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5. Differenti approcci di critica delle traduzioni

5.7. L’approccio di Lance Hewson

5.7.1. I presupposti per un nuovo modello

Prima di presentare il suo metodo, Hewson fornisce importanti spunti di riflessione a proposito di quelle problematiche traduttologiche, il cui modo di essere concepite si ripercuote sulla maniera di intendere la critica delle traduzioni. Nel fornire la propria opinione a riguardo, lo studioso ginevrino stabilisce i presupposti per il suo nuovo modello di analisi critica delle traduzioni, che si rifà, in parte, a criteri metodologici già adottati da altri studiosi, superando, però, alcune incoerenze che avevano attirato dubbi circa la concreta applicabilità dei metodi precedentemente descritti.

Il primo punto in discussione riguarda l’orientamento dell’approccio analitico del critico: deve esaminare prima il testo tradotto oppure il testo originale? deve cercare segnali di adesione ai differenti tipi di norme o, invece, alle loro infrazioni?

Partendo dall’idea che la traduzione possiede un doppio status, in quanto, da un lato, rappresenta il suo originale, portando il nome dell’autore, e dall’altro, conduce una vita autonoma nel nuovo contesto linguistico e culturale (Ballard/Hewson, 2004:126)145, Hewson ritiene che il critico sia in grado di superare la dicotomia testo di partenza versus testo di arrivo. La maniera per farlo è quella di “riattivare le interpretazioni dell’originale allorché si prefigura il potenziale interpretativo della traduzione” (Hewson, 2011:17).

145 Cfr. L. Hewson, Sourcistes et cibliers, in M. Ballard, L. Hewson, Correct, incorrect, Artois

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Il secondo argomento controverso riguarda la terminologia utilizzata, la quale presenterebbe una certa indeterminatezza, ossia mancherebbe di una chiara esplicitazione della connotazione di certi termini, in particolare “shift” e “deviation”. Essi, secondo la spiegazione di Hewson (2011:17), presuppongono, per loro natura, un’istanza negativa, mentre, nella concezione degli studiosi che li hanno utilizzati, è stata loro attribuita una valenza positiva, che non colliderebbe con il loro concetto che la traduzione comporta in ogni caso un certo grado di cambiamento e differenza rispetto all’originale, e che, dunque, nonostante determinati passaggi presentino degli “shift” o delle “deviations” rispetto all’originale, il resto del testo risulta quanto possibile equivalente.

A questa inesattezza terminologica, Hewson fa fronte nel suo contributo alla critica delle traduzioni, introducendo due nuovi concetti: “scelte traduttive” ed i loro “effetti” (Hewson, 2011:17). Essi, nell’ottica di Hewson, renderebbero conto, rispettivamente, di due caratteri impliciti all’atto del tradurre: il primo concetto confermerebbe il fatto che la traduzione comporta sempre una scelta da parte del traduttore, anche laddove, teoricamente, il sistema della lingua di arrivo richiede una precisa soluzione; il secondo, invece, rivelerebbe la possibilità di identificare l’impatto di tali scelte e, dunque, misurare i loro effetti sulla traduzione. La combinazione di “scelta traduttiva” ed “effetto”, inoltre, secondo Hewson, avrebbe il vantaggio di porre in risalto le due figure coinvolte nell’attività critica della traduzione: il traduttore ed il critico, entrambi partecipi con la loro soggettività.

L’identificazione dei passaggi da analizzare e le relazioni tra elementi microstrutturali e livello macrostrutturale di un testo rappresentano due ulteriori temi oggetto di dibattito, in quanto sarebbero presupposti implicitamente, quasi dati per scontati, senza indagare le loro effettive implicazioni.

Rispetto al primo dei problemi, la replica di Hewson rivela che la selezione dei passaggi costituisce uno dei punti deboli del Translation Criticism, a cui neppure il suo approccio riesce a fornire una soluzione soddisfacente. Hewson, di fatto, si limita a constatare che la scelta dei passaggi comporta il rischio di selezionare campioni che non siano (o non siano considerati) rappresentativi, che non rivelino le caratteristiche principali della traduzione (Hewson, 2011:257).

Esistono modi diversi di scegliere i passaggi da analizzare: ad esempio, ci si può basare sull’identificazione di specifici fattori (elementi lessicali, strutture sintattiche, etc.) preventivamente stabiliti; oppure si può operare una scelta casuale, basandosi sul criterio dell’autentica rappresentatività; altrimenti, ci si può attenere ad una struttura critica precedentemente costruita, mettendo così in gioco l’interpretazione personale del critico, che sottosta a tale struttura e che determina la maggior parte delle sue operazioni critiche (Hewson, 2011:258).

Quest’ultimo tipo di selezione è quello adottato da Hewson. Il suo vantaggio consiste nell’assumere una certa posizione, contrapponendola alla posizione costituita e rivelata dal progetto traduttivo.

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Nessuno dei suddetti metodi per la selezione dei passaggi, tuttavia, si esime dall’attirare su di sé almeno un’obiezione: se il set di passaggi scelti fosse stato differente, sarebbe mutato anche il set dei risultati ottenuti? Non potendo fornire una risposta certa a tale quesito, Hewson richiama il concetto della “compattezza interna” di una traduzione:

If one starts from the premise that translators work with an extended translation project that comprises a number of strategies, it might seem logical to believe that the product of the work will show a high degree of internal consistency. In such a case, the critic may reasonably choose a small number of passages in order to reconstruct just what the project and strategies were.146 (Hewson,

2011:18)

Relativamente al secondo tema introdotto, quello delle relazioni tra elementi microstrutturali e livello macrostrutturale, Hewson fa notare che il macro-livello non è immediatamente visibile e che, di conseguenza, non può essere postulato in modo aggettivo al di fuori di una correlata interpretazione (Hewson, 2011:18). Pertanto, nel suo approccio, egli propone l’introduzione di un livello intermedio, che nella sua terminologia è denominato mesolivello (Hewson, 2011:16), in riferimento al quale il critico può esaminare i dati microstrutturali raccolti, per poi formulare delle ipotesi sulla rappresentazione della macrostruttura tenendo conto dei risultati del micro- e del macrolivello (Hewson, 2011:18)147.

Altra questione controversa: il tertium comparationis. Sebbene il suo utilizzo sia inteso come l’introduzione di una misurazione oggettiva in rapporto alla quale il critico può confrontare passaggi del testo originale e della traduzione, l’espressione del tertium comparationis è rappresentata, di fatto, da un qualche tipo di parafrasi, frutto, a sua volta, di una certa interpretazione. L’alternativa proposta da Hewson è quella che egli denomina “interpretazione potenziale” (Hewson, 2011:20). Il concetto di fondo consiste nel ritenere che il traduttore, nell’atto del tradurre, procede lungo una delle tante interpretazioni (plausibili, non plausibili, erronee) che il testo originale offre. Il critico non può giudicare se il lavoro del traduttore è basato su un’interpretazione erronea, ma, nell’ammettere altre possibili interpretazioni, può sostenere che le scelte traduttive assunte dal traduttore sostengono un’interpretazione differente, non compresa tra quelle da lui prefigurate (Hewson, 2011:20).148

146 “Se si parte dalla premessa che i traduttori lavorano con un progetto traduttivo esteso, che

comprende un certo numero di strategie, può apparire logico credere che il prodotto del lavoro mostrerà un elevato livello di compattezza interna. In tal caso, il critico può scegliere ragionevolmente un numero limitato di passaggi al fine di ricostruire il progetto e le strategie”. [Trad. nostra].

147 Per maggiore chiarezza, si può notare che la microstruttura corrisponde al livello delle parole e

delle frasi; la mesostruttura ad un passaggio del testo (della lunghezza massima di una pagina); e la macrostruttura all’intera opera.

148 Hewson (2011:21), inoltre, fa riferimento al modello elaborato da Jean-Jacques Lecercle nel suo

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L’approccio di Hewson al Translation Criticism apporta, inoltre, una nuova prospettiva nei confronti delle questioni stilistiche. Lo studioso contesta il fatto che, nella maggior parte degli studi sulla traduzione e dei contributi critici, lo stile è relegato in una posizione secondaria o addirittura escluso dall’analisi. Egli intende, invece, dimostrare che le scelte stilistiche producono effetti di fondamentale rilevanza nell’interpretazione di un testo; cosicché il critico è chiamato a cercare di ricostruire le scelte stilistiche compiute dal traduttore e valutarne gli effetti (Hewson, 2011:19).

Infine, l’ultimo tema che, a parere di Hewson, necessita di approfondimento ed esplicitazione, riguarda la posizione interpretativa del critico. A tal fine, egli ricorre, ancora una volta, al contributo teorico di Lecercle (1999) e precisamente, al suo modello denominato “ALTER”, acronimo derivato dall’associazione dei componenti in gioco: autore (A ‒ author), lingua (L ‒ language), testo (T‒ text), enciclopedia (E – encyclopaedia) e lettore (R – reader).

Come dimostra la sua rappresentazione schematica: [A ← [L → [T] ← E] → R] (Lecercle, 1999:75), al centro di tale modello è posto il testo; direttamente connessi ad esso sono la lingua, da un lato, e l’enciclopedia, dall’altro; l’autore ed il lettore, invece, occupano i due poli estremi. Ciò sta a significare che, secondo Lecercle, non c’è rapporto diretto tra autore e testo, né tra testo e lettore; ma che tale rapporto è intermediato, filtrato, rispettivamente, dalla lingua e dall’enciclopedia.

Hewson espande il modello di Lecercle, includendovi la figura del traduttore, nel suo duplice ruolo di lettore e (ri-)scrittore. Il traduttore, quindi, va ad occupare una posizione cruciale tra le due lingue ed enciclopedie, i due pubblici di lettori e, infine, tra i due testi. Ciò mette in risalto l’autonomia che la traduzione assume nel sistema letterario ricevente: essa, da un lato, incarna l’interpretazione del traduttore del testo originale; dall’altro, rappresenta un testo in pieno diritto, in attesa di essere per se stesso interpretato. Si colloca qui, dunque, la posizione, piuttosto delicata, del critico della traduzione, il quale deve prendere in esame un testo – la traduzione – che conduce, simultaneamente, una duplice esistenza, nel sistema ricevente e in quello di partenza, con il relativo potenziale interpretativo.

Hewson stabilisce, pertanto, che il ruolo del critico consiste nel confrontare il potenziale interpretativo dei due testi, al fine di fornire qualche indicazione circa la natura delle interpretazioni che essi incoraggiano. In breve, il critico può giungere a constatare se tra le rispettive

Tutte le interpretazioni sono possibili. (b) Tesi 2: Nessun’interpretazione è vera. (c) Tesi 3: Alcune

interpretazioni sono corrette. (d) Tesi 4: Alcune interpretazioni sono false. (Lecercle, 1999:31). Lecercle ha dimostrato che la prima tesi è vera, mentre la seconda è da rigettare. L’attenzione si focalizza, dunque, sulle restanti due tesi, relative alla “correttezza” o “falsità” delle interpretazioni. Più precisamente, un’interpretazione è da ritenere corretta quando si conforma alle costrizioni della struttura pragmatica che regola l’interpretazione del testo e non interrompe l’interminabile processo interpretativo; al contrario, un’interpretazione è falsa quando disattende ai vincoli imposti dall’enciclopedia (ossia dalla somma totale delle conoscenze che circolano all’interno di una cultura, come definito da Umberto Eco nel suo volume,

Semiotica e filosofia del linguaggio, del 1984). Inoltre, un’interpretazione è definita incorretta, quando ignora

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interpretazioni vi sia un rapporto di “similarità divergente” o “divergenza ”, secondo la terminologia hewsoniana (Hewson, 2011:23)149.