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Effetti e caratteristiche della lingua scritta

Nel documento Lingua e società. La lingua e i parlanti (pagine 189-191)

Nel complesso i dati discussi al pf. 2.6 mostrano che i diversi gradi di istruzione hanno una distribuzione molto difforme nella popolazione. Se associamo, anche se con una generalizzazione un po’ forzata, la buona o sufficiente padronanza della scrittura e della lettura col grado di istruzione, risulta evidente che un’ampia fascia di popolazione si trova ai limiti dell’analfabetismo, o almeno in una situazione di difficoltosa comprensione dell’informazione contenuta nei testi scritti. L’aumento delle conoscenze creato dalla scrittura è stato un elemento importante nel determinare lo sviluppo delle ricerche e della scienza tipico delle società alfabetizzate (Goody e Watt 1973[1962/63]):

Nelle società orali il patrimonio culturale viene trasmesso quasi interamente attraverso comunicazioni faccia a faccia e i cambiamenti nel suo contenuto sono accompagnati da un processo omeostatico che porta a dimenticare o a trasformare quelle parti della tradizione che cessano di essere necessarie o rilevanti. Le società alfabete, invece, non possono scartare, assorbire o mutare il passato nello stesso modo. I loro membri devono fare i conti con permanenti documentazioni del passato e delle sue ideologie; e proprio perché il passato è nettamente distinto dal presente l’indagine storica diviene possibile. Ciò a sua volta incoraggia lo scetticismo, non solo riguardo al passato leggendario ma anche riguardo alle idee ricevute sull’universo in generale. A questo punto il passaggio successivo è la costruzione e la verifica di spiegazioni alternative: da ciò forse deriva quel tipo di tradizione intellettuale logica, specializzata e cumulativa […] (J.Goody e I. Watt 1973 [1968]: 398)

Come osserva Goody (2002), la scrittura influisce sulla maniera di organizzare la società e la conoscenza da parte degli esseri umani, avviando quel processo di riflessione critica sul mondo esterno che è alla base dello sviluppo delle scienze.

A livello sociale, la scrittura fu decisamente importante per i sistemi politici, essendo la condicio sine qua non dell’organizzazione burocratica, con i suoi registri, le memorie e le registrazioni personali. Essa cambiò la natura dello stato e dei cittadini con esso […] Lo stesso mutamento si produsse in campo religioso […] Diversamente dal mito nelle società orali, il testo sacro è fissato una volta per tutte, cosicché con il tempo diventa inevitabilmente datato e deve essere interpretato allegoricamente […] Non dobbiamo guardare lontano per scorgere la profonda influenza della scrittura sulla storia della nostra cultura […] La scrittura rende la lingua e i pensieri visibili e questo ci permette di riflettere sui pensieri in maniera differente. Possiamo scorrere un testo con gli occhi, rivederlo, elaborarlo. (Goody 2002: 2 e sgg).

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La scrittura è un agente di democratizzazione del sapere e di diffusione di atteggiamenti critici (cf. Briggs e Burke 2002); non a caso la diffusione dei libri è vista con ostilità dalle ideologie che vorrebbero imporre l’omogeneizzazione della società e dei comportamenti, come appunto nelle società totalitarie. D’altra parte la diffusione scritta delle conoscenze ha introdotto differenziazioni sociali più sottili di quelle delle società orali, dovute al diverso grado di accesso ai testi scritti e di padronanza della lingua scritta e dei suoi contenuti. Un ruolo importante è giocato anche dal grado di accesso all’enorme mole del sapere pubblicato. Nelle culture orali solo ciò che ha ‘rilevanza sociale’ viene immagazzinato nella memoria e viene trasmesso e imparato dagli individui. Tutto il resto va perso. Anche i testi memorizzati tendono ad essere continuamente reinterpretati, sia sul piano formale che su quello del contenuto, per cui nelle culture prive di scrittura nessun testo mantiene quella fissità semantica tipica dei testi scritti. Goody e Watt (1973[1962/63]) parlano di trasmissione ‘omeostatica’, nel senso che comunque nelle società orali la tradizione passata trasmessa oralmente viene riadattata alle condizioni del presente di generazione in generazione. È noto che le società prive di scrittura hanno utilizzato sistemi per memorizzare testi, ad esempio ricorrendo a formule, a schemi di frasi ripetute, a tipi di discorso, etc.

Un caso interessante e ampiamente studiato è quello dei testi omerici, che anche se riportati per scritto secondo Ruijgh (1995) in un’epoca forse ancora più antica dell’VIII secolo a.C., presentano comunque le caratteristiche di testi di tradizione orale. L’Iliade e l’Odissea hanno proprietà metriche, testuali e linguistiche che ne mettono in luce l’originaria natura di poemi concepiti per un impiego orale (Ruijgh 1995). In particolare Parry (1932) nota come i due poemi siano costruiti sulla base di versi più volte ripetuti e di formule, cioè di frasi fissate, riprese dalla tradizione poetica precedente in accordo con i significati e gli eventi da rappresentare. Questo spiega anche il permanere di arcaismi, associati a tali frasi fissate dalla tradizione, tanto che alcune formule tradiscono un’origine micenea. Lo stesso verso epico omerico è formato dalla ripetizione continua di piedi basata sull’isocronia sillabica. Queste caratteristiche del resto coincidono con le proprietà generali dei testi poetici (cf. Baldi e Savoia 2009, pff. 9.2; 9.3 e 9.4), incluso il rapporto con altri testi (intertestualità), manifestato ad esempio dagli arcaismi, dai nomi, etc.

Secondo Zucchermaglio (1991) la scrittura può avere effetti sull’organizzazione cognitiva del parlante. Il linguaggio scritto, in quanto decontestualizzato e separato dal suo produttore, implicherebbe capacità generalmente non altrettanto necessarie quando interpretiamo il linguaggio orale. In particolare il linguaggio scritto implica l’esplicitazione delle assunzioni, delle premesse e del contesto di riferimento unicamente attraverso gli elementi linguistici (pronomi, sintagmi nominali, avverbi, etc.). Abbiamo visto che queste caratteristiche possono contraddistinguere anche certi tipi di uso orale. In particolare gli usi linguistici richiesti dalla scuola, caratterizzabili come codice elaborato (Bernstein 1971), riflettono le caratteristiche del linguaggio scritto. Abbiamo però anche concluso che queste caratteristiche non riguardano né le proprietà intrinseche della varietà linguistica usata né le proprietà cognitive profonde del parlante. Non a caso tutti noi possiamo ricorrere a un linguaggio (orale o scritto) di tipo esplicito e decontestualizzato, a usi strettamente interpretabili solo in base al contesto del discorso. Abbiamo anche visto che, comunque, l’interpretazione di qualsiasi tipo di enunciato è legata al contesto pragmatico.

Il linguaggio scritto presenta caratteristiche che in parte almeno dipendono dal fatto che si tratta di un linguaggio decontestualizzato, cioè non prodotto in rapporto ad una situazione comunicativa reale. Esso cioè separa colui che scrive e che produce il testo, da colui o coloro che lo leggeranno, come illustrato in (21). (21) a. Il linguaggio scritto richiede che tutti gli elementi che sono rilevanti ai fini della comprensione

del testo siano resi espliciti per mezzo di parole.

b. La possibilità di interpretare il testo dipende dagli elementi linguistici (pronomi, sintagmi nominali, avverbi, etc.) che devono rendere espliciti i legami di significato tra le varie parti del testo (coerenza e coesione); la struttura di frase esprime le relazioni di significato (temporale, causale, etc.) tramite la subordinazione, cioè congiunzioni o preposizioni che introducono frasi (finite o infinitivali) collegate da rapporti di tempo o di causa con la frase principale.

c. Il linguaggio scritto usa alcuni accorgimenti grafici, cioè la punteggiatura, per rappresentare le relazioni tra frasi o parti di frasi che nel linguaggio orale sono generalmente espresse per mezzo dell’intonazione. Il linguaggio scritto tende ad essere più informativo del linguaggio orale presentando, infatti, una maggiore complessità e ricchezza lessicale. Halliday (1992[1985]) chiama questa caratteristica ‘densità lessicale’ e si manifesta in più modi. In primo luogo la proporzione di parole ‘lessicali’ (cioè i termini che designano oggetti, individui, eventi, stati di cose) rispetto al numero complessivo di parole aumenta nettamente nei testi scritti. Quindi, il numero di parole ‘grammaticali’ (ausiliari, preposizioni, congiunzioni, pronomi) risulta in proporzione minore nel linguaggio scritto nel quale il significato deve essere interamente costruito con elementi linguistici e non può far ricorso a ciò che gli interlocutori sanno. Inoltre anche la proporzione di elementi lessicali diversi è maggiore rispetto al numero complessivo di parole (occorrenze).

La punteggiatura comprende alcuni simboli scritti che servono a manifestare sia la relazione tra sintagmi e frasi, sia alcuni tipi di frase (modalità). In particolare, seguendo Halliday (1992[1985]), nella scrittura dell’italiano troviamo una distribuzione del tipo in (22):

(22) a) la virgola [,] indica il confine di un sintagma o di una parte della frase e si connette alla realizzazione delle proprietà di topic/focus della frase;

b) il punto e virgola [;] indica la fine di una frase all’interno di un discorso più ampio; c) il punto [.] indica la fine della frase e insieme la sua modalità dichiarativa;

d) il punto interrogativo [?] indica la fine di una frase di modalità interrogativa (domanda); e) il punto esclamativo [!] indica la fine di una frase di modalità imperativa oppure vari tipi di

modalità presentate come non reali, implicanti la valutazione dello scrivente; f ) i due punti indicano l’inizio di una nuova frase;

g) le virgolette indicano l’introduzione di frasi riportate come dette da un parlante (discorso diretto/ citazione).

Nel documento Lingua e società. La lingua e i parlanti (pagine 189-191)