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VII. Ambito di indagine e scopo del lavoro

7. Il diritto all’abitazione

1. Se la casa è un diritto, anzi un onere dello straniero

Il diritto di abitazione, sebbene non espressamente codificato nella Costituzione italiana, è stato chiaramente qualificato dalla Corte costituzionale come diritto fondamentale che costituisce elemento irrinunciabile di quell’esistenza libera e dignitosa da cui traggono fondamento tutti i diritti sociali della persona, e quindi anche dello straniero233.

La Corte ha infatti affermato che «il diritto all’abitazione rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione»234, il quale si ricollega più in generale al «fondamentale diritto umano all’abitazione riscontrabile nell’art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (New York, 10 dicembre 1948)235 e nell’art. 11 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali (approvato il 16 dicembre 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ratificato dall’Italia il 15

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In generale sul punto A.GUARISO, Rosa Parks, il pubblico impiego e “l’interesse legittimo” a non essere discriminati, in Dir. Imm. e Citt., 3-4/2008, 158 e ss.

233 In dottrina cfr. E.G

ROSSO, Straniero cit., 173, e D’ORAZIO, cit., 267 e ss. e C.CORSI, Il diritto all’abitazione è ancora un diritto costituzionalmente garantito anche agli stranieri?, in Dir. Imm. e Citt., 3-4/2008, 141 e ss. Sulla natura del diritto di abitazione, in senso critico, si veda tuttavia M. AINIS, Se la casa è un diritto, in Quad. Cost., 2007, 837, a commento della sentenza della Cassazione, II sez. pen., sentenza n. 35580/2007 relativa al reato di occupazione abusiva di alloggi popolari da parte di soggetti indigenti. In quel caso, la Suprema Corte, costruendo un diritto all’abitazione sulla base dell'art. 2 Cost., aveva stabilito che non è reato occupare abusivamente un alloggio popolare qualora la persona che vi si è insediata versi in condizioni di indigenza. Come osserva l’A., tuttavia, l’argomentazione della Cassazione risulta discutibile, dal momento che la persona occupante abusiva aveva sottratto l’abitazione alla persona (anch’essa in condizioni di indigenza) che in base alla graduatoria aveva il titolo ed il diritto di abitarla. Sul punto si veda anche M.MEZZANOTTE, Quando la casa è un diritto, in www.forumcostituzionale.it, che raffronta la sopracitata sentenza della Cassazione penale con la sentenza n. 223/09 della Corte dei Conti, con la quale il diritto all’abitazione viene fondato sull’art. 3 Cost. e non sull’art. 2 Cost. Secondo l’A. la differenza non è di poco conto: seguendo la prima concezione, infatti, andrebbe riconosciuto ad ogni individuo il diritto alla tutela ed alla garanzia della casa, ovvero un diritto soggettivo perfetto anche in assenza di uno specifico riferimento normativo; nel secondo, invece, si scorge un impegno dello Stato a far sì che tutti possano avere un’abitazione e tale situazione va prontamente garantita per gli indigenti. Nel primo caso, quindi, trattandosi di diritto inviolabile, anche un’occupazione abusiva può essere ritenuta legittima. Nel secondo, invece, vengono considerate non solo le esigenze individuali, ma anche quelle della comunità. In generale sul diritto di abitazione, cfr. A.GIORGIS, Il diritto costituzionale all’abitazione. I presupposti per una immediata applicazione giurisprudenziale, in Quest. Giust., 2007, 1129 e ss.

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Corte cost. sent. 217/1988, § 4.2 Cons. in dir.

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settembre 1978, in seguito ad autorizzazione disposta con legge 25 ottobre 1977, n. 881)». Inoltre, portando ad ulteriore sviluppo le considerazioni svolte nella sentenza 252/1983, la Corte precisa come l’abitazione costituisca, per la sua fondamentale importanza nella vita dell’individuo, un bene primario il quale deve essere adeguatamente e concretamente tutelato dalla legge, riconoscendo «indubbiamente doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di abitazione»236. Infatti «creare le condizioni minime di uno Stato sociale, concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale, quale quello all’abitazione, contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso»237.

Il giudice costituzionale, peraltro, non ha mancato di sottolineare che «come ogni altro diritto sociale, anche quello all’abitazione, è diritto che tende ad essere realizzato in proporzione delle risorse della collettività; solo il legislatore, misurando le effettive disponibilità e gli interessi con esse gradualmente satisfattibili, può razionalmente provvedere a rapportare mezzi a fini, e costruire puntuali fattispecie giustiziabili espressive di tali diritti fondamentali»238. Ed in effetti, perlomeno per quanto riguarda il nostro ambito di indagine, la garanzia di tale diritto anche a favore di coloro che non sono cittadini ha creato non pochi problemi di concorrenza con i cittadini italiani, soprattutto per quanto riguarda l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica239. Non è un caso che proprio all’abitazione il legislatore abbia dedicato particolare attenzione nel disciplinare i requisiti di ingresso dello straniero sul territorio: nel contratto di soggiorno, il datore di lavoro deve infatti garantire che il lavoratore abbia un alloggio idoneo; il lavoratore autonomo deve dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa; il familiare che vuole ricongiungersi deve dimostrare il possesso di un alloggio idoneo, così come lo straniero che richiede il permesso CE per soggiornanti di lungo periodo240. Se in questo modo il legislatore ha voluto in un certo senso “prevenire”, per quanto possibile, situazioni nelle quali lo straniero sia costretto a ricoveri di fortuna o a situazioni abitative che lo costringano a condizioni di vita non dignitose, è evidente come il legame così creato tra soggiorno/permanenza sul territorio e abitazione renda ancor più peculiare la garanzia per lo straniero di tale diritto241.

236 In modo assai chiaro Corte cost. sent. 559/1989, § 3 Cons. in dir., con la quale la Corte

espressamente individua in tale dovere della collettività un connotato della forma costituzionale di Stato sociale. Sul diritto all’abitazione cfr. P. CARETTI, I diritti fondamentali cit., 393 ss., e F. MODUGNO, I “nuovi diritti” nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995, 58 e ss.

237 Corte cost. sentenze 49/1987; 217/1988, 404/1988. Da ultimo si veda anche Corte cost. sent.

209/2009, § 2.2 Cons. in dir.

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Cfr. Corte cost. sentt. nn. 252 del 1989 e 121 del 1996.

239

La questione sarà specificamente affrontata nel capitolo 4, stante le competenze regionali e locali in materia.

240 Sul punto si rinvia comunque a quanto detto supra § VI. 241

Peraltro l’art. 1, comma 18, della l. 94/2009 ha inoltre modificato l’art. 1 della legge 1228/1954 in materia di ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, prevedendo che l’iscrizione anagrafica e la variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica da parte degli uffici delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza. Per un commento sul punto M. PAGGI, Osservazione “a caldo” su alcune modifiche essenziali apportate dalla l. 94/2009 sulla condizione di soggiorno degli immigrati extracomunitari, in Dir. Imm. e Citt., 4/2009, 149.

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Deve inoltre rilevarsi come allo straniero non si chieda di possedere un’abitazione qualsiasi, ma «un alloggio […] che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica» per la stipula del contratto di soggiorno242; un alloggio «conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali» per lo straniero che chiede il ricongiungimento243; «un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall’Azienda unità sanitaria locale competente per territorio» per lo straniero che richiede il permesso CE per soggiornanti di lungo periodo244. In tali situazioni, quindi, l’abitazione non è più soltanto l’oggetto di un diritto, ma contemporaneamente l’oggetto di un onere che lo straniero deve adempiere anche sotto il profilo qualificativo se vuole beneficiare di tutta un’altra serie di condizioni.

Come è evidente, la questione solleva tuttavia alcune problematiche non foss’altro per la difficoltà di reperire certe tipologie di alloggio. Numerose indagini realizzate negli ultimi anni dimostrano infatti che la casa resta a lungo il principale problema da risolvere nella gestione del fenomeno migratorio245. Inoltre subordinare il godimento di certi diritti fondamentali, come quello all’unità familiare, al possesso di un alloggio avente particolari requisiti potrebbe compromettere o comunque ostacolare il godimento di quegli stessi diritti.

Con specifico riferimento alla disciplina del ricongiungimento familiare, è stata pertanto sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 3, lett. a), del testo unico246 nella parte in cui richiede, tra i requisiti da dimostrare per ottenere il ricongiungimento, la disponibilità di un alloggio rientrante nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale

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E quindi per l’ingresso dello straniero sul territorio, cfr. art. 5-bis, lett. a, del testo unico, e, in forza di quanto previsto dall’art. 5, comma 4, anche per il rinnovo del permesso «sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico».

243 Cfr. art. 29, comma 3, lett. a) del testo unico, il quale prevede inoltre che «nel caso di un figlio di

età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà».

244 Cfr. art. 9 del testo unico. 245 Tra le prime cfr. A. T

OSI, L’abitazione, in G. ZINCONE (a cura di), Secondo rapporto sull’integrazione degli immigrati in Italia, Il Mulino, Bologna, 2001, 212. Si veda inoltre della Fondazione ISMU, Dodicesimo rapporto sulle migrazioni 2006, Milano, Franco Angeli, 2007, 165 e ss. e R.BICHI,G.G.VALTOLINA, Nodi e snodi. Progetto e percorsi di integrazione degli stranieri immigrati, ricerca affidata dalla Direzione Generale dell’Immigrazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali alla Fondazione ISMU, Milano, Franco Angeli, 2005, 79 e ss. Da ultimo si veda I.PONZO, L’acquisto di abitazioni da parte degli immigrati, in G.ZINCONE (a cura di), Immigrazione: segnali di integrazione cit., 157 e ss.

246 Si rileva peraltro che nel frattempo l’art. 29 è stato modificato dalla legge 94/2009 per cui adesso si

richiede, come sopra evidenziato, un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali, mentre in precedenza di un alloggio che rientrasse nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Sulle oscure ragioni della modifica legislativa, cfr. M.PAGGI, Osservazione “a caldo”cit., 154 e ss., secondo il quale l’accertamento sull’idoneità abitativa non dovrebbe riguardare l’agibilità dell’immobile, ma il rispetto dei requisiti dimensionali previsti dal decreto del Ministero della sanità del 5.7.1975.

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pubblica247. La Corte ha tuttavia dichiarato la questione manifestamente inammissibile248, affermando che «l’accoglimento delle questioni poste dal giudice a

quo presupporrebbe l’esercizio di una discrezionalità estranea ai poteri della Corte,

non essendovi alcun criterio obbligato cui collegare la valutazione positiva del requisito inerente alla disponibilità dell’alloggio, quale condizione oggettiva per l’esercizio del diritto al ricongiungimento».

Non si può far a meno di esprimere qualche perplessità in relazione alla posizione adottata dalla Corte, che avrebbe forse potuto spendere qualche parola in più trattandosi comunque, se pur indirettamente, della tutela di un diritto fondamentale dello straniero, quale è appunto quello al ricongiungimento familiare, definito dalla stessa Corte come diritto «fondamentale»249. Tanto più che la Corte omette di svolgere qualsiasi tipo di comparazione con i cittadini italiani, per i quali non è richiesto di risiedere in abitazioni conformi a tali requisiti.

Una considerazione, questa, che potremmo esprimere anche in riferimento ad un’altra decisione250, sempre in materia di abitazione, con la quale, in relazione ai criteri di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, la Corte si è limitata ad affermare che il requisito della residenza continuativa, ai fini dell’assegnazione «risulta non irragionevole quando si pone in coerenza con le finalità che il legislatore intende perseguire, specie là dove le stesse realizzino un equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco». Anche in quest’ultima occasione, la Corte non ha infatti indagato i profili di ragionevolezza della normativa in questione, e non ha dunque considerato come ogni limitazione nell’accesso dello straniero all’abitazione può pregiudicare il godimento di altri diritti fondamentali dello straniero.

Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha comunque evidenziato come tale normativa non si ponga in contrasto con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e la legge n. 176 del 1991 di ratifica di essa, in quanto l’art. 29 del testo unico impone requisiti di idoneità dell’alloggio riconosciuti come tali «solo al fine di soddisfare le esigenze vitali di tutti i componenti il nucleo familiare, assicurando quegli spazi che il legislatore, nazionale e regionale, ha ritenuto indispensabili a garantire gli interessi anche dei minori che devono riunirsi ai loro genitori»251.

247 Cfr. Tribunale di Genova, ordinanza n. 131 del 31 dicembre 2005. Nella specie, alla ricorrente

cittadina extracomunitaria, proprietaria di un appartamento, era stato negato il ricongiungimento con il coniuge e i cinque figli minori sull’assunto che l’abitazione, pur rispettando i requisiti igienico sanitari, non rispettava quelli regionali relativamente ai metri quadri necessari per ciascun componente il nucleo familiare. A parere del giudice a quo, la disciplina impugnata sarebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione - in quanto idonea a determinare una discriminazione tra cittadini stranieri e italiani e tra cittadini stranieri residenti in diverse regioni - oltre che con gli artt. 2, 29 e 31 - in quanto di ostacolo al ricongiungimento e l’unità familiare

248 Si veda Corte cost. ordinanza 395/2006. 249 Cfr. sent. nn. 28/1995 e 224/2005 cit.

250 Cfr. Corte cost. ordinanza 32/2008. Al riguardo si rimanda a quanto si dirà più specificamente infra

Capitolo 4, § 7.

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