L A PROTEZIONE DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE DEI PRODOTTI AGRICOLI E ALIMENTARI NEL DIRITTO DELL ’U NIONE EUROPEA
2.7 Il disciplinare di produzione
Come ha affermato la Corte di giustizia242, il disciplinare di produzione costituisce lo
strumento che determina l’ampiezza della tutela uniforme di cui beneficiano le DOP e le
IGP. Esso, contenendo la descrizione del prodotto fornita dai produttori, sotto il controllo degli Stati e della Commissione, determina al tempo stesso l’estensione degli obblighi da rispettare ai fini dell’uso della DOP e dell’IGP, e come suo corollario, l’ampiezza del diritto protetto nei confronti dei terzi243. In altre parole, il disciplinare di produzione
contiene le prescrizioni che determinano quella protezione interna ed esterna tipica delle discipline a tutela dei prodotti che vantano particolari caratteristiche legate all’origine geografica244.
2081/1992. La disciplina così introdotta è stata poi confermata nei successivi regolamenti n. 510/2006 e 1151/2012.
241 Il paragrafo 4 dell’articolo 6 del regolamento sui regimi di qualità recita: “Un nome proposto per la registrazione come denominazione di origine o indicazione geografica non è registrato qualora, tenuto conto della reputazione di un marchio, della notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, la registrazione del nome proposto come denominazione di origine o indicazione geografica sarebbe tale da indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del prodotto”. Questa disposizione verrà
approfondita nella parte relativa al rapporto tra denominazioni d’origine e indicazioni geografiche e i marchi commerciali.
242 Sentenza della Corte di giustizia del 20 maggio 2003 in causa C-108/01, Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita SpA contro Asda Stores Ltd e Hygrade Foods Ltd, in Raccolta, 2003, p. 5121,
punto 42. Si veda anche la sentenza della Corte di giustizia del 20 maggio 2003 in causa C-469/00, Ravil
SARL contro Bellon import SARL e Biraghi SpA, in Raccolta, 2003, p. 5053, punto 75. 243 Sentenza in causa C-108/01 punti 46 e 47 e sentenza in causa C-469/00 punti 79-80.
244 Così E. POMARICI, Origine e qualità del vino nella tradizione europea, in Rivista di viticoltura e di enologia, 1/2005, p. 17. Pomarici concentra la sua attenzione sulle norme nazionali, comunitarie ed
internazionali a tutela dei vini di qualità, cercando di spiegare perché, per lo meno in Europa, si è scelto di designare i vini tipici di particolare pregio qualitativo con il nome dell’area geografica di provenienza. Il ragionamento condotto da Pomarici può essere esteso anche ai prodotti agricoli e alimentari, perché anch’essi, al pari dei vini, devono particolari caratteristiche ad una determinata origine geografica. Storicamente, queste normative sono nate per rispondere all’esigenza di tutelare produzioni di pregio da comportamenti scorretti condotti da produttori non legittimi intenzionati a sfruttarne indebitamente la reputazione presso i consumatori. Per produttori non legittimi si devono intendere tutti quei produttori che non seguono le prescrizioni previste per l’ottenimento del prodotto in questione, cercando poi di vendere comunque il prodotto con la denominazione rinomata al fine di sfruttarne la reputazione presso i consumatori. I produttori non legittimi sono sia quelli insediati al di fuori dell’area geografica scelta, sia quelli geograficamente autorizzati all’uso del nome, ma che, non seguendo le prescrizioni previste, si avvantaggiano attraverso costi di produzione inferiori.
Ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 1151/2012, per beneficiare di una DOP o di una IGP un prodotto deve essere conforme ad un disciplinare di produzione. Esso deve contenere almeno il nome protetto, la descrizione del prodotto, la definizione della zona geografica delimitata245, i metodi di produzione, le ragioni che spiegano il legame tra origine geografica e prodotto, con le dovute differenze tra denominazioni d’origine e indicazioni geografiche, gli estremi dell’autorità che ne verificherà il rispetto ed infine eventuali regole in materia di etichettatura246.
I produttori, previa inscrizione nel disciplinare, hanno la possibilità di limitare le operazioni relative al condizionamento del prodotto entro la zona geografica delimitata247.
245 P. BORGHI, in op. cit., p. 181 e ss., evidenzia come la disciplina richieda di delimitare la zona geografica,
ma non di limitarla all’area geograficamente richiamata dal nome. Ciò che potrebbe sembrare un dettaglio di poco conto ha, invece, grande rilievo per l’economia generale del sistema. L’autore riporta a titolo di esempio il disciplinare di produzione della Mortadella di Bologna IGP, il quale, oltre a definire le caratteristiche organolettiche del prodotto in una maniera alquanto discutibile, individua una zona geografica delimitata assai ampia, che si estende dal Piemonte al Trentino, fino al Lazio, con la conseguenza di avere una mortadella che di Bologna ha forse solamente il nome. Per l’autore vi è il rischio che il riconoscimento di una IGP, quale la Mortadella di Bologna, possa avvenire senza tenere minimamente conto della non coincidenza tra il riferimento geografico e la zona di produzione, legittimando indirettamente una violazione del principio enunciato all’articolo 2 della direttiva 2000/13/CE sull’etichettatura dei prodotti alimentari, secondo cui è vietato inserire in etichetta qualsiasi indicazione capace di indurre in errore circa l’origine geografica o la provenienza del prodotto.
246 L’articolo 7 del regolamento 1151/2012 recita al paragrafo 1: “Per beneficiare di una denominazione di origine protetta o di un'indicazione geografica protetta, un prodotto deve essere conforme a un disciplinare di produzione comprendente almeno gli elementi seguenti: a) la denominazione da proteggere come denominazione di origine o indicazione geografica, quale utilizzata nel commercio o nel linguaggio comune, e solo nelle lingue attualmente o storicamente utilizzate per descrivere il prodotto specifico nella zona geografica delimitata; b) la descrizione del prodotto, comprese se del caso le materie prime, nonché le principali caratteristiche fisiche, chimiche, microbiologiche od organolettiche del prodotto; c) la definizione della zona geografica delimitata riguardo al legame di cui alla lettera f) punto i) o alla lettera f), punto ii) del presente paragrafo, e, se del caso, gli elementi che indicano il rispetto delle condizioni di cui all'articolo 5, paragrafo 3); d) gli elementi che dimostrano che il prodotto è originario della zona geografica delimitata di cui all'articolo 5, paragrafo 1, e all'articolo 5, paragrafo 2; e) la descrizione del metodo di ottenimento del prodotto e, se del caso, dei metodi locali, leali e costanti nonché gli elementi relativi al condizionamento, quando il gruppo richiedente stabilisce in tal senso e fornisce sufficienti motivazioni specifiche per prodotto per cui il condizionamento del prodotto deve aver luogo nella zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, garantire l'origine o assicurare il controllo, tenendo conto del diritto dell'Unione, in particolare della libera circolazione dei prodotti e della libera prestazione di servizi; f) gli elementi che stabiliscono: i) il legame fra la qualità o le caratteristiche del prodotto e l'ambiente geografico di cui all'articolo 5, paragrafo 1, o, a seconda dei casi, ii) il legame fra una data qualità, la reputazione o un’altra caratteristica del prodotto e l’origine geografica di cui all'articolo 5, paragrafo 2;g) il nome e l'indirizzo delle autorità o, se disponibili, il nome e l'indirizzo degli organismi che verificano il rispetto delle disposizioni del disciplinare di produzione a norma dell'articolo 34, e i relativi compiti specifici; h) qualsiasi regola specifica per l'etichettatura del prodotto”.
247 La dottrina è ricca di interventi sul condizionamento dei prodotti a denominazione d’origine entro la zona
di produzione. Si vedano, tra gli altri, M. BORRACCETTI, Trasformazione di un prodotto e suo
confezionamento nel rispetto delle denominazioni d’origine, in Rivista di diritto agrario, 2003, II, p. 447; F.
CAPELLI, Il condizionamento dei prodotti contrassegnati con “DOP” e “IGP” secondo le nuove
disposizioni inserite nel regolamento CEE N. 2081/92 sulle denominazioni di origine, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2003, I, p. 105; L. COSTATO, Tracciabilità e territorio: il confezionamento
delle DOP e IGP in loco, in Diritto e giurisprudenza agraria e dell’ambiente, 2003, IV, p. 294; F. MACRÌ,
Tutela dei prodotti agricoli e libera circolazione delle merci nella giurisprudenza comunitaria, in Il diritto dell’Unione europea, 2003, p. 855; S. RIZZIOLI, Il condizionamento dei prodotti con denominazione
d’origine, in Rivista di diritto agrario, 2003, II, p. 458; S. VENTURA, Protezione delle denominazioni di
origine e libera circolazione dei prodotti alimentari, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali,
Questa facoltà in origine non era espressamente prevista dalla disciplina. Il regolamento n. 2081/1992, infatti, faceva un accenno generale ad eventuali condizioni da rispettare in
forza di disposizioni comunitarie e/o nazionali che sarebbero potute entrare nel
disciplinare di produzione248. Due note denominazioni italiane, Grana Padano DOP e Prosciutto di Parma DOP, disponevano nei rispettivi disciplinari che le operazioni relative al condizionamento del prodotto avessero luogo entro la zona geografica delimitata249. Nacquero due distinte controversie, per la soluzione delle quali si ritenne necessario l’intervento della Corte di giustizia250. Entrambi i rinvii pregiudiziali chiesero di accertare la compatibilità tra la disciplina del regolamento n. 2081/1992 e le disposizioni in causa, verificando se esse non costituissero una violazione del principio della libera circolazione delle merci e, in tal caso, se potessero essere considerate come giustificate251.
I giudici ritennero per prima cosa che limitare le operazioni relative al condizionamento del prodotto alla zona geografica delimitata potesse far parte di quelle eventuali condizioni previste da disposizioni nazionali di cui all’articolo 4 del regolamento n. 2081/1992252. Le misure in causa costituivano, secondo la Corte, misure d’effetto equivalente a restrizioni quantitative alle esportazioni253, che però potevano essere giustificate da motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale e quindi compatibili con il Trattato grazie alle deroghe dell’allora articolo 30 TCE254.
248 Si veda a tal proposito la versione dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 2081/1992 il quale
prevedeva alla lettera i) che il disciplinare di produzione avrebbe potuto contenere eventuali condizioni da rispettare in virtù di disposizioni comunitarie e/o nazionali.
249 Per il Grana Padano DOP il disciplinare di produzione prevedeva che, quando venduto nella forma
grattugiata del prodotto, tale operazione dovesse avere luogo esclusivamente all’interno della zona geografica delimitata. I riferimenti normativi rilevanti sono la legge 10 aprile 1954, n. 125, tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi (GURI 30 aprile 1954, n. 99, p. 1294), decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 1955, caratteristiche merceologiche e zone di produzione dei formaggi (GURI 22 dicembre 1955, n. 295, p. 4401) e decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 novembre 1991, estensione della denominazione di origine del formaggio Grana Padano alla tipologia grattugiato (GURI 8 aprile 1992, n. 83, p. 12). Per il Prosciutto di Parma, il disciplinare di produzione prevedeva che le operazioni di affettamento e di confezionamento dovessero essere effettuate presso laboratori situati nella zona tipica di produzione. I riferimenti normativi sono la legge 13 febbraio 1990, n. 26, tutela della denominazione di origine Prosciutto di Parma (GURI 20 febbraio 1990, n. 42, p. 3) e il decreto del 15 febbraio 1993, n. 253, regolamento di esecuzione della legge 13 febbraio 1990, n. 26 (GURI 26 luglio 1993, n. 173, p. 4).
250 Si tratta rispettivamente della sentenza Ravil SARL contro Bellon import SARL e Biraghi SpA in causa C-
469/00 e della sentenza Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita SpA contro Asda Stores Ltd
e Hygrade Foods Ltd in causa C-108/01.
251 La Corte nella sentenza in causa 469/00 si è dovuta esprimere anche sulla compatibilità con il Trattato di
una convenzione bilaterale tra Francia e Italia che prevedeva appunto l’obbligo di condizionamento del prodotto entro la zona geografica delimitata. Questo perché i fatti oggetto della controversia occupavano un arco temporale ampio, durante il quale si potevano distinguere due periodi, il primo in cui la disciplina rilevante era appunto la convenzione bilaterale, mentre per il secondo era già in vigore la disciplina sulle DOP e IGP.
252 Punti 40-50 della sentenza in causa 108/01 e i punti 74-83 della sentenza in causa 469/00. 253 Punti 51-59 della sentenza in causa 108/01 e i punti 84-88 della sentenza in causa 469/00. 254 Punti 60-81 della sentenza in causa 108/01 e i punti 89-90 della sentenza in causa 469/00.
Al di là della soluzione a cui la Corte è pervenuta, è interessante capire quale è stato il ragionamento seguito dai giudici per far rientrare le disposizioni in causa nella tutela della proprietà industriale e commerciale.
A parere dei giudici, le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche rientrano nei diritti di proprietà industriale e commerciale. La disciplina sulle DOP e IGP tutela i beneficiari contro l’uso illegittimo di dette denominazioni da parte di terzi che intendono profittare della reputazione acquisita. Tali denominazioni garantiscono che il prodotto cui sono attribuite provenga da una zona geografica determinata e che abbia precise qualità. Esse possono godere di una grande reputazione presso i consumatori e costituire, pertanto, per i produttori legittimi uno strumento essenziale per costruirsi e mantenere nel tempo una clientela. La reputazione delle DOP e IGP dipende dall’immagine di cui queste godono presso i consumatori. A sua volta, tale immagine dipende, essenzialmente, dalle caratteristiche particolari e, in generale, dalla qualità del prodotto. È quest’ultima, che costituisce, secondo i giudici, il fondamento della reputazione del prodotto. Nella percezione del consumatore, il nesso tra la reputazione dei produttori e la qualità dei prodotti dipende inoltre dalla sua convinzione che i prodotti venduti con la denominazione di origine siano autentici. Per queste ragioni, quando le operazioni di condizionamento costituiscono per un prodotto un elemento centrale nella sua presentazione al pubblico, tali da consentire ai legittimi produttori di assicurarne la qualità, l’autenticità, nonché di conseguenza la reputazione, allora eventuali restrizioni sono consentite perché giustificate dalla tutela della proprietà industriale o commerciale, ferma restando la necessaria proporzionalità della misura255.
Per la Corte, quindi, un controllo diretto da parte dei beneficiari delle rispettive DOP o IGP è ritenuto fondamentale per garantire ai consumatori l’autenticità del prodotto ed ai produttori la tutela della reputazione. Eventuali danni arrecati al prodotto come conseguenza di pratiche condotte da non esperti stabiliti fuori dalla zona geografica delimitata, non sanzionate da un controllo efficace perché effettuato fuori dall’area geografica in questione, comporterebbero un rischio troppo grande per l’intera denominazione. In caso di problemi, infatti, ci sarebbe un grave pregiudizio per tutti gli operatori, compresi i beneficiari della DOP o IGP. La realizzazione di un tale evento comprometterebbe il raggiungimento degli obiettivi stessi della politica di qualità. Per tale ragione, limitare alla zona geografica le operazioni di condizionamento, quando necessarie e proporzionate, benché costituisca una restrizione alla libera circolazione delle merci,
viene considerata compatibile con il Trattato perché giustificata dalla tutela della proprietà industriale e commerciale.
Poco prima della pubblicazione delle due sentenze, il Consiglio adottò il regolamento n. 692/2003256, con il quale modificò il regolamento n. 2081/1992 inserendo la previsione esplicita della facoltà in causa, poi confermata dal seguente regolamento n. 510/2006. In tal modo, la disciplina sulle DOP e IGP prevedeva espressamente la possibilità di limitare le operazioni di condizionamento entro la zona geografica, purché tale restrizione fosse giustificata dalla salvaguardia della qualità, dell’origine o per assicurarne il controllo257. Il regolamento n. 1151/2012 conferma la disciplina precedente, evidenziando la necessità di tenere in considerazione il diritto dell’Unione, con una particolare attenzione alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi258.
Infine, il disciplinare di produzione può essere modificato259, così da consentire ai produttori di tenere conto di eventuali evoluzioni della tecnica, ferme restando le esigenze di salvaguardia della qualità per cui quel prodotto gode di reputazione presso i consumatori.