• Non ci sono risultati.

La ricostruzione della natura dell’azione di riduzione che ha

2. Nella vigenza del codice Pisanelli l’elaborazione dottrinale

2.3. La ricostruzione della natura dell’azione di riduzione che ha

incontrato il maggior favore in dottrina e giurisprudenza è stata elaborata da Mengoni nei suoi studi sulla successione necessaria454. La donazione o la disposizione testamentaria lesiva è, ad avviso dell’illustre autore, perfettamente valida sia nei confronti dei legittimari che nei confronti dei terzi.

                                                                                                                         

451 MENGONI, Successione per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria cit., pag. 320; PINO, La tutela del legittimario cit., pag. 32 e ss.; CATTANEO, voce Imputazione del legittimario in Dig. Disc. Priv., Sez civ. IX, Torino 1999, pag. 356. In giurisprudenza, Cass. 6 marzo 1980, n. 1521 in Giust. Civ. Mass. 1980, fasc. 3.  

452 SANTORO-PASSARELLI, Dei Legittimari,cit., pag. 333.  

453 Minoritaria in dottrina e non condivisa dalla giurisprudenza è la tesi di FERRI, Dei legittimari cit., pag. 146 e ss., il quale ritiene necessaria la proposizione della domanda di riduzione.  

454 MENGONI, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria cit., pag. 231 e ss.  

Essa è soltanto inefficace nei confronti del legittimario che propone domanda di riduzione; si tratta, cioè, di una inefficacia o inopponibilità relativa e sopravvenuta, limitata esclusivamente al legittimario che agisce poiché, nei confronti degli altri legittimari e dei terzi, la disposizione, ancorchè lesiva, spiega tutti i propri effetti. L’indicata inopponibilità è diversa da quella che caratterizza l’azione revocatoria 455 poiché, nella riduzione, il bene oggetto della disposizione lesiva si considera come mai uscito dal patrimonio del defunto e perciò, per essere munita di efficacia ex tunc, in applicazione del principio resoluto iure dantis resolvitur et ius

accipientis, si determina la caducazione delle successive alienazioni

effettuate dal donatario.

Il giudizio di riduzione è perciò una impugnativa di una disposizione lesiva della quota di legittima e verte, essenzialmente, sul calcolo della disponibile da cui ricavare la quota riservata (art. 556 cod. civ.). Va tuttavia ribadito che il codice non devolve immediatamente al legittimario la quota di eredità ma la accantona in suo favore; gli artt. 536 cod. civ. e seguenti, difatti, “riservano”, mettono, cioè, a disposizione del legittimario la quota dovuta lasciando al titolare del relativo diritto (art. 557 cod. civ.) la scelta di proporre o meno, in presenza di disposizioni lesive intrinsecamente valide ed efficaci, l’azione di riduzione (art. 557 cod. civ.).

Il concetto di accantonamento è particolarmente utile a spiegare come il legittimario possa ottenere soddisfazione sui beni del defunto anche in caso di alienazione a terzi da parte del beneficiario della disposizione lesiva.

La quota di riserva è definita anche indisponibile456 contrapposta a quella disponibile (art. 556 cod. civ.); tuttavia, non si tratta di indisponibilità in senso tecnico da intendersi come divieto legale, per l’ereditando, di disporne da cui potrebbe discendere la nullità dell’atto dispositivo posto in essere.

L’atto lesivo resta perfettamente valido ed efficace e soggetto soltanto, a discrezione del legittimario, a riduzione.

Conclusivamente, in presenza di una disposizione (valida ed efficace) posta in essere dal defunto che lede la quota riservata, il legittimario è

                                                                                                                          455 Cfr. supra, § 11, pag. 135 e ss.  

456 L’art. 554 cod. civ. discorre di disposizioni testamentarie “eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre”; l’art. 555 cod. civ. menziona le donazioni il cui valore “eccede la quota della quale il defunto poteva disporre”.  

abilitato ad agire giudizialmente in riduzione finalizzata a far dichiarare l’inopponibilità della disposizione testamentaria o della donazione lesiva e a recuperare al patrimonio del de cuius il bene per rendere effettivo l’accantonamento della quota riservata.

In altri termini, con la sentenza di riduzione il bene non viene trasferito al legittimario, ma rientra nel patrimonio dell’ereditando ed il legittimario ne acquista la proprietà per successione ereditaria457. In caso di lesione, si ribadisce, l’attribuzione al legittimario di quanto dovutogli avviene non in forza della sentenza di riduzione perché con essa il giudice non condanna l’erede testamentario, il legatario o il donatario ad attribuire al legittimario il bene donato o parte dello stesso, bensì per effetto delle norme sulla successione necessaria che possono applicarsi una volta che la dichiarata riduzione ha sciolto ogni dubbio in ordine all’an e al quantum della lesione458.

In dottrina 459 si afferma che al legittimario, per rimuovere l’impedimento all’acquisto della porzione di legittima, è attribuito un diritto potestativo per il cui esercizio è indispensabile lo strumento del processo nel quale si accerta la lesione di legittima e le altre condizioni dell’azione.

Secondo la tesi dominante sia in dottrina460 che in giurisprudenza461 l’azione di riduzione è perciò un’azione personale di “accertamento

                                                                                                                         

457 MENGONI, Successione necessaria cit., pag. 236 e ss.; PINO, La tutela del legittimario, Padova 1954, pag. 138. Per AMADIO, Gli acquisti dal beneficiario di liberalità non donative, in Riv. not., 2009, 824 s. l’inopponibilità della disposizione lesiva non è che il presupposto, necessario ma non sufficiente, per l’acquisto dei beni da parte del legittimario; l’acquisto avverrà non in forza della sola sentenza di riduzione, né della sola conseguente azione restitutoria, ma del titolo ereditario, rappresentato dalla vocazione necessaria assicuratagli ex lege, operante in virtù e come conseguenza dell’inopponibilità delle disposizioni lesive con essa incompatibili. La pronunzia di riduzione non assicura di per sé sola al legittimario l’acquisto della quota di patrimonio o dei singoli beni oggetto della vocazione o delle liberalità incompatibili: l’una e gli altri verranno sempre conseguiti attraverso il tramite tecnico di una vocazione a titolo universale, e dunque, in forza della delazione ereditaria recuperata, o integrata nel contenuto, a seguito della riduzione. La pronuncia di riduzione consente di considerare il bene donato come mai uscito dall’asse ereditario: tale appartenenza all’asse ereditario è indispensabile affinché, nei confronti di quel bene, possa operare un titolo di acquisto che deve necessariamente restare mortis causa.  

458 MENGONI, Successione necessaria cit., pag. 231.   459 TRIOLA, La tutela del legittimario cit., pag. 54.  

460 MENGONI, Successione necessaria cit., pag. 231 e ss.; TRIOLA, La tutela del legittimario cit., pag. 54; CAPOZZI, Successioni e donazioni cit. pag. 317 e ss.  

461 Cass. 21 aprile 1998, n. 4024 in Giust. Civ. Mass. 1988, pag. 841; Cass. 25 novembre 1997, n. 11809 in Giust. Civ. Mass. 1997, pag. 2266; Cass. 7 agosto 1996, n. 7259 in Giust. Civ. Mass. 1996, pag. 1126; Cass. 19 ottobre 1993, n. 10333 in Giur. It. 1995, I, 2, pag. 918.  

costitutivo”462, nel senso all’accertamento della lesione e della sussistenza delle condizioni della domanda, consegue automaticamente la modifica del contenuto del diritto del legittimario. Intesa in tal senso, la sentenza non dovrebbe qualificarsi costitutiva bensì di mero accertamento in quanto la modificazione della situazione giuridica avviene ad opera della legge e non della sentenza; di qui, la formula “accertamento costitutivo” utilizzata per descrivere l’investitura ope legis del legittimario nella propria quota conseguente all’accertamento dell’an e del quantum della lesione contenuto nella sentenza.

La scissione tra l’accertamento (contenuto in sentenza) e la produzione degli effetti (rimessa alla legge) sembra apparire eccessivamente formalistica sia perché il legittimario ha diritto ad ottenere dal giudice un provvedimento con il quale venga modificata la situazione giuridica preesistente463, sia perché la distinzione tra accertamento e effetti potrebbe essere applicata a qualunque ipotesi di sentenza costitutiva.

Si pensi, ad esempio, all’annullamento del contratto.

Anche in questo caso, in cui nessuno dubita trattarsi di pronuncia costitutiva, potrebbe affermarsi che il giudice accerta l’esistenza di una causa di annullamento e la modificazione (eliminazione del negozio) è disposta direttamente dalla legge.

Pertanto, sembra preferibile discorrere di sentenza di accertamento costitutivo con lo stesso significato di sentenza costitutiva (o di atto

                                                                                                                         

462 Per MANDRIOLI, Diritto processuale civile I, XX Ed., Torino 2009, pag. 84, la differenza profonda tra sentenza di condanna e costitutiva risiede nel fatto che mentre nella prima il giudice rimanda l’attuazione del diritto ad un’attività tutelatrice ulteriore (esecuzione) da compiersi nel mondo materiale, nella seconda l’attuazione del diritto potestativo accertato può compiersi subito e direttamente dal giudice, dal momento che per attuarla non occorre operare nel mondo materiale, ma solo in quello degli effetti giuridici, ossia in un mondo in cui l’organo giurisdizionale è senz’altro onnipotente. Il giudice, subito dopo l’accertamento sul piano logico, ma in realtà con la medesima sentenza che contiene l’accertamento, fa luogo alla modifica giuridica i cui effetti, secondo la prevalente dottrina (CARPI, La provvisoria esecutività della sentenza, Milano 1979, pag. 59 e ss.; FERRI, Effetti costitutivi e dichiarativi della sentenza condizionata da eventi successivi alla sua pronuncia in Riv. Dir. Proc., 2007, pag. 1393; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, II, XX ed. cit., § 39, nota 7), si verificano anche anteriormente al passaggio in giudicato, con la provvisoria esecutività della sentenza di primo grado (art. 282 cod. proc. civ.). In senso diverso è invece orientata la giurisprudenza per la quale gli effetti della sentenza costitutiva si verificano soltanto, ex art. 2909 cod. civ., al passaggio in giudicato, salvo che per le statuizioni di condanna contenute nella pronuncia costitutiva che, come ad esempio, quella concernenti le spese, possono risultare compatibili con la produzione dell’effetto costitutivo al momento del passaggio in giudicato (Cass. S.U. 22 febbraio 2010, n. 4059 in Il civilista 2011, fasc. 6, pag. 64 con nota di PENUTI; Cass. 29 luglio 2011, n. 16737 in Giust. civ. Mass. 2011, pag. 1229).  

costitutivo) e di inquadrare la sentenza di riduzione nell’ambito delle sentenze costitutive.