• Non ci sono risultati.

Le prassi dei servizi di polizia giudiziaria

7. Il procedimento davanti al giudice di pace: un nuovo (e valido) modello d

1.2. Le prassi dei servizi di polizia giudiziaria

Dalla parte della p.g. sono stati fondamentali i confronti con gli operatori della Squadra Mobile e della Questura anche e soprattutto perché hanno consentito di delineare un quadro complessivo dei rapporti fra Polizia di Stato e p.m.

In particolare, è emerso che tutto il personale della Questura svolge, in modo più o meno marcato, attività di prevenzione, mentre quella di repressione è affidata principalmente alla Squadra Mobile o alla sezione investigativa della DIGOS (Divisione Investigazioni Generali ed Operazioni Speciali), secondo i rispettivi ambiti di competenza. In particolare, la Squadra Mobile, strutturata268 in 4 sezioni più l’area affari generali, si occupa di tutti i tipi d’indagine esclusi quelli d’interesse della DIGOS269

ovvero i reati elettorali, quelli commessi durante le

268 A seguito della riorganizzazione del 2008, le Squadre Mobili possono essere strutturate in 5

diverse modalità, denominate “fasce” (A, A – 1, B, B – 1, C)

269 A tal proposito, si veda il decreto di riorganizzazione della DIGOS del 22 gennaio 2003:

«Sezione investigativa - attività di investigazione preventiva e giudiziaria su associazioni segrete ai sensi dell’art. 1 della legge 17/82; associazioni e gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi di cui all’art. 3 della legge 654/75 ovvero riconducibili alla fattispecie di cui all’art. l della legge 645/52; associazioni che perseguono l’obiettivo di attentare all'unità, all'indipendenza e all'integrità dello Stato; associazioni militari e paramilitari di cui all’art. 1 della legge 43/48; reati commessi nell’ambito di sette esoterico - religiose; reati elettorali; reclutamento di mercenari; delitti contro la personalità dello Stato ad eccezione di quelli commessi con finalità di terrorismo e di eversione; reati contro la pubblica amministrazione qualora gli stessi incidano sulla credibilità ed il funzionamento delle istituzioni; attentati ed atti intimidatori non riconducibili alla criminalità organizzata e comune ad

141

manifestazioni sportive e quelli contro la personalità dello Stato o riguardanti in ogni modo l’ordine pubblico che non siano tuttavia riconducibili alla criminalità comune od organizzata (c.d. reati politici). All’interno della Provincia l’attività di p.g. è svolta anche dalle “Squadre di p.g.” presenti nei Commissariati, negli uffici della Polizia stradale270, della Ferroviaria271, della Frontiera272 e della Polizia delle Comunicazioni273.

Le Squadre di p.g., soprattutto quelle presenti presso i Commissariati, possono essere coadiuvate nella loro attività investigativa dalla Squadra Mobile e, in caso di indagini ancor più complesse, anche dal Servizio Centrale Operativo (S.C.O.), ufficio centrale di vertice per la polizia investigativa incardinato presso la Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento di P.S.

E’ emerso anche che, dato l’organico della Questura– soprattutto per quanto riguarda i funzionari, il personale della Squadra Mobile viene talvolta impiegato, seppur in via marginale, anche in attività di ordine pubblico quali, ad esempio, le manifestazioni sportive e quelle politiche. In ogni caso, l’organizzazione dei turni è strutturata in modo tale da garantire la minima incisività di tali compiti su quelli di p.g.

Per quanto invece attiene alla possibilità che il Questore dia ordini in contrasto con le direttive del p.m., tutti gli operatori concordano sul fatto che si tratti di un “caso di scuola”. Il Questore infatti, in quanto autorità provinciale di pubblica sicurezza, non si interessa direttamente dell’attività di p.g. e, non essendo un ufficiale di p.g., non può impartire ordini in materia di indagine, ma solo suggerimenti investigativi od organizzativi. Ipotesi di contrasto potrebbero semmai verificarsi qualora sia coinvolto un problema di ordine pubblico: potrebbe infatti accadere che il p.m. deleghi alla Squadra Mobile l’esecuzione di un

eccezione di quelli commessi con finalità di terrorismo e di eversione; reati commessi in occasione di competizioni sportive e di manifestazioni pubbliche che richiedano il compimento di particolari accertamenti; ogni altro reato che incida sull'ordine e la sicurezza pubblica non ascrivibile alla criminalità comune ed organizzata».

270

Le squadre si occupano principalmente del furto e della contraffazione di veicoli, nonché degli accertamenti sugli incidenti stradali.

271 Le squadre compiono attività d’indagine in materia di reati commessi in ambito ferroviario e

sugli incidenti ferroviari.

272

Le squadre si occupano della falsificazione di documenti e di contrasto all'immigrazione clandestina, con particolare attenzione agli scali portuali ed aeroportuali.

273 Le squadre indagano soprattutto sui reati commessi su Internet oppure con l’utilizzo di

142

ordinanza di custodia cautelare o la perquisizione domiciliare e, nel giorno e nel luogo in cui deve essere eseguita la misura, vi sono (o potrebbero esserci) problemi di ordine pubblico: in tale situazione, il Questore potrebbe chiedere al dirigente della Mobile di rinviare l’esecuzione della misura per motivi di ordine pubblico. In realtà, tale situazione difficilmente può realizzarsi perché le deleghe alla p.g., come si è detto, non sono mai dettagliate a tal punto di individuare il giorno e l’ora in cui deve essere eseguita la misura.

Al di là delle osservazioni degli operatori, potrebbero tuttavia verificarsi – e nella pratica sembrano essersi verificate, altre situazioni di contrasto: in primo luogo, potrebbe accadere274 che il p.m. affidi le indagini ad un determinato organismo (ad esempio, alla DIGOS) e il Questore le riaffidi ad un altro (ad esempio, alla Squadra Mobile); in secondo luogo, potrebbe verificarsi275 che il p.m. dia determinate direttive e i funzionari di polizia, anche su sollecitazione dei loro superiori, le eludano. In entrambi i casi, il personale coinvolto è sottoponibile a procedimento penale per abuso d’ufficio e a quello disciplinare – se ha qualifica di p.g. In ogni caso, si rimanda a quanto detto supra nel Capitolo III in merito alle problematiche sulla doppia dipendenza.

Gli operatori della Mobile, in particolare, hanno chiarito che il loro ufficio svolge quotidianamente attività investigativa di propria iniziativa e su delega del p.m. Nello svolgimento dell’attività del primo tipo, i dirigenti hanno poi confermato la prassi secondo la quale gli uffici della polizia richiedono al p.m. provvedimenti determinati in base alle loro necessità investigative: ad esempio, la perquisizione domiciliare nei confronti di un soggetto sospettato di svolgere attività di ricettazione. Alla domanda specifica riguardante le “invasioni di campo” da parte dei p.m., gli operatori hanno risposto affermando che, nella prassi, il p.m. non esercita alcuna ingerenza sulle modalità esecutive delle operazioni investigative, ovvero non agisce mai da investigatore. La delega al compimento di singoli atti, infatti, non è mai specifica, ovvero non prevede mai che le operazioni debbano essere compiute in un determinato modo, piuttosto che

274

Si fa riferimento all’indagine svolta per abuso d’ufficio e favoreggiamento nei confronti del Questore di Campobasso, G. Pozzo, e archiviata dal g.i.p. M. R. Rinaldi su richiesta del p.m. N. D’Angelo.

143

con x uomini, y mezzi etc.: spetta infatti al dirigente del servizio delegato decidere quanti uomini impiegare e secondo quali modalità e tempistiche (anche se il p.m. può dichiarare l’urgenza del compimento di un determinato atto). L’ingerenza esercitata dal p.m., se mai si verificasse nuovamente in futuro, rappresenterebbe, a parere degli intervistati, un’anomalia del sistema e determinerebbe gravi problemi di gestione delle operazioni, in quanto il p.m. non conosce la situazione “sul campo”. Si pensi, con riferimento a quest’ultimo problema, alle possibili conseguenze di una delega al compimento di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un boss della camorra dettagliata a tal punto da prevedere che debba essere eseguita con tre uomini, magari disarmati e di notte (!).

Per quanto attiene allo svolgimento dell’attività investigativa svolta dalla Squadra Mobile, è emerso che quest’ultima non è affatto concordata col Questore perché quest’ultimo non è un ufficiale di p.g., anche se, nei limiti del segreto investigativo, il dirigente si rapporta con in superiori tenendoli informati dell’evoluzione delle indagini. In merito a ciò, si deve osservare che il personale con qualifica di p.g. ha l’obbligo del segreto d’ufficio sugli atti svolti durante un’indagine, anche nei confronti dei superiori gerarchici che non hanno qualifica di p.g.. In particolare, l’art. 329 c.p.p. obbliga il p.m. e la p.g. al segreto, da intendersi in senso assoluto, fino a quando l'imputato non possa avere conoscenza dell’indagine e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Il segreto, secondo l’interpretazione offerta dall’amministrazione della Guardia di Finanza276, copre non solo gli atti compiuti a seguito dell’iscrizione della notizia di reato «ma anche quelli rivolti a prendere conoscenza della notizia medesima». Anche per questi motivi, oltre a quelli già individuati supra, può dirsi che l’ingerenza investigativa del Questore (e degli altri superiori gerarchici non aventi qualifica di p.g.) appare veramente ridotta, tanto che si può forse concordare con l’idea di definirla un «caso di scuola». Nella prassi, il Questore si limita a ricevere, nei limiti del segreto investigativo, gli “aggiornamenti” sulle indagini ed eventualmente a sollecitare l’intervento della Squadra Mobile. In quest’ultima situazione, il dirigente rimane comunque libero di decidere se e come muoversi perché, si ripete, il Questore non può dare ordini attinenti all’ambito di p.g.

276

144

Gli operatori della Mobile hanno affermato che il sistema dei rapporti tra p.m. e p.g. funziona, salve alcune anomalie, e che i problemi risiedono, in realtà, all’interno del processo penale troppo lento e farraginoso perché forse eccessivamente garantista. Per questi motivi, secondo gli operatori sarebbe opportuno ripensare, aumentandoli, i poteri della p.g. in modo tale che sia sì garantito il controllo sul suo operato da parte del p.m. (e del g.i.p. su quest’ultimo) ma anche la celerità e l’efficacia delle operazioni investigative. In questo senso, si potrebbe pensare di permettere alla p.g. di eseguire perquisizioni non domiciliari e sequestri senza la necessità di una previa autorizzazione da parte del p.m. In ultimo, gli intervistati si sono dichiarati contrari all’istituzione di un corpo di p.g. separato ed autonomo dall’amministrazione di appartenenza e posto alle esclusive dipendenze dell’a.g. perché, a loro parere, è importante che il personale delle sezioni, la cui esperienza è maturata proprio nell’amministrazione, mantenga una relazione con quest’ultima e riceva dai colleghi un supporto continuo nello svolgimento delle indagini, in modo tale da mantenere aperto un canale di comunicazione diretto con l’a.g.

2. Osservazioni conclusive

Concludere questo studio significa soprattutto interrogarsi circa l’attuazione dell’art. 109 Costituzione, ovvero chiedersi se la disciplina dei rapporti fra il p.m. e la p.g. rappresenti una idonea modalità attuativa del principio costituzionale della “disponibilità diretta” della p.g. da parte della p.g.

In riferimento alle sezioni, il principio costituzionale può dirsi parzialmente inattuato. In effetti, se è vero che tra il personale delle sezioni e l’a.g. c’è il più alto grado di dipendenza funzionale ed organica, si riscontrano tuttavia diversi tipi di problemi. Il primo, e forse il più importante, è la distrazione del personale dai compiti di p.g. per le carenze organiche del personale amministrativo delle Procure. La legge, come noto, prevede che il personale di p.g. debba essere almeno il doppio del numero dei magistrati presenti in Procura. Il Ministero “ovviamente”, nel decidere gli organici del personale, non è andato oltre la previsione legislativa e ha disposto un organico che è, praticamente in tutti gli

145

uffici, esattamente il doppio di quello dei magistrati. Per questi motivi, ovvero per il fatto che la legge prevede che il personale di p.g. sia almeno il doppio dei magistrati e che allo stato attuale è esattamente il doppio, distogliere anche un solo uomo dai compiti di p.g. significa violare il principio della disponibilità del personale delle sezioni dall’a.g. All’evidenza, e sembra anche superfluo dirlo, la disponibilità dall’a.g. è da intendersi non nel senso che il personale può svolgere compiti amministrativi, o addirittura di segreteria, ma nel senso che è sottoposto all’a.g. nello svolgimento dell’attività investigativa. Fra l’altro non si tratta solo di un problema di natura economica, dato che il personale non riceve alcuna indennità aggiuntiva per l’attività svolta, ma piuttosto di carattere professionale: il personale delle sezioni impiegato in attività amministrative non può non sentirsi professionalmente dequalificato. Dopo anni passati “sul campo”, alcuni poliziotti, col loro bagaglio di esperienze e la loro volontà di lavorare ancora per la Giustizia, “si ritrovano” a ricevere l’atto di nomina del difensore, ad effettuare le notificazioni etc. perché non c’è sufficiente personale amministrativo. Questa situazione non è accettabile. E non solo perché dequalifica e mortifica gli operatori di p.g., ma anche perché impedisce lo svolgimento efficace ed efficiente delle indagini da parte della Procura: in questo senso, si può dire che il principio costituzionale è stato distorto e piegato al soddisfacimento di interessi che non gli sono propri. Ovviamente, come si è detto supra, l’impiego del personale in attività amministrative, se pur censurabile, non ha, per i Procuratori, apparenti vie d’uscita se non l’intervento urgente del Ministero che deve provvedere al ripianamento degli organici, magari consultando i Procuratori circa le effettive necessità degli uffici.

Il secondo problema riguarda invece la prassi, seguita da molti Procuratori, per la quale ad ogni sostituto sono affidati, in via continuativa, uno o più appartenenti alle sezioni. Come si è già anticipato, si tratta di una pratica censurabile – e censurata dalle organizzazioni sindacali di polizia, perché non rispetta il principio dell’unità della sezione e distorce il ruolo del responsabile dell’aliquota. Sotto il primo punto di vista, è infatti opportuno che la sezione agisca secondo una linea investigativa comune e che le indagini siano affidate tutt’al più all’una o all’altra aliquota e non al singolo componente. D’altra parte, e per quanto attiene alla

146

responsabilità dell’ufficiale più alto in grado, non si capisce come possa rispondere dei propri uomini quando questi, di fatto, lavorano “alle dipendenze” altrui.

Per tutti questi motivi, sarebbe dunque opportuno ripensare l’organizzazione interna della sezione di p.g., da una parte, affidando al personale solo compiti di p.g. e, dall’altra, garantendo l’unità investigativa dell’aliquota. I due obiettivi possono essere raggiunti rispettivamente aumentando, come si è detto più volte, il numero di personale amministrativo in Procura e impedendo, con legge, la “scissione” dell’aliquota.

In riferimento ai servizi, il principio costituzionale ex art. 109 Cost. può dirsi praticamente attuato, salve, anche in questo caso, alcune problematiche. La prima, più evidente, è rappresentata dai problemi di coordinamento investigativo fra l’attività svolta di propria iniziativa da parte dei servizi e quella svolta su direttiva del p.m. In effetti, se è vero che il dialogo fra la p.g. e il p.m. è costante, tutto è rimesso, come hanno giustamente osservato gli operatori di p.g., al buon senso di ognuno. La legge infatti, ammettendo la possibilità che la p.g. svolga attività autonoma e parallela a quella indicata dal p.m., non prevede tuttavia alcuna modalità di coordinamento fra le due attività d’indagine, salvo il divieto che l’attività parallela sia svolta in contrasto con le direttive del p.m. Per questi motivi, il Legislatore dovrebbe prevedere l’obbligo, per il p.m, di concordare una strategia investigativa con la p.g. subito dopo l’iscrizione della notizia di reato: in questo modo, l’attività d’indagine sarebbe unica e quella svolta in via autonoma dai servizi si ridurrebbe ai casi nei quali non si è riusciti a trovare una linea comune. In questo modo, le indagini potrebbero risultare più veloci e sarebbero svolte con un minor dispendio di energie.

In secondo luogo, non appare condivisibile il fatto che la scelta di affidare una indagine all’uno o all’altro servizio o alla sezione sia presa discrezionalmente dai Procuratori della Repubblica: in questo senso, non si capisce il perché, ad esempio, le indagini riguardanti gli appartenenti alle forze dell’ordine, i magistrati o quelle relative alla p.a. siano affidate prevalentemente alle sezioni, piuttosto che ai servizi, a meno che non si ritenga esistente una sottesa e complessiva sfiducia nei confronti di questi ultimi. In questo senso, sarebbe forse maggiormente

147

auspicabile che i criteri di determinazione dell’affidamento all’uno o all’altro servizio ovvero alle sezioni siano fissati, in via generale, dal Legislatore. In questo modo, i rapporti di fiducia reciproca che devono necessariamente sussistere fra il p.m. e la p.g. si rinforzerebbero perché né all’uno né all’altro sarebbero affidati poteri discrezionali di “scelta” reciproca.

Per quanto riguarda poi la prassi, censurata dai Procuratori, di “riempire” le informative di p.g. con richieste di provvedimenti determinati, occorre osservare che tale comportamento, sebbene non previsto espressamente dalla legge, non può neppure dirsi vietato. In effetti, l’art. 347 c.p.p. prevede sì che l’informativa debba contenere necessariamente «gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute» ma non vieta alla p.g. di chiedere al p.m. determinati provvedimenti. La prassi deve essere tuttavia censurata sotto un altro punto di vista ovvero se si considera, come osservato dai magistrati, che il p.m. non è un mero esecutore di richieste altrui ma un operatore del diritto indipendente. Per questo motivo, sarebbe forse opportuno ripensare le modalità di “dialogo” tra il p.m. e la p.g. garantendo, al primo, l’indipendenza nelle proprie valutazioni e, alla seconda, la possibilità non tanto di chiedere che venga adottato un provvedimento quanto di palesarne la necessità dal punto di vista investigativo. Fra l’altro, non si vede come possa avvenire altrimenti: la p.g., al contrario del p.m., opera “sul campo” e, di conseguenza, conosce benissimo qual è la situazione. Se la p.g. si limita ad esporre il fatto compiuto, senza poter affermare l’opportunità, ad esempio, di procedere ad una perquisizione perché sospetta che il soggetto sia dedito ad attività di ricettazione, il p.m. si trova a dover decidere “conoscendo” sì la situazione, ma senza avere alcun suggerimento investigativo che solo chi è “sul campo” gli può dare. L’attività del p.m. e della p.g. sono complementari: l’una è funzionale allo svolgimento dell’altra. Per questi motivi, se è vero che il p.m. deve rimanere assolutamente libero di decidere quale misura sia più opportuna, non si può tuttavia impedire alla p.g. di “suggerirne” una in particolare, qualora sia ritenuta dagli operatori più idonea o necessaria di un'altra.

Per concludere, si deve ritornare alla Costituzione e cercare di comprendere, una volta per tutte, il senso del principio costituzionale ex art. 109.

148

Innanzitutto, non può tacersi che i Padri Costituenti, e con loro il Legislatore del 2001, hanno costruito un processo penale libero da ogni influenza esterna. Il Governo, infatti, non può “agire” in alcun modo né sul dibattimento, né sulla decisione del giudice, né sulle indagini preliminari. Queste ultime, condotte dalla p.g. sotto la direzione e il controllo del p.m., sono effettuate col precipuo scopo di assicurare alla giustizia i responsabili di un reato e, quindi, non possono subire alcun tipo di intromissione. Il p.m., in particolare, esercita l’azione penale grazie anche e soprattutto all’art. 109. Dal momento in cui ha notizia di un reato, la p.g. “passa” infatti sotto il suo controllo, divenendo, appunto, “giudiziaria”. In questo modo, la Costituzione garantisce l’esercizio dell’azione penale fornendo al p.m. gli strumenti, ovvero la p.g., per sostenere l’accusa. La polizia, tuttavia, posta sotto il controllo dell’Esecutivo per l’attività di prevenzione, deve esservi invece sottratta quando svolge attività di repressione, perché altrimenti vi sarebbe il rischio di “contaminare” il processo penale. E’ il p.m., e non l’Esecutivo, che deve garantire la completezza delle indagini. Per questi motivi, egli deve poter disporre direttamente della p.g., ovvero al riparo da ogni influenza governativa.

D’altra parte, la possibilità della polizia di condurre indagini parallele a quelle del p.m dovrebbe avere l’effetto di controbilanciare l’attività investigativa svolta sotto la direzione del p.m. evitando che questi, abusando della propria posizione, “danneggi” a sua volta l’attività investigativa e la completezza del quadro probatorio. Come si è detto, dovrebbe tuttavia essere garantito un maggior coordinamento investigativo tra p.m. e p.g. in modo tale da limitare al minimo le ipotesi in cui la polizia svolge indagini parallele. E questo soprattutto perché la fiducia reciproca dovrebbe essere alla base del rapporto fra i due organi della repressione.

In sostanza, senza l’art. 109 il p.m. potrebbe esercitare l’azione penale solo in casi limitati o “selezionati” dalla p.g. La prima ipotesi si verificherebbe quando non è necessaria alcuna attività investigativa277, mentre la seconda aprirebbe le porte al filtro governativo dei procedimenti e, di conseguenza, potrebbe determinare una lesione al principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla

277 Si pensi ai casi di confessione, e ai (limitati) casi nei quali il p.m. riesce, da solo, a svolgere le