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Denominazioni d’origine, indicazioni geografiche e march

L A PROTEZIONE DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE DEI PRODOTTI AGRICOLI E ALIMENTARI NEL DIRITTO DELL ’U NIONE EUROPEA

2.12 Denominazioni d’origine, indicazioni geografiche e march

Le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche rientrano, come i marchi, tra i diritti della proprietà intellettuale. I tre segni assolvono sul mercato funzioni molto simili tra loro. Le prime comunicano al consumatore l’origine geografica del prodotto, a cui sono connesse più o meno intimamente le caratteristiche distintive dello stesso. Il marchio, per

371 Conclusioni del Consiglio sulla Comunicazione della Commissione europea sulla politica dei prodotti

agricoli, adottate dal Consiglio Agricoltura e Pesca il 22-23 giugno 2009.

372 Risoluzione del Parlamento europeo del 25 marzo 2010 sulla politica di qualità dei prodotti agricoli:

quale strategia seguire?, pubblicata in GUUE C4E del 7 gennaio 2011, p. 25.

373 Così recitava il punto 43 della risoluzione: “[Il Parlamento europeo] chiede inoltre una completa protezione ex-officio delle IG, come obbligo per le autorità di tutti gli Stati membri; auspica che la questione sia specificamente affrontata con una revisione del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari e con una migliore definizione delle procedure di controllo applicabili in tutte le fasi della commercializzazione dei prodotti, tanto anteriormente quanto successivamente all'immissione sul mercato”.

374 COM (2010) 733 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli, del 10 dicembre 2010, pubblicata in GUUE C 94 del 26 marzo 2011, p. 5. Si vedano

gli articoli 13, 33 e 35 della proposta. Tali disposizioni, pur essendo diverse in termini di precisione e chiarezza rispetto alla versione adottata del regolamento, marcano comunque una differenza di rilievo rispetto alla disciplina precedentemente in vigore.

375 Si vedano, in particolare, gli articoli 13, 36 e 38, i quali contengono modifiche di rilievo rispetto alla

proposta legislativa formulata dalla Commissione europea, rendendo la versione finale della disciplina più chiara e ambiziosa, permettendo così una piena affermazione della protezione ex officio.

parte sua, indica al consumatore l’origine imprenditoriale del bene, garantendo che le qualità del prodotto siano responsabilità dell’impresa titolare del diritto376.

Questi segni della proprietà intellettuale potrebbero entrare in conflitto, motivo per cui l’Unione ha cercato di dotarsi da tempo di un quadro giuridico appropriato per evitare situazioni di confusione sul mercato, da cui potrebbero derivare rischi per la corretta informazione dei consumatori e per le condizioni di concorrenza leale tra le imprese.

2.12.1 I nomi geografici nella disciplina unionale sui marchi

La direttiva n. 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, ed il regolamento n. 207/2009, sul marchio comunitario, rappresentano i due riferimenti normativi in materia di marchi nel diritto dell’Unione377. I marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire per designare la provenienza geografica di un prodotto, o di un servizio, sono esclusi dalla registrazione e se registrati possono essere dichiarati nulli378. Questo

376 La funzione essenziale del marchio consiste nel garantire al consumatore l’identità di origine del prodotto

o del servizio contrassegnato consentendo loro di distinguere senza confusione possibile il prodotto o servizio in questione da quelli di provenienza diversa. Il marchio garantisce, altresì, che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati sotto il controllo di un’unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità. È quanto emerge da una giurisprudenza costante della Corte di giustizia. Si vedano, tra le altre, la sentenza della Corte del 23 maggio 1978, in causa C-102/77, Hoffmann-

La Roche & Co. AG contro Centrafarm Vertriebsgesellschaft Pharmazeutischer Erzeugnisse mbH, in Raccolta, 1978, p. 1139, punto 7; sentenza della Corte del 10 ottobre 1978, in causa C-3/78, Centrafarm BV contro American Home Products Corporation, in Raccolta, 1978 p. 1823, punto 12; sentenza della Corte del

17 ottobre 1990, in causa C-10/89, SA CNL-SUCAL NV contro HAG GF AG, in Raccolta 1990, p. 3711, punti 13 e 14 e sentenza della Corte del 29 settembre 1998, in causa C-39/97, Canon Kabushiki Kaisha

contro Metro-Goldwyn-Mayer Inc., già Pathe Communications Corporation, in Raccolta, 1998, p. 5507,

punto 28. Per una pronuncia più recente si veda la sentenza della Corte (Prima Sezione) del 16 luglio 2009, in cause riunite C-202/08 P e C-208/08 P, American Clothing Associates NV contro Ufficio per

l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) (C-202/08 P) e Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) contro American Clothing Associates NV (C-208/08 P), in Raccolta, 2009, p. 6933, punto 40.

377 Rispettivamente Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008 n. 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, pubblicata in GUUE L

299 dell’8 novembre 2008, p. 25 e Regolamento (CE) del Consiglio del 26 febbraio 2009 n. 207/2009, sul

marchio comunitario, pubblicato in GUUE L 78 del 24 marzo 2009, p. 1. I due atti hanno abrogato e

sostituito, rispettivamente, la prima direttiva del Consiglio n. 89/104/CEE, del 21 dicembre 1988, sul

ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa, pubblicata in GUUCE

L 40 dell’11 febbraio 1989, p. 1 ed il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul

marchio comunitario, pubblicato in GUCE L 11, del 14 gennaio 1994, p. 1. L’obiettivo di questo paragrafo è

chiarire quali sono i riferimenti normativi qualora un marchio dovesse entrare in conflitto con una DOP o IGP e viceversa. La parte relativa alla disciplina sui marchi verterà solo sulle disposizioni rilevanti al fine, appunto, della risoluzione di un eventuale conflitto tra i segni in causa, senza alcuna pretesa di essere esaustiva per quanto attiene alla disciplina sui marchi nel suo complesso.

378 È quanto emerge rispettivamente dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva n. 2008/95/CE “1. Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli: […] c) i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio” e dall’articolo 7,

paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009, che riprende esattamente la formulazione della disciplina sui marchi nazionali.

impedimento viene meno qualora il marchio abbia acquisito natura distintiva prima della registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto379. In ogni caso, la registrazione

viene negata qualora il segno possa indurre in errore il pubblico, pena la nullità dello stesso380.

Il marchio registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Esso ha la facoltà di vietare a terzi l’uso nel commercio di un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza con il marchio registrato di cui è titolare e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi rispettivamente contrassegnati, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico381. Tuttavia, le indicazioni relative alla provenienza geografica derogano alla norma generale. In questo modo, è possibile usare segni in conflitto con il marchio, purché l’uso che ne viene fatto risponda ad una funzione descrittiva di indicare la provenienza geografica del prodotto conformemente agli usi di lealtà industriale e commerciale382.

379 Si tratta del cosiddetto fenomeno del secondary meaning. Il paragrafo 3 dell’articolo 3 della direttiva n.

2008/95/CE recita: “3. Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può

essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione stessa”. Il paragrafo 3 dell’articolo 7 del

regolamento n. 207/2009 recita: “3. Il paragrafo 1, lettere b), c) e d), non si applica se il marchio ha

acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto”.

380 Come previsto dagli articoli 3, paragrafo 1, lettera g) della direttiva n. 2008/95/CE e 7, paragrafo 1,

lettera g), del regolamento n. 207/2009 “g) i marchi che possono indurre in errore il pubblico, per esempio

circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio” sono esclusi dalla

registrazione e se registrati possono essere dichiarati nulli.

381 È quanto emerge rispettivamente dall’articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 2008/95/CE e

dall’articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, “1. Il marchio […] registrato conferisce

al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio: […] b) un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza col marchio […] e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio […] e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio […]”. Secondo una giurisprudenza costante, per rischio di confusione si deve intendere il rischio

che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate. Per la Corte, la valutazione circa l’esistenza di un rischio di confusione deve essere globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie. In particolare, essa implica una certa interdipendenza tra i fattori valutati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa. La valutazione dipende, inoltre, dal grado di notorietà di cui gode il marchio registrato, poiché il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore. Si veda a tal proposito la sentenza della Corte del 22 giugno 1999, in causa C-342/97, Lloyd

Schuhfabrik Meyer & Co. GmbH contro Klijsen Handel BV, in Raccolta, 1999, p. 3819, punti 17-20;

sentenza della Corte del 29 settembre 1998, in causa C-39/97, Canon Kabushiki Kaisha contro Metro-

Goldwyn-Mayer Inc., già Pathe Communications Corporation, in Raccolta, 1998, p. 5507, punti 16-18 e 29

e sentenza della Corte dell'11 novembre 1997, in causa C-251/95, SABEL BV contro Puma AG, Rudolf

Dassler Sport, in Raccolta, 1997, p. 6191, punti 22 e 24.

382 È quanto sanciscono, rispettivamente, l’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 2008/95/CE e

l’articolo 12, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Secondo una giurisprudenza costante, il requisito degli usi consueti di lealtà costituisce in sostanza l’espressione di un obbligo di lealtà nei confronti dei legittimi interessi del titolare del marchio. A tale riguardo, l’utilizzo del marchio non è conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, anzitutto quando avviene in modo tale da poter dare l’impressione che esista un legame commerciale fra il terzo e il titolare del marchio; pregiudichi il valore del marchio traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà; arrechi discredito

Un discorso a parte riguarda, infine, i marchi collettivi geografici. In deroga alla norma generale, infatti, i marchi collettivi possono essere costituiti anche esclusivamente da un segno o da un’indicazione che designa l’origine geografica del prodotto o del servizio. Il titolare, tuttavia, non può impedire a terzi di utilizzare una denominazione geografica in conflitto con il marchio collettivo, sia per usi descrittivi come nel caso dei marchi individuali, sia qualora i terzi siano autorizzati all’uso del segno controverso383.

Su questo tema, un’interessante pronuncia della Corte di giustizia, il caso Windsurfing

Chiemsee384, chiarisce quale è la logica che soggiace al quadro giuridico appena delineato. Il limite imposto alla registrazione come marchio dei nomi geografici risponde ad un interesse generale di preservarne la disponibilità385. Questi termini possono avere la capacità di rivelare la qualità e altre caratteristiche dei prodotti interessati. Allo stesso

o denigrazione a tale marchio; infine, quando il terzo presenti il suo prodotto come un’imitazione o una contraffazione del prodotto recante il marchio di cui egli non è il titolare. Si veda a tal proposito la sentenza della Corte del 23 febbraio 1999, in causa C-63/97, Bayerische Motorenwerke AG (BMW) e BMW

Nederland BV contro Ronald Karel Deenik, in Raccolta, 1999, p. 905, punti 51, 52 e 61; la sentenza della

Corte (Quinta Sezione) del 7 gennaio 2004, in causa C-100/02, Gerolsteiner Brunnen GmbH & Co. contro

Putsch GmbH, in Raccolta, 2004, p. 691, punto 24 e sentenza della Corte (Terza Sezione) del 17 marzo

2005, in causa C-228/03, The Gillette Company e Gillette Group Finland Oy contro LA-Laboratories Ltd

Oy, in Raccolta, 2005, p. 2337, punti 41-45.

383 L’articolo 15, paragrafo 2, della direttiva n. 2008/95/CE recita: “2. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi, oppure marchi di garanzia o di certificazione. Un marchio siffatto non autorizza il titolare a vietare ai terzi l’uso commerciale di detti segni o indicazioni, purché l’utilizzazione sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere fatto valere nei confronti di un terzo abilitato a usare una denominazione geografica”. Per il marchio

collettivo geografico comunitario, invece, l’articolo 66, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 recita: “2.

In deroga all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), possono costituire marchi comunitari collettivi, ai sensi del paragrafo 1, segni o indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi. Un marchio collettivo non autorizza il titolare a vietare a un terzo l’uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché detto uso sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica”.

384 Si tratta della sentenza della Corte del 4 maggio 1999, in cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC) contro Boots- und Segelzubehör Walter Huber e Franz Attenberger, in Raccolta, 1999, p. 2779.

385 A parere della Corte, la normativa, facendo riferimento alle “indicazioni che […] possono servire a designare […] la provenienza geografica”, fissa un limite alla registrazione di un nome geografico come

marchio piuttosto ampio. Infatti, il divieto non si limita a impedire la registrazione di nomi geografici nei soli casi in cui essi indichino luoghi geografici determinati già rinomati per la categoria di prodotti di cui trattasi e che, per tale motivo, presentano un nesso con quest’ultima agli occhi degli ambienti interessati, vale a dire nel commercio e presso il consumatore medio di tale categoria di prodotti nel territorio per il quale si richiede la registrazione. Per tale motivo, secondo la Corte, l’autorità competente deve valutare se un nome geografico per il quale viene richiesta la registrazione in quanto marchio indichi un luogo che presenta attualmente, agli occhi degli ambienti commerciali interessati, un nesso con la categoria di prodotti di cui si tratta, ma anche se sia ragionevole presumere che, in futuro, un nesso del genere possa stabilirsi. In quest’ultimo caso, occorrerà, più particolarmente, tener conto della conoscenza più o meno ampia che gli ambienti interessati hanno di tale nome, nonché delle caratteristiche del luogo che esso indica e della categoria di prodotti di cui si tratta. In via di principio, infatti, la normativa non osta alla registrazione dei nomi geografici ignoti negli ambienti interessati o, quantomeno, sconosciuti in quanto designazione di un luogo geografico. Allo stesso modo, il divieto non si applica ai nomi per i quali, date le caratteristiche del luogo designato, gli ambienti interessati possano non ritenere che la categoria di prodotti di cui trattasi provenga da tale luogo. Punti 29-33 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97.

tempo, essi possono influenzare le preferenze dei consumatori, perché il luogo designato potrebbe suscitare “sentimenti positivi”386. Per tale ragione, i nomi geografici devono

rimanere nella disponibilità della collettività e non divenire l’oggetto di un diritto esclusivo di un singolo. Così, si spiega anche perché la disciplina introduce una deroga alla norma generale relativamente ai marchi collettivi geografici387.

Per la Corte la disposizione secondo cui il titolare di un marchio non può vietare a terzi l’uso in commercio di segni atti ad indicare la provenienza geografica dei prodotti non contraddice quanto appena affermato. Questa norma è volta, infatti, a disciplinare i problemi che sorgono quando un marchio composto in tutto o in parte da un nome geografico è già stato registrato. Essa non conferisce ai terzi l’uso di tale nome in quanto marchio, bensì si limita ad assicurare loro la possibilità di utilizzarlo in modo descrittivo, vale a dire quale indicazione relativa alla provenienza geografica, fermo restando un utilizzo conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale388.

Infine, anche per le denominazioni geografiche registrate come marchi in virtù di una natura distintiva acquisita con l’uso389, la Corte non rileva contraddizioni rispetto a quanto

affermato sopra. In un caso del genere, infatti, il segno non è più soltanto descrittivo della provenienza geografica del prodotto, ma ha acquisito una portata nuova, sulla base della quale la registrazione diviene possibile. In altre parole, il nome geografico a seguito dell’uso che ne è stato fatto è divenuto atto ad identificare il prodotto per il quale si chiede la registrazione come proveniente da un’impresa determinata ed è capace di distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese390. In queste situazioni, le autorità competenti sono

chiamate ad un’attenta valutazione globale, tenendo conto di una molteplicità di fattori tra cui la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso dello stesso, l’entità degli investimenti effettuati a scopo promozionale, ma anche le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni professionali391. Qualora, sulla scorta di tali elementi, l’autorità competente ritenga che gli

386 Punto 26 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97. 387 Punto 27 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97. 388 Punto 28 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97.

389 La Corte, al punto 46 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97, ha precisato che “il carattere distintivo di un marchio acquisito a seguito dell'uso che ne è stato fatto significa che tale marchio è atto a identificare il prodotto per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese”. Il segno, infatti, deve soddisfare la

condizione relativa al carattere distintivo richiesta dall’articolo 2 della direttiva n. 2008/95/CE e dall’articolo 4 del regolamento n. 207/2009.

390 Punto 47 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97.

391 Punti 50 e 51 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97. Più il nome geografico è noto, più sarà

difficile per l’impresa ottenerne la registrazione come marchio. Infatti, qualora il nome geografico sia molto noto, per la Corte è necessario che l’uso come marchio da parte dell'impresa che ne richiede la registrazione sia prolungato e intensivo. Allo stesso tempo, se il nome è già noto in quanto indicazione di provenienza

ambienti interessati, o quantomeno una frazione significativa di essi, identificano grazie al marchio il prodotto come proveniente da quell’impresa determinata, essa potrà considerare soddisfatta la condizione richiesta dalla normativa e procedere conseguentemente alla registrazione del marchio392.

2.12.2 I conflitti tra denominazioni d’origine, indicazioni geografiche e marchi

I casi di conflitto tra le denominazioni d’origine, le indicazioni geografiche ed i marchi sono disciplinati dal regolamento n. 1151/2012.

Innanzitutto, ai sensi del paragrafo 4 dell’articolo 6 del regolamento, un marchio anteriore può impedire la registrazione di un nome come denominazione d’origine o indicazione geografica, qualora, tenuto conto della reputazione e della notorietà del marchio393, nonché della durata del suo uso, il consumatore potrebbe essere indotto in errore circa la vera identità del prodotto394. Come ha precisato la Corte di giustizia395, questa disposizione implica un’analisi preliminare alla registrazione della DOP o IGP396, ad opera delle autorità competenti, siano esse quelle statali o i servizi della Commissione. Non è un caso, quindi, che la disposizione in parola costituisca uno dei requisiti richiesti per la registrazione di un nome come denominazione d’origine o indicazione geografica, invocabile anche nell’ambito di una procedura d’opposizione.

A parti inverse, è la registrazione del marchio ad essere rifiutata. Più precisamente, come stabilisce l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento, in presenza di una DOP o IGP, la domanda di registrazione di un marchio, che ricade nell’ambito di tutela delineato dall’articolo 13 e concernente lo stesso tipo di prodotto, viene respinta se presentata

geografica per la categoria di prodotti cui appartiene il bene per il quale si richiede la registrazione, occorre che l’impresa ne provi un uso la cui durata e intensità siano particolarmente notori.

392 Punto 52 della sentenza in cause riunite C-108/97 e C-109/97. La Corte ha precisato che la valutazione

deve essere fatta caso per caso, non essendo possibile dimostrare che la condizione sia rispettata sulla base di dati generali ed astratti, come ad esempio percentuali determinate.

393 Per la Corte di giustizia, la valutazione circa la notorietà di un marchio deve tenere conto del pubblico,