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5. Differenti approcci di critica delle traduzioni

5.3. Il modello del tertium comparationis: Kitty van Leuven-Zwart

Uno dei più noti modelli basati sul tertium comparationis, nonché uno tra i più complessi metodi di critica delle traduzioni, è quello elaborato dalla studiosa olandese Kitty van Leuven- Zwart, descritto in un articolo dal titolo “Translation and Original, Similarities and Dissimilarities (I, II)”, pubblicato in due fasi sulla rivista traduttologica Target131.

Si tratta di un metodo realizzato per stabilire e descrivere le modificazioni (shift) nelle traduzioni integrali di testi narrativi. È basato sulla premessa che, tanto i mutamenti microstrutturali (quelli che si manifestano al livello delle proposizioni, dei periodi e dei sintagmi, riguardando il piano semantico, stilistico e pragmatico) quanto quelli macrostrutturali (shift a livello delle unità di significato che trascendono frasi/periodi/sintagmi, riguardando, invece, gli attributi e le caratterizzazioni dei personaggi, la natura e l’ordine dell’azione, il tempo e lo spazio degli eventi), possono fornire indicazioni sulle norme traduttive adottate dal traduttore, sulla sua interpretazione del testo originale e sulla strategia applicata durante il processo traduttivo.

Il criterio metodologico prevede che l’indagine sulla natura e la frequenza dei mutamenti inizi con il livello microstrutturale, per poi passare al livello macrostrutturale, garantendo, così, la

131 K. van Leuven-Zwart, “Translation and Original, Similarities and Dissimilarities”, I, in Target

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verificabilità dell’analisi e la ripetitività di tale metodo, costituito da due componenti: la componente comparativa e la componente descrittiva. Il modello comparativo è rivolto alla classificazione dei mutamenti a livello microstrutturale, ricercando le indicazioni relative all’interpretazione e alle strategie; il modello descrittivo, invece, si focalizza sugli effetti dei mutamenti microstrutturali sul livello macrostrutturale (Van Leuven-Zwart, 1989:155).

Per quanto riguarda il modello comparativo, l’analisi volta ad indagare in che modo e in che misura la traduzione differisce dal suo originale, inizia con il confronto tra il testo di partenza e il testo di arrivo a livello microstrutturale. Poiché non è realistica l’idea di condurre un confronto sui due testi nella loro interezza, saranno scelti a caso dei passaggi . Questi ultimi saranno suddivisi nei cosiddetti “transemi”, sulla base della grammatica funzionale di Dik (1978), i quali rappresentano un’unità testuale comprensibile. Vi sono due tipi di “transemi”: “state of art transeme”, costituito da un predicato e dai suoi complementi; e “satellite transeme”, che manca di predicato e può essere descritto come una specificazione avverbiale o un’amplificazione dello “state of art transeme”.

Il principio fondamentale del modello comparativo è costituito dal concetto di relazione, inteso secondo la definizione strutturalista che prevede che due entità siano correlate quando hanno sia aspetti simili che dissimili (Van Leuven-Zwart, 1989:156).

Il confronto tra i “transemi” del testo di partenza e i “transemi” del testo di arrivo comprende tre fasi (Van Leuven-Zwart, 1989:157-159) :

a) Stabilire le similarità, il comune denominatore, detto “architranseme” (ATR), il quale può essere di tipo “semantico”, quando i “transemi” condividono certi aspetti del significato; oppure “pragmatico” o “situazionale”, quando certi aspetti dei due “transemi” si applicano solo in una particolare situazione.

b) Confrontare ogni singolo “transeme” con l’ATR, al fine di stabilire la relazione tra i rispettivi “transemi” e l’ATR. Le relazioni possono essere di due tipi: sinonimia (il “transeme” e l’ATR corrispondono); iponimia (il “transeme” e l’ATR differiscono). c) Stabilire la relazione tra i due “transemi”. Le possibilità sono quattro:

1. Relazione sinonimica: ciascun “transeme” è in rapporto sinonimico con l’ATR. In questo caso non c’è shift nella traduzione.

2. Relazione iponimica: un “transeme” ha una relazione sinonimica con l’ATR e l’altro una relazione iponimica.

3. Contrasto: entrambi i “transemi” sono in rapporto iponimico con l’ATR.

4. Mancanza di relazione: i “transemi” non hanno aspetti di congiunzione, non si può stabilire un ATR.

Le ultime tre relazioni descritte generano, rispettivamente, tre tipi di mutamenti micro- strutturali: modulazione, modificazione e mutazione, i quali, a loro volta, vengono classificati con

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sottocategorie differenti, in base al livello testuale in rapporto al quale agiscono (semantico, stilistico, sintattico, pragmatico) (Van Leuven-Zwart, 1989:159-169).

Pur senza entrare nei dettagli della minuziosa descrizione che la studiosa olandese fornisce di ciascun tipo di mutamento, per comprendere la complessità di tale modello, basta riportare qualche cifra indicativa, tratta dal diagramma che la stessa autrice inserisce nel suo articolo in conclusione al paragrafo sul modello comparativo (Van Leuven-Zwart, 1989:170). Nel diagramma in questione, risultano otto categorie principali e settantatre sottocategorie ad esse correlate.

Per quel che concerne, invece, il modello descrittivo, questo è da considerarsi complementare al modello comparativo, in quanto è inteso a descrivere le conseguenze a livello macrostrutturale degli shift occorsi a livello microstrutturale, analizzati dal modello comparativo.

Van Leuven-Zwart sottolinea che la macrostruttura dei testi letterari è fatta di unità di significato che trascendono i periodi, le frasi e i sintagmi; si tratta di unità di significato come: la natura, il numero e l’ordine degli episodi, gli attributi dei personaggi e le relazioni tra loro, i particolari degli eventi, le azioni, lo spazio e il tempo, l’atteggiamento del narratore nei confronti del mondo letterario, il punto di vista da cui il narratore guarda il mondo, e così via. Tuttavia, la parte costitutiva della macrostruttura sono gli elementi microstrutturali: un testo consiste di parole, frasi, periodi, sintagmi che il lettore mette insieme per comprenderle come unità più ampie. La natura e gli attributi della macrostruttura, pertanto, dipendono largamente dalle caratteristiche degli elementi che costituiscono la microstruttura. Ne consegue che mutamenti di tipo microstrutturale possono dare esito a mutamenti sul piano macrostrutturale. Nella maggior parte dei casi, però, tale mutamento macrostrutturale non sarà la conseguenza di un singolo shift a livello microstrutturale: affinché avvengano mutamenti macrostrutturali, sono necessari più shift microstrutturali della stessa natura o simile. In altre parole, solo quei mutamenti microstrutturali che mostrano una certa frequenza e consistenza apportano degli shift nella macrostruttura (Van Leuven-Zwart, 1989:171).

Il principio teorico del modello descrittivo di Van Leuven-Zwart è tratto da Leech e Short (1981) e Bal (1980), da cui sono presi in prestito due concetti fondamentali, rispettivamente, la nozione di “funzione” e quella di “livelli” (Van Leuven-Zwart, 1989:172-173).

Per quanto riguarda la funzione, il concetto basilare è che nella prosa letteraria i mezzi linguistici possono svolgere tre funzioni:

a) Funzione interpersonale: il modo in cui è stabilita la comunicazione tra il parlante e l’ascoltatore;

b) Funzione ideazionale: il modo in cui è fornita l’informazione relativa al mondo letterario;

c) Funzione testuale: il modo in cui l’informazione è strutturata e organizzata nel linguaggio.

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Queste tre funzioni sono interrelate e risultano operative in ciascuna espressione linguistica, cosicché ogni espressione linguistica è caratterizzata dal modo in cui le tre diverse funzioni sono realizzate.

Relativamente ai livelli di testo, invece, sono distinti tre tipi:

a) Livello della storia: è il livello più profondo ed astratto, è paragonabile al concetto di ‘fabula’ dei formalisti russi; consiste di elementi astratti come gli eventi, i protagonisti, lo spazio e il tempo.

b) Livello del racconto: è paragonabile alla nozione di ‘soggetto’ dei formalisti russi, e può essere considerato la concretizzazione degli elementi astratti del livello della storia. Ad esso è legata la nozione di focalizzazione, ossia il punto di vista da cui è presentato il mondo letterario.

c) Livello del discorso: costituisce l’espressione linguistica del mondo letterario creato nel livello del racconto. Un’importante nozione ad esso correlata è quella del narratore, il mezzo attraverso cui la comunicazione tra il lettore e il mondo letterario si stabilisce.

Per sua natura, il livello della storia non può costituire elemento di indagine del modello descrittivo, poiché, nel momento in cui una delle funzioni inizia ad agire sugli elementi astratti che costituiscono tale livello, essi diventano concreti, quindi passano al secondo livello, quello del racconto. Il modello descrittivo, dunque, indaga sei fattori distinti, vale a dire le tre funzioni operanti sui due livelli, del racconto e del discorso (Van Leuven-Zwart, 1989:173).

Una minuziosa esposizione circa il funzionamento del modello descrittivo chiude la prima parte dell’articolo di Kitty van Leuven-Zwart, mentre la seconda parte si apre con la trattazione dell’influenza dei mutamenti microstrutturali sulla macrostruttura dei testi letterari in prosa e si conclude con un breve resoconto dei risultati ottenuti attraverso l’applicazione di tale metodo.

Tra le numerose critiche che altri studiosi della traduzione hanno rivolto al metodo di Kitty van Leuven-Zwart, almeno quattro meritano di essere citate, per comprendere la differenza tra questo tipo di modello di critica delle traduzioni basato sul tertium comparationis ed altri modelli.

Innanzitutto, è stato polemizzato il criterio di scegliere a caso i passaggi da sottoporre ad analisi. Ciò implica almeno due problematiche: in primo luogo si pone la questione circa la somma dei passaggi necessari per produrre un’affidabile campionatura dell’opera, e secondariamente ulteriori commenti potrebbero sorgere a proposito dell’esclusione (consapevole o meno) di certi passaggi.

In secondo luogo, è stata contestata l’affermazione di Leuven-Zwart, secondo cui solo gli

shift microstrutturali che hanno una certa frequenza e consistenza creano mutamenti nella

macrostruttura (Van Leuven-Zwart, 1989:171). Al contrario, sarebbe da preferire l’idea espressa tra gli altri da Lance Hewson, secondo cui “un mutamento marcato può influenzare il modo in cui l’intero testo viene interpretato” (Hewson and Martin, 1991:226-228).

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In terzo luogo, è stato contestato l’utilizzo dei “transemi”, in quanto ciò comporta la segmentazione di passaggi con la conseguente interruzione di quelle relazioni tra le frasi e i periodi che vanno oltre la semplice proposizione.

Infine, il principio stesso del tertium comparationis è messo in questione, in quanto un metodo che prevede di catalogare i mutamenti sulla base di un confronto con un paradigma, che a sua volta è il risultato di un’interpretazione da parte di un soggetto individuale, non potrebbe garantire l’oggettività necessaria ad un metodo scientifico.

5.4. Armin Paul Frank: modello orientato al transfer

Per comprendere la maniera in cui Paul Armin Frank intende la critica delle traduzioni, occorre, innanzitutto, conoscere l’orientamento delle sue concezioni teoriche a proposito della traduzione letteraria, rese note nel suo contributo dal titolo “Towards a Cultural History of Literary Translation. ‘Histories’, ‘Systems’, and Other Forms of Synthesizing Research”132.

La prima considerazione di fondo è che il testo tradotto dipende dal suo originale, lo rappresenta e lo sostituisce all’interno della letteratura, della lingua e della cultura di arrivo; la traduzione implica un’interpretazione scritta in una seconda lingua e, dunque, una ri-creazione, o ri-scrittura, del testo secondo i vincoli linguistici, letterari e culturali dettati dal sistema ricevente (Kittel, 1992:369). Inoltre, dal momento che il traduttore, nel produrre un testo che ancora non esiste, utilizza un’opera esistente in un’altra lingua e in un’altra letteratura, la “ricezione” e la “produzione” coincidono nell’atto del tradurre, cosicché la traduzione può essere considerata come “una ri-creazione recettiva interlinguistica e interletteraria” (Kittel, 1992:370).

Il testo tradotto, poi, è caratterizzato da una natura ibrida, poiché è costruito con i mezzi del sistema di arrivo, ma si rifà ad un testo originale e lo sostituisce nel contesto d’arrivo, distinto da una rete di relazioni differenti da quelle che dominano nel contesto originario del testo di partenza (Kittel, 1992:371). Tra tali relazioni, una indispensabile è quella che lega il testo tradotto con il suo originale. Essa, tuttavia, non rappresenta una relazione tra le caratteristiche del testo originale e del testo tradotto, stabilita a priori ed in modo definitivo. L’equivalenza, di fatto, non è una condizione prescrivibile, ma un “atto performativo”, per cui il traduttore, in un dato momento, considera la sua traduzione come completa, anche se non necessariamente perfetta, e ne autorizza la pubblicazione come la migliore realizzazione possibile del testo fonte, in presenza di specifiche condizioni di lavoro (Kittel, 1992:371)

132 A. P. Frank, “Towards a Cultural History of Literary Translation. ‘Histories’, ‘Systems’, and

Other Forms of Synthesizing Research”, in H. Kittel, Geschichte, System, literarische Übersetzung –