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Nel corso degli anni, diverse denominazioni sono state utilizzate negli scritti che trattano di teoria e pratica della traduzione, a seconda dell’attitudine, dell’approccio o della cultura dell’autore, ma anche sulla base della contingente tendenza nella terminologia accademica. Sulla base della denominazione adottata, dunque, è possibile individuare le differenti impostazioni teoriche, che segnano le fasi successive dello sviluppo di questa disciplina, e che si distinguono per la definizione che esse forniscono della traduzione, in riferimento al concetto, al processo e alla natura del tradurre.

Inizialmente, la scena internazionale è dominata da costrutti analitici e denominazioni piuttosto parafrasate per designare globalmente lo studio oggettivo dei fenomeni relativi all’operazione traduttiva (l’atto del tradurre) e al suo prodotto (il testo in lingua di arrivo). Mounin, ad esempio, ha intitolato il suo libro Les Problèmes théoriques de la traduction (1963); Nida, invece, ha pubblicato il suo noto volume con il titolo Toward a Science of Translation (1964); altri due costrutti inglesi largamente diffusi sono “the theory of translating” e “the theory of translation” (cfr. Catford, A Linguistic Theory of Translation, 1965), con le loro forme corrispondenti in altre lingue: “Theorie des Übersetzens”, “théorie de la traduction”, “teoria della traduzione”, ma anche nelle forme contratte “translation theory” e “Übersetzungstheorie”.

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In tedesco, invece, ha preso piede il termine “Übersetzungswissenschaft”, che ha dato esito nelle altre lingue a denominazioni come “la science de la traduction” in francese, “Science of

Translating” in inglese, e “la scienza della traduzione” in italiano.

Nell’intento, però, di pervenire ad una soluzione terminologica sintetica ed immediata della disciplina del tradurre, sono stati compiuti vari tentativi di creare termini più “dotti”, la maggior parte dei quali recano il suffisso -logia.

Nel manifesto pubblicato in Babel XIV (1968):3.143, sotto il nome di R. Goffin, P. Hurbin e J.-M. Vandermeerschen, viene per la prima volta suggerita la designazione di “traductiologie”, poi ripresa e approfondita da Goffin in un articolo sulla rivista Meta22, in relazione agli studi linguistici sulla traduzione basati sul metodo deduttivo, in opposizione all’intento normativo che caratterizzava le ricerche precedenti finalizzate all’elaborazione dei criteri qualitativi al fine di giudicare una traduzione (Holmes, 1988:69).

Il neologismo risulta etimologicamente corretto in riferimento alla traduzione, in quanto deriva dal latino «traductio», ovvero “traduzione; tuttavia, per questioni di pronuncia erronea rispetto al metodo latino a cui il termine afferisce, ha dato esito alla variante terminologica di “traductologie” (ed al suo corrispondente inglese “translatology”), introdotta da Brian Harris in un suo articolo dedicato agli studi linguistici sulla traduzione.23

Parlons donc de la traduction tout court, c’est-à-dire de l'opération traduisante, du texte traduit, qui en est le produit, et de la traductologie, qui constitue l'analyse de la traduction, de l'opération traduisante — analyse linguistique et, éventuellement, psycholinguistique. Ensuite, puisque l'important dans cette terminologie n'est pas la nomenclature mais la compréhension des concepts qui s'y rattachent, nous nous attaquerons à titre de “traductologue” au concept de traduction.24 (Harris, 1973:135)

Al termine traduttologia ricorre anche Antoine Berman, in un suo articolo25 del 1989, intendendo con esso “la riflessione della traduzione su se stessa a partire dalla sua natura d’esperienza” (Berman, 1989:675), ovvero l’esperienza del tradurre – costituita da tre dimensioni: la differenza e la parentela tra le lingue; la traducibilità e l’intraducibilità; la traduzione come

22 R. Goffin, “Pour une formation universitaire ‘sui generis’ du traducteur: Réflexions sur certain

aspect méthodologiques et sur la recherche scientifique dans le domaine de la traduction”, Meta, vol. 16, n. 1- 2, 1971, pp. 57-68 (p.59).

23 B. Harris, La traductologie, la traduction naturelle, la traduction automatique et la sémantique,

Cahier de linguistique, n. 2, 1973, p. 133-146.

24 “Parliamo, dunque, della traduzione tout court, vale a dire dell’operazione traduttiva, del testo

tradotto, che ne è il prodotto, e della traduttologia, che costituisce l’analisi della traduzione, dell’operazione traduttiva – analisi linguistica e, eventualmente, psicolinguistica. Inoltre, poiché l’importante in questa terminologia non è la nomenclatura ma la comprensione dei concetti che vi si riallacciano, ci aggrappiamo a titolo di “traduttologi” al concetto di traduzione.” [Trad. nostra].

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restituzione del senso o riscrittura del significante – ripiega su stessa per comprendersi fino in fondo, dando così vita alla riflessione sulla traduzione. La traduttologia non è quindi un discorso chiuso; inoltre, rifiuta di essere una teoria globale e unica del tradurre, poiché oltre all’orizzonte della restituzione del senso, la traduzione possiede una dimensione ancora più essenziale, quella del “travail sur la lettre” (lavoro sul significante), che conferisce al tradurre “un ruolo etico, poetico, culturale ed anche religioso nella storia” (Berman, 1989:676)

Tuttavia, poiché il suffisso -logia deriva dal greco, i puristi rifiutano una tale combinazione, dove il primo elemento del vocabolo è costituito da un termine che non appartiene alla classicità latina, ma al tardo latino, come nel caso di translatio, o al Rinascimento francese, in quello di traduction.

Una denominazione che ha riscontrato successo negli ultimi decenni è quella proposta da J. S. Holmes nel suo saggio del 1988, in cui viene introdotto il nome di Translation Studies, che si pone in diretta contrapposizione alla designazione della traduzione come “scienza”. Secondo lo studioso inglese il problema non consiste nel fatto che “la disciplina non è una Wissenschaft, ma che non tutte le Wissenschaften possono essere chiamate correttamente scienze” (Holmes, 1988:70). La soluzione da lui proposta consiste nella scelta del termine “studies” per una disciplina che, a suo dire, “tende a rientrare negli studi umanistici o nelle arti piuttosto che nella scienza come campo di apprendimento”, cosicché “la designazione ‘translation studies’ sembrerebbe essere la più appropriata tra quelle disponibili in inglese, e la sua adozione come termine standard per la disciplina in sé cancellerebbe una grande quantità di confusione e fraintendimenti” (Holmes, 1988:70).

Della definizione proposta da Holmes si appropriano in seguito altri studiosi della materia che condividono l’intento di riconoscere a questo campo di studi e di ricerca, rimasto fino ad allora relegato ad una branca minore degli studi di letteratura comparata o ad una specifica area della linguistica, uno status scientifico e programmatico in grado di assicurargli la degna collocazione accanto alle altre discipline già formalizzate. Tra i teorici che, nel corso degli anni, faranno ricorso a questa denominazione, si segnalano: Andrè Lefevere (“Translation Studies. The Goal of the Discipline”, 1978)26; Susan Bassnett-McGuire (Translation Studies, 1980); Mary Snell-Hornby,

Translation Studies – An Integrated Approach (1988)27, Kitty van Leuven-Zwart and Ton Naaijkens (Translation Studies: State of the Art. Proceeding of the first James S. Holmes

26 A. Lefevere, “Translation Studies. The Goal of the Discipline”, 1978, in J. S. Holmes, J. Lambert,

R. Van den Broeck, Literature and Translation. New Perspectives in Literary Studies with a Basic

Bibliography of Books on Translation Studies, Louvain, Acco, 1978.

27 La studiosa inglese dedica la prima sezione del suo volume alla concezione degli “studi sulla

traduzione” come disciplina indipendente. “[..] la nostra concezione di studi sulla traduzione come una disciplina integrata ed indipendente che include ogni tipo di traduzione, da quelle letterarie a quelle tecniche. [...] Come una disciplina a pieno titolo, gli studi sulla traduzione necessitano di sviluppare i propri metodi, basati, non su modelli esterni e convenzioni di altre discipline, ma sulle complessità della traduzione” [Trad. nostra]. Cfr. M. Snell-Hornby, Translation Studies – An integrated Approach, John Benjamins, Amsterdam, Revised Edition, 1995, pp. 34-35.

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Symposium on Translation Studies, 1991); Edwin Gentzler (Contemporary Translation Studies,

1993); Gideon Toury (Descriptive Translation Studies – And Beyond, 1995); Mona Baker (Routledge Encyclopedia of Translation Studies, 1997); Theo Hermans (“Paradoxes and aporias in translation and translation studies”, 2002)28.

Tuttavia, appare interessante e ragionevole quanto sostiene José Lambert29 nel suo articolo edito nel volume curato da Kitty van Leuven-Zwart e Ton Naaijkens in occasione del First James

S. Holmes Symposium on Translation Studies, tenutosi dal 17 al 19 dicembre 1990 presso

l’Università di Amsterdam per celebrare il 25° anniversario del Dipartimento di Translation Studies.

Although the term ‘Translation Studies’ is sometimes used nowadays, probably for stylistic reasons, as a vague and large equivalent of the ‘the Science of Translation’, it has not really been accepted by the majority of theoricians as the official label for the discipline. Strangely enough, it is often used in a particular sense that Holmes would have keenly disapproved of: as the equivalent of (a particular kind of) ‘Literary Translation Studies’. True, it has been adopted recently as a programmatic label in Mary Snell-Hornby’s ‘Integrated Approach’. But Peter Newmark seems to be convinced that ‘Translation Theory’ fits better. [...] Both Newmark and Holmes warn their colleagues against a too optimistic view on translation, especially against ‘Science’. [...] In a recent article, Werner Koller (Koller 1990) also assigns a quite particular position to ‘Translation Studies’ while linking it with Gideon Toury and, apparently, with the study of Translated Literature only; [...] In another survey of contemporary translation research Gisela Thome also refers to ‘die literaturwissenschaftlich- komparatistisch geprägten ‘Translation Studies’ (Thome, 1990:2). Anyway, these hesitations and comments indicate that most theoreticians are familiar with the term but they do not feel the need of using it as an official and general codification, which also implies that Holmes’ (Toury’s and maybe other people’s) view on the theory/study of translation are not really shared.30

(Lambert, 1991:27-28)

28 T. Hermans, “Paradoxes and aporias in translation and translation studies”, in A. Riccardi, Translation Studies, Perspectives on an Emerging Discipline, University Press, Cambridge, 2002, pp. 10-23.

29 J. Lambert, “Shift, oppositions and goals in translation studies: Towards a genealogy of concepts”,

in K. van Leuven-Zwart and T. Naaijkens, Translation Studies: State of the Art. Proceeding of the first James

S. Holmes Symposium on Translation Studies, Rodopi, Amsterdam, 1991 pp. 25-37.

30 “Sebbene il termine ‘Translation Studies’ sia utilizzato talvolta ancora oggi, probabilmente per

ragioni stilistiche, come un equivalente vago e ampio di ‘Scienze della Traduzione’, esso non è stato realmente accettato dalla maggior parte dei teorici come etichetta ufficiale per la disciplina. Alquanto stranamente, esso è di sovente usato in un senso particolare che Holmes avrebbe vivamente disapprovato: come equivalente (di un particolare tipo di) ‘Studi sulla traduzione letteraria’. Effettivamente, è stato adottato recentemente come etichetta programmatica nel volume ‘Integrated Approach’ di Mary Snell-Hornby. Ma Peter Newmark sembra essere convinto che ‘Translation Theory’ (Teoria della traduzione) vada meglio. [...] sia Newmark che Holmes mettono in guardia i loro colleghi da una troppo ottimistica visione della

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Interessante risulta, altresì, la sua valutazione a livello linguistico e pragmatico della denominazione in questione. Lambert, ponendo la questione su un piano strettamente linguistico, si chiede se l’espressione “Translation Studies” possa avere un equivalente nelle varie lingue utilizzate nella ricerca internazionale. E da qui si spiegherebbe l’utilizzo del termine “traduttologia” (in francese “traductologie”, in inglese “traductology”) che non creerebbe particolari dilemmi ai teorici. Ciò che maggiormente incide nella denominazione della disciplina, tuttavia, a parere di Lambert, è la definizione dell’oggetto, dello scopo e degli obiettivi della disciplina, poiché, senza questa definizione, non può esserci una chiara codificazione (Leuven-Zwart/ Naaijkens, 1991:28).

La questione si lega al fatto che il dibattito sulla traduzione implica la discussione intorno a certi temi quali: il binomio teoria/pratica del tradurre, la stretta connessione della traduzione con la linguistica, con la semiotica, o piuttosto con la letteratura comparata, o altrimenti con l’approccio interdisciplinare dei Cultural Studies, o ancora la pratica della traduzione automatizzata. Lambert sembra, dunque, pervenire alla conclusione, pienamente da noi condivisa, che:

Nothing is less clear than the exact nature of translation and the least we can say is that Holmes had excellent reason for recommending the study of the phenomenon before/in relation with any kind of theorizing.31 (Leuven-Zwart/

Naaijkens, 1991:28)

Del resto, ci pare condivisibile, altresì, la sua opinione secondo cui:

The very intention to provide a unified and homogeneous picture of the discipline is in contradiction with the fact that so many such pictures (states of

the art) pretend to have the same aim while being so different. Hence the key

problem might be just the very status of theory.32 (Leuven-Zwart/ Naaijkens,

1991:29)

traduzione, specialmente dalla ‘Scienza’. [...] In un recente articolo, Werner Koller (Koller 1990) assegna

inoltre una posizione piuttosto particolare ai ‘Translation Studies’ collegandola a Gideon Toury e, apparentemente, solo con lo studio della letteratura tradotta; [...] In un’altra indagine della ricerca sulla traduzione contemporanea, Gisela Thome inoltre fa riferimento agli ‘studi della traduzione basati sulla scienza letteraria e sulla comparativistica’ (Thome, 1990:2). Tuttavia, questi commenti ed esitazioni indicano che la maggior parte dei teorici hanno familiarità con il termine, ma non avvertono la necessità di utilizzarlo come codificazione ufficiale e generale, e questo implica inoltre che il punto di vista di Holmes (di Toury e probabilmente di altri) sulla teoria/studio della traduzione non è realmente condiviso”. [Trad. nostra].

31 “Niente è meno chiaro dell’esatta natura della traduzione e il meno che possiamo dire è che

Holmes ha avuto chiare ragioni per raccomandare lo studio del fenomeno prima/in relazione con ogni tipo di teorizzazione”. [Trad. nostra].

32 “L’intenzione vera di fornire un’immagine unificata e omogenea della disciplina è in

contraddizione con il fatto che molte di queste immagini (states of the art) pretendono di avere lo stesso scopo pur essendo differenti. Pertanto, il problema cruciale sarebbe semplicemente il vero stato della teoria.” [Trad. nostra].

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Della complessità degli approcci e della vastità dei fenomeni implicati dalla traduzione cercheremo di fornire una panoramica generale nei paragrafi a seguire.