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3. Breve premessa sul dibattito in Assemblea Costituente

3.2. Il dibattito in Assemblea

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Il 7 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l’Assemblea Costituente proseguì la discussione generale dei Titoli IV «La Magistratura» e VI «Garanzie costituzionali» della Parte seconda del Progetto di Costituzione.

In riferimento all’art. 100 del Progetto, l’on. Carboni affermò che tale disposizione «lascia il tempo che trova, in quanto non presenta nulla di nuovo rispetto alla situazione attuale», proponendo una modifica «nel senso che sia messo a disposizione della Magistratura un proprio corpo di polizia, perché la Magistratura abbia il mezzo di far eseguire sempre, in ogni occasione, i propri ordini». Il giorno successivo, anche l’on. Persico sostenne che fosse necessario che la Magistratura fosse «dotata di una polizia propria», proponendo dunque che l’a.g. avesse «alle sue dirette dipendenze un corpo specializzato di p.g.». L’11 novembre, l’on. Monticelli richiamò l’Aula sulla necessità di un dibattito serio sulla p.g. dato che, a suo parere, essa rappresentava una delle cause per le quali gli organi del potere giudiziario era privi d’autorità. A tal fine, l’on. deputato ricordò che «nel campo penale mandati ed ordini di cattura sono stati sistematicamente ritardati od ineseguiti dalla p.g., in base ad istruzioni piovute il più delle volte dall'alto e persino sentenze irrevocabili di condanna non sono state eseguite o sono state ritardate per mesi e talvolta per anni». E la ragione di tale inefficienza era da ricercarsi nella dipendenza della polizia dall’Esecutivo, tanto che appariva necessaria l’istituzione di «un corpo di p.g. alle dirette dipendenze del potere giudiziario», e non solo per motivi tecnici, ma anche perché era attraverso la p.g. che il potere giudiziario esplicava i propri fondamentali compiti costituzionali. Inoltre, in tal modo, il cittadino non avrebbe guardato più all’a.g. solo come all’organo che colpiva ogni illegalità (il giudice), ma anche a quello che «difende con la massima intransigenza ogni diritto, costituendo la vera e sola affermazione di tutte le libertà» (il p.m.). L’on. Romano ribadì quanto affermato dai suoi colleghi, ovvero che fino a quando non ci fosse stato un corpo di p.g. alle dirette dipendenze dell’a.g. sarebbe stata lenta l’attività preparatoria del giudizio e quella esecutiva dei giudicati perché «gli organi di polizia sono attualmente assorbiti dall'attività amministrativa e politica». Di fondamentale interesse appare poi la considerazione dell’on. Romano secondo la quale «quando si devono servire due

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padroni si finisce per servire poco diligentemente quello dal quale meno si dipende».

Il 12 novembre, l’on. Cortese, di professione avvocato, sostenne che la disposizione presentata all’Aula dalla Commissione dei Settantacinque non era sufficiente, perché, nella prassi, la p.g. agiva in via assolutamente autonoma168, così compromettendo le indagini. Per questo motivo, era indispensabile che «la p.g. sia posta alla diretta ed esclusiva dipendenza del potere giudiziario». L’on. Caccuri, a sua volta, ricordò che la disposizione de qua era «inadeguata ed imprecisa» perché, nella prassi, il potere riconosciuto all’a.g. si era rivelato del tutto «inefficiente», specie quando i provvedimenti giudiziari non erano “in linea” con le indicazioni governative alla polizia. Per questi motivi, egli riteneva necessario che venissero istituiti almeno dei reparti speciali di polizia alle dirette dipendenze gerarchiche e disciplinari dell’a.g.

In data 20 novembre, l’on. Bertini (D.C.) presentò un ordine del giorno nel quale si prevedeva, fra l’altro, che l’Assemblea Costituente sosteneva la necessità di porre un rimedio «alle ormai inveterate e deplorate insufficienze della giustizia penale», intervenendo con mezzi strutturali, processuali ed economici ad incominciare con l’istituzione di «un corpo speciale di polizia alla diretta dipendenza dell'autorità giudiziaria». L’illustre avvocato, nell’esporre le ragioni di tale ordine del giorno, affermò che «c'è un latente conflitto, se non continuo, intermittente, fra le questure, la p.g., e le procure della Repubblica». Proprio per questo motivo, era necessario «mutare il sistema»: il «centro motore» della p.g. doveva essere la Procura della Repubblica, e non la Questura. Era inammissibile che le Questure «trattengano per settimane [...] i procedimenti, dopo l’arresto dell’imputato, mentre la Procura non ne sa nulla». Se si voleva il principio di libertà applicato all’amministrazione della giustizia, la Procura doveva avviare e

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«La pratica insegna che proviene all'autorità giudiziaria un telegramma con la notizia che in un dato paese si è verificato un delitto, e poi il più delle volte, per giorni e giorni l'autorità giudiziaria non sa più nulla e rimane completamente avulsa dalle indagini, le quali si svolgono esclusivamente ad opera della p.g., che raccoglie gli interrogatori, le testimonianze, procede ai confronti, e registra anche talvolta elementi generici, in seguito non più rilevabili, accerta tracce non più constatabili; arriverà poi l'autorità giudiziaria, dopo quindici o venti giorni, e troverà un verbale in cui si è cristallizzata già la prova, in cui l'indagine s'è già quasi esaurita, il convincimento già s'è quasi stratificato, sì che spesso tutto il processo penale non è che una spirale, alla fine della quale, nella sentenza, non si ritrova che il verbale che era nella radice».

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condurre le indagini, dato che non era accettabile che i procedimenti arrivassero in Procura già istruiti, con l’idea che gli interrogatori erano stati fatti «sotto lusinghe o sotto minacce» e con atti e perizie che esulavano dal ruolo della Questura. Per questi motivi, era necessario che la p.g. «passi direttamente alla direzione e alla competenza [...] all’organo che deve avere la responsabilità dell’istruttoria», ovvero all’a.g.

In data 25 novembre, l’on. Varvaro presentò un emendamento all’art. 100, in cui era previsto che la p.g. dipendesse direttamente dall’a.g., onde evitare la prassi di «legare mani e piedi» la Magistratura all’Esecutivo, che fosse il Ministero della Giustizia o quello dell’Interno.

Il 26 novembre, l’Aula proseguì l’esame degli emendamenti 169

al testo dell’art. 100. L’on. Filippini svolse l’emendamento, a firma propria e degli onn. Ghidini e Rossi Paolo, secondo cui «la p.g. dipende direttamente dalla autorità giudiziaria». La modifica, così come prospettata, evitava la «confusione di poteri tra l’autorità giudiziaria e il potere esecutivo» derivante dalla lettera del testo originario, soprattutto in merito alla dipendenza della p.g. Tale organo, da non confondersi con altre forze armate dello Stato, doveva infatti considerarsi «la prima ruota della macchina della giustizia» perché toccava «immediatamente», quasi «improvvisamente», la libertà personale dell’individuo, potendo anche, se pur per breve tempo, sopprimerla. Per questa «correlazione d’opera» tra la p.g. e l’a.g. era dunque necessario rendere «interdipendenti» tali organi. Inoltre, nelle quarantotto ore170 che intercorrevano tra l’adozione di provvedimenti provvisori e la comunicazione all’a.g., la p.g. compiva atti che erano sì preliminari, ma potenzialmente definitivi: chi era il responsabile di tale attività? L’Esecutivo, o

169 Numerosi infatti sono gli emendamenti già svolti, tutti rafforzativi della previsione ex art. 100.

In particolare:

on. Monticelli: «L'autorità giudiziaria dispone direttamente dell'opera della p.g. e può richiedere l'intervento delle forze armate dello Stato.»

on. Romano: «È istituito un corpo speciale di p.g., posto alla diretta ed esclusiva dipendenza dell'autorità giudiziaria. A questa spetta, inoltre, il controllo sul funzionamento degli istituti di prevenzione o di pena.»

on. Persico: «L'autorità giudiziaria ha alle sue dirette dipendenze un corpo specializzato di p.g.. on. Caccuri: «La p.g. per la repressione dei reati e per l'esecuzione delle pronuncie giurisdizionali è posta alla diretta dipendenza dell'autorità giudiziaria.»

on. Castiglia: «L'autorità giudiziaria dispone dell'opera della p.g., che è alle sue dirette dipendenze. Può anche disporre di ogni altro corpo di polizia e può richiedere l'intervento delle forze armate dello Stato.»

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l’a.g.? La formulazione del testo così come presentato dalla Commissione non rispondeva alla domanda, e anzi alimentava il problema della dipendenza, un’ «equivoco» non tollerabile in un ordinamento democratico. Occorreva dunque stabilire, in modo chiaro ed inequivocabile, che la p.g. dipendeva dall’a.g. In tal modo l’ordinamento avrebbe fatto un passo avanti, informandosi «al migliore spirito della Costituzione» e delineando un nuovo rapporto fra Stato e cittadini.

L’on. Leone, incaricato dal Presidente Terracini di «esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti», riassunse le proposte di modifica presentate dagli onn. colleghi al testo dell’art. 100, dividendole in due gruppi distinti: un primo gruppo - contenente le proposte degli onn. Romano, Persico, Varvaro e Filippini - chiedeva, «sia pure con una diversa gradualità», l’istituzione di «un corpo di p.g. particolare alle dipendenze della autorità giudiziaria»; un secondo gruppo invece - che faceva capo alla proposta degli onn. Ghidini, Filippini e Rossi Paolo - auspicava l’inserimento in Costituzione di una disposizione che prevedesse la dipendenza diretta - e non esclusiva - della p.g. dall’A.g. La Commissione, per il tramite dell’on. Leone, espresse un parere favorevole per il secondo gruppo di emendamenti perché, pur sentendo «in misura notevole la importanza e l'urgenza del problema» - ovvero della situazione di «assoluta impotenza» dell’a.g. «di fronte alla p.g.» - ritenne che la formula prevista dal primo gruppo di emendamenti fosse «inattuale nella realizzazione». Il secondo gruppo era invece (maggiormente) attuabile perché proponeva una soluzione che rispecchiava le «possibilità attuali e concrete» dello Stato, anche da un punto di vista economico. Era dunque opportuno scegliere la formula della «dipendenza diretta», e non esclusiva, della pg. dall’a.g., e, quindi, la modifica proposta dagli onn. Ghidini-Filippini-Rossi Paolo: «La p.g. dipende direttamente dall'autorità giudiziaria».

Il Presidente Terracini dichiarò decaduti gli emendamenti degli onn. Costa, Carpano Maglioli, Targetti, Rescigno, Castiglia e Varvaro perché assenti dall’Aula. Gli onn. Romano e Caccuri, le cui proposte erano sostanzialmente simili a quella accettata dalla Commissione, non mantennero i loro emendamenti, al contrario degli onn. Monticelli e Persico. Quest’ultimo, a dir il vero, ritirò il proprio emendamento, trasformandolo in un o.d.g. nel quale si prevedeva che

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«L'Assemblea Costituente fa voti per la creazione di un corpo specializzato di polizia alle dirette dipendenze dell'autorità giudiziaria».

La discussione, tuttavia, continuò sulla scelta dell’avverbio da inserire subito dopo il “dipende”: direttamente o esclusivamente? L’on. Leone, rispondendo all’on. Uberti su cosa s’intendesse col termine “direttamente” ovvero se si prevedesse la costituzione di un corpo di polizia nuovo o no, ribadì che, a parere della Commissione, non era, «in questo momento, configurabile un corpo di p.g. che sia alle dipendenze dell'autorità giudiziaria». Il futuro Presidente, tuttavia, credeva che, in un prossimo futuro, si potesse - e anzi dovesse - costituirsi un corpo di p.g. alle esclusive dipedenze dell’a.g., così come prospettato dall’o.d.g. Persico. L’on. Monticelli ritirò dunque il proprio emendamento, mentre l’on. Nobile chiese se la formulazione della norma, così come auspicata dalla Commissione, prevedesse o meno che l’ordinamento della p.g. fosse di competenza del C.S.M. Si trattava di una domanda fondamentale, così come fondamentale apparve la risposta dell’on. Leone: il C.S.M., così come disciplinato dalla Costituzione, si sarebbe occupato della sola carriera del magistrato, mentre l’organizzazione del corpo di p.g. sarebbe spettata all’ufficio del singolo magistrato. In più, «per quanto attiene alla disciplina, alla carriera, al personale» degli organi di p.g. (Carabinieri, pubblica sicurezza e Guardia di Finanza), la competenza sarebbe appartenuta ai rispettivi Ministeri. Le «particolari funzioni della p.g., che sono una aggiunta alle altre attribuzioni» sarebbero state invece esercitate alla dipendenza dell’a.g., nel senso che «gli organi di p.g. hanno il dovere di obbedire agli ordini dell'autorità giudiziaria solo nei limiti delle attribuzioni della p.g.». Per questi motivi, l’a.g. non avrebbe disposto di alcun potere disciplinare nei confronti di tali organi.

L’on. Uberti propose quindi un emendamento al testo, chiedendo che il termine “dipende” venisse sostituito con “dispone”, in quanto il primo implicava una dipendenza non solo «funzionale - cioè la disposizione a poter comandare determinati compiti - ma anche gerarchica» il che non sarebbe stato vero, almeno secondo quanto affermato dall’on. Leone.

L’Aula approvò quindi l’emendamento dell’on. Uberti, e, immediatamente dopo, l’o.d.g. dell’on. Persico: in tal senso, l’a.g. disponeva sì direttamente della

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p.g., ma l’Assemblea chiedeva a gran voce al Legislatore l’istituzione di un corpo di p.g. posto alle esclusive dipendenze dell’a.g.

Come auspicato dall’on. Filippini, l’ordinamento dello Stato ha compiuto un importante passo avanti grazie ai Padri costituenti che sono riusciti a trovare un compromesso tra coloro che chiedevano la dipendenza esclusiva e quelli che ma non la volontà - o il coraggio - di compiere il “salto” definitivo.