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5. Le principali teorie contemporanee della traduzione

5.3. Le teorie funzionaliste della traduzione

Arriva dalla Germania, intorno agli anni ’70, l’impulso affinché la traduttologia prenda le distanze dalle teorie linguistiche, piuttosto statiche, basate sui sopramenzionati shift della traduzione, in favore, piuttosto, di un approccio teorico all’analisi della traduzione di tipo funzionalista e comunicativo, che dominerà il campo di studi della traduzione fino alla fine degli anni ’80.

I maggiori rappresentanti della nuova tendenza teorica sono:

a) Katharina Reiss, la quale si sofferma sull’equivalenza a livello testuale, collegando le funzioni del linguaggio ai tipi di testo e alla strategia traduttiva;

b) Justa Holz-Mänttäri, ideatore della teoria nota come “translational action” (lett. azione traduttiva), secondo la quale ogni processo comunicativo implica una serie di attori; c) Hans J. Vermeer, rappresentante della cosiddetta “Skopostheorie” (lett. teoria dello

scopo), la quale prende in considerazione gli obiettivi della traduzione nella formulazione della strategia traduttiva;

d) Christiane Nord, ideatrice di un dettagliato modello di analisi testuale del testo tradotto che protrae fino agli anni ’90 la tradizione traduttologica di tipo funzionalista.

Esaminiamo brevemente i singoli approcci, a partire dalla teoria di Katharina Reiss67, basata sul concetto di equivalenza, secondo un’ottica che vede il testo, e non la parola o la frase, come il livello in cui avviene la comunicazione e in cui l’equivalenza deve essere data.

La studiosa tedesca assume le tre categorizzazioni delle funzioni del linguaggio fornite da Bühler68 e le associa alle corrispondenti “dimensioni” del linguaggio e al tipo di testo o alla situazione comunicativa in cui esse sono utilizzate (Munday, 2001:73).

Reiss distingue tre tipi di testo: il testo informativo, che consiste nella mera comunicazione di fatti, informazioni, opinioni, etc., per cui predomina la dimensione logica o referenziale del linguaggio e la comunicazione si focalizza sul contenuto; il testo espressivo, che consiste nella

67 K. Reiss, “Text types, translation types and translation assessment”, tradotto dall’originale tedesco

“Texttypen, Übersetzungstypen und die Beurteilung von Übersetzungen“ (1977) da A. Chesterman, in A. Chesterman, 1989:105-115.

68 Le tre categorizzazioni di Bühler (Sprachtheorie: Die Darstellungsfunktion der Sprache, 1934:65)

sono: Darstellungsfunktion (lett. funzione informativa); Ausdrucksfunktion (lett. funzione espressiva); e

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“realizzazione creativa”, per cui l’autore ricorre alla dimensione estetica del linguaggio, assegnando alla forma particolare rilevanza; il testo operativo, che implica un riscontro comportamentale da parte del destinatario, a cui si rivolge l’appello per mezzo della forma dialogica del discorso. A questa triplice ripartizione, Reiss aggiunge un quarto tipo di testo, quello audio-mediale, come film, messaggi pubblicitari, etc., in cui alle parole si associano le immagini e la musica (Reiss, 1977/1989:108-109).

Il romanzo, il tipo di testo che per questo lavoro di tesi dottorale ci interessa, è considerato come un testo altamente espressivo che dà grande rilevanza alla forma. Nonostante l’asserzione dell’esistenza di testi ibridi, che presentano caratteristiche relative a differenti tipologie, Reiss afferma che “la trasmissione della funzione predominante del TP è il fattore determinante tramite cui il TA è giudicato” (Reiss, 1977/89:109) e suggerisce, inoltre, specifici metodi traduttivi in base al tipo di testo, che si possono schematizzare come segue (Munday, 2001:75):

1. Il TA di un testo informativo dovrebbe trasmettere l’intero contenuto referenziale o concettuale del TP. La traduzione dovrebbe essere una prosa semplice, senza ridondanze, ma con l’uso di esplicitazioni, quando necessario.

2. Il TA di un testo espressivo dovrebbe trasmettere la forma estetica ed artistica del TP. La traduzione dovrebbe ricorrere al metodo “identificativo”, per cui il traduttore adotta il punto di vista dell’autore del TP.

3. Il TA di un testo operativo dovrebbe produrre l’effetto desiderato nel destinatario del TA. La traduzione dovrebbe adottare il metodo “adattativo”, creando un effetto equivalente nel lettore del TA.

4. I testi audio-mediali richiedono un metodo “supplementare”, che integri le parole scritte con le immagini visuali e la musica.

Reiss, inoltre, elenca una serie di fattori da prendere in considerazione ai fini di una traduzione adeguata. Si tratta di criteri che la studiosa definisce “istruzioni” (dal tedesco, Instruktionen) e che suddivide in due categorie: i criteri intralinguistici, ovvero le caratteristiche semantiche, lessicali, grammaticali e stilistiche; e i criteri extralinguistici, cioè la situazione, il campo tematico, il tempo, lo spazio, il destinatario, l’emittente e le implicazioni affettive (umore, ironia, emozione, etc.). Sebbene siano interrelati, l’importanza si tali “istruzioni” varia a seconda del tipo di testo (Munday, 2001:75).

Al lavoro di Reiss va riconosciuto il merito di aver apportato nella teoria della traduzione considerazioni approfondite che implicano non solo i livelli linguistici più bassi, ma anche gli effetti prodotti e gli obiettivi comunicativi della traduzione. Non mancano, tuttavia, le critiche da parte di altri studiosi che, in primo luogo, considerano riduttiva la sua classificazione tripartita delle funzioni del linguaggio. Nord (1997:40), come vedremo, avverte la necessità di aggiungere una

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quarta funzione testuale, quella “fatica”69, riferita al linguaggio che intrattiene o stabilisce i contatti tra le parti implicate nella comunicazione. Secondariamente, perplessità scaturiscono anche dalla distinzione dei tipi di testo e dalla conseguente determinazione del metodo traduttivo pertinente: la coesistenza di funzioni differenti all’interno dello stesso testo originale e l’utilizzo di uno stesso testo per una varietà di scopi, sono i segnali evidenti dell’indeterminatezza che sottosta alla teoria funzionalista di Reiss.

Basata, invece, sull’obiettivo di realizzare una traduzione che soddisfi la funzione della comunicazione, la teoria funzionalista di Holz-Mänttäri, nota come teoria dell’azione, sviluppata nel suo volume Translatorisches Handeln: Theorie und Methode, del 1984, pone al centro delle riflessioni traduttologiche l’intento di soddisfare le esigenze comunicative dei destinatari della traduzione, cosicché le scelte traduttive sarebbero influenzate dalla presa in conto di tali necessità.

L’intento della studiosa finlandese è quello di proporre un modello traduttivo applicabile ad una vasta gamma di situazioni traduttive, che garantisca la trasmissione del messaggio tenendo conto delle differenze interculturali. Il processo comunicativo così instaurato per mezzo della traduzione, prevede, dunque, l’esistenza di una serie di attanti, ciascuno con il proprio ruolo e il proprio obiettivo (Munday, 2001:77): l’iniziatore (l’azienda o l’individuo che ha bisogno della traduzione); il committente (colui che contatta il traduttore); il produttore del TP (colui che redige il testo originale); il produttore del TA (il traduttore); l’utilizzatore del TA (colui che utilizza il testo tradotto, ad esempio nell’ottica della vendita); infine, il destinatario del TA (il lettore del testo tradotto).

L’azione traduttiva mira a produrre un testo funzionalmente comunicativo per il ricevente. Ciò significa, ad esempio, che la scelta della forma e del genere del testo tradotto deve essere effettuata sulla base di ciò che è pertinente alla cultura di arrivo, evitando la semplice riproduzione del profilo del testo di partenza. Tale scelta spetta al traduttore, che deve essere esperto nell’azione traduttiva, ovvero deve compiere le cosiddette “operazioni traduttive” più adeguate per la produzione del testo di arrivo, e deve assicurarsi che il trasferimento interculturale avvenga con successo, tenendo conto tanto della forma quanto del contenuto.

Alla teoria di Holz-Mänttäri si contesta la complessità del linguaggio adottato, la scarsa considerazione effettivamente rivolta ai fattori interculturali e la riduzione di importanza del testo originale, come nella “teoria dello skopos”.

Quest’ultima assume il termine greco “skopos” (lett. scopo, intento), per definire un approccio teorico che si interessa primariamente alla finalità della traduzione. Il promotore di tale definizione è Hans J. Vermeer, autore, assieme a Katharina Reiss, del volume Grundlegung einer

69 La funzione fatica figurava nella classificazione proposta da Roman Jakobson (1960) assieme alla

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allgemeine Translationstheorie (1984), un’opera che ingloba, nella prima parte, una dettagliata

descrizione della teoria dello skopos di Vermeer e, nella seconda, il modello funzionale del tipo di testo elaborato da Reiss.

La teoria dello skopos si fonda su sei “regole” fondamentali, che qui riportiamo sulla base della sintesi fornita da Munday (2001:79):

1. Un translatum (o TA) è determinato dal suo skopos;

2. Un TA è un’offerta di informazioni (Informationsangebot) nella cultura e nella lingua di arrivo riguardante un’offerta di informazioni in una lingua e cultura di partenza. 3. Un TA non avvia un’offerta di informazioni in un modo chiaramente reversibile. 4. Un TA deve essere coerente al suo interno.

5. Un TA deve essere coerente con il TP.

6. Le cinque regole sopramenzionate sono in ordine gerarchico e la regola dello skopos predomina.

Dalle regole appena menzionate, si deduce l’importanza che tale teoria riconosce al contesto linguistico e culturale dei due testi, originale e tradotto, come puntualizzato nella seconda regola. Rilevante è, altresì, il concetto di reversibilità espresso dalla terza regola, per cui la funzione di un translatum nella cultura di arrivo non è necessariamente la stessa della cultura di partenza. Relativamente alla quarta e alla quinta regola, invece, la definizione di coerenza e fedeltà si riferiscono rispettivamente al fatto che il traduttore, attraverso il testo tradotto, deve, da un lato, rispettare le esigenze del lettore, e dall’altro, mantenersi aderente al testo originale, per quanto riguarda le informazioni in esso contenute, la sua interpretazione di tali informazioni, e la loro riformulazione per il lettore di arrivo.

Un elemento essenziale della teoria dello skopos è l’idea che lo stesso testo possa essere tradotto in modi diversi a seconda dell’obiettivo del testo di arrivo e dell’incarico assegnato al traduttore, sempre in accordo con il criterio di adeguatezza, che dipende dalle relazioni tra il TP ed il TA che emergono durante il processo traduttivo, in virtù dello scopo della traduzione previsto al momento della commissione del lavoro.

Le principali discussioni sulla teoria dello scopo ruotano attorno all’opinione che, nonostante la sua pretesa di essere una teoria “generale” della traduzione, essa non può valere per i testi letterari, poiché, a parere di altri studiosi, questi ultimi, oltre ad essere stilisticamente più complessi, non hanno un preciso scopo. In secondo luogo, alla teoria dello scopo si contesta lo scarso interesse per la natura linguistica del testo originale e la noncuranza nella riproduzione delle caratteristiche microtestuali nel testo di arrivo; ciò comporta che, sebbene lo skopos sia raggiunto, ci possano essere delle incongruenze stilistiche o semantiche nei singoli segmenti.

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Questo parere è fortemente espresso da Christiane Nord, la teorica del modello funzionalista basato sull’analisi del testo orientato alla traduzione (translation-oriented text

analysis), descritto nel suo volume Text Analysis in Translation (1988/1991).

La studiosa tedesca propone innanzitutto la differenza tra due tipi di traduzione, ivi inteso sia il processo e che il prodotto:

a) la traduzione documentaria: “serve come documentazione di una comunicazione della cultura di partenza tra autore e ricevente del TP” (Nord, 1988/1991:72). È questo, ad esempio, il caso della traduzione letteraria, in cui il testo tradotto consente al lettore di arrivo di accedere al messaggio del testo originale, mantenendo, però, viva la sua percezione che si tratta di una traduzione. Altri esempi di traduzione documentaria segnalati da Nord sono: la traduzione parola- per-parola, la traduzione letterale e la traduzione cosiddetta “estraniante”, che fa sì che certi concetti specifici di una data cultura abbiano nel testo tradotto la stessa forma lessicale dell’originale, in modo da preservare e riprodurre la coloritura locale del testo originale;

b) la traduzione strumentale: “serve come messaggio indipendente che trasmette strumento in una nuova azione comunicativa nella cultura di arrivo, ed è intesa ad adempiere il suo intento comunicativo senza che il ricevente sia consapevole di leggere o ascoltare un testo che, in una forma differente, era stato usato prima in una situazione comunicativa differente” (Nord, 1988/1991:73). Dunque, il lettore legge la traduzione come se fosse un testo redatto originariamente nella sua lingua.

L’obiettivo che Nord si pone nel suo volume è quello di fornire un modello di analisi che, tenendo conto di una complessa serie di fattori extratestuali ed intertestuali interconnessi nel testo di partenza, sia in grado di essere adoperato per qualsiasi tipo di testo, a partire dall’idea che è necessario comprendere la funzione degli elementi del testo di partenza per meglio selezionare le strategie adeguate alla finalità prevista dal testo di arrivo.

Il modello di Nord viene ulteriormente perfezionato nel suo lavoro del 1997, Translating as

a Purposeful Activity, dove viene posto l’accento su tre aspetti dell’approccio funzionalista che

possono essere adoperati in un’ottica pedagogica:

a) l’importanza della commissione della traduzione (Nord, 1997:59-62); b) il ruolo dell’analisi del testo originale (Nord, 1997:62-67);

c) la gerarchia funzionale dei problemi della traduzione (Nord, 1997:67-71).

In primo luogo, la commissione della traduzione dovrebbe consentire di confrontare i profili del testo di partenza e del testo di arrivo al fine di prevenire eventuali divergenze. Ci si dovrebbe basare su informazioni concernenti le funzioni previste dal testo di partenza, l’emittente e il destinatario, il luogo e la data di pubblicazione, il tipo di testo (orale vs scritto), le motivazioni per le quali il testo originale è stato scritto e quelle per le quali è stato tradotto.

Queste informazioni consentono al traduttore di assegnare priorità alle informazioni da includere nella traduzione, quindi di compiere le proprie scelte traduttive.

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Secondariamente, una volta confrontate le caratteristiche dei due testi, originale e traduzione, il testo di partenza può essere analizzato per decidere le priorità funzionali della strategia traduttiva. Il ruolo dell’analisi del testo originale, Nord lo spiega come segue:

Analysis of the source text guides the translation process in that it provides the basis for decisions about a) the feasibility of the translation assignment, b) which sourcetext units are relevant to a functional translation, and c) which translation strategy will lead to a target text meeting the requirement of the translation brief.70 (Nord,1997:62)

L’analisi del testo originale si fonda sui seguenti parametri: la tematica, il contenuto (ivi compresa la connotazione e la coesione), le presupposizioni (i fattori del mondo reale implicati dalla situazione comunicativa si presume siano noti ai partecipanti), la composizione (inclusa la microstruttura e la macrostruttura), gli elementi paratestuali (illustrazioni, corsivo, etc.), il lessico (qui compreso il dialetto, il registro e la terminologia specifica), la struttura delle frasi, i tratti soprasegmentali (accento, ritmo, punteggiatura).

Infine, per ciò che concerne la gerarchia funzionale dei problemi della traduzione, Nord stabilisce la seguente cronologia nell’intraprendere una traduzione:

a) identificazione della funzione prevista (traduzione documentaria vs strumentale); b) scelta degli elementi funzionali che richiedono l’adattamento alla situazione del testo

di arrivo;

c) determinazione del tipo di traduzione a partire dallo stile (orientata alla cultura di arrivo o a quella di partenza);

d) infine, analisi linguistica a livello microstrutturale.

Il merito del modello proposto da Nord consisterebbe nel mettere insieme i punti di forza degli altri approcci funzionalisti. In particolare, la questione della commissione della traduzione si rifà alla teoria dell’azione traduttiva di Holz-Mänttäri e dei suoi attanti; le funzioni del testo richiamano il concetto di skopos elaborato da Vermeer e Reiss, senza però assegnare alla finalità della traduzione la totale predominanza; l’analisi del testo di partenza, influenzata dal lavoro di Reiss, presta la dovuta attenzione alla funzione comunicativa e alle caratteristiche testuali dell’originale in relazione al genere e alla lingua, ma senza ulteriori classificazioni.

70 “L’analisi del testo fonte guida il processo traduttivo in cui esso fornisce le basi per le decisioni

relative a: a) la fattibilità dell’incarico della traduzione, b) quali unità del testo fonte sono rilevanti per una traduzione funzionale, c) quale strategia traduttiva condurrà ad un testo di arrivo che esaudisca le richieste della commissione della traduzione”. [Trad. nostra].

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