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La “Staatsverstärkter Kriminalität” in Wolfgang Naucke.

Parte TERZA

2. La punibilità dei “delitti di Stato”.

2.2 La “Staatsverstärkter Kriminalität” in Wolfgang Naucke.

Sempre con riferimento alla materia dei crimini di Stato ed alle varie teorie sulla loro punibilità, per l’originalità del contributo, non si può prescindere dall’osservare l’opera di Wofgang Nauke. L’ elemento di novità in questo caso è una completa “inversione prospettica”, non soltanto dell’approccio al tema della responsabilità, ma anche con riguardo al punto di vista dal quale si affronta il problema353. Nello specifico, l’autore assume come punto di partenza la “criminalità di Stato” – che nei precedenti lavori era vista per lo più come una novità, una soluzione alla quale si arrivava nel momento in cui doveva operarsi la suddetta scissione tra responsabilità dei singoli e responsabilità collettiva – presentandola in una rinnovata veste, e cioè come “Staatsverstärkter

Kriminalität” che tradotto letteralmente può rendersi come “Criminalità con rinforzo dello Stato”, ma che assume un senso più corretto in italiano se reso come “Criminalità che trae il proprio rafforzamento dallo Stato”. Interessanti sono gli spunti che Naucke

trae dalle già citate dichiarazioni rilasciate da Erich Honecker nell’ambito della sua “auto-difesa” al processo che lo vedeva come imputato. Il discorso dell’ex leader DDR viene paragonato alle difese del princeps legibus solutus rispondenti al principio di

353 Riferimento a W.NAUCKE, Die strafjurisdische Privilegierung Staatsverstärkter Kriminalität,

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ispirazione britannica – secondo il celebre postulato di Carlo I d’Inghilterra – “the king

can do not wrong”.

Sulla base di questa premessa modella la sua teoria muovendo dall’assunto secondo cui:

“l’inserimento nell’apparato statale di tali crimini e la sovranità nazionale, proteggono gli autori di tali condotte”. Il fenomeno in questione – sottolinea l’autore – è esempio di

“comune criminalità” rafforzata però dalla sua provenienza e pertanto più pericolosa e pesante di quella comune. Tale esempio di criminalità ha goduto di un privilegio che si

riflette nelle trattazioni dei penalisti o peggio, trae da queste vantaggio in quanto non

viene considerata come dovrebbe. Per spiegare meglio: i penalisti che si sono occupati dell’epoca nazista (come di quella della Germania comunista) si sono “fermati” a considerare la dittatura come “una interruzione del rettilineo percorso verso la civiltà”, tuttavia viene “trascurato” il tema relativo alla commissione di crimini che è stata resa possibile per il solo fatto che quel regime è esistito. Di conseguenza Naucke segna un secondo punto affermando che l’elaborazione penalistica della criminalità di Stato è

“völlig unzureichend” (totalmente inadeguata): tutte le opere poste intorno alla questione

dei crimini commessi durante il regime della DDR nella Germania dell’Est sono di “corto respiro” in quanto limitate a considerazioni tipiche della criminalità ordinaria. Tale inefficienza del diritto penale e il disinteresse della scienza giuridica tradizionale sono causate – secondo l’autore – “dal rifiuto di concepire il diritto naturale come fonte di norme giuridiche”. Questo potrebbe portare a pensare che Naucke sia un “giusnaturalista”, ma in realtà non lo è. Il suo obiettivo è limitato infatti a riconoscere che un ripudio aprioristico del diritto naturale da parte dei penalisti tedeschi, contribuisce a spostare il tema della criminalità di Stato da sotto i riflettori: “i modi per la soluzione del

problema della Criminalità di Stato devono essere ricercati nel diritto positivo, ma il diritto positivo deve riconoscere nel diritto naturale la propria ispirazione”.

Considerati questi limiti, l’autore ritiene che nessuna delle teorie avanzate fino a quel momento (che etichetta indistintamente come “giuspositiviste”354

) sia soddisfacente al fine di risolvere il problema della punibilità dei crimini commessi al confine intertedesco dalle guardie di frontiera (che egli – in maniera provocatoria – rinomina

“Todeschuetzen” o “Tiratori di morte”) in quanto sono tutte esitanti ed incerte. In queste

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Il termine “indistintamente” si rivolge al fatto che, quando Naucke parla di teorie “giuspositiviste”, fa si riferimento a quelle di coloro i quali propendono per l’impunità, ma anche alle altre,ossia, quelle secondo cui la punizione deve essere stessa alle sole Exzesstaten non coperte dallo ius scriptum DDR, nonché quelle che fanno ricorso alla formula di Radbruch. Proprio questo sembra il riferimento più inconsueto, visto che l’applicazione della “formula” è stata a lungo criticata da parte di positivisti i quali hanno riscontrato nella stessa un indiscriminato ricorso al diritto naturale.

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sono anche comprese le teorie che rimandano all’applicazione della formula di Radbruch poiché contenenti un rinvio troppo vago allo überpositive recht e comunque “ristretto” ai soli casi in cui le regole di diritto positivo sono da considerarsi “intollerabilmente ingiuste”. In questi canoni – secondo Naucke – se proprio si deve rinviare alla “formula”, sarebbe più opportuno rifarsi alla “Verleugnungsformel” che ha una portata più ampia. Il punto cruciale del lavoro è quello relativo al divieto di retroattività del quale viene “propagandata” la derogabilità in quanto anche “unangemessen” alla criminalità di Stato.355 Premessi una serie di casi in cui si ha la possibilità di derogare al principio del

nullum crimen sine lege, sembrerebbe altresì inopportuno utilizzarlo come inespugnabile

baluardo posto a tutela della Criminalità di Stato di fronte alla quale tale principio perde ogni legittimazione e giustificazione. Di converso, di fronte a situazioni “drammatiche” o ad azioni “inumane” è del tutto fuori luogo parlare di rispetto dei principi dello Stato di diritto.

In base a quanto detto è abbastanza semplice ricostruire la logica delle argomentazioni di Naucke: il “rinforzo di Stato” si presenta come un incentivo dello Stato nei confronti della criminalità, in quanto vengono poste leggi – o altre tipologie di atti rientranti nel pubblico potere – al fine di legittimare azioni altresì illecite. E’ ovvio che, per quanto deplorevoli, questi crimini non potranno essere puniti fino a quando non vi sarà un “avvicendamento” negli organi statali dovuto ad un cambiamento della situazione politica. Tuttavia, nel momento stesso in cui ciò avviene, questi crimini dovranno essere considerati punibili e l’irretroattività penale non potrà fungere a riguardo da condizione ostativa. In altri termini, quelli che vengono definiti “crimini di Stato” sono da considerarsi punibili fin dal momento in cui vengono commessi, ma la loro concreta punibilità sarà attuabile solo una volta decaduto il regime che ne aveva incentivato la commissione. Il principio di irretroattività non ha motivo di operare in tal senso.

Questa ricostruzione tende a qualcosa di più di una deroga all’irretroattività in quanto si rivolge a concretizzare una vera e propria “disapplicazione” del principio in determinati contesti, ma perché ciò avvenga bisogna affermare in punto di diritto la necessaria

355 Nell’affermare ciò, Naucke propone una serie di ipotesi che vanno dall’analisi dell’Art.227 del Trattato

di Versailles che prevedeva la messa in stato d’accusa del kaiser Guglielmo II, al richiamo alle deroghe previste ai sensi degli Artt. 7/co.2 CEDU e 15/co.2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, fino ad arrivare a parlare dell’operato dei Tribunali internazionali ad hoc (ICTY e ICTR) che avevano appunto applicato punizioni retroattive. Interessanti sono inoltre gli spunti che l’autore ritrova nella legge tedesca sulle misure di sicurezza poiché tende in tal senso a legittimare la punizione dei crimini di stato attraverso l’inclusione degli stessi in un sistema “parallelo” rispetto a quello penale classico e basato su un giudizio di “”pericolosità” che prescinde dall’osservanza delle garanzie penali. Ovviamente questo aspetto apre ad ulteriori problemi, su tutti, la presunta “incostituzionalità” delle misure di scurezza alla quale più volte si è “inneggiato” anche nel nostro ordinamento, salvo ammettere la necessità di questi strumenti al fine di punire “particolari” categorie di reati facenti riferimento soprattutto al ramo della criminalità organizzata.

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punibilità della “criminalità di Stato”. Le vie percorribili ancora una volta sono due: quella di diritto interno e quella di diritto internazionale, ma – secondo l’autore – per via del carattere Costituzionale acquisito nel corso degli anni dalla garanzia intertemporale negli ordinamenti “continentali”, sembra maggiormente percorribile la seconda.

Non è ben chiaro se Naucke possa definirsi un “giuspositivista” nel senso stretto del termine, ma sicuramente non può definirsi – almeno alla stregua di altri – un “giusnaturalista”.

Sono tali infatti, coloro i quali hanno dimostrato propensione verso l’applicazione della fromula di Radbruch o comunque verso un – secondo alcuni inevitabile – “ritorno al diritto naturale o sovrapositivo”. I tribunali tedeschi non hanno disdegnato dal fare richiami in questo senso, ma le critiche poste da parte dei sostenitori del diritto positivo (fino ad ora esaminate) non si sono certo risparmiate cercando, non soltanto di “smentire” la necessità di imboccare questa strada, ma anche di aprire a delle strade ulteriori per risolvere il problema della punibilità dei delitti in questione. A questo punto, è opportuno passare “dall’altra parte della barricata” osservando alcuni tra i più “illustri” contributi dottrinali che seguono il richiamo allo überpositive recht.

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