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Interpretazioni del fenomeno cosmopolita andino

La distanza estetica è anche una distanza culturale. L’estetica musicale andina nativa si struttura attorno a categorie quali età, genere (gender), musica come voce del paesaggio, o degli spiriti (Rivera Andía 2018). In quelle società la musica articola una concezione etico- sociale nella quale prevale il senso comunitario: nel villaggio andino di Conima, per esempio,

69 Con il termine crossover si indicano vari tipi di “slittamenti” di un brano musicale da un genere, uno stile, un pubblico, ad un altro (López-Cano 2011: 58). Sono dei crossover i casi di successo di brani di musica classica presso un pubblico pop, ovvero di una canzone afroamericana presso un pubblico “bianco”, ecc.

70 Rodríguez Aedo osserva come tale prassi, seguita dagli Inti-Illimani, conceda un valore di realtà, di verità musicale all’oggetto disco, «creer que él representa un fragmento de la realidad cultural y musical de un pueblo» (Rodríguez Aedo 2016: 68), mentre sappiamo che spesso il disco è un prodotto di studio, montato, diversamente dalle registrazioni-documento di carattere etnografico.

una tropa (consort) suona bene quando i suonatori possono affermare che suona come un or- gano, come un solo strumento (Turino 1993: 55-6).

Alla luce di ciò, ci colpisce nella MAC un evidente sfasamento tra l’enfasi posta nella per-

formance sull’immaginario andino e l’effettiva materia sonora. Gli artisti evocano costante-

mente le culture indigene dell’altopiano nei nomi di matrice amerindia adottati dai gruppi, nell’abbigliamento di scena, nella iconografia dei loro dischi. I flauti precolombiani, assurti a strumenti identitari indigeni per eccellenza, sono spesso esibiti in un primo piano aurale e vi- sivo, ma vengono costruiti e suonati secondo modalità radicalmente distinte dai canoni indi- geni, per renderli compatibili con quelli occidentali. Il conjunto andino con il tempo si è espanso in diverse varianti dotate di una strumentazione più varia e liberamente mescolata senza riguardo per le specificità generiche o geografiche tradizionali. Con essa si interpretano melodie attinte a fonti etnografiche, popolari, ma anche a repertori di matrice colta, scioglien- do così gli stili regionali in una koinè pan-andina o pan-latinoamericana, che comporta in ogni caso una semplificazione del patrimonio organologico folklorico e una drastica contrazione della diversità stilistica.

Di fronte a tutto ciò, sembra legittimo chiedersi fino a che punto le MA cosmopolite costi-

tuiscano una rielaborazione della MA di tradizione locale in un nuovo e diverso contesto, mo-

derno e urbano, e fino a che punto invece siano un costrutto del tutto autonomo, se non addi- rittura un meccanismo di riaffermazione colonialista, nella misura in cui esse metterebbero in scena un corpo indigeno, negandogli però il diritto ad una voce propria. La questione è com- plessa e la risposta probabilmente non può essere univoca, dovendo tenere conto tanto delle diverse narrazioni collegate al dato musicale, quanto degli esiti sulle scene europee e latinoa- mericane. Restringendo l’obiettivo alle MA cosmopolite diffuse in Europa, cioè le MIA e il

repertorio andino della NCCH, l’argomento della distanza estetica non lascia molto margine al

dubbio: si tratta propriamente di costrutti musicali creati o ricreati all’interno di un linguaggio occidentale, da musicisti cosmopoliti per pubblici cosmopoliti. Per Rios, essi sono tanto vicini al pubblico e al mercato internazionale che ne decreta il successo quanto lontani dal loro idea- le punto di riferimento culturale indigeno, da indurlo a ripensarne la dialettica locale-globale nei termini di un processo intraculturale (cosmopolita), anziché transculturale (Rios 2008: 147-8)72.

Voler tradurre questa constatazione oggettiva in un giudizio di valore negativo, correlato ad una sorta di condanna ideologica, comporta tuttavia il rischio di assolutizzare il valore sociale e politico di un dato musicale, prescindendo dalla diversità dei contesti di ricezione e delle rispettive interazioni tra narrazioni di “musicanti” (produttori) e “musicati” (recettori). Gerard Borras (1992) considera l’immaginario esotico veicolato dalla moda francese della musique

72 Sulla stessa linea, si confrontino Turino (2008a: 129) e Tucker (2013: 50). Una posizione più sfumata è espressa da Van der Lee (2000: 64, 95). Abbiamo visto nell’Introduzione di questo mio studio il diverso punto di vista espresso da Aravena Decart (2011) su una loro lettura in termini transculturali.

des Andes come il frutto di una mistificazione continua ed intenzionale dell’identità indigena,

a fini prevalentemente commerciali. Diversamente da Borras, il musicologo e sociologo cile- no Jorge Aravena Decart (2011) ritiene che quegli stessi repertori siano effettivamente una musica prodotta in Francia e per i francesi, benché in una sorta di illusione collettiva venisse all’epoca percepita come autentica o comunque radicata in un altrove, ma che proprio per questo la distanza tra il linguaggio delle MIA e quello delle fonti andine “autentiche” vada

considerata più come un elemento di autonomia che di “degrado”. L’ipotesi di Aravena è che l’attrazione francese per le MIA tra gli anni 50 e 70 possa essere spiegata con il fatto che esse

seppero incarnare una «alterità non radicale», compatibile (tanto nell’ordine sociale e cultura- le come nel linguaggio musicale) con il sistema della società francese del tempo73. In altri

termini, per Aravena il fenomeno non sarebbe riducibile a un mero stratagemma mercantile a danno dell’inconsapevole pubblico europeo, ma implicherebbe una convergenza tra musicisti latinoamericani alla ricerca di visibilità sociale e le attese di quel pubblico, che poteva così accedere a una musica in sintonia col suo immaginario sull’America Latina. La diversità delle narrazioni e l’interazione con il contesto saranno cruciali nell’analisi della ricezione della MA

e della NCCH nel contesto italiano, che costituisce l’argomento del prossimo capitolo.

4 CARATTERI MUSICALI RICORRENTI

Per concludere questa sezione dedicata ai modelli musicali latinoamericani dei GIMCA,

propongo una panoramica di caratteri musicali che, se non definiscono dei canoni di genere per tutte le ragioni già esposte sopra, contribuiscono comunque ad una loro identificazione all’ascolto, mettendo in moto associazioni tra gli elementi musicali e l’immaginario degli ascoltatori. Così esplicitati, tali caratteri saranno più facilmente comparabili con le realizza- zioni musicali dei gruppi italiani.

Come già sappiamo, NCCH e MAC presentano importanti intersezioni, in virtù delle quali la prima ingloba al suo interno un nucleo derivato dalla seconda, ma restano due ambiti sostan- zialmente distinti. Nella NCCH, genere popolare e urbano, prevale una dinamica creativa auto- riale piuttosto libera, mentre nella MAC prevale, anche nella creazione d’autore, il ricorso a

forme codificate, benché più o meno soggette a variazioni o rielaborazioni. In quest’ultima risulta allora più agevole raccogliere un fascio di caratteri formali condivisi dal repertorio, mentre per la prima i caratteri comuni risiedono piuttosto nei processi di creazione.

73 Anche Turino ritiene, sulla base della propria esperienza personale, che l’ascolto delle MA cosmopolite ab- bia favorito un avvicinamento di soggetti occidentali alle musiche di tradizione rurale, attraverso un progressivo adattamento dell’orecchio e del gusto a suoni via via più lontani dai canoni estetici occidentali (Turino 2008a).