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3.3 Tre dimensioni

4.1.2 Due ipotesi

Nella prospettiva pratica del KM, secondo cui sapere e fare si intrecciano, padro- neggiare il compimento di certe azioni in una classe di problemi equivale ad essere esperti nel dominio individuato da quella classe di problemi. Da ciò possiamo supporre quanto segue.

Proposizione 4.1 (Ipotesi fondamentale della competenza). La competenza è la morficità degli ordini di un dominio.

Il motivo per cui l’ho definita fondamentale è che essa può essere presa per una definizione totalmente generale della competenza, e può eventualmente cambiare al mutare degli ordini scelti. Infatti, come già scritto, il processo che va dalla scoperta alla risoluzione è continuo e non facilmente suddivisibile. Ciò che sembra non mutare, è che un principiante, nell’avvicinarsi al dominio, comincia da alcuni ordini e non da altri; nel mio modello lineare, comincia dal problem setting, prosegue con il problem solving e solo in ultimo si confronta con il problem finding.

Ritornando ad un linguaggio meno tecnico, l’ipotesi fondamentale enuncia sempli- cemente che l’esperto di un dominio è in grado di compiere in certi modi determinate azioni legate alla classe di problemi di quel dominio. Ad un fisico delle onde gravita- zionali si richiede di saper impostare, risolvere e scoprire problemi relativi alle onde gravitazionali. Se sa padroneggiare in modo apertamente polimorfico questi tre ordini del dominio, allora egli è considerabile un esperto contributore massimo.

Si noti che questa definizione ha un senso solo se ha un senso il concetto di dominio. Infatti, gli ordini hanno una morficità solo se le azioni sono compiute in relazione a un set di problemi. Poiché i set di problemi compongono un dominio, ne segue che una buona caratterizzazione della parola «dominio» è fondamentale.

Riprendiamo ora il concetto di «forma del dominio», come definito nel paragrafo2.3. Consideriamo un esperto che, nel dominio perfetto formato solo dalla propria comunità (dove egli si è formato e lavora), è considerato contributore. Ad un certo punto, egli decide di entrare a far parte di un gruppo di ricerca in un nuovo campo, a cui partecipano esperti di comunità diverse, che insieme formano la rete del nuovo dominio non perfetto.182

Come prima cosa, il nostro esperto proverà ad interagire con gli altri attori della rete, perché per impostare e risolvere i problemi del nuovo dominio (e più avanti anche scoprirli) è necessario sviluppare una certa competenza interazionale; solo così egli può apprendere nuove informazioni, esporsi a nuova conoscenza tacita, comprendere i punti di vista degli altri, etc.

Ebbene, è ovvio che quanto più aumenta la sua competenza interazionale con i membri di altre comunità del nuovo dominio, più egli sarà in grado di contribuire al nuovo dominio. Questo perché con la competenza interazionale il nostro esperto impara in un certo senso a parlare la loro lingua. Ed è altrettanto ovvio che quanto più egli aveva una solida competenza contributoria nel proprio dominio perfetto, prima di allontanarsi dalla comunità dove si è formato, tanto più potrà contribuire meglio nel nuovo. D’altronde, è entrato nel nuovo gruppo di ricerca proprio perché avevano bisogno di qualcuno competente nella sua materia.

Da queste semplici considerazioni, possiamo scrivere una seconda ipotesi.

Proposizione 4.2 (Ipotesi additiva della competenza). La competenza contributoria in un dominio non perfetto è la somma della competenza contributoria nel dominio perfetto della propria comunità d’origine e delle competenze interazionali nei domini perfetti formati dalle altre comunità del dominio non perfetto.

Questa ipotesi equivale semplicemente ad affermare, nel nostro linguaggio, che per un esperto che vuole contribuire in un nuovo dominio non basta saper contribuire nel dominio dove si trovava prima. Occorre che impari ad interagire con i membri del nuovo dominio. Ma il nuovo dominio, essendo non perfetto, è formato da membri di diverse comunità. Dunque, il nostro esperto deve imparare ad interagire con i membri delle diverse comunità presenti nel dominio. Questo vuol dire che quando interagisce

con l’esperto della comunità X deve parlare (quasi) come se si trovasse nel dominio perfetto della comunità X, e lo stesso con la comunità Y, etc. Per ogni comunità diversa il nostro esperto deve imparare ad interagire con i suoi membri.

Il termine «somma» non è necessariamente metaforico. Ponendo una scala accanto ad ogni tipo di competenza, come nella parte destra della tabella5, si possono effettuare semplici operazioni.

Riprendiamo il nostro esempio dell’esperto che va a lavorare nel nuovo dominio composto per semplicità da due sole comunità, e supponiamo che, dopo alcuni mesi di lavoro, egli abbia sviluppato una competenza interazionale forte (−2) con i membri dell’altra comunità. Allo stesso tempo, nel dominio perfetto della comunità da cui proviene, egli è un contributore massimo (+3). Utilizzando la scala, abbiamo che la sua competenza contributoria nel nuovo dominio è pari a −2+ 3 = +1, cioè è un contributore debole.

Nella tabella3(capitolo2), le contribuzioni sono pensate a partire da esperti che nel proprio dominio perfetto sono contributori massimi. Per questo, nel nostro esempio l’esperto che diventa contributore debole nel nuovo dominio identifica un dominio di forma regolare.

Come si può osservare, le competenze interazionali hanno sempre una scala negativa. Questo serve ad evitare che un esperto contributore di un certo livello nel proprio dominio perfetto possa avere un livello uguale o superiore nel nuovo dominio non perfetto. Allo stesso tempo, l’interazione debole non consente alcun contributo nel nuovo dominio.

Infatti, come si ricorderà, i radiologi non sanno riparare una macchina per risonanze magnetiche nucleari e nemmeno capire realmente il suo funzionamento, sanno solo mimeomorficamente seguire le istruzioni. Questo è un esempio di problem setting, perché è la macchina che “risolve” il problema, cioè esegue la risonanza. Il radiologo si limita ad impostarla in base a quanto ha imparato.

Quest’ipotesi è molto ideale. Infatti, presuppone che l’importanza delle varie comunità nel dominio sia la stessa. Ad esempio, un ingegnere elettronico che entra nel campo della nanotecnologia deve imparare anche molta informatica e un po’ di fisica applicata, ma queste due materie non rivestono lo stesso peso, e in ogni caso la sua competenza di partenza lo pone di certo in vantaggio rispetto ad un fisico o ad un informatico.