• Non ci sono risultati.

Tango, tropicale, andina: trittico musicale latinoamericano

Capitolo II: Musica andina e Nueva Canción Chilena nel contesto italiano: ricezione, narrazioni e rifiut

1.1 Tango, tropicale, andina: trittico musicale latinoamericano

La NCCH iniziò a circolare in Italia solo all’indomani del golpe del 11 settembre del 1973.

Tuttavia, il suo contesto di ricezione non era ovviamente una tabula rasa, di modo che al suo arrivo si innestò su un immaginario musicale latinoamericano preesistente. La materia è estremamente vasta e rischia di coincidere con l’intera gamma delle relazioni musicali italo- latinoamericane, per cui sarà necessario circoscrivere l’argomento al campo di maggiore per- tinenza rispetto al soggetto di questo studio, vale a dire quello delle musiche popolari, la cui

diffusione mediatizzata caratterizza il XX secolo104. In questi confini, tematici e cronologici, ritengo si possano individuare tre principali momenti tra l’inizio del secolo e gli anni 70; tre successive ondate di promozione di generi popolari latinoamericani nel nostro paese che cor- rispondono ad altrettanti immaginari legati a momenti storici e territori di riferimento ben de- lineati.

La prima è quella del tango argentino, che conobbe una travolgente notorietà già a partire dagli anni che precedettero lo scoppio della Grande Guerra. Il momento storico era quello del- la fine della Belle époque e della crisi delle istituzioni liberali che condusse all’affermazione del Fascismo. Il territorio cui faceva riferimento l’immaginario era chiaramente quello riopla-

tense, un mondo decisamente urbano e “moderno”, sia pure lontano e perciò stesso vagamente

esotico. Tale esotismo venne però accentuato dall’approssimazione con cui si associava il tan- go a contesti sudamericani disparati: «El tango comenzó su proceso de adecentamiento prime- ro en París, pero paradójicamente vestido de gaucho. Para aquella estrategia inicial, la asociación con el tópico de la pampa fue lo que le dio al tango un lugar en el mapa internacionalizado de los regionalismos exóticos» (Liut – Serafini 2019: 86). Di tali rappre- sentazioni ibride ed esotiche è un buon esempio il ballo interpretato in abiti da gaucho da Ro- dolfo Valentino, nel film I quattro cavalieri dell’apocalisse (1921). La diffusione del tango coincise peraltro con gli inizi della diffusione commerciale delle registrazioni elettroacusti- che105.

Dopo la tragica parentesi del secondo conflitto mondiale, che assieme alle politiche cultu- rali nazionaliste e autarchiche del regime fascista costituì una barriera (per la verità molto permeabile) nei confronti della circolazione dei generi mainstream internazionali, fu la volta di un’America Latina tropicale, esotica e sensuale, immagine veicolata attraverso i generi bal- labili di matrice “latina”, tanto caraibici quanto brasiliani, quali la rumba, il samba e – negli anni 50, al culmine della moda tropicale – il mambo e il bajòn. Sul piano politico, in piena guerra fredda, tale immagine ludica era anche funzionale alla celebrazione e alla promozione della società del “mondo libero”, contrapposta alle rappresentazioni occidentali, tetre e op- pressive, del blocco comunista.

In entrambe i casi – il tango e la musica tropicale – non si era realmente trattato di uno scambio strettamente bilaterale tra le due sponde dell’Atlantico, ma, come spesso accade, di

104 Il quadro delle relazioni musicali tra Italia e America Latina in cui si formano immaginari e identità ab- braccia territori del campo culturale ben più vasti e diversi, che qui non prendo in esame. Si pensi, per esempio, alla egemonia culturale esercitata dai musicisti italiani nella formazione dei conservatori di musica latinoameri- cani lungo il XIX secolo, e quindi all’impronta da loro impressa su generazioni di compositori locali. Oppure all’esistenza di una cultura operistica condivisa, grazie alla quale poteva accadere che nel 1870 Il Guarany del compositore brasiliano Antonio Carlos Gomes – un melodramma che si proponeva come testo fondativo di un’opera nazionale brasiliana e poneva al suo centro il tema della dialettica civiltà/barbarie – ebbe la sua prima assoluta non nei teatri di San Paolo o di Rio de Janeiro, ma alla Scala di Milano.

105 La disseminazione del Tango argentino in Italia e la creazione di un tango italiano sono state studiate in profondità da Enrique Cámara (1996; 2000).

percorsi più articolati, con la partecipazione di altri agenti intermediari. Il tango era approdato in Italia rimbalzando da Parigi, metropoli che svolse una funzione di polo di diffusione euro- peo, e giungeva dunque già filtrato attraverso lo sguardo “esotico”, come abbiamo visto, della ricezione francese.

A sua volta, la musica ballabile tropicale non era realmente un prodotto nativo dei territori che essa evocava (Cuba, Haiti, Brasile, ecc.), ma piuttosto un’elaborazione dell’industria cul- turale nordamericana. Le musiche “latine”, già frutto di un complesso e lungo sincretismo di matrice coloniale, costituirono, a partire dagli anni 30, la materia prima di una ibridazione con i linguaggi mainstream nordamericani del momento (soprattutto le grandi orchestre di jazz) e vennero adattate e inserite nei processi produttivi dello star system, che aveva nel disco, nella radio e nel cinema i suoi più efficaci mezzi di diffusione e penetrazione culturale. Benché fa- cesse leva su un immaginario latino, si trattava dunque di un genere costruito in stretta corre- lazione con gli sviluppi di una tecnologia che aveva i suoi centri di produzione nella metropoli statunitense. Grazie al carattere latino dei generi proposti, perfino i pubblici latinoamericani si identificarono con il cliché esportato dall’industria nordamericana, nonostante esso veicolasse un’immagine stereotipata e subalterna di loro stessi (Pérez Valero 2018; Poveda Viera 2015).

Anche l’Italia, mercato relativamente periferico dell’industria culturale nordamericana e britannica, assorbì durante gli anni 50 lo stereotipo di un tropico esotico e paradisiaco, tipifi- cato da artisti come la vedette brasiliana Carmen Miranda e le orchestre di Xavier Cugat e Pérez Prado. In tale panorama l’industria italiana riuscì comunque ad inserirsi in modo attivo, sia per coprire il fabbisogno nazionale con cover e produzioni locali sia per mettere a segno qualche successo sul mercato internazionale, come accadde con El negro zumbón, un bajòn firmato da Armando Trovajoli e portato al successo dalla sensuale interpretazione di Silvana Mangano106. Nel decennio successivo l’immaginario egemone rimase quello tropicale, propo-

sto dai circuiti commerciali delle major dell’industria discografica in nuove declinazioni, con un particolare protagonismo della musica del Brasile. In quest’ambito il fenomeno più origi- nale e influente sulla scena italiana fu sicuramente il successo della Bossa Nova, con le can- zoni di Jobim e Gilberto, quali la celeberrima Garota de Ipanema, che si convertirono in

standard universalmente diffusi.

Alla fine degli anni 60 furono poi presenti sulla scena italiana due dei massimi esponenti della canzone d’autore brasiliana: Vinicius De Moraes e Chico Buarque de Hollanda. I due brasiliani, dissidenti nei confronti del regime militare dittatoriale che allora governava il Bra- sile tanto da risiedere in Europa in un esilio di fatto, rappresentavano nel loro paese una cor- rente artistica assimilabile alla nueva canción latinoamericana (Carrasco 1982). Essi lasciano un segno importante nella musica popolare italiana e collaborarono con personalità diverse e

106 Nel film Anna, di Alberto Lattuada (1952), che ebbe all’epoca un enorme successo di botteghino interna- zionale, la Mangano venne in realtà doppiata dalla cantante Flo’ Sandon (pseudonimo di Mammola Sandon). È significativo che El negro zumbón sia stato ripreso da esponenti di primo piano dello star system statunitense, come Xavier Cugat, Pérez Prado o Los Panchos.

di prestigio, da Giuseppe Ungaretti a Ennio Morricone, da Sergio Endrigo a Sergio Bardotti, e con interpreti come Mina. Tuttavia, salvo per pochi titoli ripresi in un’ottica di canzone “im- pegnata”, i due autori non vennero percepiti allora come portatori di un canto politicamente connotato107.Un fenomeno minore, ma di un certo rilievo, fu quello del successo del duo chi- tarristico brasiliano Los Indios Tabajaras e di altre formazioni analoghe, che proponevano una musica genericamente latinoamericana.

La terza ondata, risalente agli anni 70, è infine quella delle musiche cilene e di ispirazione andina. In questo modo, dopo il tango criollo dei primi decenni del 900 e i ritmi tropicali afro- latini della metà del secolo, le nuove sonorità del folk latinoamericano facevano ora riferi- mento precipuo alla matrice amerindia, completando così in qualche modo il panorama delle tre principali radici culturali ed etniche del subcontinente latinoamericano. Anche in questo caso si trattava di un fenomeno non esclusivamente italiano ma di ampiezza europea, e ancora una volta non fu un semplice trapianto di musiche latinoamericane in un nuovo contesto, ben- sì il risultato di ripetuti flussi di andata e ritorno tra i due continenti. Tuttavia, l’insieme musi- cale cileno/andino che sbarcò in Italia nel 1973 non era la creazione di un’industria culturale de-territorializzata. Almeno per quanto riguarda la NCCH – e con tutte le cautele e i distinguo

del caso – si trattava di un prodotto culturale realmente latinoamericano, la cui circolazione venne attivata da meccanismi estranei alle consuete logiche di mercato.

Una volta esauritasi la terza ondata, si è avuto un ritorno ciclico dei generi precedenti. Il tango, che aveva dato vita già nel periodo tra le due guerre a un genere autoctono italiano, au- tonomo rispetto alla matrice rioplatense, è poi tornato alla ribalta a più riprese lungo gli anni 80 e in tempi più recenti, anche e soprattutto nella sua espressione porteña (si pensi alla gran- de notorietà di Astor Piazzolla e al favore ottenuto negli anni 80 da spettacoli come Tango ar-

gentino (di Segovia e Orezzoli, 1983). Anche la musica tropicale (afrocubana) ha conosciuto

nuovi picchi di popolarità, in primo luogo grazie al successo della salsa, che ha accompagnato gli anni del “riflusso” seguito alla stagione dell’impegno sociale e civile e, in secondo luogo, grazie al fenomeno del progetto Buena Vista Social Club, sullo scorcio degli anni 90. Oltre a questi casi più noti, musiche di matrice latina sono state costantemente riproposte in ambiti commerciali.

Non sembra invece esserci stato finora un significativo ritorno per i generi folk della terza ondata. D’altra parte, se il tango e i ritmi afroamericani sono profondamente penetrati nei lin- guaggi musicali popular locali, non sembra che si possa dire altrettanto per le musiche cilene e andine, i cui tratti formali non sono entrati visibilmente a far parte del vocabolario di base della musica popolare nostrana e, quando presenti, mantengono il sapore della citazione.

107 Del primo caso è un esempio la canzone Funeral de um lavrador, di Chico Buarque, ripresa dalle cantanti italiane Adriana Martino e Anna Identici. Viceversa, A banda, una canzone che in Brasile possedeva connotazio- ni politiche, in Italia poté tranquillamente figurare tra i pur creativi “caroselli” della Barilla, interpretati da Mina.