello scegliere gli ingredienti, l’utente è vincolato ai tipi di farina che possono essere usati secondo il manuale della macchina (di solito tipo0 e 00), mentre il fornaio può liberamente spaziare e inventare nuove combinazioni di ingredienti.

La posizione di Collins è evidentemente affine a quella practice-based del KM; in particolare, il nostro autore si è mostrato molto vicino a Tsouskas a Gourlay. Tuttavia, nell’analisi del problema non c’è stato mai bisogno di utilizzare il termine competenza, ma nell’analisi è bastato trattare soltanto di conoscenza e azione, considerati i due poli della questione. Parlare del fornaio come “l’esperto” non aumenta la chiarezza della trattazione, a meno che questa parola non sia semplicemente un’abbreviazione per affermare che il fornaio è colui che, possedendo una certa conoscenza (tacita ed esplicita), riesce a compiere alcune azioni in certi modi. La mia opinione è proprio questa, cioè che la competenza non debba essere trattata come una “cosa in sé”, al modo di Collins ed Evans, ma come un modo di compiere alcune azioni a partire da

Figura 3.1 – La guida dell’auto nello spazio della competenza.

una certa conoscenza. Per articolare questa tesi, però, abbiamo bisogno di analizzare le azioni che compiono gli esperti, come vedremo nel prossimo capitolo.