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4.3 Che cos’è un dominio?

4.3.3 Metodi

Per quanto visto finora, dunque, i domini possono essere interpretati utilizzando i due seguenti metodi.

1. Metodo formale. Si studia la forma del dominio, in quanto formato da comunità. Sappiamo che le competenze appartengono sempre ad attori, e gli attori appar- tengono sempre a comunità. Nel paragrafo2.3, siamo partiti dalla considerazione che le comunità formano i domini.

2. Metodo compositivo. Si studia la composizione del dominio, in quanto composto da problemi. Nel paragrafo4.1.1, infatti, siamo partiti dalla considerazione che i problemi compongono un dominio.

La mia idea è che per definire in modo chiaro un dominio occorrano entrambe le prospettive: sia quella sociologica, basata sulle comunità di esperti, sia quella filosofica, basata sui problemi. Infatti, «problemi» e «comunità» sono due termini chiave nella nostra analisi.

Il terzo termine chiave è «azione», che unifica i due approcci. Tuttavia, mentre nel secondo caso consideriamo l’azione in relazione al problema, nel primo la consideriamo in quanto eseguita da un certo attore (individuale o collettivo), immerso in una comunità che le assegna un significato. Dunque, la domanda fondamentale per definire il dominio non è il chi, cioè gli attori, e nemmeno il cosa, cioè l’azione, ma il chi fa cosa. Da essa si possono separare le varie componenti e svilupparle come nell’albero seguente.

203Cfr.Wynne,1996a.

Dominio

chi fa cosa?

chi

in cosa è immerso?

Comunità

Reti

Istituzioni

come interagisce?

Linguaggio

Training

cosa

quando fa cosa?

Inclinazioni

cosa fa?

Contributi

Vorrei subito precisare che l’ultimo livello dell’albero, in basso, non corrisponde alle possibili risposte delle domande precedenti, ma al tipo di analisi che va condotta. Ad esempio, la risposta a come interagisce? non è «linguaggio» o «training», ma li linguaggio e il training sono le aree in cui andare ad indagare per vedere come interagisce un attore del dominio. Passiamo ora alla spiegazione dettagliata dell’albero.

Dalla domanda fondamentale chi fa cosa? separiamo le componenti chi e cosa. Grossomodo, queste corrispondono ad attore e azione, sempre però intimamente connessi tra di loro (l’uno non ha senso senza l’altro).

Il ramo del chi segue il metodo formale secondo due domande.

1. In cosa è immerso?. Sappiamo che ogni attore (individuale o collettivo) appartiene sempre ad una comunità, ma nel prossimo capitolo vedremo che in un dominio non tutti gli attori e le comunità sono uguali. Alcuni attori collettivi hanno più legittimazione di altri, e vengono chiamati istituzioni. D’altra parte, gli attori del dominio formano una rete. Nei paragrafi5.2.1e5.3.1vedremo nel dettaglio questi due concetti.

2. Come interagisce?. Nel metodo formale abbiamo visto che l’interazione è un elemento fondamentale in ogni dominio, e non solo tra gli esperti interazionali. Individuo il linguaggio e il training come elementi fondamentali, poiché, come visto nel paragrafo2.1, veicolano la conoscenza tacita.

Il ramo del cosa segue il metodo compositivo secondo altre due domande.

1. Quando fa cosa?. Come ben sappiamo, questo è il livello dell’inclinazione, concetto importantissimo per caratterizzare la composizione.

2. Cosa fa?. Di base, questo sarebbe il livello in cui si cerca di descrivere le singole azioni compiute dagli esperti contributori (e dagli studenti). Tuttavia, anche chi possiede una morficità debole (non-esperti immersi, esperti interazionali) può dare il suo contributo al dominio, potendo suggerire quali azioni vadano effettuate. Non ci sono argomenti strettamente razionali per cui un esperto interazionale che suggerisca di fare l’azione X, nonostante il parere contrario dei contributori, abbia torto a priori. Certo, i contributori possono umanamente essere infastiditi da qualcuno “inferiore” che dice loro cosa fare.205 D’altra parte, 205Accade anche che sia il superiore a non essere un contributore; è il caso di Gary Sanders, un fisico delle alte energie che fu messo a capo della costruzione di un telescopio, come abbiamo visto nel paragrafo1.2.

è accaduto nella storia che la comunità dei contributori abbia imboccato strade rivelatesi fallimentari. Pensiamo ai sostenitori della teoria dell’impetus, secondo cui un movimento circolare non poteva essere trasformato in un movimento rettilineo. Invece, dei semplici artigiani già nel basso medioevo costruivano apparecchi in grado di farlo, come il girabacchino.206 Tali lavoratori non erano

esperti dell’impetus, e forse non ne avevano mai nemmeno sentito parlare, ma hanno potuto costruire un apparecchio confrontandosi col quale gli studiosi hanno scoperto un grosso problema della loro teoria. Nel nostro linguaggio, gli artigiani erano non-esperti immersi, rispetto al dominio della teoria dell’impetus. Si sono confrontati con la situazione e ne hanno tratto alcuni congegni (senza scoprire un problema), utilizzati per il problem finding dei contributori. Un altro esempio: ricordando quanto visto nel paragrafo1.2, i pazienti malati di AIDS, secondo Epstein, hanno dato ai medici notevoli feedback, suggerendo cosa fosse opportuno fare o non fare.207Dunque, è preferibile intendere il concetto di contributo in

un senso piuttosto lato, distinguendolo da quello di contribuzione, definito nel paragrafo2.3.208

Possiamo esemplificare questo albero nel caso della fisica in Italia. Per il ramo formale, individuiamo le istituzioni più importanti: al di fuori delle università, si distinguono l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Le comunità sono spesso concentrate attorno ai dipartimenti universitari di fisica e ai laboratori più grandi presenti in italia: quello di Frascati, quello del Gran Sasso, etc. Le reti non sono facili da individuare, in quanto bisogna considerare anche molte associazioni di appassionati, oppure gruppi di divulgatori, etc. Le analisi sulle interazioni possono svolgersi sulla diffusione di alcuni termini della fisica al di fuori degli specialisti e sul tipo di preparazione universitaria che affrontano i giovani italiani, confrontandoli magari con il training delle università estere.

L’analisi compositiva di certo non è facile e qui posso solo abbozzarla. Mi sembra cheGalison[1997] offra numerosi casi di progetti, come la camera a bolle, in cui le comunità di ingegneri e fisici, dovendo realizzare dei progetti insieme, si sono trovati a mostrare la diversità di inclinazioni percepite di fronte ad un certo problema di progettazione. Entrambi i gruppi hanno portato infine i loro contributi, eseguendo specifiche azioni: gli ingegneri hanno costruito determinati pezzi, innovativi sotto diversi punti di vista, cercando di adeguarsi alle richieste dei fisici, che dal canto loro erano preoccupati solo della performance finale dello strumento, curando ogni dettaglio per aumentare la precisione e diminuire i possibili errori di misurazione.

A partire da questi dati, si può risalire l’albero, mettendo insieme il ramo più “sociologico” e quello più “filosofico”, fino ad arrivare alla radice, cioè il termine «dominio».