L A PROTEZIONE DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE DEI PRODOTTI AGRICOLI E ALIMENTARI NEL DIRITTO DELL ’U NIONE EUROPEA
2.9 La protezione delle DOP e IGP
I nomi che superano con successo la procedura di registrazione sono protetti dal diritto dell’Unione. L’articolo 13 del regolamento delinea l’ambito di applicazione della tutela. Esso elenca le pratiche ritenute illecite perché lesive dei diritti di proprietà intellettuale connessi con le DOP e IGP ed, allo stesso tempo, ogni comportamento ritenuto contrario ad una corretta informazione dei consumatori295. È vietato, pertanto, ogni uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto per prodotti comparabili non coperti dalla registrazione, ogni sfruttamento indebito della reputazione296, qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata, anche se la denominazione protetta è una traduzione o è accompagnata da termini quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione” o simili. La disciplina vieta, altresì, ogni altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi ai prodotti considerati. La protezione si estende anche al confezionamento, poiché anche imballare il prodotto con un recipiente che possa
295 L’articolo 13, paragrafo 1, comma 1, del regolamento n. 1151/2012 contiene un lungo elenco delle
pratiche ritenute illecite, perché lesive dei diritti connessi alle DOP e IGP. Esso recita: “1. I nomi registrati
sono protetti contro: a) qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di un nome registrato per prodotti che non sono oggetto di registrazione, qualora questi ultimi siano comparabili ai prodotti registrati con tale nome o l’uso di tale nome consenta di sfruttare la notorietà del nome protetto, anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingrediente; b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera dei prodotti o servizi è indicata o se il nome protetto è una traduzione o è accompagnato da espressioni quali "stile", "tipo", "metodo", "alla maniera", "imitazione" o simili, anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingrediente; c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all'origine, alla natura o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull'imballaggio, nel materiale pubblicitario o sui documenti relativi al prodotto considerato nonché l'impiego, per il confezionamento, di recipienti che possano indurre in errore sulla sua origine; d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto”.
296 La Corte di giustizia ha elaborato una definizione di “vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà di un marchio”. Per la Corte, tale fattispecie ricorre quando, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio
o delle caratteristiche da esso proiettate sul prodotto designato dal segno identico, si produce un palese sfruttamento parassitario nel tentativo di infilarsi nella scia della reputazione del marchio. Si veda la sentenza della Corte (Prima Sezione) del 18 giugno 2009, in causa C-487/07, L’Oréal SA, Lancôme parfums
et beauté & Cie SNC e Laboratoire Garnier & Cie contro Bellure NV, Malaika Investments Ltd e Starion International Ltd, in Raccolta 2009, p. 5185, punto 41. Ai fini di questo lavoro, ritengo sia possibile adottare
tale definizione al divieto di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 1151/2012, quando si impedisce qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una DOP o IGP per prodotti non coperti dalla registrazione, qualora tale uso consenta di sfruttare la notorietà del nome protetto. Cfr. M. CIAN, Le
indicazioni di qualità dei cibi nella UE: il contenuto della tutela, in Le indicazioni di qualità degli alimenti. Diritto internazionale ed europeo. UBERTAZZI, MUNIZ ESPADA (a cura di), Giuffré editore, Milano, 2009, p. 197, in cui l’autore paragona la tutela di cui beneficiano le DOP e le IGP a quella accordata al marchio che gode di reputazione.
ingannare il consumatore circa la vera origine configura una violazione del diritto dell’Unione. Infine, l’articolo 13 chiude la lista dei comportamenti illeciti stabilendo che “le denominazioni registrate sono tutelate contro: […] qualsiasi altra prassi che possa
indurre in errore il pubblico sulla vera origine dei prodotti”.
Rispetto alla disciplina precedente, il regolamento n. 1151/2012 estende l’ambito protetto anche agli illeciti commessi attraverso un servizio297 ed ai casi in cui il prodotto che beneficia della denominazione registrata è usato come ingrediente298.
Oltre alla disciplina speciale prevista dal regolamento 1151/2012, le DOP e le IGP beneficiano della protezione garantita dalle norme generali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. In particolare, l’articolo 2 della direttiva 2000/13/CE dispone che l’etichettatura e la pubblicità di un prodotto alimentare non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, specialmente per quanto riguarda l’identità, le qualità, l’origine o la provenienza del prodotto299.
297 Come afferma l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), del regolamento un nome registrato è protetto contro
ogni usurpazione, imitazione, evocazione, anche se l’origine vera del prodotto o servizio è indicata. Questa disposizione consente, quindi, di considerare come illecito l’imitazione, l’usurpazione o l’evocazione di una DOP o IGP attuata attraverso un servizio e non necessariamente un prodotto. Alcune denominazioni godono di tale reputazione che a volte soggetti non legittimati all’uso cercano di profittarne per la vendita di servizi e non solo, quindi, di prodotti comparabili. Il legislatore ha voluto allineare la protezione di cui beneficiano le DOP e IGP dei prodotti agricoli e alimentari con quella prevista per i prodotti vitivinicoli. Così, l’articolo 13, paragrafo 1, comma 1, lettera b), del regolamento n. 1151/2012 riprende la formulazione dell’articolo 118 quaterdecies, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1234/2007. Si veda a tal proposito il considerando numero 32 del regolamento 1151/2012 che afferma “La tutela delle denominazioni di origine e
delle indicazioni geografiche dovrebbe essere estesa ai casi di usurpazione, imitazione ed evocazione dei nomi registrati relativi sia a beni che a servizi, onde garantire un livello di tutela elevato e analogo a quello che vige nel settore vitivinicolo […]”.
298 A tal proposito, la Commissione ha adottato nel dicembre 2010 una comunicazione, Comunicazione della
Commissione – Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari che utilizzano come ingredienti
prodotti a denominazione d’origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP), pubblicata in GUUE C 341 del 16 dicembre 2010, p. 5, con la quale ha inteso rendere noto agli operatori quali sono i
propri orientamenti relativi all’etichettatura dei prodotti alimentari che contengono come ingredienti prodotti a denominazione d’origine protetta o ad indicazione geografica protetta. Si veda anche il considerando numero 32 del regolamento 1151/2012, dove si afferma “[…]È opportuno tener conto della comunicazione
della Commissione intitolata "Orientamenti sull’etichettatura dei prodotti alimentari ottenuti da ingredienti a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP)" quando le denominazioni di origine protette o le indicazioni geografiche protette sono utilizzate come ingredienti”. 299 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2000/13/CE, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, pubblicata in GUUE L 109 del 6 maggio 2000, p. 29.
L’articolo 2 recita: “1. L'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono: a) essere tali da
indurre in errore l'acquirente, specialmente: i) per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l'identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l'origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento, […] 3. I divieti o le limitazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 valgono anche per: a) la presentazione dei prodotti alimentari, in particolare la forma o l'aspetto conferito agli stessi o al rispettivo imballaggio, il materiale utilizzato per l'imballaggio, il modo in cui sono disposti e l'ambiente nel quale sono esposti; b) la pubblicità”. Questa direttiva è stata abrogata e
sostituita dal Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (UE) n. 1169/2011, del 25 ottobre 2011,
relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e
Infine, uno Stato membro può disporre che, limitatamente al proprio territorio nazionale, un nome possa beneficiare dello stesso tipo di tutela garantito a livello d’Unione dall’articolo 13 del regolamento in attesa di essere registrato. Si tratta della cosiddetta protezione nazionale transitoria, disciplinata dall’articolo 9 del regolamento n. 1151/2012300. A decorrere dalla data di presentazione della domanda di registrazione alla Commissione, le autorità statali possono concedere ai nomi che hanno superato con successo la fase nazionale una protezione dello stesso tenore di quella garantita dall’articolo 13, ma limitata nel tempo e nello spazio. Essa infatti decade alla data in cui la Commissione prende una decisione oppure quando la domanda è ritirata ed ha valore solo entro i confini del Paese interessato. La protezione nazionale transitoria, di conseguenza, non deve comportare alcuna distorsione degli scambi intraunionali, né di quelli internazionali.
2.9.1 La nozione di evocazione di un nome protetto
La Corte di giustizia, in occasione di un rinvio pregiudiziale301 presentato da un tribunale
austriaco, ha definito la nozione di evocazione di cui all’articolo 13 del regolamento. A parere dei giudici, “la nozione di evocazione […] si riferisce all’ipotesi in cui il termine
utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una denominazione protetta, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto ad aver in mente,
2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione, pubblicato in GUUE
L 304 del 22 novembre 2011, p. 18. Ad oggi la normativa richiede che si applichi ancora la disciplina della direttiva 2000/13/CE a cui subentreranno a partire dal 13 dicembre 2014 le disposizioni del regolamento. L’articolo 7 del regolamento costituisce la nuova disposizione cui far riferimento per quanto qui interessa.
300 Ai sensi dell’articolo 9 del regolamento n. 1151/2012 “A decorrere dalla data di presentazione della domanda alla Commissione, uno Stato membro può concedere a un nome, solo in via transitoria, una protezione ai sensi del presente regolamento a livello nazionale. Tale protezione nazionale cessa alla data in cui è adottata una decisione di registrazione a norma del presente regolamento oppure alla data in cui la domanda è ritirata. Qualora un nome non sia registrato ai sensi del presente regolamento, le conseguenze di tale protezione nazionale sono responsabilità esclusiva dello Stato membro interessato. Le misure adottate dagli Stati membri a norma del primo comma hanno efficacia solo a livello nazionale e non incidono in alcun modo sugli scambi intraunionali o internazionali”. Il regolamento n. 2081/1992 nella sua
formulazione originale non prevedeva alcuna protezione nazionale transitoria. In seguito, tenuto conto del tempo necessario all’istruzione di una domanda di registrazione, il legislatore ha deciso di consentire agli Stati membri di proteggere in via transitoria e limitatamente al proprio territorio i nomi che avevano superato la fase nazionale in attesa di una decisione dal parte della Commissione. La protezione nazionale transitoria è stata quindi introdotta con l’adozione del Regolamento del Consiglio (CE) n. 535/97, del 17 marzo 1997, che modifica il regolamento (CEE) n. 2081/92 relativo alla protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, pubblicato in GUUE L 83
del 25 marzo 1997, p. 3.
301 Sentenza della Corte di giustizia del 4 marzo 1999 in causa C-87/97, Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola contro Käserei Champignon Hofmeister GmbH & Co. KG e Eduard Bracharz GmbH, in Raccolta, 1999, p. 1301. In questa causa la Corte interpreta l’articolo 13 del regolamento n.
2081/1992; tuttavia dato che la formulazione interessata dalla pronuncia non ha subito modifiche sostanziali, né con il regolamento n. 510/2006, né tantomeno con il regolamento n. 1151/2012, l’interpretazione fornita dalla Corte è ancora oggi valida e applicabile alla disciplina vigente.
come immagine di riferimento, la merce che fruisce della denominazione”302. Per la Corte,
inoltre, può esservi l’evocazione di una denominazione protetta anche in mancanza di qualsiasi rischio di confusione tra i prodotti in conflitto e anche quando nessuna tutela si applica agli elementi della denominazione di riferimento ripresi nella terminologia controversa303. Sulla base di tale definizione, quindi, qualora il nome del prodotto non conforme al disciplinare di produzione riprenda alcuni elementi della denominazione registrata, tali da richiamare nella mente del consumatore il prodotto che beneficia della DOP o dell’IGP, secondo la Corte saremo di fronte ad un caso di evocazione di un nome tutelato e perciò contrario alla disciplina dell’articolo 13.
Nel caso di specie, la Corte di giustizia ha qualificato il marchio Cambozola evocazione della DOP Gorgonzola per una manifesta similarità fonetica e ottica tra le due denominazioni. A parer dei giudici, il termine registrato come marchio era costituito dello stesso numero di sillabe della denominazione protetta, ne riprendeva in maniera esatta le ultime due e designava un formaggio a pasta molle erborinato il cui aspetto esterno presentava diverse analogie con quello indicato nel disciplinare della DOP304.
La stessa definizione è stata ripresa qualche anno dopo in occasione della seconda delle due celebri sentenze sul caso Parmesan305. Rifacendosi a quanto affermato in Cambozola, la Corte ha rilevato una similarità fonetica, ottica e concettuale tra la DOP Parmigiano
Reggiano e la denominazione parmesan, in un contesto in cui i prodotti in causa erano
entrambi formaggi a pasta dura, grattugiati o da grattugiare, quindi simili nel loro aspetto esterno. Per i giudici, tali elementi erano idonei a richiamare nel consumatore il prodotto recante la DOP Parmigiano Reggiano quando si trovava davanti ad un formaggio a pasta dura da grattugiare o grattugiato posto in commercio con la denominazione parmesan.
2.9.2 La protezione delle denominazioni composte
Come già affermato in precedenza, i nomi che hanno acquisito natura generica non possono essere registrati. Tuttavia, può accadere che una denominazione protetta sia composta da un nome avente natura distintiva accompagnato da un termine generico. Si
302 Punto 25 della sentenza in causa C-87/97. 303 Punto 26 della sentenza in causa C-87/97.
304 Punto 27 della sentenza in causa C-87/97. La vicenda del formaggio Gorgonzola DOP e del marchio
“Cambozola” ha attirato l’attenzione della dottrina, fra cui, F. CAPELLI, La Corte di giustizia tra “Feta” e
“Cambozola”, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1999, p. 273 e ID., La malafede non
paga. Il tribunale di Vienna rifiuta il “Cambozola”, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali,
2000, III, p. 643, in cui l’autore riporta la notizia della sentenza del tribunale di Vienna, il quale, dopo aver appurato che il marchio “Cambozola”, anteriore alla DOP Gorgonzola, era stato registrato in mala fede, ha vietato al titolare l’uso di tale marchio evocativo della DOP Gorgonzola.
305 Sentenza della Corte di giustizia del 26 febbraio 2008 in causa C-132/05, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania, in Raccolta, 2008, p. 957. Si vedano i punti 42-49.
pensi ad esempio alle denominazioni protette Prosciutto di Parma, Prosciutto di S.
Daniele oppure Jambon de Bayonne o ancora Jambon d’Ardenne. In questi casi, la
denominazione registrata comprende anche un termine generico, tuttavia la protezione si applica solo all’elemento distintivo. Come stabilisce, infatti, l’articolo 13, paragrafo 1, comma 2, del regolamento, l’uso del nome generico che compone la denominazione registrata per prodotti estranei al disciplinare di produzione non viola i diritti connessi alla DOP o all’ IGP in questione306.
A parere della Corte, il carattere generico del nome deve essere valutato sulla base degli stessi criteri da seguire al momento della registrazione307, perché la definizione che il regolamento fornisce della nozione di termine divenuto generico è applicabile anche alle denominazioni che generiche lo sono sempre state308. In caso di controversia, spetterà al giudice nazionale risolvere le questioni relative alla protezione da accordare ai singoli elementi di una denominazione composta, segnatamente quale sia la parte distintiva e quale eventualmente la parte generica, in base ad un’analisi approfondita del contesto fattuale secondo la ricostruzione ad esso fattane dagli interessati309. Questa pronuncia si
discosta dall’interpretazione sostenuta dalla Germania, secondo la quale una denominazione composta è protetta solo nella forma precisa in cui è registrata, accogliendo, invece, in parte gli argomenti della Commissione europea, secondo cui la tutela si estende ad ogni elemento, esclusi i termini generici310.
306 Si veda l’articolo 13, paragrafo 1, comma 2, del regolamento n. 1151/2012, il quale stabilisce “Se una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta contiene il nome di un prodotto considerato generico, l’uso di tale nome generico non è considerato contrario al primo comma, lettera a) o b)”.
307 Punto 64 della sentenza in causa T-291/03.
308 Punto 80 della sentenza in cause riunite C-289/96, C-293/96 e C-299/96.
309 Sentenza della Corte di giustizia del 9 giugno 1998 in cause riunite n. C-129/97 e n. C-130/97,
Procedimenti penali a carico di Yvon Chiciak e Fromagerie Chiciak e Jean- Pierre Fol, in Raccolta, 1998, I, p. 3315, punto 38. Questa giurisprudenza è stata ripresa in sentenza della Corte di giustizia 26 febbraio 2008 in causa C-132/05, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica federale di Germania, in
Raccolta, 2008, I, pp. 957, punto 30.
310 Per la posizione sostenuta dalla Commissione si vedano i punti 20-21 della sentenza in causa 132/05,
mentre per quella avanzata dalla Germania il punto 25 del medesimo intervento giurisprudenziale. Di denominazioni composte se ne è occupato anche il Tribunale di primo grado in occasione della sentenza in causa T-291/03 sulla nullità del marchio comunitario Grana Biraghi per violazione della tutela accordata alla DOP Grana Padano. È utile precisare che nel caso in cui parmesan o grana fossero stati ritenuti termini generici, il loro uso sarebbe stato consentito. Se la denominazione è generica essa può essere utilizzata liberamente da tutti gli operatori, in caso contrario si creerebbe una distorsione alla libera circolazione delle merci, perché un nome generico viene riservato a prodotti aventi una precisa localizzazione geografica. Sulla protezione delle denominazioni composte si veda, tra gli altri, I. CANFORA, Il caso “Parmigiano Reggiano”:
denominazioni di origine composte e strumenti di tutela tra competenze nazionali e diritto comunitario, in Rivista di diritto agrario, 2008, II, p. 16; N. LUCIFERO, Denominazioni composte, denominazioni generiche
e la tutela delle denominazioni di origine protette. Il caso “parmesan”, in Giurisprudenza italiana, 2009, p.
2.9.3 Altre deroghe alla protezione
Le deroghe alla protezione di cui all’articolo 13 del regolamento si estendono, oltre che ai termini generici, anche ai nomi di varietà vegetale e animale compresi in una DOP o IGP311. Per evitare abusi, tuttavia, il prodotto deve comprendere la varietà o la razza, o esserne derivato, e la sua produzione e commercializzazione dovevano aver luogo al di fuori della zona geografica delimitata già prima dell’avvio della fase di registrazione. Inoltre, è richiesto che l’uso del nome rispetti le regole in materia di concorrenza leale, non sfrutti la reputazione della DOP o IGP corrispondente e che i consumatori non siano tratti in inganno.
La disciplina prevede altre due forme di deroga. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per i termini generici ed i nomi di varietà vegetali e razze animali, si tratta questa volta di concessioni transitorie e attivabili sono previa adozione di un atto da parte delle autorità competenti. Quanto alla prima, la Commissione ha la facoltà di adottare atti di esecuzione per consentire l’uso di un nome che viola i diritti connessi ad una DOP o IGP. In tal caso, una dichiarazione di opposizione ricevibile deve avere dimostrato o un danno ad una denominazione omonima, anche solo parzialmente, oppure un uso legale anteriore alla data di pubblicazione in Gazzetta ufficiale del documento unico e del riferimento al disciplinare di produzione312. Questa prima deroga, di cinque anni massimi, può essere
311 L’articolo 42 del regolamento, rubricato Varietà vegetali e razze animali, recita: “1. Il presente regolamento non osta all’immissione in commercio di prodotti la cui etichettatura riporti un nome o un termine protetti o riservati nell’ambito di un regime di qualità descritto al titolo II, al titolo III o al titolo IV che contiene o comprende il nome di una varietà vegetale o di una razza animale, purché siano soddisfatte le condizioni seguenti: a) il prodotto in questione comprende la varietà o la razza indicata oppure ne è derivato; b) i consumatori non sono indotti in errore; c) l’uso del nome della varietà o della razza rispetta le regole della concorrenza leale; d) l’uso non sfrutta la notorietà del termine protetto; e e) nel caso del regime di qualità descritto al titolo II, la produzione e la commercializzazione del prodotto si siano diffuse al di fuori della sua zona di origine prima della data della domanda di registrazione dell’indicazione geografica. […]”. La disciplina precedente mancava di una simile disposizione. Il senso di questa novità non
è tuttavia una minore tutela delle denominazioni registrate. Il nome di una varietà vegetale o di una razza animale non avrebbe potuto essere registrato già con il regolamento n. 2081/1992. L’unica possibilità