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Segue Il concetto di diritto in Radbruch.

Parte TERZA

3. L’“eterno ritorno del diritto naturale” 356

3.2 Segue Il concetto di diritto in Radbruch.

A prescindere da questi “inquadramenti”, sempre discutibili di fronte alle varianti del pensiero scientifico, si deve osservare che in tutta la Rachtphilosophie di Radbruch “è

dominante l’idea del valore, che precede l’idea del diritto e sembra destinato a dominarla”369

. La scienza del diritto, viene inquadrata fin dal primo approccio, come “scienza culturale complessiva” e da ciò proviene che il diritto stesso è da intendersi “solo nella cornice dei comportamenti riferiti ai valori ed è una manifestazione della cultura”.

Il concetto di diritto non può essere desunto se non dall’idea del diritto che esso è chiamato a realizzare. Di riflesso “anche quando non realizza questa idea perché è

diritto ingiusto, è tuttavia diritto solo perché ha il sentimento di essere giusto, di servire il valore, quindi l’idea del diritto”370

. Per chiudere il cerchio, Radbruch richiama un

celebre passo del giurista Paolo: “est autem ius iustitia a matre sua, ergo prius fuit

iustitia quam ius”. Attraverso ciò vuole intendersi che “il diritto null’altro può essere che la giustizia sulla quale il concetto di diritto deve allinearsi” e il richiamo è alla “Gerechtigkeit” o “giustizia in senso sostanziale” e quindi, non la giustizia del giudice

fedele alla legge (tipica del diritto positivo), bensì quella giustizia sulla quale si misura il diritto positivo.

Orbene, coloro i quali accusano Radbruch di una “conversione” dal giuspositivismo al giusnaturalismo, dovrebbero altresì ammettere che nella prima “versione” del pensiero del filosofo, vi sia – in quanto facente capo al positivismo giuridico – una adesione alla

“teoria della separazione”. Tuttavia, il concetto di diritto affermato nel “primo”

Radbruch, come notato, sembra altresì tendente ad una “commistione” tra il diritto stesso e la giustizia (intesa come morale) alla quale si fa, già nella Rechtphilosophie, un richiamo permanente. Sarà solo successivamente che l’autore inserirà al fianco di tale valore anche gli altri due: la Certezza e la Funzionalità (allo scopo). Con l’avvento della “formula” non si compie dunque alcuna “conversione”, bensì viene “aggiunta” la

369 Cit. G.VASSALLI, op.cit., 2001, p.30. 370

Nel 1956 Rdabruch definisce il diritto come “realtà che ha il significato di servire alla giustizia” e paragona per tale il rapporto che intercorre tra scienza e verità a quello intercorrente tra diritto e giustizia: “così come la scienza può fallire nella ricerca della verità, così anche il diritto può fallire nella ricerca di giustizia. Ma per poter accertare una norma come norma di diritto, dobbiamo poterla vedere quale norma che mira alla giustizia, proprio così come consideriamo scientifica una attività soltanto se lo scopo sistematico di tale attività è un tentativo di trasmettere la verità”. Così in G.RADBRUCH, Rechtphilosophie ed.V, Erick Wolf (cur.), Koehler Verlag, 1956, p.95.

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possibilità, in determinate circostanze, che la legge positiva “ceda” al cospetto di un valore ad essa superiore.

Analizzando il tema da questo angolo visuale è inoltre difficile cogliere una “discontinuità” nel pensiero giusfilosofico di Radbruch ed è proprio Arthur Kaufmann a tal riguardo ad affermare che, seppur si possa riconoscere una significativa differenza circa i rapporti tra certezza del diritto e giustizia tra le opere precedenti e quelle successive al 1945, in nessuna epoca del suo pensiero Radbruch può essere iscritto tra i seguaci del positivismo giuridico piuttosto che tra quelli del giusnaturalismo in quanto tutta la sua tradizione filosofica si iscrive nel solco del “relativismo”, di cui anche la “formula” è tipica espressione.371

Inoltre va ricordato che per la maggior parte dei giuristi positivisti, la giustizia non può essere considerata carattere intrinseco del diritto e, in relazione a ciò, sembra abbastanza calzante la ricostruzione di Cattaneo che scinde il pensiero di Radbruch con riferimento al piano della concreta esperienza – assimilandolo al positivismo giuridico – e al piano teorico – più giusnaturalista.372 Le teorie del “creatore della formula” sono destinate comunque ad evolversi nel periodo successivo al 1945 ovviamente in funzione di quelli che furono i tragici avvenimenti del Nazismo. Nonostante la sua “indignazione” per il diritto figlio della logica del regime, Radbruch cercò fino all’ultimo di muoversi con cautela nel tentativo di preservare quanto più possibile il bene della Certezza del diritto. Nel 1945 ammise la necessità di “dover tornare dall’assenza di leggi e dall’arbitrio alla

signoria della legge, da uno Stato senza diritto allo Stato di diritto” e nell’affermare ciò

assunse il diritto penale come il settore “che fra tutti ha subito le maggiori

devastazioni(…) Dobbiamo ripristinare al posto dell’arbitrarietà la certezza del diritto, l’umanità al posto del sadismo, la correzione ed educazione al posto dell’intimidazione e della retribuzione – ma non al posto della disumanità la debolezza, perché proprio l’educatore deve avere in questo tempo un cuore misericordioso, ma anche una mano ferma”.373

Anche qui – come in tutto il pensiero del Radbruch – domina la Certezza del diritto, “che rimane sino alle soglie del possibile e del sopportabile, un bene a cui non è dato rinunciare”374. L’aspirazione di Radbruch, all’alba della caduta del regime hitleriano, è

371

A.KAUFMANN, Die Radbruchsche Formel vom gesetzlichen Unrecht und vom uebergesetzlichen Recht in der Diskussion um das im Namen der DDR begangene, Unrecht in NJW, 1995, p.82

372 Per approfondire M.A.CATTANEO, Positivismo giuridico in Novissimo Digesto It., vol.XIII, 1966,

p.315 ss.

373 G.RADBRUCH, Der Mensch im recht, Vandenhoeck e Ruprecht, Goettingen, 1957. 374 Cit. G.VASSALLI, op.cit., 2001, p.35.

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dunque quella di modificare il concetto positivista di diritto così da eliminare i più terribili e vergognosi fatti di un legislatore disumano. Tale pensiero, tra i vari, sarà sviluppato in maniera ampia da Robert Alexy che, quasi cinquant’anni più tardi, scagliandosi contro le censure dei giuspositivisti (soprattutto di Hoerster e Hart) continuerà tale opera di “ripensamento giuridico della dittatura” applicando le tesi in questione anche alla seconda dittatura tedesca.

3.3 Analisi della formula attraverso la teoria della “separazione” e la teoria della

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