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CAPITOLO I IL DISTRETTO INDUSTRIALE

1.3 IL CONCETTO DI NETWORKING O CLUSTERING

1.3.1 Il distretto ceramico di Modena e di Reggio Emilia

Il distretto ceramico di Modena e Reggio Emilia è un esempio di distretto che produce beni tradizionali. Il centro del distretto è situato lungo l’asse Sassuolo-Fiorano, dove nacque originariamente l’industria ceramica locale. Ma la continua espansione della produzione, a partire dagli anni Sessanta, ha portato ad una estensione dell’area territoriale del distretto, che ora coincide con le province di Modena e Reggio Emilia.

La città di Sassuolo (provincia di Modena) e quella di Scandiano (provincia di Reggio Emilia), rappresentano uno dei principali poli produttivi mondiali per la produzione di piastrelle in ceramica, il quale realizza l’80% della produzione nazionale. Nell’area di Sassuolo sono collocate non solo le imprese ceramiche, ma anche le altre attività complementari produttive e di servizio, legate al ciclo di vita della piastrella (attività legate alla progettazione, al design e decorazione delle piastrelle, alla produzione di smalti e colori, alla logistica distributiva).

La presenza di settori collegati e di supporto fanno del distretto ceramico un vero e proprio cluster, che si sviluppa in senso verticale e trasversale lungo la filiera. Tra i settori collegati si possono citare:

❖ fornitori di beni intermedi (materie prime per il supporto, smalti e colori, prodotti chimici di vario genere, refrattari, imballaggi), che incidono sulla qualità del prodotto finito;

❖ produttori di adesivi per l’edilizia (settore di leadership italiana);

❖ consorzio dei decoratori artistici ceramici (Cerarte), che si occupano del decoro e del taglio;

❖ settore meccanico-ceramico, che rifornisce il distretto di beni strumentali (macchine per la preparazione degli impasti e degli smalti; presse di formatura; impianti di essiccamento; macchine per il confezionamento, la movimentazione, la decorazione digitale; e molti altri).

Lo sviluppo del distretto è certamente collegato alla disponibilità di materia prima proveniente dalle cave della zona appenninica (argilla rossa), alla facilità di reperimento

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di manodopera dalle zone agricole limitrofe e ad una lunga tradizione nella produzione di ceramiche.

La crescita vertiginosa del distretto si presenta intorno agli anni ‘60, grazie alle specificità del settore, caratterizzato da una tecnologia di produzione semplice, dimensioni minime efficienti contenute, scarse barriere tecnologiche e finanziarie all’entrata, elevata domanda nazionale, propensione all’innovazione, produzione incentrata esclusivamente sulla piastrella (strategia che ha aumentato il tasso di specializzazione delle imprese e ha favorito la penetrazione del mercato).

Per rispondere in quegli anni alla sempre più crescente domanda di beni per l’edilizia, e grazie al supporto tecnico fornito dalle imprese del comparto meccanico regionale, le imprese investirono molto sia in innovazione di processo per incrementare la loro efficienza produttiva, sia in innovazioni di prodotto per incrementare la qualità dell’output.

In seguito allo shock petrolifero degli anni Settanta, il distretto ceramico subì una forte contrazione della domanda e attraversò un periodo di ristrutturazione del processo produttivo che vide l’uscita delle imprese più piccole, incapaci di fronteggiare le ricadute della crisi sul mercato dell’edilizia. Il risultato si tradusse in una concentrazione territoriale, con la diffusione dei gruppi: già nel 1980 circa il 50% delle imprese ceramiche del distretto era detenuto dai dodici maggiori gruppi.

I continui investimenti nell’innovazione, nonostante la crisi, segnarono anche la cosiddetta “prima rivoluzione tecnologica della ceramica”. Questa permise alle aziende, per esempio, di sostituire la monocottura43 con la bicottura44 e di migliorare in generale le proprie macchine produttive, riducendo così i cicli di lavorazione e aumentando la produttività dei fattori.

A partire dagli anni Ottanta e fino al nuovo millennio, la presenza dei produttori del distretto all’estero si è espansa notevolmente, così come è continuata l’introduzione di innovazioni di successo. In un settore quale quello ceramico, l’innovazione tecnica è legata da sempre al cambiamento nelle caratteristiche delle macchine utilizzate per la produzione. Infatti i cambiamenti tecnici hanno quasi sempre riguardato il generale

43 La monocottura è un processo produttivo durante il quale la smaltatura viene cotta insieme alla base della piastrella, permettendo una maggiore coesione tra i due strati.

44 La bicottura, prevedendo due cotture separate per il biscotto d’argilla e lo stato di smalto, conferisce alla ceramica un colore più vivido e lucido rispetto alla monocottura. Per questo motivo la ceramica bicotta è ritenuta di particolare pregio per i rivestimenti a muro.

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ridisegno dei layout e della logistica degli stabilimenti, e l’automazione del ciclo di movimentazione, stoccaggio, essicazione, pressatura, confezionamento dei materiali. Ed è per questo motivo che le imprese produttrici di macchine ed attrezzature per la ceramica hanno sempre assunto un ruolo cardine all’interno del settore.

Negli anni Ottanta il mercato delle ceramiche ha raggiunto, lungo il proprio ciclo di vita, la fase di maturità. Questo ha avuto come conseguenza la presenza di tecnologie produttive sofisticate, di processi produttivi automatizzati e veloci. Inoltre si è assistito alla diffusione delle innovazioni distrettuali su scala internazionale, grazie al fatto che gli impianti e le macchine italiane sono venduti in tutto il mondo.

La localizzazione delle imprese all’interno del cluster e quindi all’interno di un ambiente ad alto tasso innovativo, dove la diffusione e lo scambio delle informazioni e conoscenze è intensa, ha permesso al distretto emiliano di rafforzare negli anni la propria posizione internazionale e leadership nel settore di riferimento. Una leadership che col tempo ha perso a causa dell’elevata apertura dei distretti verso il mercato globale, che ha permesso ai concorrenti esteri di accedere alle conoscenze district

specific. In questo modo l’elevata competitività si è tradotta in un vantaggio per le

imprese estere, a discapito delle imprese localizzate nel distretto ceramico.

Infatti se osserviamo i dati del primo decennio degli anni duemila, possiamo vedere come, a causa della pressione competitiva dei mercati emergenti e della crisi del 2007, la competitività dei produttori italiani di piastrelle si fosse ridotta. Nel 2009 la produzione e le vendite di piastrelle avevano subito un calo rispettivamente del 30% e del 20% rispetto agli anni passati, nello stesso modo era diminuito di circa il 30% anche il fatturato nel settore dei macchinari.

Nel 2016 invece, l’industria italiana delle piastrelle ceramiche, con un fatturato salito a 5,41 miliardi di Euro, si è riportata finalmente sui valori pre-crisi del 2008 (5,5 miliardi di Euro). In generale è stato rilevato un andamento positivo di tutte le aziende del settore, con fatturati nella stragrande maggioranza in crescita rispetto agli anni precedenti45.

Anche se l’idea di fondo della letteratura economica è che soltanto le grandi imprese siano in grado di realizzare le innovazioni davvero importanti, mentre le realtà di piccoli dimensioni non possono far altro che imitare queste innovazioni, il distretto

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ceramico di Sassuolo-Scandiano ha costituito una delle poche eccezioni a questo schema. Infatti è difficile spiegare come questo sistema locale abbia manifestato un ritmo così elevato di innovazioni, all’interno di un tessuto produttivo costituito da numerose entità di piccole dimensioni e privo di una vera e propria impresa “leader”. La relativa semplicità del processo produttivo, che sta alla base della realizzazione delle ceramiche, non solo ha fatto da traino durante la prima fase di espansione del distretto emiliano, ma tutt’oggi favorisce la competitività del settore. Tuttavia questa stessa semplicità gioca a favore dei nuovi competitors stranieri (Cina in primis), prepotentemente entrati, nel corso degli ultimi anni, nel mercato mondiale delle piastrelle.