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DIBATTITO STORIOGRAFICO SULLA CRONOLOGIA DELLA FABBRICA MEDIEVALE

L’immaginario settecentesco, sulla scorta di un’encomiastica e poco veritiera postilla di Giambattista Biancolini1, considera la chiesa di San Lorenzo una delle

più antiche costruzioni dell’era cristiana a Verona2, benché all’epoca la veste

degli interni fosse assai diversa da quella odierna, come ricorda Scipione Maffei3.

Questa visione perdura nell’erudizione locale fino alla fine dell’Ottocento, quando Giovanni Battista Da Persico ribadisce la remota origine costantiniana del tempio4 alla stregua di Giuseppe Venturi5, Diego Zannandreis6 e finanche

Heinrich Hübsch7, che manifesta l’ampio interesse storiografico di cui godette la

compagine anche fuori dai confini peninsulari, particolarmente in ambito teutonico e oltralpino.

Giuseppe Benassutti8, Giuseppe Maria Rossi9 e Luigi Giro10 posticipano

l’erezione dell’impianto ecclesiale nel IX secolo ad opera dell’arcidiacono Pacifico, scorgendovi tuttavia caratteristiche architettoniche peculiari dell’epoca paleocristiana, mentre per Albert Lenoir le torri cilindriche di facciata sarebbero le prime erette in Italia nel corso del Medioevo11.

Sin dalla metà dell’Ottocento la chiesa s’impose all’attenzione della critica interazionale, soprattutto teutonica, per la sua singolare conformazione strutturale.

Wilhelm Lübke è il primo ad esaminare criticamente la struttura, che valuta organicamente innalzata nel secolo XI, ad eccezione della volta a botte che allora

1 BIANCOLINI 1749a, p. 378. 2 ZANETTI 1781. 3 MAFFEI 1732, p. 129. 4 DA PERSICO 1820, pp. 73-76; DA PERSICO 1838, pp. 40-42. 5 VENTURI 1825, p. 105. 6 ZANNANDREIS 1891,p. 7. 7 HÜBSCH 1862, col. 91. 8 BENNASSUTI 1825,pp.31-32;BENNASSUTI 1842pp. 28-29. 9 ROSSI 1854, pp. 47-48. 10 GIRO 1869, p. 68. 11 LENOIR 1857, pp. 162-163.

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copriva la navata centrale; riconosce l’antichità delle gallerie (seppure fossero ancora occluse), delle semicolonne superstiti con imposte trapezoidali e dei capitelli corinzi di stampo bizantineggiante, che reputa modellati con una certa rigidità. Lo storico tedesco, per primo, rileva l’affinità planimetrica con la cripta di San Fermo e nota altresì le consonanze fra le orditure murarie dei due complessi12.

Oscar Mothes, dopo aver rimarcato l’origine altomedievale e apprezzato le imposte di svariate fatture, ricerca confronti extra-cittadini per la particolare conformazione spaziale di San Lorenzo nella basilica di San Vitale a Ravenna, nel Duomo Vecchio di Brescia, nel battistero di Santa Maria del Tiglio a Gravedona e persino nella cappella palatina di Aquisgrana13.

Nel 1886 don Antonio Pighi, cooperatore in San Lorenzo del rettore Pietro Scapini, che proprio in quegli anni si stava accingendo ad intraprendere la poderosa campagna di restauro del fabbricato per riportarlo al suo supposto stato originario, diede alle stampe un denso opuscolo in cui raccolse un articolo redatto nel 1867 dal parroco di Cerea, don Luigi Bennassuti, già edito due anni prima nell’«Archivio Storico Veronese»14. L’autore s’attarda nelle memorie

settecentesche sulla remota origine della chiesa, che sarebbe stata fondata fra il 325 e il 337 a opera di una maestranza greca e sarebbe stata priva del transetto, con una sola abside e un unico portale sormontato da un oculo circolare; la facciata, sin dal principio, sarebbe stata provvista delle torri e preceduta da un atrio. Le tre navate, con paramenti a vista e sormontate dalle tribune, sarebbero state chiuse da cancelli per separare la zona plebana dal presbiterio. Nei primi anni del IX secolo l’arcidiacono Pacifico avrebbe aggiunto la crociera, aperto le monofore nelle fiancate e due finestre tonde nelle absidiole del coro e, ancora, soprelevato le torri. Per ultimo, Bennassuti si sofferma brevemente sul basamento del campanile in grandi blocchi lapidei, che pensa anteriore al Mille15.

12 LÜBKE 1860, p. 135;LÜBKE 1865, p. 417. 13 MOTHES 1884,pp. 325-326.

14 BENNASSUTI 1884, pp. 161-183, 193-254. 15 BENNASSUTI 1886.

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Georg Dehio e Gustav Bezold notano l’eccentricità delle gallerie che si sviluppano anche nelle ali del transetto e credono che la primitiva copertura fosse a cavalletti lignei con archi trasversi come a Sant’Ambrogio e a San Celso a Milano, nella cattedrale di Novara e nel duomo di Modena; le torri scalari, poi, rievocherebbero edifici sassoni di epoca ottoniana, mentre i capitelli trapezoidali risalirebbero all’incirca al 100016.

Bertold Riehl colloca il cantiere laurenziano alla fine del secolo XI assieme a un gruppo di edifici veronesi, a parer suo, di qualche decennio precedenti: Santa Maria Antica, San Giovanni in Fonte, San Giovanni in Valle e Santo Stefano. Identifica nella basilica veneziana di San Marco il prototipo da cui avrebbero attinto i costruttori di San Lorenzo per erigere le logge, ma costata anche influssi lombardi (San Michele a Pavia, Sant’Ambrogio a Milano, le cattedrali di Modena, Parma, Piacenza e Cremona) che percepisce pure nel duomo di Basilea e in quello di Zurigo, in San Nicola a Reichenhall e nel priorato di Klosterneuburg17.

Carlo Cipolla dedica alla chiesa un numero considerevole di interventi nel periodo in cui fervevano i lavori di ripristino di don Scapini, ma non indica mai una datazione per le fasi medievali: riconosce tuttavia come la primigenia redazione fosse stata profondamente alterata nel XV secolo e crede originari la base del campanile e l’abside meridionale del presbiterio, mentre la crociera sarebbe stata provvista di un tamburo18.

Nel 1894 avvenne la fortunata scoperta, nell’altare dello pseudo-transetto meridionale, dell’urna con la lamina che attestava la deposizione delle reliquie di sant’Ippolito da parte del vescovo Zufeto: quest’evento, fondamentale per dirimere l’annosa questione cronologica della fabbrica romanica, fu messo in opportuno risalto da Pietro Sgulmero19 e, in poco tempo, venne recepito dalla

storiografia tedesca, come dimostra l’articolo di Johann Graus, che ascrive la struttura allo scorcio del secolo XI ovvero all’inizio del XII20, istituendo un

parallelismo con Sant’Ambrogio a Milano e San Michele a Pavia per la presenza

16 DEHIO,BEZOLD 1892,pp. 229, 240, 596, 686. 17 RIEHL 1893,pp. 71-72.

18 CIPOLLA 1894a, pp. 3-4;CIPOLLA 1894b, p. 889. 19 SGULMERO 1894.

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delle gallerie. Nonostante ciò, Charles Rohault de Fleury21, Ulisse Papa22 e Luigi

Sormani Moretti23 danno puntuale riscontro alla tenacia delle tradizioni locali

individuando ancora elementi di età giustinianea ravvisabili in Sant’Agnese a Roma, San Vitale a Ravenna, San Lorenzo a Milano e Santa Sofia a Costantinopoli, che farebbero risalire il costruito a un dipresso alla metà del VI secolo.

Giovanni Belviglieri riserva un ampio spazio a San Lorenzo nella sua Guida alle

chiese di Verona, reiterando le posizioni di Luigi Bennassuti: secondo l’autore,

infatti, il tempio costantiniano sarebbe stato accomodato dall’arcidiacono Pacifico, con l’aggiunta del transetto, delle monofore e dei capitelli ad aquile nella crociera, e non avrebbe più subito variazioni fino al XV secolo24.

Jacob Burckhardt data il complesso in un’epoca generica seguente al 1000 e considera alquanto interessante la presenza delle gallerie e delle torri circolari, ritenendo originale la volta a botte25.

Più approfondita l’indagine di Otto Stiehl che nel volume monografico sulle chiese romaniche del nord-Italia e della Germania settentrionale riserva un’intera sezione a San Lorenzo. Per prima cosa, lo studioso magdeburghese sgombera il campo dalle suggestioni di una fondazione paleocristiana, offrendo nondimeno una data piuttosto avanzata per la fabbrica romanica, che colloca fra il 1139 e il 1194 dando valore ad avvenimenti estranei alla costruzione, come il Breve di Lucio III del 1184 e gli incendi scoppiati nelle vicinanze della compagine nel 1161 e nel 1172. Accusa poi influenze lombarde per l’adozione del cotto nelle cortine murarie, mentre il transetto bipartito ricorderebbe precedenti alsaziani (cattedrale di Strasburgo) e normanni (Saint-Étienne e Saint-Nicolas a Caen). Le torri, infine, non apparterrebbero alla primitiva redazione, ma sarebbero posteriori26.

Luigi Simeoni impernia la sua proposta cronologica sul rinvenimento dell’iscrizione di Zufeto, il cui presulato si colloca fra il 1107 e il 1111: di

21 ROHAULT DE FLEURY 1896, pp. 115-117. 22 PAPA 1898a, p. 128;PAPA 1898b. 23 SORMANI MORETTI 1904,pp. 218-219. 24 BELVIGLIERI 1898, pp. 239-262. 25 BURCKHARDT 1898,p. 242. 26 STIEHL 1898pp. 30-31.

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conseguenza, lo storico propone la data convenzionale del 1110 per la conclusione del settore orientale dell’edificio, almeno fino alla crociera, nonostante le tribune facessero pensare alle prime basiliche cristiane27. In un

successivo contributo, Simeoni identifica due fasi edili, suggerite dalla differenziazione degli apparecchi nelle fiancate: i lavori, pertanto, avrebbero subito un arresto temporaneo dopo che i muri d’ambito erano giunti pressappoco a metà altezza, e alla riapertura del cantiere si sarebbero erette le torri e le gallerie28.

Robert De Lasteyrie, all’opposto, valuta che gli annessi di facciata siano anteriori alla basilica, valutandoli nientemeno che i più arcaici fra quelli conservati in tutto l’Occidente, alla pari del campanile di Sant’Apollinare in Classe29; Arthur Kingsley

Porter, invece, ammette senza riserve l’anno 1110 come termine per l’edificazione dell’impianto romanico30.

Giovanni Battista Pighi nei suoi Cenni storici sulla chiesa veronese, apparsi per la prima volta a cadenza mensile fra il 1914 e il 1926 nel «Bollettino ecclesiastico veronese» e in seguito ristampati nella collana «Studi e documenti di storia e liturgia» nel 1980 e nel 198831, ipotizza che la prima redazione, risalente

all’epoca paleocristiana o altomedievale e provvista della cuba, del tramezzo e del nartece occidentale, sia stata gravemente danneggiata dal terremoto del 1117 e successivamente ripristinata dal vescovo Bernardo32. Il presule avrebbe

quindi aggiunto i pilastri cruciformi, le torri e le logge sopra le navatelle laterali33.

Paul Ortwin Rave ripropone una cronologia nella seconda metà del XII secolo34,

mentre Alessandro Da Lisca scorge tracce di una costruzione riferibile allo scorcio del secolo XI ovvero ai primi anni del successivo, che sarebbe stata lesionata dal sisma del 1117 nei perimetrali: la ricostruzione avrebbe ricalcato l’icnografia precedente, ma l’intero organismo sarebbe stato soprelevato con

27 SIMEONI 1905-1906,pp. 123,131-133. 28 SIMEONI 1909,pp. 141-147. 29 DE LASTEYRIE 1912, pp. 383, 386. 30 PORTER 1917,pp. 500-501. 31 PASSUELLO 2015b, p. 385. 32 PIGHI 1980, pp. 117-118. 33 PIGHI 1988, p. 51. 34 RAVE 1924, p. 87.

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l’addizione di un tiburio nel quadrato d’incrocio fra il transetto e la navata centrale e, inoltre, sarebbero stati approntati un atrio, le tribune e le torri. Da Lisca, poi, riconosce tre differenti fasi nelle absidi maggiore e meridionale: la parte inferiore, da terra fino alla prima cornice coronata da semplici archetti, sarebbe assegnabile all’inizio del secolo VIII; quella mediana, lavorata a corsi di ciottoli con qualche intromissione di laterizi e conci calcarei, risalirebbe all’epoca di Pacifico; la specchiatura superiore, a filari di pietra e mattoni, apparterrebbe alla prima metà del XII secolo35.

Wart Arslan, già titolare della cattedra di Storia dell’arte Medievale e Moderna presso le Università di Cagliari e di Pavia36, fu indubbiamente il più grande

conoscitore del Medioevo artistico veronese37; ancora oggi è basilare il volume

L’architettura romanica veronese del 1939, che ha come assunto fondamentale

la dipendenza di Verona dai modelli lombardi, ingentiliti e corretti dall’influenza bizantina mediata tramite l’apporto lagunare. Nell’ottica arslaniana non farebbe eccezione San Lorenzo, che sarebbe permeata da uno «spirito veneziano» negli archi rialzati fra le navate, accogliendo pure spunti emiliani nelle semicolonne che portano gli archi trasversi. Lo studioso, nel prosieguo della sua approfondita disamina, individua due grandi momenti costruttivi. Il primo (1110 circa) sarebbe relativo all’erezione del monumento da parte della manodopera già attiva a San Fermo Maggiore, che avrebbe ripetuto il medesimo modello icnografico di matrice oltralpina: la quota di tale allestimento iniziale sarebbe segnalata, nella parte inferiore delle absidi centrale e meridionale, dalla cornice ad archetti in segmenti lapidei intervallati da lesene lisce, mentre nelle fiancate sarebbe demarcata dal paramento a doppi, tripli o quadrupli filari di ciottoli a spinapesce, avvicendati a corsi multipli di pietra o mattoni38.La seconda fase, conseguente al

terremoto del 1117 e collocabile, perciò, attorno alla metà del XII secolo, avrebbe visto la creazione delle gallerie e delle torri di facciata, con il conseguente innalzamento dell’intero corpo chiesastico; Arslan percepisce delle somiglianze

35 DA LISCA 1935, pp. 13-14.

36 BOSSAGLIA 1969, pp. 111-113; ALPAGO NOVELLO 1985, pp. 7-8. Più recentemente GALLO 2007, pp. 404-405.

37 BRUGNOLI 1968-1969, pp. 419-421.

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fra le archeggiature in cotto nel sottogronda di San Lorenzo e quelli di Santa Maria di Gazzo (Vr), suggerendo una contiguità temporale fra le due costruzioni. Tipico di questo periodo sarebbe l’ordinato paramento a liste di mattoni singoli e pietra, che fu adoperato pure nella parte superiore dell’emiciclo maggiore, spartita regolarmente da lesene in netta dissonanza con i risalti verticali della porzione inferiore. In questo settore della cappella, poi, sarebbero state aperte le due monofore tamponate con l’arco formato da un solo concio lapideo, affini a quelle di Sant’Elena a Verona, mentre la calotta si sarebbe risolta in una teoria di archetti; il coronamento in cotto dell’abside, come quello della navata centrale, risalirebbe al rifacimento delle coperture promosso dal vescovo Matteo nel XV secolo. Arslan, ancora, afferma come gli interni siano frutto di un progetto unitario, che si sarebbe concretizzato in due campagne ravvicinate nel tempo:

«[San Lorenzo] trae buona parte del suo misterioso fascino dallo sviluppo in alzato di una singolarissima icnografia; dalla compenetrazione di disparati elementi figurativi attuata in una sintesi doviziosa di contrasti; dalla trasformazione della chiesa originaria in seguito all’aggiunta dei matronei e alla creazione di un nuovo complesso sistema murario che lega quelli alle navatelle. Non può esservi dubbio, infatti, come si disse, che il complesso dei sostegni delle navatelle e dei matronei siano scaturiti da una sola mente; che in essi si puntualizzi un preciso momento stilistico»39.

In conclusione, lo studioso distingue limpidi richiami all’architettura lombarda (Milano, Pavia, Zurigo e Basilea), da cui nondimeno San Lorenzo si discosterebbe per il ritmo delle tribune, molto più ariose e slanciate, che tradirebbero un’origine veneziana. Le proporzioni fra le logge e le navate avvicinerebbero la chiesa veronese ai modelli continentali di Cerisy-La-Fôret, Jumièges, Tournay, Peterborough e Clermont, inserendola di fatto nella cultura architettonica anglo-normanna nella quale Arslan, peraltro, rintraccia i più sicuri spunti per il chiarimento della peculiare icnografia di San Fermo e di San Lorenzo40.

39 Ivi, p. 176.

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Erwin Kluckhohn oppone alcune lucide osservazioni alle congetture di Arslan, sostenendo che la discrepanza nell’orditura muraria delle fiancate non debba essere interpretata come un mutamento di fase, bensì come una scelta di matrice precipuamente estetica delle maestranze veronesi. L’impianto, perciò, sarebbe stato creato nelle sue forme borgognone-cluniacensi in un unico momento, da collocarsi nel secondo decennio del XII secolo, e si configurerebbe come un illustre precedente per la basilica milanese di Sant’Ambrogio41.

Alla luce di ciò, Arslan fu costretto a ritornare sulle proprie posizioni iniziali, riconoscendo l’unitarietà stilistica del manufatto e limitando la distinzione negli apparecchi dei perimetrali a un espediente puramente tecnico. Il cantiere, di conseguenza, avrebbe avuto tempi di esecuzione molto allungati a partire dal secondo decennio del XII secolo, come proverebbero i manifesti segni d’interruzione muraria nell’abside maggiore e la disomogeneità fra le torri e la facciata42. Alfine, in una concisa incursione anche Arslan accettò la data del 1110

per la costruzione della chiesa43.

Dopo Arslan, la chiesa non godette più del respiro internazionale che l’aveva permeata fra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, ma fu oggetto di disamine prettamente locali che non portarono a risvolti determinanti sula cronologia della struttura.

Piero Gazzola, che curò l’imponente restauro post-bellico di San Lorenzo, la reputa ricostruita nel XII secolo sui resti di un antico edificio romano; in parte distrutta dal terremoto del 1117, la chiesa sarebbe stata riedificata dal vescovo Matteo Canato nel Quattrocento e sostanzialmente modificata in epoca barocca44.

Pia Balestrieri e Guglielmo Ederle tornano a sostenere che il tempio sia stato originato nel V secolo e successivamente rinnovato, fra i secoli VIII e IX, dall’arcidiacono Pacifico: di questa riedizione permarrebbero ancora la parte inferiore delle absidi e alcuni capitelli, oltre ai frammenti scultorei allora ricoverati

41 KLUCKHOHN 1940, pp. 112-114; KLUCKHOHN 1940-1941, p. 94. 42 ARSLAN 1943,pp. 189-190.

43 ARSLAN 1954, p. 494.