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Capitolo II: Musica andina e Nueva Canción Chilena nel contesto italiano: ricezione, narrazioni e rifiut

2.3 Un suono distinto

Quale che sia la posizione rispetto alla questione ideologica, sul piano dell’estetica è pres- soché sempre la sonorità – nel suo aspetto timbrico – ad occupare il centro dell’attenzione nel- le narrazioni della memoria GIMCA. Abbiamo già visto come siano i suoni «veramente scono-

sciuti, affascinantissimi» del conjunto andino-cileno a far scattare la molla estetica di un in- namoramento musicale. Talvolta l’epifania si concentra in un singolo strumento e in un singo- lo brano musicale: è così sia per Mario Cardona che per Girolamo Garofalo, entrambi affasci- nati dal charango. Cardona – che diventerà il charanguista del gruppo Cantolibre e sviluppa fino al presente un percorso creativo di solista e compositore per questo strumento – ricorda con precisione il primo contatto uditivo con gli Inti-Illimani, attraverso una registrazione por- tata a casa dal fratello maggiore:

MC: C’è un momento preciso. È un ricordo vivido di questa situazione [...] Credo di aver ascolta-

to 6000 volte di seguito l’introduzione di Papel de plata, dove c’era il charango. Il contatto è stato del tutto sonoro, perché non sapevo nemmeno come fosse fatto lo strumento. Ho sentito questo suono e mi ha entusiasmato. Da lì poi tutto quello che è venuto dopo.22

20 Mario Cardona, intervista del 30/03/2018. 21 Ibidem.

Per Garofalo23, l’innamoramento per il charango nasce all’ascolto di Rin del angelito, suo- nata dagli Inti-Illimani durante un passaggio televisivo24. Nell’uno e nell’altro caso, lo stru- mento non presenta caratteri di virtuosismo: è solamente “suono”, pura matrice timbrica.

Se l’identificazione di una specifica sonorità come molla iniziale è un tratto ampiamente condiviso dalla memoria collettiva dei GIMCA, più difficile risulta poi determinare quali tasti quella sonorità andasse a toccare e, in definitiva, quali significazioni le venissero attribuite. Se ne sottolinea frequentemente la dimensione naturale, acustica, “facile” ma fortemente evoca- tiva e capace di toccare fibre profonde:

SG: Cosa ti attraeva in quella musica?

BC: Pulizia del suono, perché era un suono naturale, non filtrato da effetti, come accadeva nella

musica pop. Proveniva da strumenti che davano un senso di immediatezza. Questi pezzi di canna, parti di un bosco, che opportunamente tagliate suonavano, emettevano questi suoni così sconosciuti... perché il suono di una quena non è il suono di un flauto traverso, è qualcosa di completamente diverso. Quello era qualcosa di magico, che veniva fuori. […] Suoni della terra, apparteneva alla natura. Era come se risvegliasse gli istinti... non vorrei dire una parola troppo grossa... primordiali. Quello che abbiamo noi come memoria, nel nostro DNA, di uomini preistorici nelle caverne... Toccava quella parte di homo sapiens che abbiamo ancora nel cervello rettile, nella parte più istintiva del nostro corpo e quindi il corpo quasi rispondeva a quel richiamo. Poi io ho le mie credenze spiritualiste, per cui sono convinta che in una vita precedente io ho vissuto in quelle zone. Forse anche per quello è stata così immediata... È stato un risveglio.25

Siamo ancora al di qua di una lettura ecologista militante: negli anni 70 gli indios sono an- cora visti più come le vittime e i testimoni di un sopruso imperialista, che come degli eroi ambientalisti; se c’è un significato etico associabile al sound andino, esso ha ancora a che ve- dere con il tema politico della solidarietà e dell’antifascismo. Il tema ecologista, come quello indianista, arriverà più tardi, anche se gli intervistati in qualche caso possono proiettare il do-

po sul prima…

Un “suono diverso” – che riflette una più ampia diversità estetica – è un eccellente marca- tore di distinzione per un gruppo sociale o un collettivo: quello andino, con il suo plus di eso- tismo, sembra perfino poter amplificare le proprietà di distinzione che Fabio Dei, rifacendosi a Bourdieu, riconosce più in generale al folk, anche quello più “domestico”26. In alcune conver-

23 Fondatore, negli anni 70, del gruppo palermitano Alcantara, Garofalo ha seguito poi un duplice percorso professionale come musicista (chitarrista classico) e come etnomusicologo. Attualmente è docente di Musica bizantina all’Università di Palermo.

24 Girolamo Garofalo, intervista del 20/01/2019.

25 Biancastella Croce (ex-componente di Yawar Mallku, Runa Simi e vari altri GIMCA dell’area toscana, attiva anche in altri progetti musicali di carattere etno), intervista del 08/04/2018.

26 Riferendosi alle dinamiche identitarie di gruppi giovanili tra gli anni 60 e 70, Fabio Dei ricorda come «il folk ci demarcava nei confronti dell’industria culturale, della massificazione televisiva, che diveniva tipico og- getto di "disgusto". Prendiamo ancora il caso della musica: nonostante la relativa semplicità delle sue forme, il carattere modulare e stereotipato, e talvolta il conformismo dei testi, il folk rispondeva molto bene a quella poe- tica della "distanza" (il termine è ancora di Bourdieu) che caratterizzava le nostre strategie distintive. Appariva una scelta estetica sofisticata, qualificante, che poteva saldarsi ad altre scelte, per così dire, di avanguardia e anti- borghesi» (Dei 2007: 11)

sazioni la consapevolezza di quella dinamica di distinzione emerge con molta chiarezza. Ep- pure, nella memoria collettiva dei gruppi presa nel suo complesso, non si definisce necessa- riamente un conflitto con altri generi musicali, come ben dimostrano le testimonianze di Achille Meazzi e Domenico Amicozzi:

AM: Forse anche questa dimensione qua... riferita in qualche modo all’impegno sociale e politico

che all’epoca c’era e che frequentavamo... Il fatto di sentirsi un po’ minoranza, no? O comunque fuori dalle rotte commerciali, no? C’era il piacere si sentirsi alternativi rispetto all’omologazione. Ti ricordi che all’epoca c’era la sorella di Mariangela Melato, che conduceva in RAI radio 3

L’altro suono, e aveva come sigla Alturas. Ecco, un po’ quel mondo lì, che poi a RAI 3 è rimasto

in qualche modo. Un po’ alternativa ai linguaggi – adesso non voglio dire “beceri” – però più vocati al commercio [...] Non è che va demonizzata, questa roba qua, ad esempio anche molti gruppi rock importanti hanno percorso una strada controtendenza... io apprezzo ancora moltissimo i Pink Floyd, tant’è che, qualche tempo fa, mi ero messo a lavorare ad un arrangiamento per sicus,

zampoña... di alcuni loro pezzi, per farne un medley. Quindi, sì... probabilmente il fatto di sentirsi

dalla parte... di quelli che avevan meno voce... È chiaro che il colpo di stato cileno e quello che ne è tragicamente conseguito, è stata la presa di coscienza di un fatto grave e doloroso che mi ha segnato fortemente e che ha indirizzato la mia vita come penso mai più mi sia capitato. La cosa vale anche per fatti gravi accaduti all’interno del nostro paese […] Di questo, esattamente, non avevo ancora contezza, all’epoca. Eran sensazioni difficilmente gestibili, da parte mia, che però mi portavano, inconsapevolmente, ad essere fiero di questa cosa. […] Rispetto agli altri, vivevo un orgoglio... Cioè: «io ho questa cosa qua, voi non ce l’avete questa cosa qua». Hai capito? […] E “questa cosa qua” mi ha riempito la vita.27

DA: Io vengo musicalmente più da una radice rock e progressive sia italiano che English e ho

conosciuto la musica andina, latinoamericana, appunto perché frequentavo, ero un iscritto della FGCI, quindi frequentavo una sezione [del PCI]. […] Mi aveva affascinato questa nuova musica, quindi ho cercato dischi, con qualche amico anche di sezione ho cominciato a strimpellare queste canzoni. […] Lungo il tempo le cose sono cambiate relativamente, nel senso che io continuo a frequentare musicalmente queste mie due passioni. Anche oggi ho un gruppo di musica rock psichedelico, e facciamo una cover band dei Pink Floyd.28

Potremmo ricavarne che le musiche cilene/andine funzionassero bene come segno di di- stinzione e appartenenza ad un gruppo sociale qualificato, cui però non corrispondeva in mo- do imprescindibile un rifiuto, un disgusto nei confronti di alcuni generi musicali mainstream, in primo luogo il rock anglosassone. In virtù della loro duplice natura – l’alterità del timbro evocativo e la conformità ad una sintassi musicale eurocolta – quelle musiche sembrano inve- ce possedere la facoltà di combaciare con diversi profili di gusto, generando circolarità e rin- forzi positivi in relazione ad altri generi. Per Girolamo Garofalo, ad esempio, la musica degli

Inti-Illimani, in forza della sua estetica improntata alla “stilizzazione”, si andava coerente-

27 Achille Meazzi, intervista ad Achille Meazzi ed Eliana Piazzi, ex componenti di Cordigliera, 05-01-2019. Sull’attività di Achille Meazzi come direttore artistico del gruppo cremonese Cordigliera e come compositore, si veda il caso di studio II, nella terza parte.

28 Domenico Amicozzi, intervista del 22/02/2018. Amicozzi, musicista e compositore, è un componente del gruppo Chiloe di Roma dagli inizi fino ad oggi. La sua attività musicale abbraccia anche altri generi, come ap- punto il rock progressive (con il gruppo Pinkage) e l’etno-world italiano (con Indaco Project). Si veda anche il caso di studio dedicato al gruppo Chiloe.

mente a collocare nel suo personale processo di formazione del gusto musicale, che allora in- cludeva già la musica classica e il folk della Nuova Compagnia di Canto Popolare29.

Le musiche cilene e la Nuova Compagnia di Canto Popolare ritornano associate con fre- quenza nel discorso degli intervistati, come apparentate da una comune attenzione alla forma e allo stile, come un ulteriore fattore di distinzione, questa volta non nei confronti del main-

stream della musica commerciale, ma dell’assieme del canto “popolare” (folklorico e politico)

proposto in quegli anni:

ML: Diciamo che come elaborazione musicale [i gruppi italiani del folk revival e della canzone

militante] erano dei gruppi estremamente poveri. Dagli inizi degli anni 60, io li ho ascoltati fin da bambino a casa mia, perché mio papà era appassionato... Ascoltavamo di tutto, dalla musica classica alla musica popolare e questi gruppi, a cominciare da Fausto Amodei, che è venuto ancora prima di Giovanna Marini... Poi Giovanna Marini, ma anche il Canzoniere Popolare del Veneto, con D’Amico, Luisa Ronchini e Bertelli. Anche loro. C’era tanto impatto emotivo, era un canto disperato, ma non era un canto curato. Per cui la Nuova Compagnia di Canto Popolare è stata una delle pochissime e sicuramente la più nota e probabilmente la migliore: un’eccezione.30

MC: Credo però […] che la presenza degli Inti-Illimani in Italia, e quindi l’esperienza che loro

avevano vissuto prima in Cile, dell’incontro della musica popolare e della musica colta, e quindi l’attenzione all’arrangiamento, alla qualità della musica e all’interpretazione della musica e all’uso degli strumenti, e quindi alla qualità musicale intrinseca che il gruppo aveva, e l’esperienza fondamentale della Nuova Compagnia di Canto Popolare a Napoli, abbiano rappresentato una svolta nel canto popolare italiano. Si è capito che la chitarra non era una clava, ma era una chitarra che doveva essere suonata come va suonata una chitarra. […] Quello che oggi sembra normale, in quel momento è stato probabilmente dirompente. Si è affacciata sulla scena della canzone, della musica, una musica popolare nuova, con un’attenzione nuova.31

Il binomio Inti-Illimani/Nuova Compagnia di Canto Popolare contrapposto al folk revival italiano nel suo assieme non significa che il complesso napoletano fosse realmente l’unica esperienza italiana di folk con un elevato “valore” musicale. Significa solamente che molti appassionati di musiche cilene/andine riconobbero nel gruppo napoletano un’aria di famiglia, e forse anche, viceversa, che il modello musicale della NCCH aprì una prospettiva nuova

nell’ascolto della musica che allora si definiva “popolare”, dunque facilitando anche l’incontro di certo pubblico italiano con lo stile degli Inti-Illimani:

DA: [la musica latinoamericana] ha un fantastico mondo variegato ritmico e armonico che

musicalmente è interessante per noi, che eravamo abituati a sentire musica popolare italiana, che per quanto bella si basa su due-tre accordi e non se ne esce vivi [...] Abbiamo trovato anche la bellezza delle armonizzazioni vocali a cui non eravamo abituati... Ma eseguibile. Ci ha insegnato questo, che si poteva fare una cosa anche molto bella, in maniera semplice.32

29 Girolamo Garofalo, intervista del 20/01/2019.

30 Michele Lotter, del 14/08/2014. Lotter ha fatto parte dei gruppi veneziani Suono Popolare e Cantolibre. Per la sua attività di compositore, si veda il caso di studio dedicato a Cantolibre (parte terza, II).

31 Mario Cardona, intervista del 30/03/2018. 32 Domenico Amicozzi, intervista del 20/12/2015.

3 FARE MUSICA CON GLI ALTRI.MEMORIA DEL PROCESSO DI COSTRUZIONE DEI GRUPPI