L A PROTEZIONE DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE DEI PRODOTTI AGRICOLI E ALIMENTARI NEL DIRITTO DELL ’U NIONE EUROPEA
2.1 Origini della disciplina comunitaria sulla tutela delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentar
Il diritto dell’Unione europea tutela le indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari attraverso gli strumenti della Denominazione d’Origine Protetta (DOP) e dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP), disciplinati dal regolamento (UE) n. 1151/2012155.
A differenza dei prodotti vitivinicoli, i prodotti agricoli e alimentari aventi particolari qualità o caratteristiche legate all’origine geografica hanno dovuto attendere i primi anni Novanta per potere beneficiare di una protezione comunitaria della denominazione con cui venivano presentati ai consumatori. Fu infatti il regolamento (CE) n. 2081/1992156 il primo atto con cui l’allora Comunità decise di dotarsi di una disciplina per il riconoscimento e la protezione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli ed alimentari.
155 Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (UE) n. 1151/2012, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, pubblicato in GUUE L 343 del 14 dicembre 2012, p. 1.
Le ragioni che spinsero il legislatore comunitario ad adottare il regolamento del 1992 furono molteplici.
Innanzitutto, la disciplina sulle DOP e IGP dovette rispondere ad esigenze di politica economica157. In quegli anni, infatti, la Comunità si preparava ad avviare un processo di radicale revisione della Politica Agricola Comune (PAC), che avrebbe modificato profondamente gli strumenti con cui, a partire dal 1962, si erano perseguite le finalità di cui all’articolo 39 del Trattato158. Il legislatore inquadrò nella promozione di prodotti di qualità un nuovo strumento per conseguire i tradizionali obiettivi della PAC159. La disciplina sulle DOP e IGP, favorendo una diversificazione della produzione agricola, sarebbe stata funzionale al conseguimento di un migliore equilibrio tra domanda e offerta sul mercato. Parimenti, il nuovo schema doveva contribuire ad un miglioramento dei redditi degli agricoltori e alla lotta contro lo spopolamento delle aree rurali160. In altre
156 Regolamento del Consiglio (CEE) n. 2081/1992, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari, pubblicato in GUCE L 208 del 24 agosto 1992, p. 1.
157 Cfr. P. BORGHI, I requisiti della tutela, in Le indicazioni di qualità degli alimenti. Diritto internazionale ed europeo. UBERTAZZI, MUNIZ ESPADA (a cura di), Giuffré editore, Milano, 2009, p. 188-189, in cui l’autore individua nell’incremento del reddito agricolo la finalità assolutamente prevalente del regolamento n. 2081/1992, poi confermata anche nel successivo regolamento n. 510/2006.
158 L’articolo 39 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea fissava gli obiettivi che la
politica agricola comune avrebbe dovuto perseguire. In particolare, ai sensi del paragrafo 1, “a)
incrementare la produttività dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera; b) assicurare così un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell'agricoltura; c) stabilizzare i mercati; d) garantire la sicurezza degli approvvigionamenti; e) assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori”. È da segnalare come il contenuto dell’articolo 39 non sia mai cambiato dal 1957 ad oggi. Le
numerose modifiche dei testi dei Trattati, compresa l’ultima avvenuta con l’adozione del Trattato di Lisbona, non hanno mai interessato le finalità della politica agricola comune. Oggi, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ripropone l’articolo 39 immutato, oltre che nel contenuto, anche nella numerazione. Sulle norme del TFUE che attengono a finalità e principi della PAC si vedano, tra gli altri, F. ALBISINNI, I codici europei dell’Agricoltura, dopo Lisbona, in Dalla riforma del 2003 alla PAC
dopo Lisbona. I riflessi sul diritto agrario, alimentare e ambientale, L. COSTATO, P. BORGHI, L. RUSSO, S.
MANSERVISI (a cura di), Iovene editore, Napoli, 2011, in particolare le pagine 24-26, e L. COSTATO, Il nuovo
titolo dedicato all’agricoltura nel TFUE, in Dalla riforma del 2003 alla PAC dopo Lisbona. I riflessi sul diritto agrario, alimentare e ambientale, L. COSTATO, P. BORGHI, L. RUSSO, S. MANSERVISI (a cura di),
Iovene editore, Napoli, 2011, p. 79.
159 Così la Corte in sentenza della Corte di giustizia 2 luglio 2009 in causa C-343/07, Bavaria NV e Bavaria Italia Srl contro Bayerischer Brauerbund eV, in Raccolta, 2009, I, pp. 5491, punto 5: “è pacifico che il regolamento 2081/1992 […] ha come scopo principale, come rilevato dal suo secondo considerando, la realizzazione degli obiettivi stabiliti dall’art. 33 CE […]”.
160 Si veda il secondo considerando del regolamento 2081/1992, “considerando che, nel quadro del riorientamento della politica agricola comune, è opportuno favorire la diversificazione della produzione agricola per conseguire un migliore equilibrio tra offerta e domanda sul mercato; che la promozione di prodotti di qualità aventi determinate caratteristiche può rappresentare una carta vincente per il mondo rurale, in particolare nelle zone svantaggiate o periferiche, in quanto garantirebbe, da un lato, il miglioramento dei redditi degli agricoltori e favorirebbe, dall'altro, la permanenza della popolazione rurale nelle zone suddette”. L’ordine seguito dal legislatore nella redazione dei vari considerando non può essere
frutto del caso. Il fatto che l’obiettivo di miglioramento del reddito sia il primo in ordine di presentazione tra le finalità del regolamento 2081/1992 costituisce un ulteriore segno della volontà di offrire al settore agricolo uno strumento alternativo di valorizzazione della produzione agricola, in un momento in cui il
parole, vi era la convinzione che una politica di promozione di prodotti agricoli e alimentari aventi determinate caratteristiche legate all’origine geografica avrebbe valorizzato la produzione agricola, generando reddito per le popolazioni rurali, in particolare per quelle stabilite in aree svantaggiate o periferiche161. Così, si spiega anche la scelta della base giuridica del regolamento 2081/1992, adottato in virtù dell’articolo 43 del Trattato, che ancora oggi disciplina le procedure da seguire per l’adozione di atti in materia di politica agricola comune162.
Accanto a ciò, si registrava da alcuni anni un mutamento delle preferenze dei consumatori, sempre più attenti nelle scelte alimentari alla qualità anziché alla quantità163. Questo
sostegno comunitario al reddito degli agricoltori avrebbe mutato radicalmente modalità e intensità di lì a pochi anni.
161 Oltre che nel secondo considerando del regolamento, il legislatore aveva già espresso la volontà di
procedere all’introduzione di una politica comune per la promozione di prodotti di qualità in alcuni documenti preparatori, precedenti l’adozione del regolamento 2081/1992. Si vedano, in particolare, il Libro verde COM (85) 333, la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo COM (85) 603 ed, in particolare, la Comunicazione COM (88) 501 Il futuro del mondo rurale.
162 L’articolo 43 del TFUE stabilisce che “1. La Commissione presenta delle proposte in merito all'elaborazione e all'attuazione della politica agricola comune, ivi compresa la sostituzione alle organizzazioni nazionali di una delle forme di organizzazione comune previste dall'articolo 40, paragrafo 1, come pure l'attuazione delle misure specificate nel presente titolo. Tali proposte devono tener conto dell'interdipendenza delle questioni agricole menzionate nel presente titolo. 2. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale, stabiliscono l'organizzazione comune dei mercati agricoli prevista all'articolo 40, paragrafo 1, e le altre disposizioni necessarie al perseguimento degli obiettivi della politica comune dell'agricoltura e della pesca. 3. Il Consiglio, su proposta della Commissione, adotta le misure relative alla fissazione dei prezzi, dei prelievi, degli aiuti e delle limitazioni quantitative, nonché alla fissazione e ripartizione delle possibilità di pesca. 4. L'organizzazione comune prevista dall'articolo 40, paragrafo 1, può essere sostituita alle organizzazioni nazionali del mercato, alle condizioni previste dal paragrafo 2: a) quando l'organizzazione comune offra agli Stati membri che si oppongono alla decisione e dispongono essi stessi di un'organizzazione nazionale per la produzione di cui trattasi garanzie equivalenti per l'occupazione ed il tenore di vita dei produttori interessati, avuto riguardo al ritmo degli adattamenti possibili e delle specializzazioni necessarie; e b) quando tale organizzazione assicuri agli scambi all'interno dell'Unione condizioni analoghe a quelle esistenti in un mercato nazionale. 5. Qualora un'organizzazione comune venga creata per talune materie prime senza che ancora esista un'organizzazione comune per i prodotti di trasformazione corrispondenti, le materie prime di cui trattasi, utilizzate per i prodotti di trasformazione destinati all'esportazione verso i paesi terzi, possono essere importate dall'esterno dell'Unione”. Rispetto
alla formulazione del vecchio articolo 43, elaborata in occasione della stesura dei Trattati di Roma, il testo vigente prevede la procedura legislativa ordinaria al posto della vecchia procedura di consultazione. L’estensione della codecisione in materia agricola, e quindi la partecipazione in qualità di colegislatore del Parlamento europeo all’elaborazione e attuazione della PAC, costituisce senza ombra di dubbio una delle principali novità introdotte dal Trattato di Lisbona. Per avere una visione certamente più completa delle novità introdotte per la materia agricola dal Trattato di Lisbona si vedano, tra gli altri, F. ADORNATO,
Agricoltura, politiche agricole e istituzioni comunitarie nel Trattato di Lisbona: un equilibrio mobile, in Rivista di diritto agrario, 2010, I, p. 261; F. ALBISINNI, Istituzioni e regole dell’agricoltura dopo il Trattato
di Lisbona, in Rivista di diritto agrario, 2010, I, p. 206; B. NASCIMBENE, I Trattati dopo Lisbona. Profili
generali e politica agricola comune, in Dalla riforma del 2003 alla PAC dopo Lisbona. I riflessi sul diritto agrario, alimentare e ambientale, L. COSTATO, P. BORGHI, L. RUSSO, S. MANSERVISI (a cura di), Iovene
editore, Napoli, 2011, p. 9.
163 Il tema della necessità di tenere in considerazione, nell’ambito della revisione della PAC, le mutate
preferenze dei consumatori viene citato a più riprese in diversi documenti preparatori elaborati dalla Commissione europea. Si veda tra gli altri il Libro verde del 1985 COM (85) 333 o la Comunicazione COM (88) 501 Il futuro del mondo rurale, in cui, tra le altre cose, si annuncia l’intenzione di procedere all’elaborazione di uno schema comunitario per il riconoscimento delle denominazioni d’origine.
generava un aumento della domanda di prodotti aventi precise caratteristiche, identificate il più delle volte come dovute all’origine geografica del bene164.
Non a caso, alcuni Stati membri avevano adottato da tempo sistemi nazionali per il riconoscimento e la tutela delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari165. Laddove tali schemi funzionavano, si registravano vantaggi per i produttori, i quali conseguivano migliori risultati in termini di reddito quale contropartita per lo sforzo qualitativo effettivamente sostenuto. Allo stesso tempo i consumatori avevano a disposizione prodotti pregiati, ma soprattutto garanzie sul metodo di produzione e sull’origine166. Difatti, in presenza di consumatori disposti a corrispondere ai produttori un premio per la qualità percepita, si rivela necessario un sistema capace di assicurare l’autenticità dei segni che comunicano la qualità dei prodotti, garantendo produttori e consumatori contro fenomeni di imitazione ed usurpazione. In caso contrario, potrebbe venir meno l’esistenza stessa dello scambio di beni di qualità, poiché ripetuti casi di imitazione scoraggerebbero i consumatori dalla scelta di acquisto, privando i produttori dell’incentivo necessario per impegnarsi in un processo produttivo più oneroso.
Un panorama frastagliato di misure nazionali che disciplinavano l’uso di segni e denominazioni attestanti particolari qualità dei prodotti mal si conciliava con il buon funzionamento del mercato comune. Gli schemi nazionali costituivano, infatti, ostacoli alla libera circolazione delle merci. Questo, oltre che far sorgere controversie tra gli operatori testimoniate da alcuni interventi della Corte di giustizia, impediva a produttori e consumatori di massimizzare i benefici che sarebbero derivati da una piena diffusione sul territorio della Comunità delle indicazioni geografiche.
164 Si veda il terzo considerando del regolamento 2081/1992, “considerando peraltro che nel corso degli ultimi anni si è costatato che i consumatori tendono a privilegiare, nella loro alimentazione, la qualità anziché la quantità; che questa ricerca di prodotti specifici comporta tra l'altro una domanda sempre più consistente di prodotti agricoli o di prodotti alimentari aventi un'origine geografica determinata”. È di
quegli anni, inoltre, l’adozione del regolamento sulla produzione biologica, il regolamento del Consiglio (CEE) n. 2092/1991, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e
alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, pubblicato in GUCE L 198
del 22 luglio 1991, p. 1, che rappresenta anch’esso un altro atto che coglie le mutate preferenze dei consumatori.
165 Si veda a titolo di esempio per la Francia la Loi du 6 mai 1919 relative à la protection des appellations
d’origine, oppure per l’Italia la legge 10 aprile 1954, n. 125 sulla Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi. Sulle vicende antecedenti l’adozione del regolamento n. 2081/1992, con particolare riferimento ai provvedimenti adottati per la promozione e tutela del formaggio Parmigiano Reggiano e di altre produzioni tipiche italiane si veda L. COSTATO, Il regolamento n. 1151/2012 del Parlamento europeo e
del Consiglio sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, in Rivista di diritto agrario, I, 2012, p.
648.
166 Si veda il sesto considerando del regolamento 2081/1992, “considerando che la volontà di tutelare prodotti agricoli o alimentari identificabili in relazione all'origine geografica ha indotto taluni Stati membri a definire « denominazione d'origine controllata »; che tali denominazioni si sono diffuse e sono apprezzate dai produttori che conseguono risultati migliori in termini di reddito quale contropartita per lo sforzo qualitativo effettivamente sostenuto, nonché dai consumatori che dispongono di prodotti pregiati che
Si poneva, quindi, il problema di elaborare un quadro giuridico uniforme che fosse capace di tenere insieme le esigenze derivanti dall’evoluzione della PAC, con la garanzia di una corretta informazione dei consumatori e di condizioni di concorrenza leale tra le imprese. Per tali motivi, il legislatore ritenne opportuno adottare il regolamento 2081/1992, che introduceva un sistema armonizzato di riconoscimento e tutela delle indicazioni geografiche dei prodotti agricoli e alimentari. Attraverso la garanzia di condizioni di concorrenza leale tra le imprese e di una corretta informazione per i consumatori, la nuova disciplina mirava a favorire lo sviluppo e la diffusione di prodotti di qualità dovuta all’origine geografica167, contribuendo alla diversificazione e valorizzazione della produzione agricola, in coerenza con gli obiettivi fissati in materia di PAC nel Trattato.