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Differenze tra le transizioni tedesche Sempre con riguardo all’impunità: Isensee e Polakiewicz.

Parte TERZA

1. Punibilità o Impunità? Analogie e differenze tra le esperienze tedesche.

1.3 Differenze tra le transizioni tedesche Sempre con riguardo all’impunità: Isensee e Polakiewicz.

Rispetto alle teorie “estreme” di Günther Jakobs, le proposte di “impunità” portate avanti da Josef Isensee e Jörg Polakiewicz mantennero un profilo più moderato e, forse, anche per questo si esposero ad un minor numero di critiche.

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Secondo la ricostruzione del pensiero dello Hirsch in G.VASSALLI, Formula di Radbruch e diritto penale, Giuffrè, Milano, 2001, p.155. Qui rinviamo anche per un approfondimento del pensiero dello Hirsch.

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Orbene, se Jakobs partiva dal riflettere sulle analogie intercorrenti tra le due esperienze tedesche, questi due autori partono dall’esatto opposto e cioè, dal fatto che vi sono delle

differenze essenziali.

A tal riguardo Isensee ne sottolinea molte, su tutte, quella secondo cui la prima esperienza riguardava tutto il popolo tedesco, mentre la seconda soltanto una parte (quella dell’Est) e inoltre, mentre la dominazione Nazista fu un fatto tedesco “autoctono”, quella della DDR nacque da una imposizione proveniente dall’”invasore sovietico”.

Oltre a queste – comunque essenziali – la fondamentale differenza stava nel fatto che, dopo il crollo del regime nazista “la Germania era priva di uno Stato e le potenze

vincitrici poterono dettare le loro leggi senza scrupoli da Stato di diritto”339; mentre

dopo il 1989 la situazione era integralmente nelle mani del popolo tedesco, che si apprestava a tornare unito e che poteva di nuovo contare effettivamente sullo Stato di diritto quale era la Germania prima della “scissione”. Il ritorno in auge di questo sistema non poteva che mettere in secondo piano il desiderio di vendetta delle vittime del regime DDR. La barriera che si “ergeva” ad impedire ciò, era appunto il rinnovato rispetto delle garanzie costituzionali tipiche dello Stato di diritto, su tutte, il principio di legalità e con esso quello di irretroattività penale che non conosceva alcuna deroga costituzionalmente riportata340. Dopo queste premesse, con specifico riguardo all’irretroattività penale, Isensee afferma: “questo principio non si colloca nella disputa tra pensiero

giuspositivistico e pensiero che si riporta al diritto naturale, perché è un principio di tutela della libertà individuale. Nell’ambito dello Stato tedesco unificato non è possibile trovare altra specie di giudizio.”

Su questa linea di pensiero si muove Polakiewicz che però approfondisce il lavoro dei suoi contemporanei attraverso una accurata “analisi esegetica e logica” dei temi del dibattito.341

Le prime “constatazioni” dell’autore sono relative al diritto vigente all’epoca in cui i fatti

vennero commessi. Nello specifico, il riferimento è al diritto DDR al quale - in ordine

all’Art.103/co.2 della Costituzione tedesca - non si può derogare in forza di una normativa successiva al fine di punire retroattivamente determinati fatti. In relazione a

339L’opera di riferimento è J.ISENSEE, Der Deutsche rechtstaat vor seinem unrechtstaatlichen Erbe in

Vergangenheitsbewaeltigung durch Recht, 1992, p.91 ss.

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Con ciò viene intesa implicitamente l’apertura, anche nel lavoro dello Isensee, alla possibilità, in accoglimento di una previsione costituzionale modellata sull’Art.7/co.2 CEDU, di inserire una deroga al principio di irretroattività che tragga legittimazione dal diritto internazionale.

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Lo scritto di riferimento è J.POLAKIEWICZ, Verfassungs-und voelkerrechtliche Aspekte der strafrechtlichen Ahndung des Schusswaffeneinsatzes an der innerdeutschen Grenze in Europaeische Grundrechte Zeitsschrift, 1992, p.177 ss.

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questo, osservando l’Accordo di unificazione del 1990, si potrebbe rimanere stupiti del fatto che non era stata inserita nessuna disposizione che ammettesse l’applicabilità dei principi di ordine pubblico della Repubblica federale in deroga al precedentemente vigente diritto della DDR. Polakiewicz richiama però l’attenzione ad una intercorsa modifica del codice penale della DDR, intervenuta post-unificazione proprio al fine di avvicinare tal diritto a quello della Repubblica federale e che portò a ritenere non necessaria l’introduzione nell’accordo di una espressa disposizione “estensiva” dei suddetti principi. L’idea centrale stante alla base dell’ Accordo di unificazione del 1990 è quella di una BRD legata in un rapporto di successione nella potestà punitiva della DDR ed era anche in questo senso che si innestava la modifica al §315/co.1 EStGB-BRD . Posto allora che non ci si può appoggiare ai principi di ordine pubblico della Repubblica federale, è possibile – si interroga l’autore – mettere nel nulla le scriminanti e le cause di non punibilità del diritto DDR al fine di adoperare una punizione retroattiva, facendo magari riferimento agli obblighi internazionali ai quali doveva sottostare la DDR? Da una analisi delle disposizioni più volte menzionate del StGB-DDR e della Costituzione DDR, Plokiewicz arriva ad una risposta negativa: dato che la Costituzione DDR non prevede alcuna disposizione di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, il § 95 StGB-DDR non può trovare applicazione e di conseguenza non possono essere escluse le cause di non punibilità. Tuttavia tale paragrafo rinvia anche agli obblighi internazionali che la DDR ha assunto in virtù della ratifica del Patto del 1966, ma il problema in tal senso è che tale Trattato – benché ratificato – non fu mai reso esecutivo nella Germania dell’Est. E’ inoltre da escludersi anche un possibile ricorso al diritto internazionale consuetudinario, poiché le uccisioni al confine intertedesco, per quanto disumane, non rientrano nella fattispecie di Crimini contro l’umanità e dunque non possono essere considerate tali. Con riferimento alla scriminante contenuta nella legge sul confine del 1982, nonostante una lunga dissertazione su ogni singola norma della stessa, le valutazioni si soffermano alla “liceità” dello ius scriptum ed infatti l’autore sostiene che: “se risultassero ordini di

annientamento, e cioè azioni dirette comunque all’uccisone del fuggiasco, questi urterebbero non solo il diritto della DDR, ma anche contro i principi di diritto internazionale e consuetudinario” ma “le norme della DDR non avrebbero mai dichiarato conforme al diritto l’impiego di armi da fuoco rivolto contro l’incolumità di persone che volevano esclusivamente superare il confine illegalmente”. Nell’affermare

ciò, Polakiewicz rifiuta la possibilità di punire i crimini commessi sotto il regime DDR facendo ricorso ad un diritto “sovrapositivo”, ma questo atteggiamento appare a tutti gli

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effetti “miope” in quanto si ferma a valutazioni che prescindono dal considerare l’effettiva esistenza di prassi di Stato e diritto vivente che avevano alterato la portata delle norme, di per sé valide e lecite.

Nonostante ciò, sulla base di queste premesse, l’autore si sofferma sul principio di irretroattività penale, non soltanto rappresentante uno dei “perni” fondamentali su cui si regge lo Stato di diritto, ma che si trova anche disciplinato ai sensi dell’Art.7 CEDU. Orbene, non bastasse questa puntualizzazione, va esclusa l’idea che il divieto di retroattività della legge penale si rivolge al “solo” legislatore, in quanto tale principio ha una portata assoluta e - aggiunge Polakiewicz – “una estensione della punibilità ad

opera dei tribunali è altrettanto grave quanto la violazione del divieto di analogia e colpisce mortalmente il principio”. Tale divieto non può essere violato neanche

attraverso il richiamo a principi del diritto di natura o sovra positivo. Probabilmente ad uso di provocazione, l’autore afferma che sulla scorta di queste puntualizzazioni, la formula di Radbruch dovrebbe portare comunque alla soluzione dell’impunità per il caso di specie: se seguiamo la linea secondo cui la Grenzgesetz der DDR – va ricordato che l’autore si riferisce “meramente” allo ius scriptum – non contrasta coi diritti fondamentali dell’uomo in quanto non viene espressamente violato il diritto alla vita, allora, seppur c’è un’ingiustizia di fondo nella normativa del regime, questa non è tale da permettere una propensione a favore della Giustizia nel suo conflitto con la Certezza del diritto342. Invero, è lo stesso Radbruch che afferma che nel conflitto tra Certezza del diritto e Giustizia si deve propendere a favore della prima, salvo che il contenuto della legge non sia “intollerabilmente ingiusto” e, in base anche ai parametri utilizzati dai tribunali (violazione dei diritti inviolabili dell’uomo e degli obblighi di diritto internazionale) il diritto della DDR non può riconoscersi tale e di conseguenza non può essere disapplicato. Tutto ciò - conclude Polakiewicz – per ragioni di Certezza del diritto che si colgono nell’intangibilità del principio di irretroattività penale.

Gli autori che si sono espressi in favore dell’impunità per i crimini commessi sotto il regime DDR sono stati molteplici ed ognuno di loro si è fatto avanti con tesi che, per quanto potessero apparire fondate, muovevano quasi tutte dal medesimo errore di fondo commesso da Polakiewicz di “trascurare” la valenza del diritto non scritto sotto il regime

342 In tal senso viene riproposto l’atteggiamento della Jugendkammer del Landgericht Berlin nella sentenza

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DDR.343 Tali teorie, nel propendere verso l’impunità, “ostentano” il loro atteggiamento sfavorevole nei confronti della formula di Radbruch, seppur, non in tutti i casi viene considerata radicalmente improponibile – basti vedere la proposta di Polakiewicz a riguardo. Le pronunce giudiziarie, dal canto loro, non si sono fermate a ricorrere alla formula nel tentativo di legittimare la punibilità dei crimini in questione, ma si sono interrogate sulla effettiva validità del diritto DDR, alla luce del contesto all’interno del quale questo era andato formandosi. I sostenitori dell’applicazione della formula, dal canto loro, non hanno mancato di “supportarla” attraverso argomentazioni di diritto positivo, come ad esempio il ricorso agli obblighi promananti dalla ratifica, da parte della DDR, del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966. Nell’esame di tali argomentazioni è dato assistere al congiunto operare di suggestioni di natura giusnaturalstica (in conformità alle stesse posizioni espresse dal Radbruch, ben più complesse ed articolate rispetto alla pretesa fondativa di un diritto naturale immune dalla dimensione storica e socio-culturale sottesa agli ordinamenti positivi), di “mediazioni” e correttivi sul piano ermeneutico ispirati all’esigenza di rendere “conforme allo scopo” l’interpretazione delle norme giuridiche, di influenze e richiami alla tutela fondamentale dei diritti dell’uomo, quale andrà affermandosi in Dichiarazioni e Convenzioni internazionali volte a dare veste “giuridica” ad istanze etiche e a sistemi di valore ormai emancipati dal limbo di una “coscienza sociale internazionale” priva di riscontro in testi normativi dotati di un potenziale assiologicamente “eccedente” e superiore rispetto alle determinazioni del legislatore statale.344

Sulle scelte degli organi giudiziari nazionali si “irradia” sempre di più la produzione normativa e giurisprudenziale degli organi dell’Unione Europea e più in generale, del diritto Internazionale. Bisogna tenere ben presente questo punto nell’osservare le ulteriori teorie che propendono per la punibilità e che “strizzano l’occhio” alla formula di Radbruch. Nell’affrontare questo percorso, bisognerà mettere a fuoco due fondamentali argomenti relativamente ai quali la punizione dei crimini del regime può essere legittimata: la punizione dei crimini di Stato e il “ricorso” al diritto naturale.

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Si ricordano tra i vari: AMELUNG, Strafbarkeit von “Mauershutzen”- BGH NJW 1993 in Juristische Schulung, 1993, p.637 ss. dove vengono ciritcate apertamente le pronunce dei primi anni; R.DREIER, Gesetliches Unrecht im SED.Staat? Am beisel des DDR-Grenzgesetz in Strafgerechtigkeit Festsscrhift fuer Arthur Kaufmann, Hedelberg, 1993, p.57 ss. Dove l’autore afferma che, non esistendo alcuna disposizione scritta che obblighi all’uccisone dei fuggitivi, il diritto della DDR non poteva essere considerato extereme staatliches Unrecht; W.GROPP, Naturrecht oder Rueckwirkungsverbot? –Zur Strafbarkeit der Berliner- Mauersuetzen in Neue Justiz, 1996, p.393 ss. dove viene evidenziato il contrasto tra ricorso al diritto naturale e violazione del principio di irretroattività penale.

344 Così testuale in G.DE FRANCESCO, Crimini di Stato, filosofia politica, diritto penale in Quaderni

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Seguire l’una o l’altra via, è scelta influenzata dalla volontà degli interpreti di applicare o meno la “formula”.

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