• Non ci sono risultati.

La “libertà consapevole”: l’irretroattività penale alla luce di questa esperienza.

Parte SECONDA

LA TRANSIZIONE TEDESCA POST-UNIFICAZIONE E L’APPLICAZIONE DELLA FORMULA DI RADBRUCH AL DIRITTO PENALE.

20 marzo 1995 301 , il BGH richiama la precedente giurisprudenza in materia arricchendola con una serie di citazioni dottrinali intervenute nel frattempo e rinvia,

2.3 La “libertà consapevole”: l’irretroattività penale alla luce di questa esperienza.

Prima di passare ad una approfondita analisi del dibattito dottrinale che si sviluppò intorno ai temi fino ad ora esposti – ed al quale è dedicata la terza parte del lavoro – bisogna “ricostruire” la nuova versione dell’irretroattività penale attraverso una serie di riferimenti ai passaggi giurisprudenziali appena esaminati. Tale operazione può essere letta in linea di continuità rispetto a quanto precedentemente detto con riferimento all’ “osmosi” tra principi e conseguente tentativo di “europeizzazione” del diritto penale. Come notato, le pronunce attraverso cui si è sancita la nullità di leggi civili ed amministrative “ingiuste”, furono accolte a braccia aperte dalla maggior parte degli operatori del diritto. Di converso, sul piano penale si è accesa una polemica soprattutto con riguardo al principio costituzionalmente sancito313 del nullum crimen sine previa

lege.

L’applicazione della Formula di Radbruch al diritto penale è un espediente utile al fine di sottolineare il carattere “intollerabilmente ingiusto” di leggi che violano principi “inviolabili” e come tale devono considerarsi nulle già nel momento stesso in cui vengono emanate. Il problema è destinato ad acuirsi qualora si segua questa ricostruzione al fine di sancire “ora per allora” la nullità di leggi che – facendo riferimento al caso di specie – esimono gli individui dalla responsabilità penale. Quando ciò accade, infatti, si ha la possibilità di punire retroattivamente fatti che, nel momento in cui vennero commessi erano da considerarsi leciti e - in altre parole - il principio di irretroattività penale viene “superato” e con lui anche il principio di legalità, stante alla base dell’affermazione dello Stato di diritto. Lo scopo primario e fondamentale del principio di

312

I riferimenti al testo tradotto delle pronunce citate della Corte di Strasburgo sono tratti da M.DE SALVIA/V.ZAGREBELSKY, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali. La giurisprudenza della

CEDU e della Corte di Giustizia CE, Vol.III, Giuffrè, Milano, 2007.

313

Con ciò si fa riferimento al §103/co.2 della Costituzione tedesca. Nella stragrande maggioranza degli odierni ordinamenti tale principio si trova costituzionalmente “cristallizzato” e a mo’ di esempio si fa riferimento anche all’Art.25/co.2 Cost.Ita.

160

irretroattività e quello di “tutelare il cittadino dall’arbitrio del legislatore (e dei giudici)” andando a tracciare un immaginario perimetro entro il quale il soggetto sa di essere libero – e di converso sa che esorbitare da quel perimetro porta alla punizione. Il problema relativo all’esperienza tedesca consiste nella “labilità” di questa linea di demarcazione: da un lato non è ben chiaro ciò che rientrava nella libertà dei soggetti e ciò che era da considerarsi penalmente rilevante; dall’altro le istanze stanti alla base delle leggi attraverso cui tracciare l’ambito di libertà dei soggetti erano contrastanti con quei particolari valori costituenti il “nucleo essenziale del diritto”. Proprio su questa linea di pensiero si mosse il Bundesgerichtshofes nell’affermare, nella sua pronuncia del 3 novembre 1992, che le leggi della DDR violavano lo “überpositives recht” ed in quanto tali, le azioni da esse “giustificate” dovevano considerarsi antigiuridiche già dal momento della loro commissione. In questi canoni, l’errore di fondo di una pretesa violazione del principio di irretroattività, è quello di voler far passare per lecito (o riconosciuto tale) ciò che in realtà non lo era in quanto contrario ai fondamentali principi di “giustizia e umanità” ed incompatibile con gli obblighi internazionali gravanti su tutte le nazioni civili e sanciti anche nella Costituzione della DDR. Il divieto di retroattività della legge penale non viene violato in quanto ciò che retroagisce non è una legge, bensì “la corretta interpretazione della stessa” che in sé non muta nel tempo. Questa tesi – come visto – non venne condivisa all’unanimità e per questo si dovettero sviluppare passaggi ulteriori. Ai fini del discorso non si può prescindere dal fare riferimento alla pronuncia del

Bundesverfassungsgericht del 24 ottobre 1996 dove, diversamente dalla suddetta tesi del

BGH, si cercò di “prendere ancor più di petto la questione” evitando di trincerarsi dietro la mera pretesa della nullità ab origine del diritto della DDR. Il nocciolo della differenza – rispetto agli argomenti utilizzati dal BGH – sta nel fatto che il BVerfG non nega che per togliere rilevanza alla scriminante di cui al § 27 Grenzgesetz der DDR si sia fatta una applicazione retroattiva della legge penale in malam partem, ma afferma che vi sono casi concreti in cui la Costituzione ammette eccezioni al pur inderogabile principio di irretroattività. La punizione dei crimini commessi nella Germania dell’Est era uno di questi casi: al fine di realizzare lo scopo fondamentale per cui è concessa la garanzia intertemporale a tutela degli individui, il contesto deve essere modellato sugli elementi fondamentali della Democrazia; nel caso della DDR – e più in generale di tutti i regimi – tali condizioni non erano soddisfatte in quanto veniva sacrificato sull’altare dell’”interesse alla difesa dello Stato” il bene fondamentale della vita degli individui. Un contesto dove si sviluppano “extremes staatliches Unrecht” non può essere inquadrato

161

come Democratico e di conseguenza, garanzie per la libertà degli individui vengono ad essere “superflue”. Al fine di ristabilire l’ordine sociale stante alla base del “superamento di tale passato di illecito” – secondo la Consulta – è necessaria una “retrocessione del principio di irretroattività”.

Data l’innegabile utilità dell’applicazione della Radbruch’sche Formel al fine di legittimare la punizione dei “più gravi e disumani” crimini del governo DDR, bisogna riconsiderare le logiche stanti alla base del principio di irretroattività. Tale operazione è rinvenibile nel lavoro di Giuliano Vassalli314 il quale propone una rilettura del principio di irretroattività con riguardo all’idea della colpevolezza. “Non è un caso che Vassalli, mentre non nasconde alcune riserve sul parametro dell’offensività – sempre in bilico tra un incremento delle garanzie ed una erosione delle stessa garanzia fondamentale della legalità – si sia andato sempre più avvicinando al momento personalistico dell’illecito come chiave di lettura del profondo umanismo che permea i rapporti tra il soggetto e l’ordinamento, e che sollecita ad una continua e sofferta ridefinizione del merito del rimprovero e del senso stesso della coercizione penale”315

. Secondo questa prospettiva e le suddette ricostruzioni giurisprudenziali, l’irretroattività va osservata da una duplice prospettiva: quella classica secondo cui la garanzia intertemporale si rivolge a “evitare

arbitri incondizionati del giudice e del legislatore” ergendosi dunque a “garanzia di

libertà per il soggetto”; altra prospettiva è quella che proviene dall’esperienza esaminata secondo cui, di fronte a crimini gravi e disumani, si deve legittimare in forma programmatica l’introduzione di norme penali retroattive arrivando anche ad evitare

“esiti di ingiustificata impunità”. In tal senso si giunge a “sfumare” i contorni delle

diverse concezioni dell’irretroattività. In altri termini, quando si ha a che fare con crimini che vanno al di là del comune giudizio di disvalore, non si può sottostare ad un metro ordinario di valutazione previdente una legge in linea di principio irretroattiva, ma – per ragioni di “Giustizia” – si richiede una risposta all’altezza della particolare gravità sul piano qualitativo dell’offesa criminale. Non si parla più di principio-regola di carattere non derogabile e non bilanciabile a livello nazionale e di principio “derogabile” a seconda dei casi da parte del giudice convenzionale – nei canoni dell’eccezione prevista ai sensi dell’Art.7/co.2 CEDU – ma si ha un principio che soddisfa le diverse esigenze stanti alla base di ambedue le concezioni: la tutela dall’arbitrio del legislatore è di chiara ispirazione individual-garantista e a questa si rivolgono i sistemi nazionali; la tutela attraverso la

314

G.VASSALLI, Formula di Radbruch e diritto penale, op.cit., Giuffrè, Milano, 2001.

315 Così testuale in G.DE FRANCESCO, Giustizia penale e diritti fondamentali nel pensiero di Vassalli in

162

quale si “apre” al possibili deroghe della garanzia intertemporale al fine di evitare esiti di “ingiustificata impunità” è da considerarsi connessa al rispetto delle garanzie collettive al quale è votato il sistema convenzionale. Tutto ciò dipende anche da quella che sarà la soluzione del conflitto tra i fondamentali valori della Certezza del diritto e della Giustizia. Tali operazioni contribuiranno così alla ”osmosi” tra i principi degli ordinamenti nazionali e sovranazionali rivolta a creare un sistema perfetto che si “nutra” di quanto di positivo tali sistemi hanno da offrire. Tuttavia, vi è anche una ulteriore evoluzione del discorso – e dell’irretroattività penale – data dalla pronuncia del 2001 della Corte EDU. Secondo l’impostazione di Strasburgo, i crimini avvenuti nella DDR erano da considerarsi tali al momento del compimento dei fatti e che ciò era sancito già nello ius

scriptum della stessa DDR. In tal senso non può postularsi alcuna violazione del principio

di irretroattività. Il ragionamento della Corte tende inoltre a ricondurre la regola dell’irretroattività entro i suoi “giusti” confini di legittimazione sia sotto il suo profilo oggettivo, sia sotto il suo profilo soggettivo-personale di imputazione del fatto. Grazie a tale giurisprudenza, come anticipato316, Vassalli fa un passo in avanti ulteriore tendendo a “legalizzare le suddette esigenze di giustizia a discapito dell’irretroattività penale”317

attraverso una nuova lettura del principio che - come lo stesso Vassalli afferma – “non è

un divieto freddo e assoluto, ma va riportato alla sua radice che è poi quella di un

rapporto di fiducia tra la società organizzata ed il cittadino: il principio di

affidamento”318

da tale angolo visuale “l’eventuale pratica statale di non punire non è

sufficiente, occorre invece che il singolo sappia guardare al di là di essa e sappia riconoscere l’esistenza di divieti insuperabili, soprattutto quando si tratti di imperativi coerenti con la protezione accordata ai diritti fondamentali dell’uomo”. E’

“stupefacente” osservare come tutto il lavoro svolto fino ad ora possa concentrarsi in un’unica espressione, che apre inoltre ad una nuova idea che pone alla base dell’irretroattività una “libertà consapevole” dove il soggetto non è più un outsider che osserva le prescrizioni imposte dal legislatore e cerca di stare alla larga dall’illecito – o da ciò che il legislatore di turno qualifica tale – ma diviene un insider e cioè un soggetto che attraverso le sue azioni non soltanto “esegue” il diritto, ma lo “crea” perché svolge un ruolo dinamico attraverso la sua interpretazione la quale non può prescindere dalla consapevolezza della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e consapevolezza

316 Si rinvia a Parte PRIMA, par.2.5 317

Così sempre in G.DE FRANCESCO, op. cit. in Quaderni fiorentini, 2011, p.1104.

318 Così G.VASSALLI, Il divieto di retroattività nella giurisprudenza della Corte Europea in I diritti

163

dell’esistenza di un nucleo interno ed intangibile del diritto che non può essere scalfito, né dal legislatore, né da chiunque altro. E’ questo ciò che Vassalli definisce come

“principio di responsabilità” che “se potrà essere invocato a proprio favore da quanti non

fossero in grado di cogliere il disvalore della propria condotta, non potrà viceversa costituire un passaporto di impunità per coloro che fossero consapevoli – od anche potessero esserlo – di commettere un gesto inumano, in quanto tale destinato a far premio su eventuali forzature in senso scriminate perseguite ed incentivate sotto l’ombrello protettivo della politica di regime”.319 E’ proprio qui che risiede la relazione vassalliana tra colpevolezza e irretroattività: Vassalli individua nella colpevolezza un criterio di

misura capace di operare all’interno della garanzia dell’irretroattività.

Le due prospettive presentate discendono dunque dalla giurisprudenza dei tribunali tedeschi di transizione operanti l’applicazione della formula di Radbruch e dalla risposta fornita a riguardo dalla giurisprudenza europea. Osserva De Francesco – con riguardo alla seconda prospettiva – che questa “evoca suggestioni provenienti dall’esperienza anglosassone, propensa a collegare il problema della irretroattività penale a valutazioni fondate sul principio di colpevolezza (…) ciò è utile al fine di arricchire il quadro emergente dall’esperienza dei crimini di Stato e delle soluzioni avanzate per consentirne un’adeguata (e ‘giusta’) punizione”.320

319

Cit. G.DE FRANCESCO, op.cit.in Quaderni fiorentini, 2011.

320 Cit. G.DE FRANCESCO, Crimini di Stato, Filosofia politica, diritto penale (a proposito di

164

Outline

Documenti correlati