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I diritti previdenziali dello straniero regolare

VII. Ambito di indagine e scopo del lavoro

3. I diritti previdenziali dello straniero regolare

La particolare attenzione riservata dal nostro Costituente al lavoro risulta evidente nell’art. 38, comma secondo, Cost., il quale prevede che «i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi, adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria». Ricordiamo infatti che il primo comma del medesimo articolo prevede per i cittadini inabili al lavoro esclusivamente il mantenimento e l’assistenza sociale.

La Costituzione tiene quindi distinta la disciplina protettiva dei rischi e dei bisogni che possono colpire i lavoratori da quella degli altri cittadini, imponendo a loro vantaggio un sistema di sicurezza sociale particolarmente qualificato209, in considerazione del contributo di benessere offerto alla collettività per mezzo della loro opera, oltre che, naturalmente in considerazione delle contribuzioni previdenziali da loro prestate210. Aspetto caratterizzante del sistema previdenziale è infatti il rapporto di reciprocità tra prestazione lavorativa e trattamento pensionistico: da un lato, i lavoratori, in ragione della loro opera, con il diritto alla retribuzione, acquisiscono un connesso diritto alle prestazioni previdenziali; dall’altra parte, proprio l’instaurazione del rapporto di lavoro con il relativo adempimento dell’obbligo contributivo è tramite importante, anche se non esclusivo, per il finanziamento degli enti previdenziali.

Anche ai lavoratori stranieri devono quindi essere riconosciuti i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati grazie al lavoro, in condizione di parità

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Nella delega si prevedeva un intervento del governo nel senso della possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo a favore dei lavoratori extracomunitari che avessero denunciato alle autorità competenti la loro posizione irregolare e la non applicazione delle sanzioni per i datori di lavoro che, autodenunciandosi, avessero regolarizzato i dipendenti stranieri irregolari. Un meccanismo, quest’ultimo, simile a quello contenuto nell’art. 1-ter del d.l. 78/2009, convertito nella l. 102/2009, ma riservato esclusivamente ai datori di lavoro che avessero impiegato irregolarmente alle loro dipendenze cittadini italiani o stranieri nell’ambito del lavoro di assistenza familiare e personale.

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Il Costituente non ha voluto limitare la garanzia del lavoratore ad un minimo alimentare, per non frustrare l’esigenza di adeguatezza rispetto al tenore di vita acquisito dal lavoratore e dalla sua famiglia posta a specifica tutela dalla Costituzione. I mezzi adeguati per vivere, pur includendoli, non possono quindi esaurirsi nei mezzi necessari per vivere, ma anche il soddisfacimento di ulteriori esigenze relative al tenore di vita dei lavoratori. Si confronti al riguardo la formulazione utilizzata nel primo comma, con riferimento ai cittadini, e quella del secondo comma, in riferimento ai lavoratori.

210 Sul punto si veda C.T

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con i lavoratori stranieri. Ciò per molteplici concorrenti ragioni. In primo luogo per il combinato disposto dell’art. 38 con gli artt. 2 e 3 Cost., in quanto anche i diritti previdenziali possono considerarsi diritti fondamentali in riferimento ai quali non sembra ammissibile alcuna ragionevole distinzione tra cittadini e stranieri. In secondo luogo in forza degli artt. 10, comma 2, Cost. e 117 Cost., in riferimento alle fonti internazionali che l’Italia ha ratificato, in primis le Convenzioni OIL, che assicurano sul punto parità di trattamento.

Tale ricostruzione trova peraltro conferma anche nella legislazione ordinaria211. Nel rispetto del principio di territorialità e di parità di trattamento, i cittadini stranieri che svolgono in Italia una regolare attività lavorativa possono ottenere, con il versamento dei contributi previdenziali all’INPS, le stesse prestazioni pensionistiche previste per i lavoratori italiani.

Più precisamente, in caso di rimpatrio, il lavoratore extracomunitario che abbia lavorato regolarmente nel nostro territorio conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati in Italia e può usufruire di tali diritti, anche se non sussistono accordi di reciprocità con il Paese di origine (al riguardo si parla di esportabilità delle prestazioni)212. In tal modo anche allo straniero che sia rientrato nel Paese di origine è garantita la pensione di vecchiaia213.

Qualora lo straniero abbia lavorato in altri Stati e richieda poi in Italia l’accesso al sistema previdenziale, occorre invece una norma internazionale che consenta la totalizzazione dei periodi contributivi compiuti nei vari Paesi. In tal caso, infatti, ogni Paese somma virtualmente i periodi compiuti in altri Paesi per il raggiungimento del requisito contributivo previsto nella propria legislazione e, al raggiungimento dell’età pensionabile, versa all’interessato la quota di pensione corrispondente ai periodi compiuti ai sensi della propria legislazione. Infatti, questi accordi internazionali mirano a garantire ai lavoratori migranti la stessa tutela prevista dalle singole legislazioni nazionali per i soggetti che hanno sempre lavorato nello stesso Stato, garantendo il mantenimento dei diritti214. Tuttavia, per quanto riguarda le Convenzioni attualmente operative nell’area dei Paesi interessati al partenariato UE – Africa, risultano ratificate solo quelle concluse con la Tunisia e Capo Verde215. Di fatto quindi tale possibilità risulta fortemente limitata.

211 Per un commento alla legislazione in materia di previdenza e lavoro, cfr. M. L

A TERZA, Le pensioni dei lavoratori migranti nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte di Cassazione, in RDSS, anno VIII, 2/2008, 427 e ss., e G.TURATTO, Previdenza e lavoro. Un’analisi delle disparità di trattamento, in Rivista delle Politiche sociali, 3/2004, 277 e ss.

212 Cfr. art. 22, comma 13, del testo unico.

213 Con riferimento alla pensione di vecchiaia, devono tuttavia distinguersi due casi a seconda che la

pensione venga calcolata con il sistema contributivo o retributivo. Nel primo caso, i lavoratori extracomunitari, assunti dopo il 1° gennaio 1996, possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anche se non sono maturati i requisiti previsti dalla legislazione previdenziale applicabile ai lavoratori italiani (almeno 5 anni di contribuzione legati ad un’effettiva attività lavorativa). Nel secondo caso, i lavoratori extracomunitari assunti prima del 1996 possono percepire, in caso di rimpatrio, la pensione di vecchiaia (calcolata con il sistema retributivo o misto), al compimento del sessantacinquesimo anno di età se uomini e sessantesimo se donne, ma solo se gli stessi abbiano maturato un minimo di 20 anni di contribuzione.

214 Generalmente le convenzioni dispongono che, per aver diritto alla totalizzazione, i periodi

contributivi in ciascuno Stato devono essere ciascuno di durata almeno annuale.

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Un trattamento previdenziale a parte è poi riservato ai lavoratori stagionali. Infatti, in considerazione della durata limitata dei contratti nonché della loro specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro stagionale si applicano solo alcune forme di previdenziale e assistenza obbligatoria216.