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Il diritto dello straniero all’abitazione nelle differenti discipline regionali e

VII. Ambito di indagine e scopo del lavoro

7. Il diritto dello straniero all’abitazione nelle differenti discipline regionali e

Anche in materia di abitazione, le discipline regionali e locali esibiscono significative differenze rispetto alla legislazione statale, soprattutto in riferimento all’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Come abbiamo visto75, l’art. 40, comma 6, del testo unico prevede che soltanto gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da ogni regione o dagli enti locali per agevolare l’accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e locazione della prima casa di abitazione.

Sul punto, tuttavia, coesistono discipline regionali e locali assai differenti.

74 Inoltre l’art. 6 della legge n. 125/2008, ha modificato l’art. 54, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000,

prevedendo che «il sindaco, quale ufficiale del Governo, adott[i] con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana». Al riguardo sono noti i provvedimenti sindacali alquanto fantasiosi che hanno inciso anche in materia di immigrazione, cfr. F. CORTESE, Il “caso” Cittadella: ovvero, breve vademecum per leggere una controversa ordinanza, in www.forumcostituzionale.it, e sempre dello stesso A., Povertà e ordinanze dei sindaci: le politiche pubbliche e l’importanza delle questioni organizzative, in Le Istituzioni del Federalismo, 2008, 697 e ss. Di recente, la Corte costituzionale nella sentenza 196/2009 ha precisato che i poteri esercitabili dai sindaci «non possono che essere quelli finalizzati alla attività di prevenzione e repressione dei reati, e non i poteri concernenti lo svolgimento di funzioni di polizia amministrativa». Sul punto si veda P.BONETTI, La prima interpretazione costituzionalmente conforme (e restrittiva) dei provvedimenti (anche ordinari) dei sindaci in materia di sicurezza urbana: l’opinabile sopravvivenza dei Sindaci e dei Presidenti delle Giunte provinciali quali “ufficiali di Governo”, l’afferenza alla sicurezza pubblica, tipologia e limiti, www.forumcostituzionale.it, in corso di pubblicazione in Le Regioni, 2009, e T.F. GIUPPONI, “Sicurezza urbana” e ordinanze sindacali: un primo (e inevitabilmente parziale) vaglio del Giudice delle leggi, www.forumcostituzionale.it, in corso di pubblicazione in Le Regioni, 2009, che sottolinea come risulti significativa, tra le altre cose, l’evidente insistenza con cui la Corte richiama l’eventualità di un’attivazione non solo delle ordinarie forme di controllo da parte dei giudici comuni, ma anche l’indicazione della possibilità di nuovi interventi dello stesso Giudice costituzionale, in particolare in sede di conflitto di attribuzione fra enti.

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Molte regioni tendono infatti ad estendere l’accesso all’edilizia residenziale pubblica a tutti gli stranieri regolarmente presenti sul territorio regionale, non richiamando la necessità di un permesso di soggiorno almeno biennale76.

Peraltro, in questo ambito, sono spesso le discipline locali a fissare i criteri di accesso degli stranieri agli alloggi di edilizia residenziale pubblica.

Alcuni Comuni hanno ad esempio condizionato l’accesso alla condizione di reciprocità, ossia a condizione che nello Stato di origine dell’interessato fosse riconosciuta pari possibilità di accesso del cittadino italiano all’edilizia pubblica77, altri hanno invece introdotto tra i requisiti di accesso la durata della residenza o dell’attività lavorativa sul territorio comunale o regionale78. Altri bandi e delibere hanno infine previsto l’attribuzione di punti aggiuntivi in relazione al possesso della cittadinanza italiana o a seconda della durata della residenza79. Al riguardo si segnala

76 Si veda sul punto l’art. 16 della L.R. Marche 13/2009, l’art. 10 della L.R. Emilia Romagna 5/2004 e

l’art. 16 della L.R. Liguria 7/2007, i quali stabiliscono generalmente che vi possano accedere gli stranieri regolarmente soggiornanti nella regione; l’art. 15 della L.R. Abruzzo 46/2004 fa riferimento agli stranieri immigrati residenti, domiciliati o altrimenti presenti, nel rispetto della normativa vigente, sul territorio della Regione, nelle ipotesi sia di immigrazione definitiva che di permanenza limitata e finalizzata. L’art. 6, comma 29, della L.R. Toscana 29/2009 estende l’accesso a tutti destinatari delle legge (stranieri regolarmente presenti sul territorio e apolidi), ai sensi della normativa vigente in materia.

77 Cfr. delibera di Giunta del Comunale di Chiari (BS) 18.11.2004, n. 239. Sull’illegittimità della

previsione, cfr. Tar Lombardia, Brescia, ordinanza 25 febbraio 2005, n. 264, con la quale è stata disposta la sospensione della delibera impugnata. Il giudice amministrativo ha ritenuto che l’art. 2 del d.lgs. 286/1998, riconoscendo ai cittadini stranieri legalmente soggiornanti in Italia gli stessi diritti in materia civile ed economica di cui gode il cittadino italiano, prescinde dall’avveramento della condizione di reciprocità e non è pertanto riconoscibile un potere derogatorio in capo all’amministrazione comunale.

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In questo senso il bando di assegnazione di alloggi pubblici del Comune di Torino del 2001 (pubblicato in data 29.10.2001) richiedeva allo straniero il requisito di essere legalmente soggiornante e quello di svolgere una regolare attività di lavoro subordinato o autonomo da almeno tre anni precedenti alla presentazione della domanda. Il ricorso promosso per l’annullamento del bando è stato respinto da Tar Piemonte, sent. 323/2002. In riferimento ad alcune discipline discriminatorie introdotte in bandi locali di accesso all’e.r.p., si rimanda comunque a L. GILI, La condizione di reciprocità non può essere condizione di discriminazione nell’accesso all’edilizia residenziale pubblica, in Dir. Imm. e Citt., 2005, 98 e ss., e D. PIOMBO, Sulla discriminazione per motivi razziali ai fini dell’assegnazione di alloggi popolari, Il Foro it., 2003, 11, 3175 e ss.

79 Cfr. le delibere dell’AGEC (Agenzia Gestione Edifici Comunali) del Comune di Verona n. 4 del

4.9.2007 e n. 23 del 25.9.2007. La prima di esse ha previsto una maggiorazione di punteggio, da uno fino a quattro punti, a favore dei soli cittadini italiani residenti nel Comune di Verona o che vi svolgano attività lavorativa principale da almeno 8, 10, 15 o 20 anni. La successiva delibera ha invece previsto una maggiorazione di quattro punti a favore dei nuclei familiari composti esclusivamente da persone di età superiore o uguale ad anni sessanta e con almeno un componente con età superiore od uguale ad anni sessantacinque, purché residenti nel Comune di Verona da almeno 10 anni. Tali delibere hanno sollevato molteplici critiche (si veda la nota dell’ASGI: http://www.asgi.it/content/documents/dl08022102.agec.pareredef.pdf) e sono state peraltro oggetto di un’interrogazione alla Commissione europea. Si tratta dell’interrogazione scritta E-6390/07, promossa da Donata Gottardi (PSE) ed altri. Con risposta del 20.2.2008, l’allora Vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini rilevò che uno Stato membro non può attribuire particolari privilegi ai propri cittadini senza attribuire i medesimi privilegi anche ai cittadini comunitari ed ai soggiornanti di lungo periodo, in conformità a quanto previsto dalle direttive 2004/38 e 2003/109, comunicando peraltro che sarebbero state contattate le autorità italiane al fine di ricevere maggiori informazioni sulla questione. Anche l’UNAR ha fornito un parere negativo, rilevando che «le disposizioni di favore che sono previste in correlazione diretta con il possesso del requisito della

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la L.R. Lombardia n. 1/2000 che prevede, tra i criteri necessari per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica, la residenza o lo svolgimento di attività lavorativa nella Regione Lombardia da almeno 5 anni precedenti alla presentazione della domanda. Sulla stessa linea si pone anche la nuova disciplina friulana che ha modificato il sistema di attribuzione dei punteggi per l’assegnazione degli alloggi prevedendo una maggiorazione progressiva in base agli anni di residenza anagrafica nel territorio regionale, ed ha poi introdotto, quale ulteriore requisito, quello della residenza anagrafica ovvero dello svolgimento di attività lavorativa nel territorio nazionale da almeno dieci anni, anche non continuativi, di cui cinque nel territorio regionale80.

È quindi evidente come uno straniero a basso reddito possa avere maggiori probabilità di accedere ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica se risiede in Emilia Romagna anziché in Lombardia o Friuli Venezia Giulia, con inevitabili ripercussioni anche sulla possibilità di vedere accolta la propria richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno o di ricongiungimento con un familiare, per il quale è richiesto il possesso di un alloggio idoneo.

Il requisito della residenza prolungata sul territorio non è stato tuttavia ritenuto illegittimo. Nella giurisprudenza amministrativa si segnala l’ordinanza del TAR Piemonte con la quale si è affermato «che la prescrizione di tale requisito per gli stranieri non implica una violazione del principio di parità di trattamento, trovando essa giustificazione nella preoccupazione del legislatore regionale di evitare che gli alloggi pubblici vengano assegnati a soggetti che non abbiano ancora un legame sufficientemente stabile con il territorio (e possano abbandonarli per trasferirsi altrove) rendendoli comunque inutilizzabili per altri soggetti aventi diritto e frustrandone in tal modo la funzione socio-assistenziale»81.

Ed anche la Corte costituzionale con l’ordinanza 32/2008, pur non argomentando in ordine alla congruenza tra il mezzo impiegato e le finalità che il legislatore regionale intendeva perseguire, ha ritenuto costituzionalmente legittima una previsione di questo tipo ritenendo che il requisito della residenza continuativa, ai fini dell’assegnazione dell’alloggio, risulti non irragionevole «quando si pone in coerenza con le finalità che il legislatore intende perseguire, specie là dove le stesse realizzino un equilibrato bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco»82.

cittadinanza italiana – oltre che contra legem – appaiono anche non giustificate riguardo all’oggetto delle relative determinazioni (attribuzione degli alloggi di edilizia residenziale) che riguardo agli scopi di codesto Ente», invitando conseguentemente l’AGEC (Agenzia Gestione Edifici Comunali) di Verona ad annullare in via di autotutela le predette deliberazioni per violazione dell’articolo 2 del d.lgs. 215 del 2003 (Cfr. parere 18.2.2008, prot. n. 97/UNAR).

80 Cfr. art. 38, commi 1 e 2, della L.R. Friuli-Venezia Giulia 16/2008. Del resto anche la legislazione

statale, come evidenziato nel capitolo primo, si è mossa nella stessa direzione. Al “Piano casa” possono infatti accedere soltanto “gli immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione”. Si veda supra Capitolo 1, § 7.2.

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A tal proposito cfr. Tar Piemonte, sez. I., sent. 13 febbraio 2002, n. 323, cit.

82 Si tratta della sopracitata L.R. Lombardia 1/2000. Sul punto cfr. F. C

ORVAJA, Libera circolazione dei cittadini cit., 633, il quale tuttavia rileva come, rispetto alla precedente sentenza 432/2005, la Corte non argomenti in ordine alla congruenza tra il mezzo impiegato e le finalità perseguite e non dimostri l’adeguatezza del bilanciamento tra i valori costituzionali in gioco. Peraltro merita evidenziare come il giudice remittente avesse nella specie sollevato un problema di particolare rilievo anche nell’ambito del riparto di competenze tra Stato e regioni in materia di immigrazione.

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Ovviamente la valutazione circa la congruità di tali requisiti rispetto alle finalità perseguite non potrà prescindere da uno scrutinio sulla durata della residenza richiesta. Sul punto, infatti, le discipline locali e regionali variano in modo considerevole, richiedendo da 3 a 5 anni di residenza sul territorio regionale, fino a ben 10 anni sul territorio nazionale. Per cui, sebbene in astratto tali discipline possano non ritenersi discriminatorie parificando di fatto cittadini italiani e stranieri, è indubbio come esse possano pregiudicare in misura maggiore coloro che cittadini non sono, i quali, tanto più è prolungata la residenza richiesta, tanto meno facilmente potranno possedere i requisiti richiesti.

Di evidente illegittimità sono invece tutte quelle discipline che per l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica attribuiscono punteggi aggiuntivi a coloro che sono cittadini. Al riguardo si segnala la decisione del Tribunale di Milano che, accogliendo un’azione civile contro la discriminazione, ha dichiarato discriminatorio il sistema di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica stabilito dal Comune di Milano - che prevedeva l’attribuzione di cinque punti in ragione esclusivamente della cittadinanza italiana del richiedente - in quanto finiva per imporre agli stranieri, pur regolarmente soggiornanti in Italia, condizioni più svantaggiose di accesso agli alloggi, e ciò solo in ragione del loro status di cittadini stranieri. In particolare, il giudice ha ritenuto che l’applicazione di tale sistema avesse come effetto inevitabile quello di determinare una condizione di favore per i cittadini italiani, con correlativa penalizzazione dei cittadini stranieri, osservando come non vi fosse alcuna ragione di interesse pubblico sottesa all’attribuzione dei punteggi nel modo anzidetto, né alcuna norma di legge che consentisse all’amministrazione di procedere in tal senso83. Argomentazioni non dissimili da quelle compiute dalla Corte costituzionale nella sentenza 432/2005 in materia di prestazioni assistenziali.

Sebbene questo profilo sia stato ormai chiarito dalla giurisprudenza, civile e costituzionale, continuano a registrarsi provvedimenti locali che escludono del tutto gli stranieri da prestazioni sociali anche in materia di accesso agevolato all’abitazione, nelle forme di incentivi economici per l’acquisto o l’affitto di una casa84.

Più in generale previsioni di questo tipo contrastano anche con la normativa comunitaria in materia di libera circolazione delle persone e divieto di

Nell’ordinanza si afferma infatti che la disciplina della Regione Lombardia sarebbe in contrasto anche con lo stesso art. 40, comma 6, del testo unico, poiché i cinque anni di residenza richiesti sono chiaramente finalizzati ad introdurre un criterio selettivo che sostanzialmente impedisce l’accesso al beneficio a tutti i lavoratori immigrati, in contrasto anche con la chiara indicazione della giurisprudenza costituzionale, la quale afferma che il diritto degli stranieri immigrati ad accedere all’e.r.p. è «già riconosciuto in via di principio» dal testo unico (sentenza n. 300 del 2005).

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Si veda Tribunale Milano, sentenza 21 marzo 2004, n. 3614.

84 Cfr. al riguardo Comune di Alzano Lombardo, Regolamento per l’accesso agevolato alla casa per

giovani coppie nei centri storici, approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 79 del 3 dicembre 2009. In particolare le azioni previste riguardano, tra l’altro, l’erogazione di incentivi economici per l’acquisto della prima casa e di incentivi economici per l’affitto della prima casa. Tuttavia i requisiti generali di accesso sono: a) essere cittadini italiani; b) uno dei due soggetti residenti in comune di Alzano Lombardo da almeno 3 anni; c) non essere proprietari, essi stessi o il coniuge non legalmente separato, di altra abitazione e non aver ottenuto l’assegnazione in proprietà, o con patto di futura vendita, di altro alloggio costruito a totale carico o con il concorso o contributo o con finanziamento agevolato dello Stato o di altro ente pubblico.

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discriminazione per ragioni di nazionalità. Al riguardo la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia proprio in riferimento ad una disciplina locale che, nell’ambito di un concorso per l’assegnazione di appartamenti ad affitto agevolato a studenti universitari, ha richiesto la cittadinanza italiana e la residenza quinquennale sul territorio85.