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Introduzione alla “Transitional Justice” Le transizioni Ateniesi del 411 e 403 a.C.

3. Certezza del diritto, Giustizia e Funzione della pena nelle esperienze di “Transitional Justice”.

3.1 Introduzione alla “Transitional Justice” Le transizioni Ateniesi del 411 e 403 a.C.

L’espressione “Transitional Justice” nasce nei primi anni novanta come titolo di un progetto di ricerca della “United States Institute of Peace”. Questo prevedeva lo studio dei “processi di democratizzazione” dei decenni precedenti ed in particolare, degli strumenti giuridici utilizzati per garantire giustizia e stabilità sociale. Tale progetto di ricerca si concluse con la pubblicazione di tre volumi a tema: nel primo vennero editi gli elementi generali della materia; nel secondo le esperienze dei vari paesi che hanno affrontato una transizione democratica e le scelte da essi operate; infine nell’ultimo volume vennero raccolte le norme, internazionali o nazionali, emanate dai governi per affrontare le transizioni. E’ bene ricordare che questa pubblicazione ebbe ampia rilevanza anche per via dei protagonisti politici coinvolti nel progetto, non a caso, i volumi in questione furono introdotti da Nelson Mandela. Il concetto di “Giustizia di Transizione” va avvicinato con particolare attenzione: il primo termine utilizzato, “Giustizia”, in tale accezione, indica un “valore positivo che può essere riferito sia ai comportamenti e alle scelte pratiche sia alle ragioni addotte per giustificare questi e quelle”112; il secondo termine, “di Transizione” indica un momento specifico, un periodo definito temporalmente, in cui si assiste all’applicazione di norme pratiche, idonee a rendere giustizia di comportamenti, presumibilmente illeciti, commessi nel recente passato. Quello di Giustizia è però un concetto “duale”: bisogna distinguere in tal senso tra la definizione di giustizia come “insieme di norme e pratiche poste in essere durante una transizione” identificabile come “diritto di transizione”; e Giustizia come “insieme delle

112 Sempre in M.JORI/A.PINTORE, Manuale di teoria generale del diritto II ed., Giappichelli, Torino,

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ragioni addotte o giustificazione delle norme suddette”. Tale “momento giustificativo” avviene, di regola, prima dell’identificazione del diritto transitorio, così da rendere quest’ultimo dipendente da una specifica scelta politico-sociale. E’ inoltre opportuna - benché scontata - l’ulteriore specificazione secondo cui il “diritto di transizione” non viene definito tale in quanto facente riferimento a norme di carattere straordinario e

provvisorio, la cui efficacia è circoscritta ad un determinato lasso temporale, al contrario,

il suo carattere “transitorio” si riferisce soprattutto alla scelta consapevole operata da una nazione di “chiudere definitivamente i conti col passato e muovere oltre”.113

Diversi autori si sono interrogati sull’effettiva definizione e sulla portata del fenomeno e a seconda della “via” imboccata sono giunti a diverse soluzioni e classificazioni delle varie esperienze storiche. In realtà non si può dare una definizione univoca e che metta tutti d’accordo. L’immagine più ricorrente è quella di una giustizia di transizione che “accompagna” dalla caduta di un regime totalitario all’instaurazione (o alla restaurazione) della democrazia. Non tutti però sono d’accordo con questo assunto in quanto ritengono che non sempre attraverso una transizione viene operata una “svolta” in senso democratico, ma anzi alcune volte la transizione serve proprio a porre rimedio ad eventuali fallimenti della democrazia, è stato questo il caso del Rwanda. Molto diffusa è – o meglio era – anche l’idea di una giustizia di transizione quale “giustizia dei vincitori” sui vinti, ma questa è venuta quasi definitivamente a cadere con l’instaurazione dei Tribunali “ad hoc” di diritto Internazionale e della International Criminal Court che hanno aperto ad una visione “moderna” del fenomeno “in transition”.

In realtà, la visione che si sta facendo spazio oggi è stata “precorsa” secoli fa in quelle che possono essere definite le prime transizioni della storia. Con ciò si fa riferimento alle

“transizioni Ateniesi” del 411 a.C. e del 403 a.C.114

che è opportuno ripercorrere

brevemente al fine di potersi meglio divincolare tra le varie “idee” avanzate nei giorni nostri.

La prima delle due transizioni, quella che ebbe luogo nel 411 a.C. potrebbe oggi essere ricondotta - lato sensu - in quello che viene definito “modello punitivo”.

Nel 415 a.C. Atene intraprese una spedizione per la conquista della Sicilia che si rivelò poi più disastrosa di quanto si pensasse. L’effetto della catastrofe “fu la crescita

113 Cit. J.ELSTER, Chiudere i conti, Il Mulino, Bologna, 2008, p.17. 114

Per una ricostruzione approfondita sul punto rinviamo a: J.ELSTER in.op.cit., 2008. ; M.OSTWALD, From popular Sovereignty to the Sovereignty of law, University of California Press, Berkeley – Los Angeles, 1986.

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dell’opposizione oligarchica, che ne attribuiva tutta la responsabilità ai leader che avevano convinto il popolo, e al popolo stesso per essersi fatto ingannare da loro”.115

Nell’estate del 411 a.C. gli oligarchi prepararono un colpo di Stato e isturarono un “governo del terrore” che sottomise l’Assemblea al loro giogo. Il governo oligarchico si riunì sotto il “Consiglio dei 400”, ma durò soltanto quattro mesi dato il fallimento dell’alleanza coi loro “presunti” alleati Persiani. A seguito del rovesciamento dell’oligarchia iniziarono i lavori per la “restaurazione della democrazia” che si svilupparono in due fasi. Nella prima venne istaurata una “democrazia incompleta” definita tale perché – citando Tucidide – “il diritto di voto era riconosciuto soltanto ai cittadini in grado di fornirsi di una armatura completa”. Questo nuovo governo intraprese immediatamente “un’azione giudiziaria senza freni contro gli oligarchi estremisti”116

: tre furono processati e due giustiziati per tradimento, mentre altri evitarono il processo avendo scelto l’esilio. Nella seconda fase vi fu la “piena reintegrazione del sistema

democratico” e le “misure ritorsive” contro gli oligarchi furono ulteriormente

ampliate.117

Come anticipato, benché questa possa storicamente essere annoverata come primo esempio di giustizia di transizione, è molto più simile a quella delle moderne esperienze che non a quelle precedenti tanto criticate in quanto considerate esempi di una “giustizia dei vincitori”.

Nella ricostruzione di Elster118 si spiega anche perché questo precedente storico non deve essere tacciato come esempio di (semplice) rivalsa dei vincitori sui vinti e a tal riguardo fornisce tre indicatori: (a) gli oligarchi caduti in disgrazia furono perseguiti, ma non perseguitati non essendovi notizia di linciaggi o di atti terroristici, ma solo di procedimenti giudiziari corretti; (b) diversi cittadini che avevano fatto parte del Consiglio dei Quattrocento furono processati ed assolti; (c) la restaurata democrazia non cadde nella tentazione di fare ricorso a norme retroattive: non esistendo, al momento del colpo di Stato, leggi contro i tentativi di sovvertire la democrazia, agli oligarchi chiamati in giudizio fu rivolta la sola accusa di tradimento e presumibilmente, altri non furono processati affatto.

115 M.H.HANSEN, La democrazia ateniese del IV sec. a.C., Led, Milano, trad.ita. 2003. 116

M.OSTWALD, From popular Sovereignty to the Sovereignty of law, University of California Press, Berkeley – Los Angeles, 1986, p.401.

117 Viene ricordato sempre da M.OSTWALD in op.cit., 1986, che i soldati rimasti in città sotto il governo

dei Quattrocento subirono una perdita parziale dei loro diritti politici e un oligarca precedentemente processato e giudicato fu richiamato in giudizio per rispondere di una imputazione e conseguentemente di una condanna più grave.

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E’ bene ricordare che la legge che sanzionava i “tentativi di sovversione della democrazia” entrò in vigore nelle fasi di restaurazione suddette, ma con efficacia “ex

nunc” perché, sulla falsariga dei processi contro gli oligarchi, aveva insito più un effetto

deterrente relativo ad una futura recidiva che non una vendetta per il “recente” passato. Grosso modo le stesse cause però, portarono all’instaurazione di una nuova oligarchia imposta nel 404 a.C. da una Sparta regnante sulle ceneri dell’impero ateniese.

Il regime istaurato viene ricordato come “regime dei trenta Tiranni” il quale venne rovesciato un anno dopo, nel 403 a.C., grazie ad una insurrezione degli esuli democratici che nel frattempo si erano rifugiati nel Pireo. In tal caso, data la presenza di Sparta come parte terza “vigilante”, si dovette seguire una via diversa rispetto a quella intrapresa nella precedente transizione e venne stipulato un trattato di riconciliazione previdente una

amnistia generale dalla quale però vennero esclusi, sul piano soggettivo, gli stessi “trenta

Tiranni” e alcuni soggetti a loro affiliati e sul piano oggettivo, gli omicidi commessi con la propria mano.119

Data la limitata portata dell’eccezione all’amnistia, vennero prodotte conseguenze sanzionatorie più modeste e i commentatori più attenti interpretarono ciò come il segnale inequivocabile dell’intento dei democratici di chiudere un periodo tanto traumatico facendo prevalere le esigenze di pacificazione sociale rispetto a quelle di una rigorosa giustizia retributiva. Tale logica riporta agli odierni modelli “riconciliativi” nei quali la rinuncia alla vendetta viene motivata dalla previsione degli effetti negativi che da questa potrebbero derivare. Anche in tal caso è opportuna la precisazione secondo cui la suddetta amnistia garantiva soltanto l’immunità dalle azioni legali e non l’esclusione di qualsiasi conseguenza negativa dei comportamenti tenuti a favore dell’oligarchia: per esempio, oltre a conseguirne pregiudizi economici, furono istituite forti limitazioni alla possibilità di rivestire in seguito cariche pubbliche. Per questo non si può parlare - come direbbe Eser - di un “colpo di spugna”.

A questo punto, facendo tesoro di tali esperienze lontane secoli, si cercherà di ricostruire il concetto e la portata della “Transitional Justice” presentando le interpretazioni dei plurimi autori che si sono espressi in materia.

119 M.SORDI, La fortuna dell’Amnistia del 403 a.C. in M.SORDI (cur.), Amnistia, perdono e vendetta nel

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