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Il diritto di agire in riduzione è un diritto potestativo 500 a carattere patrimoniale 501 , come tale disponibile.

2. Nella vigenza del codice Pisanelli l’elaborazione dottrinale

2.7. Il diritto di agire in riduzione è un diritto potestativo 500 a carattere patrimoniale 501 , come tale disponibile.

Il diritto potestativo può realizzarsi prescindendo da una pronuncia giudiziale come accade, ad esempio, nella risoluzione del contratto per inadempimento a seguito di clausola risolutiva espressa (art. 1456 cod. civ.) con riferimento alla quale l’intervento giudiziale diretto a dirimere il contrasto tra le parti ha natura di mero accertamento502 ovvero, come accade nella domanda di riduzione (artt. 554 e ss. cod. civ.), può attuarsi soltanto attraverso l’intervento giudiziale.

Nel giudizio di riduzione, la posizione del convenuto che ha ricevuto beni in misura superiore alla quota disponibile dell’ereditando è di soggezione, speculare al diritto potestativo del legittimario di incidere sulla sua sfera giuridica.

Il convenuto, in mancanza di accordo del legittimario sull’ammontare della legittima violata (cd. accordi di integrazione503), non può sottrarsi al giudizio di riduzione e perciò versa in situazione di vera e propria soggezione.

Non sono legittimati passivi alla domanda di riduzione i terzi aventi causa o possessori dei beni con cui la legittima deve essere integrata che sono, invece, legittimati passivi della diversa azione di restituzione conseguente al vittorioso esperimento dell’azione di

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari nell'ambito

della medesima categoria, occorre far riferimento alla situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o prescrizione, dell'azione di riduzione da parte di taluno dei legittimari”.  

500 Cass 28 marzo 1997, n. 2773 in Il civilista 2009, 11, pag. 73 con nota di BARDARO; Cass. 20 gennaio 2009, n. 1373 in Foro It. 2009, fasc. 5, col. 1435. Sul diritto potestativo, cfr. supra, pag. 91 e ss.  

501 MENGONI, Successione per causa di morte cit., pag. 302 osserva che la quota di legittima è diritto patrimoniale, disponibile e cedibile assieme ai mezzi che il legislatore ha predisposto per la sua tutela.  

502 Cfr. Cass. 14 novembre 2006, n. 24207 in Giust. civ. Mass. 2006, fasc. 11, che in tema di risoluzione del contratto di locazione di immobili, perché la risoluzione stessa possa essere dichiarata sulla base di una clausola risolutiva espressa, è richiesta la specifica domanda, con la conseguenza che, una volta proposta l'ordinaria domanda ai sensi dell'art. 1453 c.c., con l'intimazione di sfratto per morosità, non è possibile mutarla in domanda di accertamento dell'avvenuta risoluzione "ope legis" di cui all'art. 1456 c.c., in quanto quest'ultima è diversa dalla prima, sia per quanto concerne il "petitum" - perché con la domanda di risoluzione ai sensi dell'art. 1453 si chiede una sentenza costitutiva mentre quella di cui all'art. 1456 postula una sentenza dichiarativa - sia per quanto concerne la "causa petendi" - perché nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell'art. 1453, il fatto costitutivo è l'inadempimento grave e colpevole, nell'altra, viceversa, la violazione della clausola risolutiva espressa.  

riduzione504.

Con l’azione di riduzione disciplinata dagli articoli 554 e ss. cod. civ., attraverso l’impugnativa dell’atto inter vivos (donazione) o mortis

causa (disposizione testamentaria a favore di eredi o legatari) lesivo

della quota che la legge gli riserva, il legittimario mira a procurarsi l’utile corrispondente alla quota di legittima intaccata dall’ereditando. La relativa domanda ha carattere personale e non reale perché si propone non già contro chi al momento è titolare del bene (es.: terzo acquirente), bensì nei confronti di chi ha beneficiato della disposizione lesiva (donatario, legatario, erede), ancorchè questi si sia successivamente spogliato del bene505.

L’art. 557, primo comma, cod. civ. sancisce che “La riduzione delle

donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima non può essere domandata che dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa”506.

Nonostante l’art. 557, primo comma, cod. civ. utilizzi il plurale (legittimari), è ormai acquisito che la domanda di riduzione non è a carattere collettivo507, spettante, cioè, al gruppo di legittimari (es.: tutti i figli) a cui complessivamente la legge riserva una quota del patrimonio ereditario; trattasi, al contrario, di azione individuale, spettante a ciascun legittimario508 che si ritiene leso nella propria quota individuale di riserva e che conviene in giudizio il beneficiario della disposizione lesiva.

                                                                                                                         

504 Cass. 17 maggio 1980, n. 3243 in Giust. Civ. 1980, I, pag. 2193; Appello Lecce, 31 dicembre 1978, in Giur. Merito 1980, pag. 826.  

505 Per l’unanime giurisprudenza, l’azione di riduzione si configura come azione personale

contro il donatario, erede o legatario diretta a procurare al legittimario l’utile corrispondente alla quota di legittima; il legittimario, in altri termini, non ha un diritto reale sui beni donati o legati e non può proporre domanda contro chi è al momento titolare dei beni oggetto di disposizione (Cass. 22 marzo 2001, n. 4130 in Riv. Notariato 2001, pag. 1503; Cass. 13 dicembre 2005, n. 27414 in Giust. Civ. Mass. 2005, fasc. 12).  

506 Dal lato attivo, la domanda di riduzione spetta in primo luogo ai legittimari, considerati in quanto tali e non come eredi. E’ proprio la legittimazione che la legge attribuisce direttamente al legittimario in quanto tale a consentire a quello escluso di acquistare, per effetto del vittorioso esercizio dell’azione di riduzione con cui reclama la sua “quota legittima” di eredità, la qualità di erede necessario che, in tal caso, è elemento del petitum dell’azione (così APICELLA-CARBONE, Successioni e donazioni a cura di Carbone, Milano 2011, pag. 94).

507 Cass. 3 settembre 2013, n. 20143 in Diritto & Giustizia 2013 con nota di ACHILLE in motivazione: “A ciò aggiungasi che il diritto alla reintegrazione della quota …. non è espressione di un'azione collettiva spettante complessivamente al gruppo dei legittimari”; nel medesimo senso, Cass. 13 dicembre 2005, n. 27414 cit.; Cass. dicembre 2011, n. 27770 in Giust. Civ. Mass. 2011, fasc. 12, pag. 1804.  

508 SESTA, Codice delle successioni e donazioni, Vol. I, Milano 2011, pag. 2; Cass. 28 novembre 1978, n. 5611 in Giur. It. Mass. 1978.  

Ne discende che “il diritto alla reintegrazione della quota, vantato da

ciascun legittimario, è autonomo nei confronti dell'analogo diritto degli altri legittimari”509 e che il giudicato sull'azione di riduzione

promossa vittoriosamente da uno di essi non giova agli altri.

La natura personale-individuale e “divisibile” nel senso dianzi indicato dell'azione510 comporta che non si possa configurare un litisconsorzio necessario nei confronti di tutti i legittimari, né dal lato attivo né da quello passivo, essendo necessario chiamare in giudizio unicamente il soggetto che ha beneficiato della disposizione che si assume lesiva511. Non è tuttavia precluso al legittimario che non abbia proposto la domanda di riduzione e che magari sia stato parte in un procedimento di divisione e riduzione promosso da altro legittimario, agire in separata sede nei confronti del beneficiario della disposizione lesiva nell’ordinario termine di prescrizione 512 purché non vi abbia rinunciato.

Ad integrare una siffatta rinuncia513 è necessario che il legittimario manifesti positivamente una simile la volontà e, ove manchi una rinuncia espressa, può inferirsi l’esistenza di una rinuncia tacita solo in base ad un comportamento inequivoco e concludente del soggetto interessato, incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione.

E’ da escludere, ad avviso della prevalente giurisprudenza, che la mancata costituzione nel giudizio di scioglimento della comunione ereditaria promosso da altro coerede esprima inequivocabilmente la volontà della parte convenuta contumace di rinunciare all’azione di riduzione 514.

Per espressa previsione normativa sono legittimati a chiedere la riduzione anche gli eredi dei legittimari, dal momento che subentrano in tutti i loro rapporti patrimoniali, nonchè gli aventi causa (legatari della legittima spettante al legittimario ovvero acquirenti a titolo gratuito o oneroso), con l’avvertenza che, in caso di preterizione del

                                                                                                                         

509 Cass. 3 settembre 2013, n. 20143 cit., in Diritto & Giustizia 2013.  

510 Trattato di diritto delle successioni e donazioni a cura di Bonilini cit., Vol. III, pag. 550. 511 Cass., 13 dicembre 2005, n. 27414 cit.,in Giust. Civ. Mass. 2005; fasc. 12; Cass. 21 marzo 1983, n. 1979 in Giust. civ. Mass. 1983, fasc. 3; Cass. 9 luglio 1971, n. 2200 in Giust. Civ. 1972, I, pag. 164.

512 Cass. 3 settembre 2013, n. 20143 cit., in Diritto & Giustizia 2013. 513 Cfr. infra, §4.2.

514 Cass. 3 settembre 2013, n. 20143 cit., in Diritto & Giustizia 2013; Cass., Sez. 2, 21 maggio 2012, n. 8001 in Giust. civ. Mass. 2012, fasc. 5, pag. 645.

legittimario, è necessario che questi abbia manifestato la volontà di voler conseguire la quota che la legge gli riserva515.

La scelta legislativa è corretta poiché secondo autorevole dottrina516 l’azione di riduzione ha carattere patrimoniale in quanto volta a reintegrare la quota di legittima la quale, costituendo diritto patrimoniale, è disponibile e trasferibile unitamente agli strumenti predisposti dal legislatore per la sua tutela.

Sebbene l’art. 557 cod. civ. indichi soltanto gli “aventi causa”, dottrina e giurisprudenza517 concordano nell’affermare che anche i creditori del legittimario possano proporre la domanda di riduzione in via surrogatoria purché questi abbia manifestato la volontà di ottenere i propri diritti ereditari518.

Possono proporre l’azione anche i legittimari donatari519 ed i creditori del defunto purchè il legittimario non abbia accettato l’eredità con il beneficio di inventario.

Difatti, soltanto in presenza di confusione del patrimonio del defunto con quello dell’erede conseguente all’accettazione pura e semplice, i creditori del defunto diventano creditori dell’erede-legittimario e possono, perciò, esperire la domanda di riduzione in via surrogatoria ai sensi dell’art. 2900 cod. civ.520.

Essendo stabilito dalla legge il diritto del legittimario ad una determinata quota, con l'azione di riduzione egli mira a conseguire in

                                                                                                                         

515NAPPA, La successione necessaria, Padova, 1993, pag. 90; CAPOZZI, Successioni e donazioni cit., pag. 543, nota 1165 ed ivi ulteriori riferimenti.

516 MENGONI, Successioni per causa di morte cit., pag. 302; FERRI, Dei legittimari cit., pag. 199; Cass. n. 5611/1978 cit., in Giur. It. Mass. 1978.  

517 MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria cit., pag.242; Trib. Parma 27 aprile 1974 in Giur. It. 1976, I, pag. 350; Trib. Cagliari 14 febbraio 2002, in Riv. Giur. Sarda 2003, pag. 321.  

518 Secondo Cass. 15 maggio 2013, n. 11737 cit., in Dejure, l’azione di riduzione esercitata dal curatore fallimentare del legittimario, di natura patrimoniale, è legittimamente esercitata dalla curatela non già in via surrogatoria, “ma per effetto dello spossessamento fallimentare (L. Fall., art. 42) che priva il fallito della disponibilità dei suoi beni (tra i quali sono da ricomprendere i diritti patrimoniali spettanti al fallito quale legittimario) e per effetto della legittimazione a stare in giudizio per i rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento, attribuita al curatore dalla L. Fall., art. 43”.  

519 Cass. 26 luglio 1985, n. 4358 in Giust. Civ. Mass. 1985, fasc. 7. La disciplina del comma 3 dell'art. 557 c.c., secondo cui i donatari non possono chiedere la riduzione nè approfittarne, riguarda solo i donatari ed i legatari non legittimari; pertanto, l'azione di riduzione è esperibile anche dal donatario legittimario, il quale, ai sensi del comma 2 dell'art. 564 c.c., è obbligato (salva espressa dispensa) ad imputare alla propria porzione di legittima le donazioni e i legati ricevuti, con la conseguente impossibilità di richiedere la riduzione di alcuna donazione (o disposizione testamentaria) ove l'importo di quanto ricevuto per i titoli predetti superi quello della quota di legittima spettantegli.  

concreto tale diritto e cioè ad accertare (costitutivamente), nei confronti della successione che lo riguarda, l'ammontare della quota di riserva e, quindi, della lesione che ad essa hanno apportato le disposizioni del de cuius, nonchè le modalità e l'ammontare delle riduzioni di dette disposizioni lesive.