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Positivismo giuridico e giusnaturalismo La pretesa “conversione” del pensiero di Radbruch.

Parte TERZA

3. L’“eterno ritorno del diritto naturale” 356

3.1 Positivismo giuridico e giusnaturalismo La pretesa “conversione” del pensiero di Radbruch.

“Dopo Auschwitz è rinato il giusnaturalismo” 361

: nonostante l’epoca delle codificazioni

abbia prodotto una sensibile inversione di tendenza, dopo la seconda guerra mondiale si è avuta una delle principali “resurrezioni” di questa dottrina in forma di

“neogiusnaturalismo postbellico”. Perché “neogiusnaturalismo”? In questo frangente, i

giuristi che si interessano del tema non parlano più espressamente di “diritto naturale”, ma sempre solo di giustizia o morale e ciò distingue questa versione del giusnaturalismo rispetto a quello “antico”. Dal canto suo, la Costituzione tedesca del 1949 – e di conseguenza gran parte della giurisprudenza del BVerfG da questa istituito – subisce l’influenza di tale innovativa dottrina e per giustificare ciò si riprende l’espressione utilizzata da Kaufmann secondo cui “lo Stato è padrone della legge, ma non del diritto”. Il “diritto” in questione viene definito come “sovra-positivo” o addirittura “sovra- costituzionale” che nessuna legislazione potrebbe violare senza cessare di essere diritto. Orbene, il dibattito dottrinale che ruota intorno alla punibilità dei crimini dell’epoca nazista e di quelli della Germania comunista, ha come base le diverse qualificazioni del

“concetto di diritto” che viene inquadrato in un senso piuttosto che in un altro a seconda

anche del livello di interazione tra il diritto (inteso come legge) e la morale. Il problema dei rapporti tra questi due valori, costituisce oggetto specifico della “filosofia della

giustizia” che non si concentra sulle loro relazioni fattuali, ma sui tipi di ragionamento

adatti a sostenere i valori etici con cui il diritto deve essere confrontato. Questa impostazione ci riporta all’epocale dibattito tra due fondamentali posizioni giusfilosfiche: “giuspositivismo” e “giusnaturalismo” e ciò perché, il tema fondamentale di dissenso tra queste due “correnti” è di carattere metodologico e riguarda la descrivibilità del diritto: indipendentemente dalla sua giustizia (per i giuspostivisti) o condizionatamente ad essa (per i giusnaturalisti).362

Gli autori del positivismo giuridico propagandano la così detta “teoria della

separazione” secondo cui il diritto deve essere indipendente dalla sua giustizia, ossia

dalla sua conformità ad un ordine morale oggettivo. Viceversa, il giusnaturalista sostiene la “teoria della connessione” cioè, della connessione necessaria tra il diritto e la giustizia e di conseguenza, un sistema normativo non può essere considerato come giuridico se non rispecchia e salvaguarda certi valori morali. Queste diverse concezioni, comportano

361 Cit. M.G.BARBERIS, Introduzione allo studio del diritto, Giappichelli, Torino, 2014.

195

un approccio sensibilmente opposto al tema della punibilità dei crimini Nazisti e della Germania dell’Est e rispondono diversamente ad una eventuale applicazione della formula di Radbruch.

I diversi autori che si sono approcciati al problema, non si sono soffermati soltanto a indagare il contenuto della “formula” e il concetto di diritto ad essa “adiacente”, ma hanno cercato di inquadrare l’effettivo pensiero giusfilosofico dello stesso autore arrivando (alcuni) ad accusarlo di una “conversione verso il diritto naturale”. Tra questi si ricorda Mario A. Cattaneo363 che a sua volta fa riferimento a Fritz von Hippel364 il quale parlò di un “salto incolmabile” tra le due fasi del pensiero di Radbruch.

Nello specifico, si considerava la prima fase come caratterizzata da un relativismo agnostico rispetto al riconoscimento della supremazia di alcuni valori su altri; di converso nella seconda veniva assunta una posizione sostanzialmente giusnaturalistica.

La tesi della “conversione” viene abbracciata dai maggiori esponenti del positivismo giuridico e non per niente venne assunta in maniera forte da Herbert Hart il quale parlò di

“sorprendente ritrattazione”365. Sull’altro versante, ci fu chi, come Francesco

D’Agostino, interpretò questa “inversione di rotta” come una vittoria del giusnaturalismo sul giuspositivismo riconoscendo per tale allo stesso Radbruch “il merito di essersi

onestamente ricreduto al riguardo”366

. Nell’uno o nell’altro verso, parole come “ritrattazione” o “conversione” a molti – tra cui anche Giuliano Vassalli – sono sembrate (al fine di descrivere l’evoluzione del pensiero di Radbruch) “troppo forti e caratterizzate

da un’enfasi eccessiva”. Tuttavia, c’è chi, come Bernd Schünemann, cerca di dare una

spiegazione al perché Radbruch abbia risposto in maniera differente al problema del rapporto tra validità giuridica e giustizia. Secondo Schünemann, bisogna considerare a riguardo diversi fattori, tra cui “il momento storico” in cui sono intercorse le due diverse teorie. Da tale prospettiva si osserva che la prima “risposta” dello stesso Radbruch viene fatta risalire al 1932367, immediatamente prima della presa di potere da parte del nazionalsocialismo; la seconda (e con ciò si fa riferimento alla “formula” contenuta nel celebre articolo “Gesetzliches Unrecht und übergesetzluiches Recht” ) risale a circa quattordici anni dopo e quindi, alla fine della dittatura. Il problema di fondo – sempre

363 M.A.CATTANEO, L’ultima fase del pensiero di Gustav Radbruch dal relativismo al giusnaturalismo in

Rivista di filosofia, 1959, p.61 ss.

364

F. VON HIPPEL, Gustav Radbruch als rechtfilosophiscer Denker, Verlag Lambert Schenider, Hidelberg, 1951.

365 H.HART, Positivism and the separation of law and morals in Harvard law rewiew, vol.51, p.593 ss. 366

F.D’AGOSTINO, Filosofia del diritto ed.II, Giappichelli, Torino, 1996.

367 Indicando tale data si fa riferimento all’anno di pubblicazione di G.RADBRUCH, Rechtphilosophie III

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secondo Schünemann – è che “la veridicità di asserzioni filosofiche sul diritto, a

differenza di quelle sociologico-giuridiche, non dipende da una verifica empirica e, pertanto, nemmeno può essere falsificata da eventi storici, come il dominio del nazionalsocialismo” inoltre “il cambiamento della teoria della validità giuridica compiuto dallo stesso Radbruch, al fine di rendere possibile la punizione degli atti di violenza del nazionalsocialismo, non può essere, neanche per questo, giustificato in quanto rappresenterebbe una fallacia naturalistica”.368

Tale critica va osservata nello specifico. Nella prima “versione” (1932) del suo pensiero, Radbruch riconosce alla coscienza del singolo il diritto di rifiutare obbedienza alle

“Schendgesetzen” (trad. “leggi vergognose”), mentre il giudice, in quanto sottoposto

all’ordinamento giuridico positivo, non deve conoscere altro che la teoria giuridica della validità considerando – quasi meccanicamente – vigente tutto il diritto legale.

Nell’articolo del 1946, l’autore fornisce invece una seconda “versione” proponendo la sua formula. Secondo Schünemann, le osservazioni di Radbruch, in questo senso, possono essere presentate come una “teoria a tre livelli”: il primo comprende le leggi “semplicemente ingiuste” che sono da considerarsi “comunque valide”; nel secondo livello vi è invece la perdita della validità giuridica a causa di una “intollerabile ingiustizia”; infine, al terzo, le leggi non rientrerebbero più nel concetto stesso di diritto a causa di una “mancata aspirazione alla giustizia” che si realizza quando il legislatore non persegue la giustizia ed il suo imprescindibile presupposto dell’uguaglianza.

Lasciando da parte i dubbi che potrebbero esservi in relazione ad una eventuale scissione degli ultimi due livelli (con riferimento al dibattito sull’esistenza non di una , bensì di due distinte formule) bisogna assumere come “limite alla validità del diritto positivo” il piano dell’ “intollerabilità dell’ingiustizia”. Proprio in questo passaggio si coglie la “conversione” del pensiero di Radbruch che dal propagandare una necessaria acquiescenza al diritto positivo, passa a concepirne – in determinate circostanze – la derogabilità. Ma è corretto parlare di “conversione” e soprattutto, lo si può fare in termini di “giusnaturalsmo”?

Una risposta a tale interrogativo si potrebbe “estrarre” da una analisi – anche in chiave critica – del “concetto di diritto” utilizzato da Radbruch.

368

B. SCHUENEMANN, Per una critica alla cosiddetta Formula di Radbruch. Note su un concetto di diritto culturalmente e comunicativamente orientato in i-lex Riv. di Scienze giuridiche, cognitive e intelligenza artificiale, n.13-14, 2011. Disponibile anche on line: www.i-lex.it.

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