VII. Ambito di indagine e scopo del lavoro
1. Prestazioni a favore delle famiglie
Anche altre prestazioni di natura sociale sono state oggetto di discipline regionali e locali dichiarate discriminatorie dalla giurisprudenza. Alcune regioni e enti locali hanno infatti istituito prestazioni di natura economica a favore delle famiglie numerose o degli studenti residenti sul proprio territorio, limitando tuttavia la fruizione delle stesse al possesso della cittadinanza o alla durata della residenza sul proprio territorio.
Emblematica, al riguardo, la questione del bonus bebè istituito dal Comune di Brescia, che ha provocato ben quattro pronunce del tribunale di Brescia. La delibera istitutiva della provvidenza aveva infatti limitato l’erogazione a favore delle sole famiglie di ogni bambino nato nel 2008, purché almeno un genitore fosse italiano53.
Il giudice54, adito ai sensi dell’art. 44 del testo unico, ha ritenuto che tale misura, pur non avendo carattere razziale55, dovesse ritenersi discriminatoria in quanto «non può ritenersi oggettivamente legittima la finalità di agevolare la natalità dei cittadini italiani, per il semplice motivo che non può considerarsi ragionevole il tentativo di indurre chicchessia a procreare sulla base di un mero soccorso economico»56.
Interessante è tuttavia anche il seguito della vicenda. Infatti, nonostante il giudice avesse ordinato l’estensione del beneficio a prescindere dal possesso della cittadinanza, il Comune sopprimeva l’incentivo economico per tutti, italiani e stranieri motivandolo con l’impossibilità di dare attuazione alla «finalità prioritaria di sostegno alla natalità delle famiglie di cittadinanza italiana»57. Il tribunale è quindi nuovamente intervenuto sulla questione ordinando la cessazione della condotta discriminatoria e rilevando il carattere ritorsivo della condotta comunale che di fatto si limitava a paralizzare gli effetti della prima decisione giudiziale, con un
53 Cfr. delibera del 21 novembre 2008 del Comune di Brescia. Si trattava dell’importo di euro 1000
per ogni nato nel 2008.
54
Cfr. tribunale di Brescia, ordinanza 26.1.2009, n. 335, confermata in sede di reclamo con ordinanza del 20 febbraio 2009.
55 Infatti, come si osserva anche nell’ordinanza, nella delibera in questione il diritto al “bonus bebè” è
attribuito anche per i figli di coppie di genitori costituite da un/a cittadino/a italiano/a e da uno/a straniero/a, il che, alla radice, impone di escludere una matrice razziale alla delibera stessa e al suo contenuto.
56 Considerazioni estensibili anche agli analoghi provvedimenti adottati a livello statale, supra
Capitolo 1 § 5.3. Il giudice bresciano osserva inoltre che: «Neppure può, comunque, ritenersi che, i mezzi adottati per “agevolare” la natalità dei cittadini italiani residenti in Brescia siano appropriati e necessari: a) l’istituzione del c.d. “bonus bebè” non può essere idonea a favorire la natalità dei cittadini italiani residenti in Brescia, poiché deliberata nel novembre del 2008 in favore dei nati nel 2009 e, perciò, non appropriata, né necessaria per favorire la natalità; b) la somma di mille euro, prevista “una tantum”, non è sufficiente a determinare nessun cittadino italiano (dotato di un minimo di razionalità) a procreare».Sul punto si veda Tribunale di Bergamo, Sez. Lavoro, Ordinanza del 28 novembre 2009, con la quale sono state dichiarate discriminatorie le delibere con cui il Comune di Brignano Gera d’Adda ha previsto la concessione di una provvidenza economica, riservata ai soli cittadini italiani, per far fronte a particolari condizioni di bisogno, individuate nella perdita del lavoro o nella necessità di affrontare spese dentistiche od oculistiche in favore di soggetti minorenni.
184
comportamento che, pur ristabilendo una parità di trattamento tra italiani e stranieri, risultava pregiudizievole sia per le vittime che per gli originari beneficiari58.
Ai fini più generali della nostra indagine, la questione merita quindi una particolare attenzione anche sotto il profilo del costo dei diritti. Infatti, una delle argomentazioni spese dal Comune in sede giudiziaria è stata anche quella economica, relativa all’incapienza del fondo costituito per l’erogazione del bonus. Il giudice non ha tuttavia accolto tale difesa rilevando come fin dall’inizio l’amministrazione non avesse valutato la consistenza della possibile platea dei destinatari e che, in ogni caso, non era stato spiegato perché uno stanziamento “presunto” non potesse essere integrato a consuntivo. Le potenzialità della normativa antidiscriminatoria possono quindi apprezzarsi anche sotto questo ulteriore profilo: in tale materia, un errore – colposo o doloso – delle amministrazioni erogatrici nell’individuare la categoria dei beneficiari di una prestazione potrebbe avere ingenti e imprevedibili conseguenze sul bilancio dell’ente medesimo.
Finalizzate a restringere la platea dei possibili beneficiari di origine straniera sono invece quelle discipline regionali che hanno subordinato l’erogazione di certe prestazioni sociali alla durata della residenza sul territorio. Così, in Friuli, gli assegni
una tantum correlati alle nascite e alle adozioni sono erogati soltanto ai nuclei
familiari nei quali almeno uno dei genitori sia residente da almeno dieci anni, anche non continuativi, sul territorio nazionale, di cui almeno 5 nel territorio regionale, ovvero che per il medesimo periodo vi abbiano prestato attività lavorativa59, e l’erogazione della carta famiglia60 è subordinata tanto alla residenza sul territorio nazionale per almeno otto anni, quanto a quella sul territorio regionale per almeno un anno61. È evidente come l’elevato numero di anni ivi previsto sia idoneo a
58 Cfr. Tribunale di Brescia, ordinanza del 12 marzo 2009, confermata in sede di reclamo con
l’ordinanza 27 maggio 2009.
59
Cfr. art. 10, comma 25, della L.R. Friuli-Venezia Giulia 17/2008, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione (Legge finanziaria 2009)”. L’art. 10, comma 25, inserisce dopo l’articolo 8 della L.R. 11/2006, l’art. 8 bis, rubricato “Sostegno alle nascite”.
60
La “Carta Famiglia” è un beneficio socio-assistenziale che attribuisce al titolare (genitore con almeno un figlio a carico) il diritto soggettivo all’applicazione di agevolazioni consistenti nella riduzione di costi e tariffe o nell’erogazione diretta di benefici economici per la fornitura di beni e servizi significativi nella vita familiare, ovvero di particolari imposte e tasse, nel rispetto della normativa statale in materia tributaria (art. 10, commi 2 e 5, L.R. Friuli 11/2006, recante “Interventi regionali a sostegno della famiglia e della genitorialità”).
61 Con l’art. 11, comma 13, della L.R. Friuli 12/2009, è stato modificato il requisito soggettivo di
anzianità di residenza ai fini dell’accesso alla “Carta Famiglia” Tale requisito di anzianità di residenza, previsto nel testo originario della legge n. 11/2006 nel termine di «almeno un anno in regione», è stato portato ad «almeno otto anni in Italia di cui uno in regione». Al riguardo l’UNAR ha sottolineato che la normativa regionale «potrebbe concretizzare, dunque, l’ipotesi di una discriminazione indiretta [...] nei confronti di cittadini comunitari o extracomunitari titolari di pds di lungo soggiorno o carta di soggiorno o ancora di rifugiati o beneficiari di protezione sussidiaria». Tale discriminazione consisterebbe nel prevedere un’anzianità di residenza tale da porre i non residenti (cittadini comunitari e stranieri) in una posizione di svantaggio particolare e sproporzionato rispetto ai cittadini italiani, integrando così gli estremi del concetto di discriminazione indiretta o dissimulata vietata dal diritto europeo (Trattato CE, Convenzione europea sui diritti dell’Uomo e, specificatamente, Direttive 2000/43 e 2000/78). Sul punto si vedano i commenti dell’ASGI, sul sito www.asgi.it.
185
pregiudicare maggiormente i cittadini extracomunitari, che difficilmente saranno residenti sul territorio regionale da così lungo tempo62.
Tuttavia il giudice amministrativo ha annullato anche la deliberazione della Giunta regionale lombarda che aveva istituito un particolare contributo finanziario regionale a favore delle famiglie numerose con tre o più figli subordinato alla residenza sul territorio regionale e al possesso del permesso CE per soggiornanti di lungo periodo. In tal caso, pur non essendo richiesta una residenza prolungata sul territorio, la normativa è stata ritenuta comunque illegittima, in quanto contrastante con l’art. 41 del testo unico, che, come anticipato nel capitolo primo, prevede l’accesso a tali prestazioni per lo straniero in possesso del semplice permesso annuale.63.