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La salute dello straniero irregolare Garanzie ed effettività

VII. Ambito di indagine e scopo del lavoro

2. La salute dello straniero irregolare Garanzie ed effettività

Soprattutto a seguito dell’entrata in vigore del reato di ingresso e soggiorno illegale nello Stato, occorre soffermarsi sull’effettività del diritto alla salute dello straniero irregolare. L’introduzione di una fattispecie penale di questo tipo è infatti idonea ad incidere profondamente sul complesso dei diritti dello straniero irregolare, i quali pur affermati sulla carta potrebbero tuttavia non essere effettivamente garantiti. Si pensi in primo luogo al timore di segnalazione all’autorità giudiziaria che lo straniero irregolare potrebbe avere nel richiedere certe prestazioni agli apparati pubblici. Come noto, infatti, i soggetti che rivestono la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio sono soggetti all’obbligo di denuncia ai sensi degli artt. 331 c.p.p.

A presidio della tutela della salute dello straniero irregolare il testo unico prevede, fin dalla sua entrata in vigore nel 1998, un esplicito divieto di segnalazione66 dello straniero irregolare che abbia accesso alle strutture sanitarie, il quale, come è stato osservato67, costituisce una delle condizioni individuate dal legislatore delegato al fine di garantire l’attuazione del nucleo essenziale di tale diritto, senza la quale la costruzione garantistica assicurata dal sopracitato art. 35 è destinata a perdere la propria effettività. Come evidenziato anche dalla Corte costituzionale68, infatti, tale previsione conferma il favor per la salute della persona che connota tutta la disciplina in materia e costituisce uno degli strumenti attraverso il quale il legislatore ha voluto evitare che dalla condizione di irregolarità derivasse un ostacolo all’erogazione delle prestazioni terapeutiche indicate dallo stesso testo unico.

Alla luce di tali considerazioni si comprendono quindi le molteplici critiche che ha sollevato la proposta69, in sede di discussione del d.d.l. S-733 (approvato e divenuto l. 94/2009), di abrogare tale divieto di segnalazione70. L’emendamento non è stato comunque approvato e la l. 94/2009 ha riaffermato tale principio escludendo espressamente dall’obbligo di esibire i documenti di soggiorno lo straniero che richieda provvedimenti inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’art. 35 del testo unico (art. 6, comma 2, del testo unico). Nonostante ciò, non si può far a

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In particolare l’art. 35, comma 5, del testo unico prevede che «l’accesso alle strutture sanitarie […] non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».

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Sul punto S. PENASA, Diritto alla salute, diritto di tutti? Riflessioni a prima lettura sulle possibili innovazioni legislative in materia di accesso alle cure degli stranieri irregolari, in www.forumcostituzionale.it.

68 Corte cost. sent. 252/2001, § 4 Cons. in dir. 69

Si trattativa dell’emendamento presentato dal capogruppo della Lega Nord, on. Federico Bricolo, approvato von 156 voti a favore, 132 contrari e 1 astenuto.

70 Molti si sono interrogati sulle eventuali conseguenze di una tale modifica, se da ciò sorgesse una

mera facoltà o un obbligo di segnalazione penalmente sanzionato, quello che è certo è che lo straniero irregolare, pur in presenza di patologie di non lieve importanza, sarebbe indotto a rinunciarvi, per non correre il rischio di essere denunciato ed espulso. Sulle varie ipotesi cfr. E.ROSSI, L’abolizione del divieto per le strutture sanitarie di denunciare gli stranieri irregolari, in www.forumcostituzionale.it.

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meno di rilevare come molte Regioni abbiano comunque sentito la necessità di emanare direttive e circolari che ribadissero tale divieto71. Del resto anche lo stesso Ministero dell’Interno, chiamato a fornire un chiarimento sull’attualità del divieto di segnalazione dello straniero irregolare, in seguito all’entrata in vigore della legge 94/2009, è intervenuto confermando la vigenza dell’art. 35, comma 5, del testo unico72. Tale disposizione fa comunque salvi i casi in cui il personale sanitario sia tenuto all’obbligo del referto, ai sensi dell’articolo 365 del codice penale, in presenza, cioè, di delitti per i quali si deve procedere d’ufficio. Il Ministero dell’Interno ha però chiarito che tale obbligo non sussiste per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, attesa la sua natura di contravvenzione e non di delitto. Inoltre, è lo stesso articolo 365 ad escludere espressamente l’obbligo di referto nel caso in cui il referto medesimo esporrebbe l’assistito a procedimento penale73.

A tale garanzia se ne affianca un’altra di creazione giurisprudenziale concernente il divieto di espulsione dello straniero non regolarmente presente sul territorio che necessiti di cure urgenti e indifferibili. La Corte costituzionale, con una sentenza interpretativa di rigetto, ha infatti precisato che lo straniero irregolare non può essere espulso qualora l’esecuzione dell’espulsione possa comportare «un irreparabile pregiudizio al suo diritto alla salute ricadente nella tutela costituzionale»74.

Spetta quindi al giudice - chiamato a decidere sulla convalida del provvedimento di espulsione - il compito di valutare caso per caso le esigenze di salute dell’interessato. Del resto ci troviamo di fronte a due valori costituzionali: da un lato, la tutela della salute, dall’altro «il compito ineludibile dello Stato di presidiare le proprie frontiere», affermato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza

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Al riguardo si segnala: la circolare della Giunta Regionale della Regione Toscana - Assessorato al Diritto alla Salute del 9 luglio 2009; Circolare della Regione Puglia - Assessorato alle Politiche della Salute del 4 agosto 2009; la circolare della Regione Lazio - Dipartimento sociale - Direzione regionale programmazione sanitaria - Programmazione dei servizi territoriali e delle attività distrettuali e dell’integrazione socio sanitaria del 5 agosto 2009; la circolare della Giunta regionale della Regione Umbria - Direzione regionale sanità e servizi sociali del 7 agosto 2009; la circolare della Giunta regionale della Regione Marche - Assessorato Tutela della Salute, veterinaria, volontariato, acque minerali Termali e di sorgente del 10 agosto 2009; la circolare della Regione Liguria - Dipartimento salute e servizi sociali - Settore assistenza ospedaliera e specialistica del 14 agosto 2009; la circolare della Regione Campania del 17 agosto 2009; la circolare della Giunta regionale della Regione Veneto del 18 agosto 2009; la circolare della Giunta Regionale della Regione Calabria - Dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie del 10 settembre 2009; la circolare della Regione Emilia Romagna - Assessorato politiche per la salute del 15 settembre 2009; la circolare della Provincia autonoma di Bolzano - Assessore alla famiglia, alla sanità e alle politiche sociali del 23 settembre 2009; la circolare della Regione Molise - Assessorato alle politiche per la salute del 13 ottobre 2009; la circolare della Regione Siciliana - Assessorato della sanità - Dipartimento regionale per la pianificazione ed integrazione socio-sanitaria del 27 ottobre 2009.

72 Circolare del Ministero dell’Interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del 27

novembre 2009, n. 12

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Circolare del Ministero dell’Interno cit.

74 Corte cost. sent. 251/2002 cit. I1 caso riguardava un cittadino senegalese che aveva subito

un’amputazione alla gamba nel paese di origine e che si era recato in Italia per la sostituzione della protesi inadeguatamente applicata. La Corte costituzionale, attraverso una decisione interpretativa di rigetto, ha chiarito la portata dell’art. 19, comma 2, del testo unico, ricomprendendovi anche lo straniero bisognoso di cure, precisando tuttavia che la valutazione sullo stato di salute del soggetto deve essere effettuata in riferimento al caso concreto, secondo il prudente apprezzamento medico.

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353/1997, tra i quali non può che prevalere il primo, trattandosi di un bilanciamento tra valori gerarchicamente differenziati data la fondamentalità del diritto alla salute75. È stato tuttavia osservato76 come la scelta di affidare alla sola volontà del giudice la tutela del diritto alla salute a fronte di un decreto di espulsione, senza ritenere che sussista alcun onere per il legislatore, finisca inevitabilmente per affievolire il livello di tutela del diritto medesimo77. Il diritto alla salute dello straniero può infatti prevalere rispetto all’esecuzione di un provvedimento di espulsione soltanto dopo l’esame del singolo caso, sempre che avvenga prima dell’esecuzione dell’espulsione78, e tenendo conto delle previsioni del testo unico in materia di assistenza sanitaria degli stranieri79.

Inoltre, come sopra anticipato, in giurisprudenza si sono originati orientamenti interpretativi differenti in relazione alla nozione di «cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché non continuative», a norma dell’art. 35 del testo unico.

La questione controversa riguarda, in primo luogo, l’ambito di estensione di tali cure, soprattutto con riferimento ai trattamenti post operatori, riabilitativi di mantenimento o controllo. Un primo e più risalente orientamento fa rientrare in tale nozione soltanto le cure urgenti o comunque essenziali per l’immediata sopravvivenza dello straniero irregolare80; un secondo orientamento tende invece a

75 Sul punto si veda anche E.R

OSSI, L’abolizione del divieto cit.

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Sul punto F. SCUTO, Il diritto sociale alla salute, all’istruzione e all’abitazione degli stranieri «irregolari»: livelli di tutela, in Rassegna Parlamentare, 2008, 401.

77 Al riguardo si vedano le osservazioni di A.A

LGOSTINO, Espulsione dello straniero e tutela del diritto alla salute: spetta al giudice decidere caso per caso, in Giur. it., 2002, 909, e V. CASAMASSIMA, Il diritto all’assistenza sanitaria degli stranieri in Italia, in M.REVENGA SANCHEZ (a cura di), Problemas constitucionales de la inmigration: una vision desde Italia y España, Tirant lo Blanch, Valencia, 2005, 448.

78 Al riguardo deve peraltro evidenziare come lo stesso sistema delle espulsioni non garantisca sempre

un intervento del giudice prima che l’espulsione sia eseguita. Sul punto si veda A. PUGIOTTO, «Purché se ne vadano» cit., il quale richiama l’ipotesi in cui lo straniero sia espulso ai sensi dell’art. 3, d.l. 27 luglio 2005, n. 144, recante “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale”, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 155, e l’ipotesi del cosiddetto “respingimento differito alla frontiera”, ai sensi dell’art. 10, comma 2, lett. a) e b), del d.lgs. 286/1998. Nella prima l’allontanamento è infatti integralmente gestito dall’autorità amministrativa, e non è mai previsto l’intervento di un giudice né per convalidare l’ordine di espulsione né per autorizzarne l’esecuzione coattiva. Nella seconda ipotesi manca una sede giurisdizionale chiamata a pronunciarsi prima che il respingimento si compia.

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In particolare, da un punto di vista probatorio, è stato precisato come la valutazione dello stato di salute del soggetto e dell’indifferibilità ed urgenza delle cure debba essere effettuata caso per caso, secondo il prudente apprezzamento medico, se del caso ricorrendo ai mezzi istruttori che la legge consente di utilizzare, anche nel corso di un procedimento d’impugnazione dell’espulsione, per quanto caratterizzato da concentrazione e da esigenze di rapidità, di modo che non si possa eseguire l’espulsione nei confronti di colui che, per via dell’immediata attuazione del provvedimento, potrebbe subire irreparabile pregiudizio al suo diritto costituzionale alla salute. Cfr. Cass. civ., Sez. I, 27.1.2005, n. 1690, conforme Cass. Civ., sez. I, 22.9.2006, n. 20561.

80 Al riguardo cfr. Cass. civ., Sez. I, sentenza 14.12.2001, n. 15830, con la quale è stato negato il

diritto all’assistenza allo straniero entrato clandestinamente sul territorio e tossicodipendente, perché l’assistenza di cui all’art. 35 del testo unico riguarda cure urgenti ed essenziali, mentre la tossicodipendenza è situazione volontaria e cronica o, comunque, che si estende nel tempo. Si tratterebbe cioè di uno stato patologico dal quale non deriva necessariamente un imminente pericolo di vita.

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ricomprendervi anche le terapie necessarie a ristabilire il benessere fisico e psichico del paziente (es. riabilitazione)81. Tale garanzia comprenderebbe cioè non soltanto le prestazioni rese nell’area del “pronto soccorso” e della medicina d’urgenza, ma si estenderebbe anche a tutte quelle prestazioni essenziali per la vita dello straniero che i presidi sanitari pubblici possono fornire, compresi gli interventi ritenuti necessari dalla scienza medica per l’eliminazione della patologia82.

Di recente la Cassazione è tuttavia tornata sul punto, precisando (e restringendo) l’ambito di applicazione di tale affermazione. La Corte, pur ribadendo che la sottoposizione a terapie successive ad un intervento chirurgico o la somministrazione immediata di farmaci essenziali per la sua efficacia legittimano la presenza sul territorio di uno straniero irregolare, ha affermato che qualora si tratti di trattamenti di mantenimento o controllo che, «pur se indispensabili ad assicurare una spes vitae per il paziente, fuoriescono dalla correlazione strumentale con l’efficacia immediata dell’intervento sanitario indifferibile e urgente», essi non giustificano la permanenza nel territorio dello straniero83.

Ne consegue quindi che la mancata previsione di una specifica norma che impedisca, precisandone le condizioni, il divieto di espulsione dello straniero irregolare dal territorio lascia alla giurisprudenza la tutela del fondamentale diritto alla salute, con esiti non sempre uniformi.

Un problema di ordine generale deriva poi dalla constatazione che l’attribuzione formale del diritto alla salute a tutti gli stranieri non è comunque sufficiente a garantirne l’accesso nella pratica. Le difficoltà di comunicazione linguistica e le

81 Secondo quest’ultimo arresto giurisprudenziale, allo straniero non può essere applicata

temporaneamente la misura dell’espulsione dal territorio nazionale fino a che le terapie (altrimenti non realizzabili nel paese di origine dello straniero), necessarie a ristabilire il proprio benessere fisico e mentale, debbano essere completate e persista una possibile ripercussione negativa sulla sua integrità fisica.

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Cfr. Cass. Civ., sez. I, 22.9.2006, n. 20561, cit. I1 caso riguardava un cittadino peruviano che si era sottoposto ad un intervento chirurgico alla retina e che, in attesa di un secondo intervento, che doveva eseguirsi dopo pochi mesi, effettuava periodiche sedute di laser-terapia, necessarie per il recupero della funzione visiva. In primo grado, i1 giudice di pace, respinto il ricorso in opposizione all’espulsione amministrativa comminata dal prefetto di Bologna per irregolarità nel soggiorno, motivava che la copertura normativa ex art. 35, comma 3, era riferita esclusivamente alle sole terapie essenziali ed urgenti, ma non a quelle riguardanti la riabilitazione del paziente. La Corte di Cassazione ha invece ritenuto che nel concetto di terapie essenziali e continuative debbano rientrare anche le cure ambulatoriali effettuate tra il primo intervento chirurgico ed il secondo, estendendo quindi la portata dell’art. 35 del testo unico anche a tutte quelle prestazioni essenziali per la vita dell’irregolare che debbano «essere completate nell’arco di tempo necessario e sufficiente secondo la scienza medica». La sentenza ribadisce inoltre che la valutazione dello stato di salute e l’indifferibilità o meno delle cure debbano essere rimesse esclusivamente al prudente apprezzamento medico; gli accertamenti giurisdizionali, supportati da idonei mezzi istruttori, devono avere invece lo scopo di verificare caso per caso l’urgenza e la necessità delle terapie. Ulteriore elemento di novità della sentenza è lo specifico riferimento al valore universale e costituzionale del diritto alla salute inteso come stato di benessere fisico, sociale e mentale e non solo come assenza di malattia e di infermità. Al riguardo cfr. il commento di C.LAZZERI, Il diritto alla salute e la nuova apertura della Corte di Cassazione, in Dir. Imm. e Citt., 1/2007, 86 e ss. In riferimento alla necessità di superare un’interpretazione restrittiva dell’art. 35, comma 3, in relazione alle cure continuative, cfr. già A.ORITI, Accesso alle cure degli stranieri presenti in Italia, in Dir. Imm. e Citt., 4/2005, 90.

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Sul punto si veda da ultimo Cass., Sez. I, n. 1531 del 2008, in riferimento ad una terapia anticoagulante post operatoria.

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differenze culturali possono infatti costituire ostacoli tutt’altro che secondari all’effettivo accesso degli stranieri alle cure84.

Da questo punto di vista, è sempre più avvertita la necessità di inserire stabilmente in tali strutture mediatori culturali in grado di facilitare l’interazione fra i servizi socio-sanitari e i cittadini immigrati, anche al fine di attuare una piena parità degli stranieri nell’accesso ai servizi sanitari pubblici. Al riguardo sono stati programmati ed attuati alcuni interventi a livello statale che hanno visto il coinvolgimento dell’INMP, Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti ed il contrasto delle malattie delle povertà85.