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In dottrina è stato affrontato il problema del perché il termine per

agire in restituzione contro i terzi sia stato determinato proprio in venti anni.

In realtà, la soluzione sembra trovarsi nella Relazione di accompagnamento alla legge di conversione del “decreto competitività” (L. n. 80/2005) nella quale si legge che si sarebbe individuata, nel sistema delineato dagli originari artt. 553 ss. cod. civ., una contraddizione specifica, consistente nel non aver previsto — ai fini dei rimedi attribuiti al legittimario dagli artt. 561 e 563 c.c. — un

                                                                                                                         

165 Si pensi al caso in cui il bene oggetto della donazione era un bene mobile acquistato in buona fede dal terzo.

166 CAPOZZI, Successioni e donazioni cit., pag. 595, nota 1293 aderisce alla tesi formulata da MENGONI in Successione per causa di morte. Parte Speciale, Successione necessaria cit., pag. 329 secondo cui lo stato di insolvenza va determinato con riferimento alla data di apertura della successione con la conseguenza che ricade sul legittimario il rischio dell’insolvenza successiva.

“limite ventennale” che si giustificherebbe pienamente per far sì che l'acquirente “che è pur sempre un acquirente a domino, non riceva

dall'ordinamento un trattamento deteriore rispetto all'acquirente a non domino, per il quale il ventennio costituisce comunque il più lungo dei termini per l'usucapione ordinaria”.

Questo passo sembrerebbe suggerire l'idea che il termine ventennale di cui al nuovo testo dell'art. 563 cod. civ. sia null'altro che il termine per l'acquisto del bene immobile per usucapione.

Aderendo alle ragioni illustrate, parte della dottrina168 afferma che il legislatore ha inteso riservare all’acquirente di beni con provenienza donativa un trattamento non deteriore rispetto all’acquirente a non

domino per il quale venti anni costituiscono il periodo più lungo per

l’usucapione (art. 1158 cod. civ.).

Così, l’opposizione in parola costituirebbe in sostanza un atto interruttivo dell’usucapione.

L’indicata ricostruzione è però contrastata da altra dottrina in base ad argomentazioni che investono il rapporto tra tutela dei legittimari e usucapione.

Secondo autorevole dottrina169, l’usucapione trova la sua ragione giustificativa nell’esigenza di rendere certa e stabile la proprietà: se non esistesse l’usucapione la prova della provenienza del diritto di proprietà (o dei diritti reali di godimento) “che chi si afferma

proprietario dovrebbe dare, non avrebbe limiti, e si dovrebbe risalire di autore in autore nella notte dei tempi, con la conseguenza logica giuridica che sarebbe una prova di difficile dimostrazione, se non impossibile (probatio diabolica)”.

La ratio giustificatrice dell’usucapione è individuata170 nelle ragioni sociali che ispirano l’istituto.

L’usucapione è l’effetto dell’atteggiamento di sfavore del legislatore verso colui che è titolare di un diritto e non lo esercita: deve essere premiato colui che, pur senza averne il diritto, utilizza i beni e li rende produttivi, a scapito del proprietario rimasto inerte per lungo tempo. In questo senso depone un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’istituto in considerazione del fatto che l’art. 42 Cost., dopo aver previsto che la legge determina i modi di acquisto della

                                                                                                                         

168 GABRIELLI, Tutela dei legittimari e tutela degli aventi causa dal beneficiario di disposizione lesiva cit., pag. 1132 e ss.

169 TORRENTE, Manuale di diritto privato, Milano, 2009, pag. 335 e ss. 170 Diffusamente, PERLINGIERI, Manuale di diritto civile, Napoli 1997.

proprietà nonché di godimento, ne determina i limiti “allo scopo di

assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

Se deve essere garantita la funzione sociale della proprietà e l’accesso alla stessa da parte di tutti, ben si giustifica un istituto giuridico che premia il soggetto produttivo che riesce ad acquisire un diritto per il possesso continuato, senza discriminazioni economiche; assicurare la funzione sociale vuol dire realizzare un sistema meritocratico effettivo: chi utilizza un bene deve essere avvantaggiato rispetto a colui che non lo usa.

Da questa prospettiva, il concetto di funzione sociale si traduce in “meritocrazia reale”.

La garanzia di libero accesso alla proprietà sta a significare che essa non è accessibile solo economicamente, ma anche attraverso il possesso, poiché, diversamente, vi sarebbe il rischio di vulnerare, in qualche modo, il principio di uguaglianza, ex art. 3 Cost.: se tutti i cittadini devono essere uguali davanti alla legge, allora, tutti i cittadini devono poter accedere a tutti i diritti, comprendendo anche quelli reali, indipendentemente dalla sola posizione economica, in un’ottica sociale di giustizia distributiva.

Alla luce dell’indicata ratio è necessario verificare se durante la vita del donante sia o meno configurabile un’inerzia del legittimario che, per trascurare di esercitare per un notevole lasso temporale i propri diritti, rende possibile l’usucapione del bene da parte di terzi.

La risposta al quesito è senz’altro negativa perché prima del decesso del donante, i legittimari non possono proporre, nei confronti delle donazioni, l’azione di riduzione che costituisce il principale atto interruttivo o compiere i “fatti contrari” idonei ad interrompere la prescrizione acquisitiva che appartengono alla sfera giuridica del donante.

In altri termini, finchè il de cuius è in vita, il legittimario versa in situazione di aspettativa di mero fatto e non può neppure disporre in alcun modo della futura eredità per il divieto dei patti successori. Con specifico riferimento all’ambito successorio è stato ripetutamente affermato che l’usucapione, come strumento per l'acquisto della proprietà, ha come suo tipico contrappeso la possibilità di interruzione da parte del vero proprietario non essendo giuridicamente configurabile un possesso ad usucapionem che non possa in qualsiasi

momento essere interrotto171.

Contropartita di questa situazione di impotenza giuridica che cessa al momento dell’apertura della successione quando, ai sensi dell’art. 555 cod. civ., in mancanza di beni relitti sufficienti a garantire la sua quota di riserva, diviene attuale per il legittimario il diritto di chiedere la riduzione delle donazioni, è che nei suoi confronti, prima di tale momento ed in applicazione dell’art. 2935 cod. civ., non opera la prescrizione.

Pertanto è soltanto dal giorno del decesso del donante che il possesso del donatario (o del terzo acquirente di beni donati) diviene utile ad usucapire con la conseguenza che l’acquisto a titolo originario si perfezionerà qualora da tale momento l’inerzia del legittimario si protragga per il tempo rilevante.

L’esposta conclusione in ordine al momento in cui può configurarsi un possesso del donatario o del terzo utile ad usucapire è confermata dai dati normativi.

Il codice civile del 1865, nell’unico titolo dedicato alla prescrizione (titolo XXVIII del libro terzo) dettava la disciplina unitaria della prescrizione e della usucapione, denominata prescrizione acquisitiva e individuava negli artt. 2115-2120 molteplici ragioni di diritto che impedivano l’inizio della prescrizione; il broccardo contra non

valentem agere non currit praescriptio aveva all’epoca soltanto valore

descrittivo e non costituiva perciò, come nel codice civile vigente, vero e proprio principio generale.

L’attuale codice civile distingue la disciplina della prescrizione da quella della usucapione e all'art. 1165 cod. civ. stabilisce che "le

disposizioni generali sulla prescrizione, quelle relativamente alle causa di sospensione e di interruzione e al computo dei termini si osservano, in quanto applicabili, rispetto alla usucapione".

L'art. 2935 cod. civ. “La prescrizione comincia a decorrere dal giorno

in cui il diritto può essere fatto valere” detta una disposizione di

ordine generale ispirata proprio dal principio contra non valentem

agere non currit praescriptio e, per opinione dominante172, la norma ha riguardo alla possibilità legale dell'esercizio del diritto, non anche

                                                                                                                         

171 Cass. 18 ottobre 1991, n. 11024 in Giust. Civ. 1992, I, pag. 1293; Cass. 2 febbraio 2011, n. 2424 in Foro It. 2011, fasc. 11, col. 3109; Cass. 5 settembre 2012, n. 14917 in Foro It. 2013, fasc. 3, col. 961.

172 Per tutti, VITUCCI, La prescrizione in Comm. Cod. civ. diretto da Schlesinger, art. 2934- 2940, Milano 1990, pag. 145 e ss.

all'impossibilità di fatto173, in cui venga a trovarsi il titolare.

L’art. 1165 cod. civ., nel richiamare espressamente le norme sulla prescrizione, estende la previsione degli artt. 2935 ss. cod. civ. all’usucapione174 che perciò inizia a decorrere contro il proprietario soltanto dal momento in cui questi può esercitare il diritto di opporsi alla situazione possessoria.

Gli argomenti esposti costituiscono la principale ragione in base alla quale escludere che il ventennio previsto dagli art. 561 e 563 cod. civ. sia un termine di usucapione.

Durante la vita del donante il legittimario versa in una situazione di vera e propria impossibilità giuridica di esercitare azione nei confronti del donatario o del terzo acquirente e, di conseguenza, prima del decesso del donante, non può essergli opposto un possesso utile ad usucapire.

Ulteriore motivo a sostegno della raggiunta conclusione è tratto dalla natura dell’azione di riduzione che non è finalizzata ad affermare il diritto di proprietà sul bene donato in capo al legittimario nei confronti del donatario o terzo acquirente possessore.

Difatti, diversamente da quanto accade nell’usucapione, attraverso l’esercizio dell’azione di riduzione delle donazioni (dirette o indirette) lesive, il legittimario non contesta l’altrui diritto di proprietà il quale, anzi, costituisce il presupposto stesso dell’azione di riduzione; non mette neppure in discussione la legittimità originaria o attuale dell’atto dispositivo o la proprietà dei beni in capo ai donatari.

L’obiettivo della riduzione è il ripristino di una situazione patrimoniale compatibile con i diritti intangibili dei legittimari al fine di far loro conseguire il valore di tali diritti175.

                                                                                                                         

173 Esempi: norma costituzionalmente illegittima (Cass. 27 giugno 1988, n. 4361 in Giur. It., 1989, I, col. 861); ignoranza di norme giuridiche (Cass. 20 luglio 1987, n. 6364 in Giur. It. 1988, I, col. 611 con nota di ROSSELLI); difficile contabilizzazione di un credito (Cass. 18 febbraio 1964. n. 356 in Giur. It. 1965, I, col. 258); pendenza di una controversia avente ad oggetto l'accertamento del diritto la cui lesione venga dedotta come titolo di una pretesa di risarcimento di danni (Cass., sez. lav., 7 maggio 2004, n. 8720 in Giust. Civ. Mass. 2004, fasc. 5).

174 MASI, Il possesso e la denuncia di nuova opera e di danno temuto, in Trattato Rescigno,

vol. VIII, Torino, 1982, pag. 502 ritiene applicabile all’usucapione l’art. 2935 c.c.; CENDON, Commentario al codice civile, art. 1140-1172, Milano, 2009; pag. 1165. GAZZONI, “E’ forse ammessa la diseredazione occulta dei legittimari? Nota a Corte di Appello Roma 25 gennaio 1993 in Giust. Civ. 1993, pag. 2519; Cass. 27 ottobre 1995, n. 11203 in Giust. Civ. 1996, I, 375 afferma testualmente in motivazione: “Per ciò che concerne la decorrenza, il principio fissato dall'art. 2935 cod. civ. e richiamato dall'art. 1165 dello stesso codice vale per ogni tipo di usucapione”.

175 TRIOLA, La tutela del legittimario, Milano 2011, pag. 118-119; CAMPISI, Azione di riduzione cit., in Riv. Notariato 2006, fasc. 5, pag. 1269 e ss.; Cass. 19 ottobre 1993 n.

Diverso è invece il caso in cui il legittimario non agisce in riduzione ma rivendica il bene nei confronti del donatario in qualità di erede ab

intestato o testamentario facendo valere la nullità della donazione per

vizio di forma.

In tal caso, poiché agisce come successore del de cuius contestando la validità del titolo di acquisto, ben potrà il donatario opporgli l’avvenuta usucapione176.

Come osservato, prima dell’apertura della successione non è configurabile un possesso utile ad usucapire nei confronti del legittimario; tuttavia, un simile possesso potrebbe ipotizzarsi nei confronti del donante.

Occorre preliminarmente osservare, a tal proposito, che l’ordinamento giuridico italiano non riconosce l’usucapione a domino; l’usucapione, cioè, che si compie con il consenso del proprietario.

La Suprema Corte ha chiarito che l'usucapione, in quanto si fonda sul possesso uti dominus, configurato dall'intenzione di esercitare un diritto proprio sulla cosa, matura contro il proprietario e non con il suo consenso177.

L’indicato principio assume peculiare importanza in ambito successorio perché in grado di evitare possibili forme di diseredazione occulta dei legittimari che si potrebbero verificare in modo estremamente agevole qualora, ad esempio, il de cuius permettesse (o addirittura richiedesse) ad un terzo che intende beneficiare, di “usucapire” in suo danno.

Molto delicata appare la configurabilità dell’usucapione nei confronti del donante in presenza di un atto di disposizione del futuro de cuius simulato o nullo.

Appare opportuno premettere che secondo la teoria del “doppio effetto”, elaborata dalla dottrina tedesca178, esaminata e condivisa

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

10333 in Giur. It. 1995, I, 918, con nota di MASUCCI, “Non è ammessa la diseredazione occulta del legittimario: brevi cenni sull'usucapione a domino”, di cui si trascrive la massima: “l’azione del legittimario di riduzione delle donazioni … non può essere paralizzata dall’eccezione di usucapione ventennale (art. 1158 cod. civ.) del convenuto, in quanto l’azione fatta valere dal legittimario pretermesso si configura come azione di natura personale, diretta non a rivendicare lo specifico bene posseduto dal beneficiario dell’atto di liberalità, ma a far valere sul valore di detto bene le proprie ragioni successorie, sicché l’eccezione del donatario non avrebbe altra funzione se non quella di ribadire l’esistenza di quel dominio, presupposto dalla domanda di riduzione”.

176 TRIOLA, La tutela del legittimario cit., pag. 119

177Cass. 27 ottobre 1995, n. 11203 in Giust. Civ. 1996, 2, pag. 375.

anche dalla dottrina italiana179, in presenza dei presupposti di legge per l’usucapione, l’avente causa a titolo derivativo cumula all’acquisto derivato, un acquisto del medesimo diritto a titolo originario: magis

quam semel res mea esse non potest 180.

Ciò si verifica ogni volta che un avente causa, unendo al proprio possesso quello del suo autore e dei relativi danti causa (art. 1146 cod. civ.) abbia goduto complessivamente di un possesso protratto per il tempo necessario a far maturare l’usucapione.

In tal caso il suo acquisto si consolida come originario, con conseguente sopravvenuta radicale inapplicabilità delle regole della derivatività tra cui quella di cui costituisce applicazione la normativa degli artt. 561 e 563 cod. civ.: resoluto iure dantis, resolvitur et ius

accipientis.

La particolare utilità dei principi esposti, come confermato anche dalla Suprema Corte181, si manifesta nelle fattispecie caratterizzate da invalidità del titolo traslativo (es.: atto nullo; acquisto a non domino) nelle quali, qualora sussistano i requisiti dell’usucapione, l'acquisto avviene a titolo originario in virtù del possesso continuato.

Per i beni mobili non registrati l’acquisto a titolo originario si verifica istantaneamente, ex art. 1153 cod. civ., in presenza dei due requisiti costituiti dal possesso da parte dell’acquirente, dalla sua buona fede (c.d. usucapione istantanea) e dal titolo.

In base alle acquisizioni appena citate, si è deciso che se la causa del trasferimento è a titolo oneroso e l’atto risulti per qualche ragione viziato, non sussistono ragioni per negare la possibilità di acquisto a titolo originario, purchè il possesso sia stato esercitato a non

domino182; qualora invece la causa del trasferimento sia a titolo

                                                                                                                         

179 PUGLIATTI, Logica e dato positivo in rapporto ad alcuni fenomeni giuridici anomali, in Grammatica e diritto, Milano 1978, pag. 177 e ss.; GERBO, Prelegato e funzione del contenuto testamentario, Padova 1996, pag. 9 e ss.; EBNER, Azione di riduzione e opponibilità dell’usucapione: la teoria del “doppio effetto” in Riv. Notariato 2003, fasc. 6, pag. 1469 e ss.

180 CARINGELLA-GIOVAGNOLI-MENNA, Studi di diritto civile cit., pag. 798 e ss. ed ivi ulteriori richiami alla dottrina; DE FRANCISCO, La nuova disciplina in materia di circolazione di beni immobili cit., pag. 7. e ss.

181 Cass. 27 ottobre 1995, n. 11203 in Giust. Civ. 1996, I, pag. 375.

182 Corte di Appello Roma 25 gennaio 1993 in Giust. Civ. 1993, pag. 2519 annotata da GAZZONI “E’ forse ammessa la diseredazione occulta dei legittimari?” si è occupata di una fattispecie interessante: nel 1936 un padre abbandona figli e moglie e va a vivere in altra città dove acquista un appartamento in cui vivrà con la convivente more uxorio e una nipote sino alla morte avvenuta nel 1979. Nel 1958 conclude con la nipote e la convivente rispettivamente un contratto di vendita della nuda proprietà e di usufrutto. Dopo la sua morte, la moglie ed i figli chiedono dichiararsi la simulazione dei contratti stipulati con la

gratuito (es.: vendita dissimulante una donazione nulla per vizio di forma), va senz’altro esclusa la possibilità di usucapire il bene perché ciò si tradurrebbe in una diseredazione occulta dei legittimari.

Difatti, l’atto, ancorchè nullo, costituisce pur sempre una donazione indiretta, soggetta, ai sensi dell’art. 809 cod. civ., all’azione di riduzione per la quale il termine di opponibilità al legittimario non può che decorrere dalla data di apertura della successione183.

Sulla base degli indicati argomenti, rilevato che anche dopo la riforma del 2005 il legittimario non può agire in riduzione durante la vita del donante, si sostiene184 che il termine ventennale, nonostante le indicazioni della Relazione di accompagnamento alla L. n. 80/2005, non trova alcun collegamento con l’usucapione e che conseguentemente l’opposizione non può essere assimilata ad atto interruttivo.

Ciò trova ulteriore conferma nel fatto che una volta decorso il ventennio, alla salvezza dei pesi e vincoli apposti sul bene consegue l’obbligo del donatario di compensare il legittimario della perdita di valore del bene (art. 561, primo comma, cod. civ.); previsione, questa, ritenuta del tutto incompatibile con l’usucapione185.

4.2. Isolata dottrina186 sostiene che il diritto di opporsi alla donazione