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La domanda di riduzione può poi essere rinunciata dopo il

2. Nella vigenza del codice Pisanelli l’elaborazione dottrinale

2.6. La domanda di riduzione può poi essere rinunciata dopo il

decesso del de cuius (non prima a causa del divieto dei patti successori) anche attraverso comportamenti concludenti.

La rinuncia, a cui consegue la definitività e intangibilità della disposizione lesiva, è ammissibile perchè la quota di legittima ed il diritto potestativo ad agire per la sua reintegrazione, ha come precedentemente osservato, carattere patrimoniale ed è perciò disponibile479.

Diversamente dalla rinuncia all’eredità per la quale l’art. 519 cod. civ. prescrive determinate formalità480, non sono richieste, per la rinuncia

                                                                                                                         

476 Cfr. supra, § 11, pag. 154 e ss. anche per le diversa funzione tra dispensa da collazione e da imputazione: nella collazione l’imputazione, obbligo dell’erede, favorisce la parità di trattamento tra eredi; nella riduzione l’imputazione serve a formare il reale valore della legittima e costituisce perciò condizione della relativa domanda.  

477 CAPOZZI, Successioni e donazioni cit., pag. 555 e ss.; cfr. supra, §11., pag. 157 e, in particolare, nota 418.  

478 Per Cass. 19 ottobre 1993, n 10333 in Giur. It. 1995, I,1, pag. 918 con nota di MASUCCI, il termine decennale di prescrizione per l'accettazione dell'eredità decorre solo dal passaggio in giudicato della decisione di accertamento del loro "status”. Sono invece irrilevanti gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto per i quali l’art. 2941 cod. civ. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione della prescrizione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, nè il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (Cass. 7 novembre 2005 n. 21495 in Riv. notariato 2006, fasc. 6, pag. 1581; Cass. 27 giugno 2011 n. 14163 in Giust. Civ. Mass. 2011, fasc. 6, pag. 962;Cass., Ord. 7 marzo 2012 n. 3584 in Dejure.  

479 Cass. 28 marzo 1997, n. 2773 in Giust. civ. Mass. 1997, fasc. 3, pag. 488 e in Il civilista 2009, fasc. 11, pag. 73 con nota di BARDARO.  

480 Dichiarazione ricevuta da notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, da inserire nel registro delle successioni.  

all’azione di riduzione, particolari forme in considerazione del fatto che il legittimario pretermesso acquista la qualità di erede soltanto per effetto dell’accoglimento della domanda di riduzione481.

In difetto di previsione legislativa, la rinuncia può allora essere fatta con qualsiasi mezzo idoneo a segnalare la volontà abdicativa del legittimario e perciò sia espressamente, in forma scritta (anche non ricevuta da notaio)482 o orale, sia attraverso comportamenti inequivoci concludenti incompatibili con la volontà di esercitare l’azione483. La Suprema Corte ha escluso che la rinuncia possa desumersi da dichiarazioni del difensore contenute negli scritti difensivi qualora questi sia sprovvisto di mandato speciale a rinunciare e comunque a disporre del diritto in contesa poichè le ammissioni del difensore non hanno valore confessorio484 ed ha chiarito che una rinuncia tacita può configurarsi, invece, in caso in cui il legittimario abbia avuto la consapevolezza dell’esorbitanza della disposizione testamentaria dai limiti della porzione disponibile e tuttavia l’abbia eseguita integralmente485.

Secondo la dottrina, i medesimi comportamenti di convalida delle disposizioni nulle (art. 590 cod. civ.)486 hanno valenza di rinuncia tacita con riferimento alle disposizioni riducibili487.

La giurisprudenza della Suprema Corte, dopo aver differenziato le disposizioni nulle confermabili da quelle lesive, riducibili, ha ripetutamente affermato che il comportamento di esecuzione volontaria della disposizione lesiva di legittima non costituisce, in sé, manifestazione dell’intento di voler tacitamente rinunciare alla riduzione salvo che il legittimario, attraverso le modalità con cui esegue la disposizione lesiva, manifesti in modo inequivoco la

                                                                                                                         

481 Cass. 3 dicembre 1996, n. 10775 in Riv. Notariato 1997, pag. 1302.   482 Cass. 3 dicembre 1996, n. 10775 cit., in Riv. Notariato 1997, pag. 1302.  

483 Cass. 7 maggio 1987, n. 4230 in Giust. Civ. Mass. 1987, fasc. 5; Cass. 20 gennaio 2009,

n. 1373 in Foro it. 2009, fasc. 5, col. 1435 ha escluso possa ravvisarsi rinuncia tacita nel caso di inerzia, durata qualche anno, successiva alla morte del de cuius.  

484 Cass. 13 febbraio 1967, n. 359 in Foro Pad. 1967, I, pag. 873. Tuttavia, qualora la parte, oltre al mandato ad litem sottoscriva, in calce, l’atto del difensore , si attribuisce la paternità delle dichiarazioni (così COMOGLIO, Confessione (dir. proc. civ.) in Enc. Giur. VIII, Roma 1988, pag. 4 e ss.  

485 Cass. 8 ottobre 1971, n. 2771 in Giust. Civ. Mass. 1971, fasc. 10.   486 Cfr. infra, Cap. III, §1.  

487 MENGONI, Successioni per causa di morte cit., pag. 337; GANGI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, I, Milano 1952, pag. 278.  

volontà di rinuncia488.

Secondo la giurisprudenza, per poter validamente rinunciare all’azione di riduzione, il legittimario deve conoscere la situazione lesiva e, di fatto, accettare la volontà del defunto489; una volta concretizzata, la rinuncia ha carattere recettizio e pertanto deve essere portata a conoscenza del beneficiario della disposizione lesiva; qualora si tratti di rinuncia tacita, la recettizietà è integrata dall’effettiva conoscenza in capo ai soggetti passivi della domanda di riduzione dei comportamenti inequivoci da cui desumere la fatta rinuncia490.

In presenza di rinuncia, di fondamentale importanza è fissare il momento nel quale deve essere individuata la quota di riserva e cioè se occorra far riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione ovvero a quella, successiva, che si viene a determinare a seguito di mancato esperimento, per rinuncia o prescrizione, dell’azione di riduzione da parte dei legittimari lesi. La soluzione a tale quesito ha notevoli conseguenze pratiche a carattere patrimoniale perché mentre nella prima ipotesi riceverebbe maggior tutela la volontà testamentaria e i donatari (eredi testamentari o legatari) potrebbero trattenere il bene lesivo della quota del legittimario rinunciante, nella seconda sarebbero avvantaggiati i legittimari non rinunzianti.

Nell’anticipare che la soluzione adottata recentemente dalle Sezioni Unite della Cassazione491 è nel primo senso, si osserva che nel determinare la quota riservata a ciascun legittimario, l’attuale codice, diversamente da quello del 1865, ha adottato il sistema della quota

mobile.

La quota spettante al singolo legittimario, cioè, non è predeterminata, ma varia in funzione dell’esistenza di più categorie di legittimari e del

                                                                                                                         

488 Cass. 21 maggio 2012, n. 8001 in Giust. Civ. Mass. 2012, fasc. 5, pag. 645 con riferimento ad un accordo conciliativo intervenuto nel corso di un giudizio di divisione in cui, con riferimento all’immobile oggetto di riduzione, veniva riconosciuta dal legittimario la comproprietà pro indivisa del bene; Cass. 8 ottobre 1971 n. 2771 cit., in Giust. Civ. Mass. 1971, fasc. 10.; Cass. 4 agosto 1995 n. 8611 in Giust. civ. Mass. 1995, pag. 488.   489 Cass. 9 agosto 1946, n. 1140 in Foro It. 1944-1946, I, col. 835  

490 Cass. 7 dicembre 1962, n. 3299 in Giust. Civ. 1963, I, pag. 277. Sulla rinuncia, cfr., altresì, TRIOLA, La tutela del legittimario cit., pag. 119 e ss.  

491 Cass. Sezioni Unite 12 giugno 2006, n. 13524, in Dir. e Giust. 2006, fasc. 32, pag. 16, con nota di COLASANTI; in Giust. Civ. 2007, 12, pag. 2855 con nota di BULGARELLI; in Giur. It. 2007, fasc. 5, pag. 1117 con nota di PUGLIESE; in Riv. notariato 2007, fasc. 1, pag. 164; in Riv. notariato 2008, fasc. 1, pag. 201 con nota di CEOLIN.

numero all’interno di ciascuna categoria492.

In tempi meno recenti, questa mobilità aveva indotto la dottrina ad elaborare la teoria dell’espansione della quota493, accolta anche dalla giurisprudenza494 e di recente ribadita da una parte della dottrina495 secondo cui, allo stesso modo di quanto avviene nella rinuncia del coerede nella successione testamentaria o ab intestato, anche nella successione necessaria, si verifica l’accrescimento ipso iure previsto dall’art. 522 cod. civ..

Secondo l’indicata teoria, il legittimario che non viene alla successione per rinuncia o per perdita del diritto ad agire in riduzione, deve essere considerato un estraneo e, di conseguenza, il calcolo della quota di riserva deve farsi non con riferimento alla situazione teorica esistente al momento di apertura della successione, ma alla situazione concreta degli eredi che concorrono effettivamente alla divisione. Pertanto, in caso di concorso di due figli a cui sono riservati i due terzi del patrimonio da dividere in parti eguali (art. 537, secondo comma, cod. civ.) e di rinuncia dell’uno, la quota dell’accettante si espande e si accresce del terzo spettante al rinunciante496.

Tale impianto è stato recentemente sottoposto a revisione da parte delle Sezioni Unite della Cassazione497 che hanno seguito un percorso

                                                                                                                         

492 Esempio: la quota di riserva del figlio unico che concorre da solo alla successione è ½ del patrimonio (art. 537, primo comma, cod. civ.); se invece concorre assieme ad altri figli è di 2/3 da dividersi in parti eguali e varia a seconda del numero dei figli (art. 537, secondo comma cod. civ.); se, quale figlio unico, concorre con il genitore superstite, è di 1/3 (art. 542, primo comma, cod. civ.); se concorre con altri figli e con il genitore, è complessivamente pari ad ½ da dividere in parti eguali a seconda del numero di figli.   493 BARBERO, Sistema istituzionale del diritto privato italiano, Torino 1965, pag. 1038 e ss.  

494 Cass. 9 marzo 1987, n. 2434, in Giust. Civ., 1987, pag. 1046; Cass. 11 febbraio 1995, n. 1529, in Riv. Notariato 1996, pag. 639.  

495 CARBONE, Il sistema della c.d. quota mobile: una sopravvivenza da ribadire, in Studium iuris, 2011, pag. 763 e ss.  

496La soluzione esposta è criticata da FERRI, Delle Successioni. Dei legittimari, in commentario Scialoja e Branca 1981, pag. 31 eDI MAURO, Effetti della rinuncia alla legittima da parte di uno degli eredi necessari: rideterminazione delle quote di riserva o accrescimento? Nota a Cass. 11 febbraio 1995, n. 1529 in Giust. Civ. 1995, pag. 2119, i quali, valorizzando l’art. 521 cod. civ. sulla retroattività della rinunzia all’eredità, ritengono che nell’esempio di due discendenti di cui uno rinuncia, l’altro, in quanto unico discendente, avrebbe diritto non all’accrescimento (2/3), bensì soltanto alla metà (art. 537, primo comma, cod. civ.)  

497Cass. S.U. 12 giugno 2006, n. 13524 cit., in Giust. Civ. 2007, I, pag. 2855 e ss. Così in motivazione: “Qualora il defunto lasci una pluralità di legittimari, lesi da donazioni o disposizioni testamentarie che eccedono la quota disponibile, il mancato esperimento dell'azione di riduzione da parte di uno di essi non si ripercuote sulla quota spettante agli altri e non l'incrementa. Sono, invece, il donatario, l'erede o il legatario, destinatari della disposizione lesiva, a beneficiare della scelta del legittimario rinunciante o inerte, in quanto, per la relativa quota, possono conservare l'attribuzione a loro favore”.

argomentativo diverso aderendo ad una dottrina sino ad allora minoritaria498.

La Corte ha ritenuto inopportuno il richiamo agli effetti della rinunzia nella successione legittima perché l’effetto retroattivo della rinuncia (artt. 521 cod. civ.) e l’accrescimento (artt. 522 cod. civ.) trovano una spiegazione logica nel fatto che non si saprebbe quale dovrebbe essere la sorte della quota che rimane vacante.

Nella successione necessaria la situazione è completamente diversa sia perché manca una chiamata congiunta ad una quota globalmente considerata che costituisce il presupposto logico dell’accrescimento, sia, soprattutto, perché non vi è alcuna incertezza sulla sorte della quota che sarebbe spettata al legittimario perché i donatari, i legatari o gli eredi testamentari che hanno ricevuto l’eccedenza della disponibile, lesiva della quota del legittimario che rinuncia alla riduzione, ben potranno conservare una porzione di beni maggiore della disponibile.

All’indicato argomento che esclude l’accrescimento, se ne aggiunge altro a carattere testuale: l’espressione “se chi muore lascia” contenuta negli artt. 537, 538 e 542 cod. civ. si riferisce al momento dell’apertura della successione.

L’indicata interpretazione letterale è confermata dai principi generali della successione necessaria (interpretazione sistematica) che, se ha come scopo quello di garantire agli stretti congiunti una porzione del patrimonio del de cuius, ha anche lo scopo di consentire a quest’ultimo di conoscere entro quali limiti, in considerazione della composizione della propria famiglia, può disporre del suo patrimonio in favore di terzi.

Questa esigenza di certezza verrebbe frustrata se tale quota dovesse variare, dopo l’apertura della successione, in funzione del numero dei legittimari che agissero in riduzione499.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

In questo modo le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto esistente tra alcune decisioni non recenti, riguardanti i criteri per determinare la quota indisponibile nel suo complesso e, in particolare, la porzione spettante al singolo legittimario, qualora uno o più degli altri, che concorrerebbero con lui nella ripartizione della riserva, non esercitino il loro diritto.

La Suprema Corte sostiene che ai fini dell'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari e ai singoli legittimari nell'ambito della stessa categoria si debba far riferimento alla situazione esistente al momento dell'apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento (per rinuncia o prescrizione) dell'azione di riduzione da parte di qualcuno dei riservatari.  

498 FERRARI, L’accrescimento in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, 6, Successioni, tomo II, Milano 1997, pag. 293 e ss.  

499 Recentemente, Cass. 15 maggio 2013, n. 11737 cit., in Dejure, ha ribadito il principio espresso dalle Sezioni Unite ed ha affermato che “Ai fini dell'individuazione della quota di

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