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5. Le principali teorie contemporanee della traduzione

5.5. Le teorie del polisistema

Un’ulteriore direzione di studio della traduzione che, parimenti alle teorie funzionaliste esaminate in precedenza, si contrappone all’approccio prevalentemente linguistico, è quella nota come teoria del polisistema, basata sul concetto che la letteratura tradotta costituisce un sistema che opera all’interno di un più ampio sistema sociale, storico e letterario relativo alla cultura di arrivo. Si tratta di una fase determinante nello studio della traduzione, poiché per la prima volta la letteratura tradotta sveste i panni della forma artistica secondaria, inferiore, ausiliaria, e inizia ad occupare un posto determinato nel sistema culturale e letterario della lingua di arrivo.

La teoria del polisistema vede il suo avvio negli anni ’70, nell’ambito degli studi descrittivi della traduzione, ad opera dello studioso israelita Itamar Even-Zohar, autore del saggio “The

position of translated literature within the literary polysystem” del 1978.73

Even-Zohar fa riferimento al Formalismo Russo degli anni ’20, e in particolare al concetto che l’opera letteraria non si deve studiare come un fenomeno isolato, ma in quanto parte di un sistema letterario, che a sua volta è un sistema incluso in un ordine di altri sistemi differenti con cui è in continua correlazione, secondo la formulazione di Tynjanov (1927) (Munday, 2001:109).

La letteratura, dunque, fa parte di un quadro sociale, culturale, letterario, storico, il cui elemento chiave è il concetto di sistema, che implica una dinamica del “cambiamento” e una lotta per il primo posto nella gerarchia letteraria. Rispetto alla classificazione dei formalisti, Even-Zohar rifiuta il carattere elitario di certi generi letterari rispetto ad altri ed assegna una posizione ben precisa al sistema della letteratura tradotta, sottolineando chiaramente le ragioni per le quali essa costituisce di per sé un sistema all’interno del sistema di arrivo.

La prima ragione è che le opere da tradurre vengono scelte dalla lingua di arrivo; e la seconda è che le norme, il comportamento e la strategia traduttiva sono influenzate dagli altri co- sistemi.

73 I. Even-Zohar, “The position of translated literature within the literary polysystem” (1978), in L.

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Il teorico di Tel Aviv focalizza l’attenzione sulle relazioni tra tutti questi sistemi, che egli raggruppa in un sistema sovrastante, a cui assegna la denominazione di polisistema, che Shuttleworth e Cowie, nel loro Dictionary of Translation Studies, definiscono come segue:

The polysystem is conceived as a heterogeneous, hierarchized conglomerate (or system) of systems which interact to bring about an ongoing, dynamic process of evolution within the polysystem as a whole.74 (Shuttleworth e Cowie, 1997:176)

La gerarchia a cui si fa riferimento è il posizionamento e l’interazione in un dato momento storico dei vari strati del polisistema. Se la posizione più alta è occupata da un genere letterario innovativo, i livelli inferiori sono probabilmente occupati da generi sempre più conservativi. Al contrario, se le forme conservative sono in cima alla classifica, è plausibile che innovazione e rinnovamento provengano dagli strati più bassi. Altrimenti si verifica un periodo di stagnazione (Even-Zohar, 1978:120). Questo “processo evolutivo dinamico” è vitale per il polisistema, in quanto indica che le relazioni tra i sistemi innovatori e quelli conservatori sono in continuo stato di flusso e competizione.

Per via di questo continuo flusso, neppure la posizione della letteratura tradotta rimase fissa. Essa può occupare una posizione primaria o secondaria nel polisistema. Se è in una posizione primaria, essa partecipa attivamente alla formazione del centro del polisistema (Even-Zohar, 1978/2000:193); ha buone probabilità di essere innovatrice e di collegarsi ai maggiori eventi della storia letteraria nel momento in cui si verificano. Spesso, scrittori eminenti producono le più importanti traduzioni e le traduzioni sono un fattore guida nella formazione di nuovi modelli per la cultura di arrivo, poiché introducono nuove poetiche, nuove tecniche e così via.

Even-Zohar menziona i tre casi principali in cui la letteratura tradotta occupa la posizione primaria:

a) quando una letteratura “giovane” si sta stabilizzando e guarda inizialmente alla letteratura “anziana” per i modelli precostituiti;

b) quando una letteratura è “periferica” o “debole” e importa i generi letterari che le mancano. Ciò può succedere quando una nazione più piccola è dominata dalla cultura di una nazione più grande. Even-Zohar ritiene che tutti i tipi di letteratura periferica possono, in simili casi, essere costituiti dalla letteratura tradotta (Even-Zohar, 1978/2000:194). Ciò avviene su vari livelli. Per esempio, nella Spagna moderna le regioni più piccole come la Galizia importano molte traduzioni dalla forma dominante che è lo spagnolo castigliano, mentre la Spagna stessa importa letteratura canonizzata e non dal mondo anglofono;

74 Il polisistema è concepito come un eterogeneo e gerarchizzato conglomerato (o sistema) di sistemi

che interagiscono per ottenere un continuo processo evolutivo dinamico all’interno del polisistema in sé. [Trad. nostra].

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c) quando si verifica un punto critico di svolta nella storia della letteratura in cui modelli stabiliti non sono più considerati sufficienti, o quando si presenta un vuoto nella letteratura di un paese. Quando nessun genere ha una grande influenza, è facile per i modelli stranieri assumere la priorità.

Se la letteratura tradotta assume una posizione secondaria, allora essa rappresenta un sistema periferico all’interno del polisistema. Essa non ha grande influenza sul sistema centrale e rimane sempre un elemento conservativo, che preserva forme convenzionali e si conforma alle norme letterarie del sistema di arrivo.

Even-Zohar sostiene che questa posizione secondaria è la posizione “normale” per la letteratura tradotta (Even-Zohar, 1978/2000:196). Tuttavia, la stessa letteratura tradotta è stratificata (Even-Zohar, 1978/2000:195). Alcune letterature tradotte possono essere considerate secondarie, mentre altre, tradotte a partire da fonti letterarie maggiori, sono primarie. Un esempio che Even-Zohar fornisce è quello del polisistema letterario ebreo pubblicato tre le due guerre mondiali, laddove le traduzioni dal russo erano primarie, mentre le traduzioni dall’inglese, dal tedesco e dal polacco erano secondarie.

Even-Zohar suggerisce che la posizione occupata nel polisistema dalla letteratura tradotta condiziona la strategia traduttiva. Se è primaria, il traduttore non si sente costretto a seguire i modelli della letteratura di arrivo ed è più propenso ad infrangere le convenzioni, per cui spesso produce un testo d’arrivo che è in stretta corrispondenza in termini di adeguatezza, in quanto riproduce le relazioni testuali del testo originale. Questo fenomeno può, di per sé, portare alla creazione di nuovi modelli nella stessa lingua di partenza. Altrimenti, se la letteratura tradotta è secondaria, il traduttore tende ad usare per il testo tradotto modelli esistenti nella cultura di arrivo e a produrre traduzioni “non adeguate” (Even-Zohar, 1978/2000:196-197).

Nel suo volume Contemporary Translation Theories, del 1993, Edwin Gentzler chiarisce le ragioni per le quali la teoria del polisistema rappresenta un importante progresso degli studi sulla traduzione. I vantaggi che essa comporta sono numerosi: innanzitutto, la letteratura stessa viene studiata accanto ai fenomeni sociali, storici e culturali; secondariamente, Even-Zohar si allontana dallo studio isolato di testi individuali preferendo uno studio della traduzione all’interno dei sistemi culturali e letterari nei quali essa opera; in terzo luogo, la definizione non-prescrittiva di equivalenza e adeguatezza permette di apportare variazioni a seconda della situazione storica e culturale del testo (Gentzler, 1993:120-121,124-125).

Quest’ultimo punto offre alla teoria della traduzione una via d’uscita dai ripetuti argomenti linguistici incentrati, negli anni ’60 e ’70, sul concetto di equivalenza.

Gentzler, tuttavia, non manca di esprimere alcune critiche nei confronti della teoria del polisistema: in primo luogo, contesta una certa iper-generalizzazione della traduzione a “leggi universali” sulla base di prove relativamente scarse; in secondo luogo, polemizza l’eccessivo affidamento sul modello formalista del 1920 che, stando alla teoria delle tendenze evolutive dello

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stesso Even-Zohar, sarebbe inadeguato per i testi tradotti negli anni ’70; inoltre, critica la tendenza a focalizzarsi su un modello astratto piuttosto che sulle costrizioni della vita reale, che agiscono sul testo e sul traduttore; infine, pone la questione su quanto il presunto modello scientifico sia effettivamente oggettivo (Gentzler, 1993:121-123).

Nonostante tali obiezioni, la teoria del polisistema ha esercitato una profonda influenza sugli studi traduttologici, indirizzandoli verso un’osservazione meno prescrittiva della traduzione all'interno dei suoi diversi contesti.

Assieme a Even-Zohar, a Tel Aviv, lavora Gideon Toury, il quale si occupa, dapprima, delle condizioni socioculturali che determinano la traduzione in lingua ebraica della letteratura straniera, nell’ottica del polisistema, e successivamente si dedica alla formulazione di una teoria generale della traduzione. Rilevante risulta il suo contributo per la definizione dei Translation

Studies sulla base della mappa di Holmes – come già appurato nel paragrafo relativo alla

denominazione della disciplina, contenuto nel presente capitolo.

Alla base del suo autorevole volume, Descriptive Translation Studies – And Beyond (1995), si colloca l’esigenza di elaborare un ramo descrittivo sistematico della disciplina, in grado di rimpiazzare il tradizionale tipo di studi indipendenti e isolati. Nelle sue intenzioni, lo studio della traduzione deve configurarsi come “un ramo sistematico derivante da una chiara supposizione e provvisto di una metodologia e di tecniche di ricerca il più esplicite possibile e giustificate dagli stessi Translation Studies” (Toury, 1995:3). Solo uno studio di questo tipo, a suo modo di vedere, assicura che i risultati del lavoro individuale siano verificabili e confrontabili in modo intersoggettivo.

Toury, inoltre, conformemente alla teoria del polisistema elaborata da Even-Zohar, sostiene che le traduzioni (in quanto entità) e il tradurre (in quanto attività), detengono, rispettivamente, una posizione e una funzione specifica nei sistemi sociali e letterari della cultura di arrivo, e che tale posizione e funzione determinano la scelta delle strategie traduttive. Pertanto, una volta assunto questo principio, Toury giunge a considerare le interdipendenze come un ovvio fulcro di interesse e sostiene che l’intenzione principale è quella di rivelare le regolarità che contrassegnano le relazioni, che si presuppone sussistano, tra funzione, prodotto e processo (Toury 1995:24).

Toury ribadisce che l’ossessione di avere una definizione della traduzione basata su caratteristiche prestabilite, che si pretende di rintracciare nei fenomeni della vita reale, è controproducente ed ostacola il lavoro di tipo descrittivo che si tenta ora di condurre sulla traduzione. L’errore di fondo, secondo lui, è quello di voler fissare dei limiti ben circoscritti ad un oggetto che, di per sé, è caratterizzato da una grande variabilità: differenza tra le culture, variazione all’interno di una cultura e cambiamento nel tempo (Toury,1995:31). Ne consegue che, nella sua teorizzazione non esiste nessuna pretesa che la natura della traduzione sia data o fissata in alcun modo; al contrario, la questione principale riguarda non ciò che la traduzione è in generale, ma ciò che essa mostra di essere nella realtà, addirittura cosa ci si aspetta che essa sia in varie specificabili

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condizioni (Toury 1995:32). Si tratta, in definitiva, di quella che Toury definisce con la nozione di “presunta traduzione”: “tutti gli enunciati che sono presentati o considerati come tali [traduzioni] all’interno della cultura di arrivo, non importa su quale base”(Toury,1995:32).

Sono almeno tre i postulati assunti per rendere conto della cosiddetta “presunta traduzione”:

a) il postulato del testo di partenza, secondo cui, considerare un testo come una traduzione implica la presenza di un altro testo, in un’altra lingua/cultura, che ha priorità cronologica e logica su di esso ;

b) il postulato del trasferimento, il quale presuppone che vi sia un processo che fa sì che un determinato testo, considerato una traduzione, condivida certe caratteristiche con il presunto testo originale (l’attenzione è qui rivolta tanto al prodotto quanto al processo);

c) il postulato della relazione, implica che la presunta traduzione abbia delle relazioni con il suo originale, con cui si presume condivida anche la stessa funzione.

Nella teorizzazione di Toury, in sintesi, le traduzioni vengono considerate come “fatti della cultura che li ospita” (Toury,1995:24); in altri termini, si ha a che fare con la nozione di “target-oriented translation” (lett. traduzione orientata al testo d’arrivo) (Toury,1995:24).75

Dal punto di vista metodologico, nel quadro dei cosiddetti studi descrittivi della traduzione DTS, Toury propone una metodologia di analisi traduttiva basata su tre fasi, che ingloba l’analisi del prodotto e la considerazione del ruolo più ampio del sistema socioculturale. In primo luogo, si tratta si situare il testo all’interno del sistema della cultura di arrivo, tenendo conto del suo significato e della sua accettabilità; in secondo luogo, si passa al confronto tra l’originale e la traduzione per evidenziare le modificazioni, individuare le relazioni tra “coppie associate” di segmenti del testo di partenza e del testo di arrivo, e tentare di trarre una generalizzazione del soggiacente concetto di traduzione; infine, si traggono implicazioni circa il processo decisionale per le future traduzioni.

Un importante ulteriore passaggio è costituito dalla possibilità di ripetere le due prime fasi in altre coppie di testo, al fine di ampliare il corpus e costruire un profilo descrittivo delle traduzioni sulla base del genere, del periodo, dell’autore, etc. In questo modo, si possono identificare le norme relative ad ogni tipo di traduzione, con l’obiettivo finale di stabilire le regole comportamentali della traduzione in generale, come vuole l’impostazione descrittiva dei

Translation Studies.

75 In modo conciso ma esauriente, Toury chiarisce che il passaggio dall’approccio “source-oriented”

– che ha avuto il primato per lungo tempo e si è avvalso delle teorie linguistiche con cui si è cercato di spiegare i fenomeni traduttivi – all’approccio “target-oriented” degli studi sulla traduzione, coincide con l’affermarsi della Skopostheorie di Vermeer (1978) come paradigma alternativo agli studi tradizionali. Sono gli stessi anni in cui Toury presenta le sue prime formulazioni a proposito del nuovo orientamento degli studi traduttivi rivolto al punto di arrivo della traduzione. La differenza tra le due esperienze, come spiega Toury, consiste nel fatto che, mentre i teorici della Skopostheorie intendono risolvere i problemi legati alla natura applicata della traduzione, egli si propone di fornire una spiegazione descrittiva di ciò che la traduzione rappresenta nella cultura di arrivo al fine di formulare delle regole teoriche (Toury, 1995:25).

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La seconda fase del metodo di Toury (il confronto tra determinati passaggi dell’originale e della traduzione) rappresenta una delle aree più controverse. Toury, di fatto, sostiene che le decisioni circa il confronto fra segmenti paralleli del testo originale e della traduzione, così come la descrizione delle relazioni che tra essi intercorrono, devono essere supportate dalla teoria della traduzione. Si pone, però, la questione su quali siano le teorie a cui fare riferimento. L’approccio linguistico, ad esempio, è stato fermamente escluso dal dibattito intorno alla creazione di un apparato critico; l’argomento dell’utilizzo di un tertium comparationis, invece, suscita reazioni controverse. Lo stesso Toury, nei suoi primi lavori, da un lato sostiene ancora l’impiego di un’ipotetica variante intermediaria considerata come una sorta di “Traduzione Adeguata” (TA) sulla base della quale discernere le modificazioni della traduzione (Toury, 1978:93; 1985:32); dall’altro, però, ammette che, nella pratica, nessuna traduzione è completamente “adeguata” (Toury, 1978:88-89). Per via di questa contraddizione e a ragion del fatto che egli ritiene che la variante ipotetica sia data universalmente, Toury è stato largamente criticato (cfr. Gentzler 1993:131-132; Hermans 1999:56-57).

Di conseguenza, nel suo volume Descriptive Translation Studies – And Beyond (1995), Toury abbandona il concetto del tertium comparationis, e al suo modello assegna il compito di fornire “una ‘mappatura’ del TA sulla base del TP che istituisce una serie (ad hoc) di coppie associate” (Toury 1995:77). Si tratta di un tipo di confronto che lo stesso autore riconosce come inevitabilmente parziale e indiretto (Toury 1995:80), e che richiede continue revisioni nel corso del processo analitico e, infine, conduce ad un risultato flessibile e non-prescrittivo, nonché privo di una rigorosa sistematicità, che di volta in volta si sofferma su differenti aspetti testuali.

Un’altra esperienza traduttologica, che risente fortemente del lavoro compiuto da Even- Zohar e Toury, è quella del gruppo di studio fondato dagli esponenti dell’Associazione Internazionale di Letteratura Comparata, con sede in Belgio, Israele e Paesi Bassi, i quali hanno organizzato diversi incontri e conferenze intorno al tema della letteratura tradotta. Le prime conferenze sono quelle tenute a Leuven (1976), Tel Aviv (1978) e Antwerp (1980).

La pubblicazione determinante per questo gruppo, che intanto assume il nome di Scuola della Manipolazione, è la raccolta di articoli intitolata The Manipulation of Literature: Studies in

Literary Translation (1985), curata da Theo Hermans, il quale, nella sua prefazione al volume, dal

titolo “Translation studies and a new paradigm”, sintetizza i punti di vista nei confronti della letteratura tradotta, che il gruppo condivide con i teorici del polisistema:

What they have in common is a view of literature as a complex and dynamic system; a conviction that there should be a continual interplay between theoretical models and practical case studies; an approach to literary translation which is descriptive, target-organized, functional and systemic; and an interest in

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the norms and constraints that govern the production and reception of translations, in the relation between translation and other types of text processing, and in the place and role of translations both within a given literature and in the interaction between literatures.76 (Hermans 1985:10-11)

Il legame con le teorie del polisistema è evidente: gli esponenti della Scuola della Manipolazione inglobano nella loro riformulazione teorica i concetti chiave elaborati da Even- Zohar e Toury e basano il loro metodo di analisi sulla continua interrelazione tra modelli teorici e casi di studio pratici. Fondamentale risulta la metodologia utilizzata per l’analisi del testo tradotto, di cui offre una chiara descrizione l’articolo di José Lambert e Hendrik van Gorp (1985), “On describing translations”, pubblicato nel volume di Theo Hermans (1985:42-53), in cui viene proposto uno schema per il confronto dei sistemi letterari a cui appartengono il testo di partenza e il testo di arrivo, e per la descrizione delle loro relazioni. Ogni sistema include l’esposizione sull’autore, sul testo e sul lettore. Lambert e Van Gorp suddividono lo schema in quattro sezioni (Hermans, 1985:52-53):

1. Dati preliminari: informazioni sulla copertina, sul metatesto e sulla strategia generale Il risultato conduce ad elaborare delle ipotesi relative ai due livelli successivi.

2. Macro-livello: l’organizzazione del testo, i titoli e la suddivisione in capitoli, la struttura narrativa interna ed altri elementi riconducibili all’autore. Da qui si traggono ipotesi circa il livello microtestuale.

3. Micro-livello: l’identificazione degli shift su diversi livelli linguistici, ossia relativamente al lessico, ai modelli grammaticali, alla narrazione, al punto di vista, alla modalità. Il risultato potrebbe interagire con il livello macrotestuale e condurre a considerazioni che abbracciano il “contesto sistemico” più ampio.

4. Contesto sistemico: in questa fase vengono confrontati i dati relativi al macro- e al micro-livello, al testo e alla teoria, e vengono identificate le norme. Vengono, altresì, descritte le relazioni intertestuali (ovvero le relazioni con altri testi, incluse le traduzioni) e le relazioni intersistemiche (ossia le relazioni con altri generi, con altri codici).

Lambert e Van Gorp ammettono che è impossibile riassumere tutte le relazioni implicate nell’attività traduttiva, ma suggeriscono uno schema sistematico, che evita commenti superficiali ed intuitivi, giudizi a priori e convinzioni infondate (Hermans, 1985:47). Ancora una volta viene

76 “Ciò che hanno in comune è la visione della letteratura come un sistema complesso e dinamico; la

convinzione che dovrebbe esserci una continua interazione tra modelli teorici e casi di studio pratici; un approccio alla traduzione letteraria di tipo descrittivo, organizzato sulla base del testo di arrivo, funzionale e sistematico; e un interesse per le norme ed i vincoli che regolano la produzione e la ricezione delle traduzioni, per la relazione tra traduzione e altri tipi di elaborazione testuale, e per la posizione e il ruolo delle traduzioni sia all’interno di una data letteratura che nell’interazione tra più letterature”. [Trad. nostra].

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ribadito il forte legame tra teoria e pratica, tra un caso individuale da analizzare e una cornice teorica più ampia.

Con il procedere delle ricerche nel campo dei Translation Studies, anche le teorie della Manipolazione evidenziano un continuo sviluppo. Hermans spiega come la disciplina del tradurre, sulla base del suo approccio descrittivo, risente dell’evoluzione sociale ed intellettuale che si manifesta nel mondo reale, cosicché avverte l’esigenza di prender parte agli eventi culturali e sociali in atto, quali gli studi di genere, il post-strutturalismo, il post-colonialismo, gli studi