• Non ci sono risultati.

Capitolo II: Musica andina e Nueva Canción Chilena nel contesto italiano: ricezione, narrazioni e rifiut

2.2 Etica, estetica e soggettività

Come agiscono, su questi ascoltatori perlopiù giovanissimi16, che spesso non hanno espe- rienze di strumento, o sono, data l’età, ancora ad uno stadio iniziale di un apprendimento mu- sicale, le esperienze di ascolto sopra narrate? In particolare, come agiscono, o interagiscono, il discorso etico-politico e quello puramente estetico, il “suono”? Nel corso delle interviste con i musicisti ho chiesto di chiarire – quando non erano loro stessi ad anticiparlo – come interagis- sero le motivazioni estetiche e quelle etico-politiche in quel loro primo innamoramento per la musica cileno-andina. Le loro risposte aprono un ampio ventaglio di sfumature personali, che varrà la pena illustrare almeno in parte.

Durante la prima intervista con Raffaele e Felice Clemente17, la presenza di Domenico Amicozzi e Barbara Cestoni, musicisti del gruppo Chiloe, diede luogo al seguente dialogo tra Felice e Domenico, due soggetti, entrambe romani e avvicinatisi alla musica cilena/andina più o meno allo stesso tempo, ma con alle spalle contesti sociali e culturali estremamente diversi tra loro. Il contrappunto dialogico illustra in modo straordinario la trasversalità che accompa- gnò la diffusione e il successo delle musiche cilene/andine:

FC: Sicuramente, come per tutti gli altri, sono state ... – o forse no, forse non come per tutti gli al-

tri – sono state le sonorità per noi il motivo scatenante, proprio le sonorità pure. Perché noi gli Inti-

Illimani comunque li abbiamo sentiti, prima di vederli e quindi erano proprio dei suoni che ci han-

no catturato, non uno strumento strano, non la politica. Eravamo troppo piccoli. Niente di tutto questo. Proprio la sonorità, soprattutto, la sonorità d’insieme: questa musica così bella...verace, acustica, con strumenti allo stesso tempo esotici ma anche facili. E anche la vocalità: tutto quanto, tutta un’estetica che loro portavano, no? Con tutto il suo fascino, quello che poi, dopo, è venuto anche meno. Però, insomma, all’inizio l’impatto era notevole.... Il sogno di un mondo sconosciuto, lontano, da esplorare […].

DA: Ma – scusa, ti interrompo – c’era anche chi si avvicinato, diciamo, dal lato politico. Io sono

uno di quelli, io frequentavo... ero un militante della Federazione Giovanile Comunista, quindi ai 15 Anna Borrione, intervista del 25/06/2014. Le gemelle Borrione suonano ancora oggi con il gruppo Arcoiris

– di cui riparlerò nel prossimo capitolo (IV, 1.2) – che ha mantenuto fino al presente un’occasionale attività con-

certistica.

16 Il fenomeno GIMCA mostra da questo punto di vista un netto carattere generazionale, anche se in misura mi- nore coinvolse anche persone di qualche anno più grandi. Nel corpus degli intervistati, sono molto pochi quelli già adulti all’epoca della prima diffusione. Tra i gruppi che includevano componenti con un’età più elevata, ri- cordiamo Nuestra America e gli Apurímac.

17 Felice Maria e Raffaele Maria Clemente sono i fondatori del gruppo Trencito de los Andes e successivamen- te del Laboratorio delle Uova Quadre, le più rilevanti esperienze italiane nel campo musicale andino, che tratto specificamente nel caso di studio a loro dedicato (Parte terza, VI).

vari comizi mandavano queste canzoni che ovviamente ci hanno fomentato, no? Poi ovviamente noi abbiamo scoperto i suoni, ma quello, secondo me, per chi si è avvicinato tramite la politica, è venuto dopo... C’è stato più un avvicinamento passionale, politico insomma.

FC: Ecco, per noi non è stato così. Cioè, noi, la politica proprio.... Per te è stata anche l’occasione

di sentirli, se no non li avresti magari sentiti, mentre per me... Noi li abbiamo sentiti attraverso amicizie, compagni di scuola. Però la nostra era una scuola francese a Roma, quindi un ambiente molto particolare, di gente o molto ricca, o stranieri, di tutte le parti del mondo – figli di diplomatici perlopiù – oppure figli di intellettuali che avevano deciso di investire un sacco di soldi sulla educazione dei loro figli. Noi siamo fra quelli.18

Per la maggioranza degli intervistati, estetica e politica costituiscono comunque un nesso inscindibile. La politica è presente come una tonica di fondo, in un contesto in cui una sorta di afflato etico-civile permea i diversi contesti di socializzazione e di collettività, dalla famiglia alla scuola, e dalle sezioni della Federazione Giovanile del PCI fino alle parrocchie e ai gruppi scout cattolici, spesso di orientamento progressista. I più giovani partecipano alle grandi ma- nifestazioni di solidarietà con la causa cilena assieme ai propri genitori, zii, nonni – antifasci- sti e talvolta ex-partigiani – ricevendone un grande impatto emotivo. Un coagulo etico che si fonde con il piacere estetico.

Anche per Giuseppe Iasella, già citato quale membro del gruppo Nuestra America, di qual- che anno più vecchio degli altri, i due fattori si coniugano come un dato inscindibile:

GI: Tu considera uno che non ha mai ascoltato questa musica e che ha dentro quelle robe che ave-

vo dentro io in quel momento… E sentire questi angeli suonare... è stato veramente sconvolgente. Ma non c’era solo la musica. La musica è stato il contatto. Era in quel momento, per me, emozionante sapere che gli Inti Illimani – erano in giro per il mondo a raccontare e raccontarsi: della loro cultura, della loro storia, delle Ande, per intenderci, e non potevano più tornare nel loro Paese perché militari golpisti avevano bombardato il palazzo della Moneda... Questa fu la cosa che più mi segnò. Quindi, le metterei insieme le due cose, perché sono inevitabilmente insieme. Perché quello che poi è successo dentro la mia anima, il mio cuore, la mia testa, in quel momento, era anche quella roba là. Affascinato da melodie mai ascoltate prima ma motivato politicamente e vicino alle sofferenze di quel popolo. Credevo davvero che la musica, anche quella musica potesse dare un contributo per un mondo migliore.19

Pur riconoscendo l’importanza e la compresenza “storica” dei due fattori, Mario Cardona – componente storico dei veneziani Cantolibre – propende invece per una lettura diversa della sua vicenda, recuperando lo spazio della soggettività, della propria singolarità.

SG: Il suono e il tuo essere di sinistra, sono due cose associate o dissociate?

MC: Sono completamente dissociate. Perché credo che la condizione della sinistra in Italia, del

PCI, di tutti i festival dell’Unità, di tutte le cose che si facevano, sono condizioni storiche che c’erano allora e quindi sono state le condizioni che hanno permesso che poi si verificasse qualcos’altro. Però il rapporto con quei suoni, con quel tipo di musica, con quelle sonorità, con il

18 Intervista a Felice (e Raffaele) Clemente, con interventi di Domenico Amicozzi, del 17/02/2017. 19 Giuseppe Iasella, intervista del 17/02/2018.

charango, è qualche cosa di estremamente intimo e personale, che non ha più un legame diretto

con quel contesto.20

Attraverso lo specchio di una prospettiva temporale lunga, Mario Cardona recupera una dimensione peculiare dell’adolescente: anche se con tutta probabilità tale sguardo sul passato è uno specchio deformante, ha il merito di far emergere aspetti soggettivi e interiori, almeno altrettanto importanti di quelli etico-politici già manifestati nelle altre testimonianze. Su que- sta linea, prosegue:

MC: Penso che in qualche modo [...] quel tipo di musica, quelle forme musicali e quelle sonorità,

si sposassero a una forma forse di malinconia, di introversione o di atteggiamento e di attitudine nei confronti della vita, che avevo come adolescente. […] Non sono mai andato in una discoteca, non ascoltavo particolarmente il rock, anche se comunque in quell’epoca ascoltavo Pink Floyd e tanti altri gruppi, perché comunque faceva parte della dimensione sociale che avevamo. Però credo che questa musica si sposasse perfettamente con una rappresentazione interna del mio stato d’animo... mi corrispondeva in qualche modo naturalmente. […] Era una forma storica, concreta, di esilio di queste persone, che in qualche modo si coniugava molto bene con un esilio interiore, che non so spiegare adesso esattamente a che cosa si riferisse, ma si riferiva un po’ a tutto, al mio... alla vita di quegli anni. Mi ritrovavo in quel senso... Era un rifugio, in un certo modo, dove mi trovavo bene.21