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Gli embrici con simboli impressi (CIL X, 1434*; 1446a*)

1. La basilica di S Saturnino

1.1. Gli scavi secenteschi nella basilica di S Saturnino: prima fase (1614-1615)

1.1.5. Gli embrici con simboli impressi (CIL X, 1434*; 1446a*)

Il 18 novembre si scavò la tomba scoperta il giorno prima (n. 17). Essa conteneva molte ossa e frammenti di cranio, che si ritenne di poter riferire a tre corpi; un buon profumo si sprigionò dalle ossa, alcune delle quali erano combuste, altre lucenti così come la terra circostante, che sembrava argentata. Gli embrici con cui era realizzata la struttura della tomba presentavano sulla superficie simboli impressi che vengono descritti subito dopo; lo scavo della sepoltura fu portato a termine il 21 dello stesso mese (f. 13v): Die 18 novembris 1614 in ecclesia Sancti Saturnini. Haventse cantat

lo himne veni Sancte Spiritus segons se ha fet cada dia que se ha acudit y sa paternitat intervenint y lo canonge Fensa, Aquiles Busquets, lo archipreste de Ampuries, lo canonge Astrada, Antonio Barbanso, Gavi Tola beneficiats, Miquel Xinus, los pares Noni y Meli, dos caputzins y altres molts ecclesiastichs y seglars ab los ordinaris traballadors y lo mestre Pinna picapedrer. Se ha trobat

debayx del sostre de la sepultura y cos de la creu y effibia lo die de ayr continuat altra sepultura feta com les demes y en ella ossos molts ab caps no molt romputs sen ha tret cosa de serca tres sachs de ossos que devian de ser sinch cosfes de ossos (nota a margine: y podian esser de tres

persones) tots odoreffos alguns coma cremats y altres relluents y de la terra tambe es tranplandent

y coma plateada los senyals de creu, palmas, mitras y altres senyals estan avant y se son (nota a margine: acabats de traure estos ossos a 21 del present presents les persones continuades en esta

dita jornada avant).

Quello stesso giorno fu individuata una tomba in fossa terragna (n. 18) nella navata centrale, dalla parte del vangelo e presso la ‘cappelletta’ scoperta qualche giorno prima (f. 14r): Mes en la

part del evangeli de la navada del altar mayor apres y al costat de la capelleta (nota a margine:

debayx lo pillar y capitel de mabre dalt designada) se ha trobat una sepultura sens fabrica si no

sepellits en terra ossos.

Le contemporanee opere a stampa forzano l’interpretazione dei dati di scavo nell’intento di dimostrare il ritrovamento di sepolture di vescovi e martiri. Il D’Esquivel106 riporta confusamente le

notizie, moltiplicando il numero dei corpi rinvenuti e non fornendo un’ubicazione precisa delle sepolture. I simboli presenti sugli embrici con cui erano realizzate le tombe inoltre erano per l’autore una prova inconfutabile dell’identità degli inumati. L’Esquirro107 colloca correttamente le

tombe nn. 16 e 17 sotto l’altare. Per quanto riguarda la croce, l’autore specifica che essa era di ferro e simile a una croce pettorale vescovile. Dal disegno in effetti risulta una certa somiglianza con un tipo di ornamento utilizzato ancora oggi dai vescovi. Tuttavia l’attribuzione della tomba a un antico vescovo cagliaritano solo su queste basi non può che essere puramente ipotetica, mentre dalle parole dell’Esquirro essa sembra un dato certo, così come il fatto che si trattasse di un martire, data la presenza di sangue nella terra. Analogo procedimento viene seguito per la sepoltura sottostante, nella quale la presenza di croci, mitre, palme e della lettera M impresse sugli embrici della copertura sono ritenute la dimostrazione che si trattava di vescovi e martiri.

I simboli di cui si è parlato sono riprodotti in maniera identica nelle opere del D’Esquivel e dell’Esquirro, al punto da poter ritenere che siano state usate le medesime matrici di stampa, mentre il Carmona ne fornisce l’equivalente in un disegno a mano. In CIL X, 1434* e 1446a* tali reperti vengono catalogati senza riprodurne il disegno e senza la specificazione che si trattava di laterizi, ma lasciando il campo aperto alla possibilità di interpretarli come vere e proprie iscrizioni.

106 D’ESQUIVEL, pp. 41-44. 107 ESQUIRRO, p. 36.

Il 29 novembre un gruppo di persone, i cui nomi sono riportati nel relativo atto, esaminarono gli embrici rinvenuti nelle coperture delle tombe, in particolar modo della n. 17. I simboli che vi si trovavano impressi sono raffigurati di seguito e interpretati come palme, mitre e croci (f. 14r): Mes

en la cuberta de dita sepultura (nota a margine: debayxe la sepultura del pectoral y affibia) se ha

trobat unes lloses grans de terra de rajolas molt antigas y menjades algunes delles y regonegudes vuy a 29 de dit nohembre 1614 per lo dit pare Noni, fra Pere de Sasser sacerdot Caputzi, fra Francisco Sarzes o de Caller sacerdot, fra Jacomo de Decimo Putzo caputzins y altres relijosos y en presentia dels infrascrits testimonis ha vist los senyals que portaven y portan dites cubertes y son desta manera. La corretta identificazione delle raffigurazioni venne garantita da persone appositamente chiamate a questo scopo (f. 14v): Es quant se feu esta revista y lo judicaren axi com

dalt esta posat y ells lo veren foren lo canonge Antiogo Astrada y Miquel Guasch de la Marina.

In primo luogo va sottolineato come i simboli, che secondo la testimonianza del D’Esquivel, Esquirro e Carmona sarebbero stati disposti in partizioni ordinate e simmetriche, stando agli Actas si trovavano sugli embrici senza una logica precisa, e probabilmente nemmeno in associazione fra loro. In secondo luogo, al di là delle ricostruzioni secentesche, essi vanno interpretati sulla base del loro valore archeologico e inquadrati nell’ambito della produzione laterizia tardoromana e altomedievale. Data l’irregolarità delle raffigurazioni risultante dagli Actas I e il fatto che, ad eccezione della lettera M, esse siano sempre anepigrafi, non possono essere interpretate come bolli laterizi bensì come impressioni digitali realizzate sulle tegole prima della cottura. Tali impressioni sono note su embrici provenienti da siti di tutto l’Impero108, e sono state interpretate in vari modi:

come signum posto dall’artefice che intendeva così ‘firmare’ il proprio lavoro; come motivo decorativo con valore puramente estetico; come segno di riconoscimento legato al processo produttivo e in particolar modo alla cottura nei forni comuni.

Fra i motivi decorativi, il più diffuso in assoluto è quello che prevede semicerchi concentrici realizzati con la punta delle dita, in numero variabile da uno a quattro109, del tutto identici a quelli

rinvenuti a Cagliari e interpretati come mitre vescovili. Il simbolo della palma è anch’esso piuttosto comune sia su embrici che su mattoni, e viene interpretato come un ramo di palma o spina di pesce stilizzata110. La lettera M, ritenuta iniziale di Martyr, rientra nell’uso di contrassegnare i prodotti

laterizi con simboli alfabetici che dovevano avere un qualche significato al momento della produzione111. La presenza della croce, per la quale non è stato possibile reperire confronti, va

probabilmente inserita anch’essa nella vasta gamma dei motivi che comprendono intrecci e linee intersecantesi. Il carattere artigianale e non ‘ufficiale’ di queste produzioni ne assicura la lunga durata nel tempo, dall’epoca romana alla quale risalgono i modelli fino all’età medievale, che si pone in una linea di continuità col passato.

108 La scarsità di riscontri dipende unicamente dalla mancanza di pubblicazioni inerenti a questa classe di materiali, che

ha attirato l’interesse soltanto dei medievisti e degli archeologi anglosassoni. Nel sito di Beauport Park è stato calcolato che il 60% delle tegole presenta simboli impressi (BRODRIBB 1987, p. 100).

109 BRODRIBB 1987, pp. 99-100; FACCHINI 1992, p. 10 e fig. 1,5, esemplari da Angera (VA). In Sardegna scarseggiano

le pubblicazioni specifiche ma tali simboli compaiono frequentemente, ad esempio a Cornus (DE MARIA 1986); alcuni

esemplari sono esposti, corredati da pannelli esplicativi, all’Antiquarium Turritano di Porto Torres.

110 Un confronto in ARTHUR, WHITEHOUSE 1983, p. 530, su un mattone proveniente da Forum Claudii (CE), in un

contesto che potrebbe essere anche del VII sec. ma che comprende numerosi materiali di spoglio. Un confronto per il motivo decorativo si trova anche su un sarcofago in piombo proveniente da Tissi ed esposto nella Sala Medievale del Museo G.A. Sanna di Sassari (ROVINA 2000, p. 43).

111 Un confronto per questo tipo si trova in un contesto di II sec. a.C. nel riutilizzo romano del nuraghe La Varrosa a