• Non ci sono risultati.

Le lingue immigrate

Nel documento Lingua e società. La lingua e i parlanti (pagine 52-57)

In realtà, una considerazione solo numerica non configura in maniera soddisfacente la situazione sociolinguistica che caratterizza l’uso di lingue immigrate nei diversi contesti territoriali e nelle diverse situazioni sociali dei gruppi che le parlano. Ciò che si delinea è infatti il consolidarsi o il formarsi di comunità minoritarie le cui lingue hanno ‘potenziale comunicativo’ e ‘valore simbolico’ non diversi da quelli delle minoranze linguistiche di antica origine (cf. pf. 7.3) (Dossier Immigrazione 2008). Vi sono infatti lingue che corrispondono a usi qualitativamente forti e lingue il cui uso è ristretto e indebolito. Bagna, Machetti, Vedovelli (2003) distinguono, a questo proposito, tra lingue dei migranti, cioè lingue parlate da gruppi fluttuanti, privi di coesione e di consapevolezza, e lingue immigrate, associate a comunità consistenti e stabili, con interazioni regolari. Questa distinzione riflette la diversa rilevanza socio-culturale e la diversa capacità simbolica e comunicativa delle lingue immigrate, a loro volta corrispondenti alla vitalità e allo status dei gruppi che le usano.

I due diversi concetti di ‘lingua dei migranti’ e di ‘lingua immigrata’ appaiono decisivi per comprendere la natura e gli effetti dell’interazione tra il nuovo plurilinguismo e lo spazio idiomatico di accoglienza. Innanzitutto essi rimandano alla capacità e al grado di radicamento che un gruppo immigrato ha entro una comunità locale: rapporti quantitativi, livello di integrazione, mobilità migratoria, vitalità autonoma del gruppo migrante, pressione della comunità, ecc. […] le lingue dei migranti sono idiomi di passaggio […] le lingue immigrate, invece, sono quelle dei gruppi che si fermano e si stabiliscono entro una comunità, sono usate sistematicamente dal gruppo degli immigrati, lasciano tracce nel panorama linguistico di contatto della società ospite. (Bagna, Barni, Vedovelli 2007:340)

Naturalmente, una stessa lingua può avere gradi di radicamento e vitalità diversi in corrispondenza della situazione dei gruppi che la parlano nelle diverse realtà sociali di inserimento e a seconda della numerosità e coesione dei gruppi stessi. Tra i criteri utilizzati per una caratterizzazione delle condizioni d’uso delle lingue immigrate vi sono i dati relativi alla consistenza delle comunità in un territorio, i dati relativi agli usi dichiarati ottenuti tramite interviste e infine i dati ottenuti tramite la ricognizione della consistenza degli usi linguistici (parlati o scritti) rilevabili in quello che Bagna, Barni, Vedovelli (2007) definiscono ‘spazio della comunicazione sociale’. Quest’ultima dimensione, sviluppata nella ricerca sulla vitalità e lo status di lingue immigrate nel quartiere Esquilino di Roma presentata in Bagna, Barni, Vedovelli (2007), fornisce interessanti criteri interpretativi relativi alle modalità di uso e all’atteggiamento dei parlanti di una lingua immigrata in contesti di plurilinguismo. L’analisi riguarda l’emergenza di occorrenze linguistiche nei ‘contesti di interazione sociale’ sulla base di 851 testi scritti ‘fotografati’, ‘georeferenziati’ e ‘classificati’, rintracciati nello spazio delle interazioni comunicative:

Attraverso la ricognizione, con l’utilizzo di fotocamere digitali, delle tracce della presenza delle lingue immigrate nello spazio della comunicazione sociale, si possono realizzare carte linguistiche […] che evidenzino l’intensità ‘statica’ della presenza delle lingue nello spazio sociale ovvero peso quantitativo. In questo modo si può dar conto della visibilità delle lingue attraverso scritture plurilingui presenti in un determinato territorio e si definiscono le caratteristiche del cosiddetto panorama linguistico,

linguistic landscape. (Bagna, Barni, Vedovelli 2007: 345)

I dati in (1) indicano che le occorrenze linguistiche più numerose nello ‘spazio della comunicazione sociale’ riguardano, dopo l’italiano, il cinese, e con valori via via più bassi, le altre delle 24 lingue rilevate.

(1) (Bagna, Barni, Vedovelli 2007:353) Le lingue presenti all’Esquilino

PrESEnza Lingua n. % italiano 500 31,09 cinese 483 30,03 inglese 277 17,22 bengali 119 7,41 singalese 32 2,00 spagnolo 31 1,92 hindi 24 1,50 francese 20 1,25 russo 19 1,19 arabo 18 1,11 italiano di contatto 13 0,81 rumeno 13 0,81 tedesco 12 0,74 punjabi 11 0,69 coreano 10 0,62 giapponese 10 0,62 albanese 5 0,31 tagalog 4 0,25 turco 2 0,13 farsi 1 0,06 polacco 1 0,06 portoghese 1 0,06 ucraino 1 0,06 urdu 1 0,06 Totale presenze 1608 100,00

Il confronto con i dati relativi alla consistenza numerica nel Municipio 1 di Roma, che include il quartiere Esquilino, riportati in (2) mostra un aspetto interessante, immediatamente collegato con le caratteristiche socio-economiche e culturali dei diversi gruppi. Infatti, la più grande comunità di minoranza è quella di immigrati provenienti dal Bangladesh, mentre la comunità cinese, a cui corrispondono le occorrenze linguistiche più cospicue in (1), non è la più numerosa. Ciò significa che la vitalità di una lingua immigrata non riflette direttamente la numerosità del gruppo, ma interagisce con fattori non meno rilevanti: in particolare, la comunità cinese è quella che gestisce la maggior parte degli esercizi commerciali della zona. D’altra parte, come in altre realtà urbane studiate, la comunità cinese è particolarmente chiusa verso l’esterno, come indica il fatto che le insegne e gli altri testi reperiti sono unicamente in cinese (Bagna, Barni, Vedovelli 2007:351).

CoNtENUtI IDENtItArI E IDEoLoGICI DEL LINGUAGGIo 51

(2) (Bagna, Barni, Vedovelli 2007:349)

Le nazionalità più presenti nel Municipio I (dati del Comune di Roma al 31/12/2004)

nazionalità Municipi 1

(valori assoluti) Municipio 1 (valori %)

Bangladesh 2.154 8.6 Filippine 2.122 8,5 Cina 1.194 4,8 Stati Uniti 1.171 4,7 Francia 1.056 4,2 India 866 3,5 Spagna 854 3,4 Germania 827 3,3 Polonia 790 3,2 Gran Bretagna 779 3,1 Romania 738 3,0 Perù 523 2,1 Iugoslavia 456 1,8 Brasile 455 1,8 Sri Lanka 377 1,5 Ecuador 358 1,4 Egitto 347 1,4 Ucraina 330 1,3 Marocco 185 0,7 Albania 114 0,5 Altri paesi 9.308 37,2 Totale 25.004 100

La natura del plurilinguismo, nel caso in esame quello attestato nel quartiere romano esaminato in Bagna, Barni, Vedovelli (2007), emerge in maniera interessante dalla tipologia dei testi rinvenuti. La compresenza di più lingue nello stesso testo, oltre a rappresentare il grado di plurilinguismo, suggerisce infatti il grado di apertura, cioè il grado di ‘recepibilità’ del testo nello spazio comunicativo esaminato. I dati in (3) esprimono questo parametro lungo una scala da 1 a 15. All’interno di questa scala, i livelli più bassi corrispondono a un grado di apertura e di plurilinguismo basso. Ad esempio, il grado 1 denota quello che Bagna, Barni, Vedovelli (2007) chiamano il monolinguismo della lingua immigrata, corrispondente a una forte vitalità della comunità, che caratterizza non solo il cinese, ma anche il bengali e il russo. Il grado 5 corrisponde al pieno plurilinguismo, mentre i gradi più alti configurano l’emergere di forme di italiano, eventualmente con caratteristiche di lingua di apprendimento e in combinazione con altre lingue.

(3) (Bagna, Barni, Vedovelli 2007: 354) Gli usi linguistici dell’Esquilino

Livello Denominazione n. di occorrenze

0 Assenza di segni verbali 2

1 L. immigrata 242

2 L. immigrata + altra/e lingua/e immigrata/e 2 3 L. immigrata + italiano (via/piazza/luoghi) 94 4 L. immigrata + italiano 207 5 L. immigrata + italiano+ altra/e lingua/e immigrata/e 1

6 L. inglese 33

7 L. immigrata + inglese 65 8 L. immigrata + inglese + altre lingue 4 9 L. immigrata + inglese + italiano 103 10 L. immigrata + inglese + italiano + altre lingue 17 11 L. inglese + italiano 39 12 L. inglese + italiano + altre lingue 14 13 Italiano di contatto 6 14 Italiano di contatto + lingua immigrata 7

15 Italiano 15

Totale 851

Le ricerche basate sull’autovalutazione dei parlanti immigrati forniscono indicazioni per una comprensione delle tensioni introspettive che indirizzano le scelte o gli atteggiamenti dei parlanti stessi. Elementi di conoscenza sulla percezione e sulle dichiarazioni d’uso di parlanti immigrati rumeni e albanesi in due comuni della provincia di Roma, ottenuti mediante interviste dirette, sono presentati in Bagna e Barni (2005), Bagna e Pallassini (2006). Emergono in particolare atteggiamenti diversi tra gruppo e gruppo, come nel caso degli albanesi, orientati anche in famiglia verso l’assimilazione linguistica, e i moldavi, orientati verso la conservazione, in famiglia, del rumeno. Il contrasto tra una intervistata albanese (4a) e una intervistata moldava (4b) illustra in maniera interessante la diversità di atteggiamenti in relazione con fattori socio-culturali:

(4) a. I. Senta, in casa con i suoi figli con/che lingua parla?

A. A dire la verità io parlo italiano perché no per scordare la lingua mia perché quella è lingua che… però giusto per lui perché voglio che impara sì bene bene italiano perché tutto il giorno sta scuola e devi parlare bene italiano e poi la lingua mia.

I. Con suo marito invece?

A. Eh. Sembre una cosa strana ma parlo italiano anche con lui. […]

No proprio è perché è la lingua che mi piace, non è perché so sì costretta perché sto qua in Italia e so costretta a parla’ italiano, no perché mi piace a me proprio la lingua italiana. […]

A. Adoro la lingua mia perché è sempre la/sempre la lingua che/da nascita che m’ha cresciuto, però quando è che abiti da un paese che si deve parla’ italiano.

b. I. La sua lingua è il moldavo?

CoNtENUtI IDENtItArI E IDEoLoGICI DEL LINGUAGGIo 53

[…]

I. In casa lei parla con suo marito e con i suoi figli… che lingua parla? A. Rumena e italiano. […] Più il dialetto nostro che…

Bagna e Pallassini (2006) mettono in evidenza come le ‘interviste ripropon[gono] il tema del nascondimento della propria identità linguistica’ e che:

Dal confronto con le interviste effettuate con altri adulti emerge che la situazione più diffusa è quella di un’alternanza lingua d’origine – italiano, nel contesto familiare, secondo una diglossia determinata e definita dal contenuto stesso dell’interazione. Tuttavia è evidente la continua ridefinizione delle competenze nella lingua che è minoritaria nel contesto di immigrazione e un’incidenza su più livelli dell’italiano. […] L’indagine ha anche messo in luce differenti approcci al tema del confronto tra le lingue presenti in un determinato spazio linguistico: la stanzialità in un territorio in cui gli immigrati vivono, in un rapporto di convivenza stabilizzato all’interno della comunità autoctona e delle strutture scolastiche e sociali, non garantisce all’interno delle interazioni la mancanza di alcuni segnali di ‘attrito’, ‘indecisione nell’uso’, ‘giudizio’ nei confronti delle lingue che si sceglie di usare o non usare.

Il rapporto delle politiche di assimilazione con l’ideologia dominante dei paesi occidentali e con i valori socio-economici della globalizzazione è messo in luce anche dallo scrittore tedesco di origine turca Feridun Zaimoglu che in un’intervista recente, parlando della varietà di tedesco usata dagli immigrati di origine turca, nota come ‘l’ossessione di un linguaggio puro’ corrisponda in effetti alla ‘costruzione’ dell’‘eterno straniero’. In altre parole, anche l’argot, cioè la varietà tedesca non standard usata dai turchi di seconda generazione, è interpretato come un segnale di identità non conformata alle regole sociali, o meglio di mancata integrazione al pensiero dominante:

Cosa ci dicono ovunque in Europa? Per diventare parte delle nostre comunità dovete essere come degli specchi, che riflettono l’identità degli autoctoni. Ma quando guardo in quello specchio io vedo solo me stesso, un me stesso deformato, mostruoso. Per questo l’argot nel quale scriviamo le nostre storie è a sua volta mostruoso. […] il tedesco che impariamo a scuola non è abbastanza per noi, non parla di noi. […], nei dialetti della strada, nelle assurde traduzioni letterali dal turco noi ritroviamo noi stessi. La nostra lingua è la lingua di coloro che non desiderano solamente il successo o la tranquillità. Fino all’inizio degli anni ‘90 l’‘immigrato ufficiale’,[…] è sempre stato qualcuno che cercava in tutti i modi di integrarsi, anche attraverso l’apprendimento di una lingua che si presume pura. È la versione tedesca del ‘nigger’. Noi al contrario cerchiamo di esprimere quello che siamo e il nostro linguaggio è il vero specchio della nostra vita ‘bastarda’. (Feridun Zaimoglu, Slang, la rivolta della lingua viva, intervista di Luca Tomassini, Il manifesto, 10.4.2005:9)

Le politiche di assimilazione non sono quindi orientate tanto a sradicare o modificare identità nazionali in un quadro di multiculturalismo quanto a ridurre o isolare la discrepanza culturale e ideologica veicolata dall’uso di una varietà linguistica non standard:

Se sei uno straniero e arrivi in un nuovo paese parlare la lingua, quella ufficiale, ti permette di recitare la parte, di essere la marionetta che tutti desiderano tu sia. Il linguaggio è veramente la chiave per questo e non conoscerlo ti trasforma automaticamente in un problema. Prendiamo per esempio la stampa tedesca: nel migliore dei casi i giovani turchi di seconda o terza generazione sono rappresentati come spettri confinati nel limbo tra due mondi distinti. E per quale ragione? Perché non parlano turco e neanche tedesco ma una loro propria lingua. Non sorprende che un simile atteggiamento dei media si trasformi nella volontà di imporre il ‘germanico’, ma questo provocherà senza dubbio una reazione in quanto sarà percepito come deriva poliziesca. (Feridun Zaimoglu, Slang, la rivolta della

Le riflessioni di Zaimoglu mettono a nudo il significato profondo e nascosto delle politiche d’integrazione linguistica e culturale. La diversità linguistica infrange l’ordine del pensiero e della società e rende chiaro che le identità come appartenenze dottrinarie e univoche rispondono a interessi lontani da quelli della persona. La diversità linguistica al contrario riproduce la reale complessità delle relazioni umane e la loro indeterminatezza e può essere vista come manifestazione di una diversità cognitiva dotata di valore intrinseco e come espressione di un diritto di eguaglianza e di libertà personale. In ultima analisi, il processo d’integrazione non coinciderà con l’imposizione di un cambio di lingua e di cultura, bensì con l’esistenza di condizioni socio-economiche che diano la possibilità alle persone di inserirsi nella comunità sociale.

Nel documento Lingua e società. La lingua e i parlanti (pagine 52-57)