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Le tombe di Felix (CIL X, 1203*) e Gerinus (CIL X, 1222*)

1. La basilica di S Saturnino

1.2. Gli scavi nella basilica di S Saturnino: seconda fase (1621)

1.2.5. Le tombe di Felix (CIL X, 1203*) e Gerinus (CIL X, 1222*)

A questo punto della cronaca, gli Actas I inseriscono la notizia di un ritrovamento avvenuto circa due settimane prima, il 24 settembre 1621. Mentre si scavava all’interno della basilica, nel settore coperto dalla cupola, sul lato del vangelo, presso lo spigolo formato da uno dei due pilastri di sostegno nel quale è inserita una colonna di marmo, fu scoperta una sepoltura (n. 44) con tre diverse coperture in laterizi, costituite la prima e la terza da embrici disposti in piano, mentre nella seconda essi erano disposti alla cappuccina. La struttura era interamente realizzata in laterizi e calce, e vi fu recuperato in cima un frammento di marmo bianco iscritto riprodotto di seguito (f. 120r): Hase tambien nota que a los 24 del mes de 7bre mas serca passado deste presente anno

cavando dentro la iglessia del glorioso Sant Saturnino martir baxo de la cupula rodonda que es en dicha iglessia a la parte del evangelio muy serca de la cantonada que es en dicha parte del evangelio que hay una columna de marmol muy grande rodonda se a hallado una sepultura cubierta, es a saber ensima con unos lladrillos puestos de plano y la segunda cubierta tambien de lladrillos puestos que hasen esquena y la tersera cubierta es tambien de lladrillos puestos de plano y la dicha sepultura esta fabricada de lladrillos y cal y ensima de dicha sepultura se a hallado en un pedasso de marmol blanco el lletrero escrito en lletras goticas de la manera siguiente.

256 KAJANTO 1963, pp. 101-103. In Sardegna non si hanno altre attestazioni, ma se si passa a considerare le falsae esse

salgono a due, entrambe al femminile (CIL X, 1399*, da S. Saturnino; CIL X, 1170*, dalla cripta di S. Restituta. Sul problema dell’autenticità di quest’ultima iscrizione, vd. BONELLO LAI 1988, p. 97 e infra, § 4.10).

257 KAJANTO 1965, p. 300, dove si riportano 59 attestazioni, 36 delle quali riferibili a donne e appena quattro del totale

cristiane. In Sardegna non si hanno confronti.

258 Si tratta di CIL X, 7769 (da Carales); AE 1992, 902 e ELSard B75 (entrambe da Turris Libisonis, la seconda è

musiva). Sul simbolo della palma vd. BRUUN 1963, pp. 142-143: tradizionalmente considerata un simbolo di vittoria, la

palma è sempre attributo dei martiri, ma sugli epitafi cristiani compare spesso come semplice motivo ornamentale.

259 Tuttavia si hanno esempi per non(a)s in CIL III, 11380 (da Siscia); CIL IV, 3340, 145 (da Pompei); AE 2007, 1174 e

TitAq III, 1347 (da Aquincum); HEp VII, 258 (da Merindad de Cuesta). Per Feb(ruaria)s in CIL VIII, 23036 (da Enfidha); CIL XII, 21050 (da Vienna); CIL XIII, 2359 (da Lugdunum); AE 1899, 1807 (da Ammaedara).

Aperta la tomba alla presenza delle personalità elencate nell’atto notarile, si scoprirono le ossa di un corpo, ritenute quelle di S. Felix martire, che furono recuperate, avvolte in una tela e collocate dentro una cassetta per poter essere trasportate al palazzo arcivescovile, dove erano custodite tutte le altre reliquie (f. 120r): Y abierta la sobre dicha sepultura de dicho glorioso San martir Felix

estando presente el canonigo Melchior Fensa, los padres capuchinos Esquirro, Boy y fray Nicolao, Merennio Castanja, Francisco Castanja, Joan Antonio Fadda, Miguel Pujoni y otras personas ecclesiasticas y seglares, se hallaron dentro dicha sepultura los huessos y santas relliquias de dicho glorioso San Felix las quales se an puesto en un lienso y guardadas dentro de una arquilla hasta que su senoria reverendissima se sirva subirlas en su palasio donde estan las demas relliquias.

L’Esquirro260 afferma che la lastra era spezzata su tutti e quattro i lati. La lettura che fece del

testo, dove riporta al principio della seconda linea la sigla [e]ps sciolta come ep(iscopu)s, va ritenuta alla base della tradizione successiva per cui Felix sarebbe un vescovo cagliaritano. Tale ricostruzione, implicitamente accolta dal Carmona, è presente anche nell’opera del Bonfant261, dove

la A che segue il nome è ritenuta l’iniziale di Archiepiscopus. Fatta eccezione per questo importante elemento, il testo dell’iscrizione è sostanzialmente uguale nelle fonti.

In CIL X, 1203* l’iscrizione è riprodotta nelle tre versioni tramandate rispettivamente dall’Esquirro, dal Carmona e dal Bonfant. Sulla base della testimonianza degli Actas I, è possibile trascrivere come segue:

[Hic iacet B(onae)] Ṃ(emoriae) Felix [--- / ---] karali[tanus ? --- / qui vixit annis] pl(us) m(inus) XC [---] / ---.

La prima lettera, conservata parzialmente, è con ogni probabilità una M, da ritenersi pertinente alla formula introduttiva B(onae) M(emoriae), forse preceduta da hic iacet. Il nome del defunto, in assoluto uno dei cognomina più diffusi nel mondo romano sin da età repubblicana, è un tipico ‘wish-name’, diffuso anche in età tardoantica senza però che lo si possa considerare un tipico nome cristiano262. La parola alla linea successiva, conservata solo in parte, va indubbiamente riferita

all’etnico della città di Carales. Dato che si è in presenza di un documento epigrafico rinvenuto nella stessa città, non è sicuro che si tratti della menzione dell’origo del defunto, come avviene invece nell’epitafio di Numida Cuiculitanus, ma l’aggettivo potrebbe indicare una sua appartenenza all’ordo o a qualche grado della gerarchia dell’ecclesia caralitana, quindi far parte di una formula più complessa che non è possibile ricostruire263. Alla terza linea è riportato il dato biometrico,

260 ESQUIRRO, pp. 511-512. 261 BONFANT, pp. 315-316.

262 Così in KAJANTO 1963, p. 89; in KAJANTO 1965, pp. 272-273 si menzionano 3716 ricorrenze del nome, 151 delle

quali sicuramente cristiane. Anche la Sardegna ha restituito un buon numero di attestazioni: fra le pagane si ha CIL X, 7554; 7564; 7621; 7628; 7660 (padre e figlio); 7673; 7677; 7709; AE 1985, 485; ILSard I, 65; 80 (tutte e dodici da

Carales); CIL X, 7811 (da Pirri); CIL X, 7546 (da Nora, quattro personaggi dallo stesso cognomen sulla medesima iscrizione); AE 1975, 461; ILSard I, 11 (entrambe da Sulci); CIL X, 7845 (da Uselis); CIL X, 7857 (da Donigala);

ILSard I, 226 (da Tharros); AE 1979, 300; 1980, 534 (entrambe da Bosa); CIL X, 7977 (da Olbia); ILSard I, 253; 258;

RICIS II, 519 (tutte e tre da Turris Libisonis); le attestazioni cristiane sono due: AE 1988, 641 (da Sestu); ILSard I, 360 (di provenienza ignota). All’interno delle falsae si contano, oltre a quella in esame, altre nove attestazioni (CIL X, 1199*; 1200*; 1201*; 1202*; 1204*; 1205*; 1206*; 1242*; 1267*), la cui autenticità può essere affermata con una certa sicurezza solo per le nn. 1205* e 1206*, in quanto note attraverso la tradizione manoscritta degli Actas I.

263 Il confronto più suggestivo è quello con la nota iscrizione di Deusdedit, definito defensor sanctae ecclesiae

karalitanae (AE 1971, 134; vd. CORDA 1999, CAR018). L’etnico della città compare nell’iscrizione musiva collocata nel pavimento della sede dei Navicularii et Negotiantes Karalitani nel Piazzale delle corporazioni a Ostia (AE 1915, 59); come cognomen relativo all’origo esso compare in CIL VI, 210; 14001 (entrambe da Roma); CIL X, 1978 (da

introdotto dalla tipica formula di approssimazione pl(us) m(inus), con l’età di morte indicata in circa novant’anni. Da notare la I nana alla fine della seconda linea, che doveva essere probabilmente sovrastata dalla traversa della T perduta264.

La lettura dell’iscrizione fornita nel Seicento, confuita nel CIL, comportò l’inserimento del nome di Felix nelle liste dei vescovi cagliaritani, insieme ad un omonimo il cui titulus funerario è tramandato dal solo Carmona (CIL X, 1204*); alcuni studiosi hanno perciò ritenuto autentici i due epitafi, giungendo alla conclusione che due vescovi di nome Felix sedettero sulla cattedra cagliaritana in un momento imprecisabile dell’età vandalica o bizantina265. In realtà, ad un’analisi

della documentazione che tenga conto anche della testimonianza degli Actas I, emerge come l’iscrizione in esame non contenga alcun riferimento alla dignità episcopale del defunto, per il quale si può soltanto affermare che il suo legame con la città di Carales era ribadito in qualche modo nell’epitafio. Per quanto riguarda il secondo epitafio di Felix episcopus, si deve invece supporre che si tratti di una duplicazione del precedente, secondo la consuetudine tipica del Carmona di moltiplicare il numero dei corpi rinvenuti, come si è già rilevato a proposito delle iscrizioni di

Numida e di Sancta Numida.

Dopo il resoconto dell’inventio di Felix, la documentazione contenuta negli Actas I riprende dal 9 ottobre 1621, data in cui furono scoperte le sepolture anepigrafi nn. 42 e 43. Quello stesso giorno, ai piedi delle tombe di Ignatius e Numida, ne fu individuata un’altra (n. 48), realizzata in laterizi, lastre di pietra e calce, in cima alla quale fu recuperato un frammento di marmo bianco su cui era scolpita l’iscrizione riprodotta di seguito (f. 120r): A los 9 de dicho mes de 8bre 1621

prosiguiendo la dicha serca en dicho brasso de iglessia se ha hallado otra sepultura hecha de edificio de ladrillos cantones y cal y cubierta de ladrillos la qual sepultura es situada a los pies de la sepultura de los gloriosos santos Ignassio y Numida y en lo puesto de dicha sepultura ensima de aquella se ha hallado un pedasso de marmol blanco en el qual estavan escritas y esculpidas el letrero y lletras siguientes.

Una volta aperta, alla presenza delle personalità già elencate in precedenza, la tomba conteneva le ossa di un corpo, ritenuto quello di S. Gerinus. Le ossa furono asportate e trasferite al palazzo dell’arcivescovo (f. 120 r-v): Y abierta esta sepultura del dicho glorioso San Gerino se ha

hallado dentro de aquella los huessos y relliquias de dicho glorioso santo estando presentes las retro scriptas personas relligiosas y seglares las quales se an sacado con mucha venerassion y levadas y aportadas en el palassio de su senoria reverendissima el qual manda ser ansi continuado.

In CIL X, 1222* l’iscrizione è riprodotta nelle tre versioni che ne fornirono l’Esquirro, il Carmona e il Bonfant (il primo e il terzo collocano l’inventio il 12 ottobre). Esse presentano leggere differenze nel nome del defunto, integrato nei primi due autori, e nell’abbreviazione usata per

kalendas alla seconda linea. Sulla base del confronto con gli Actas I, si può trascrivere come segue:

[Hic iacet B(onae)] Ṃ(emoriae) Geriṇ[us? --- / --- requievit in pace sub die] III kal(endas) noḅ(embres) [---?].

Puteoli); AE 1981, 183 (da Nomentum); AE 1982, 424 (da Carales); CIL X, 7891 (un diploma militare da Anela, nel quale l’etnico è riferito a ben sette personaggi); AE 2009, 452 (da Valentia); come nomen unicum in CIL X, 6574; EE VIII, 1, 644 (entrambe da Velitrae); CIL X, 7637 (da Carales); l’ordo Karalitanorum compare in CIL X, 7828 (da Elmas); 7917 (da Cornus); 7940 (da Bosa); il Municipium Caralitanorum compare in ILSard I, 50 (da Carales).

264 Un fatto analogo si riscontra ad esempio in un’iscrizione da Carales (CIL X, 7778; vd. CORDA 1999, CAR078). 265 Sulle liste dei vescovi vd. supra, § 1.1.2, a proposito di Severus. In favore dell’autenticità delle iscrizioni dei due

Il testo, che si apre con la menzione del defunto e si chiude con una data, da ritenersi quella della morte o della depositio, probabilmente non prevedeva altri elementi prima e dopo quelli conservati. Le ulteriori informazioni originariamente presenti dovevano trovarsi comprese fra i due estremi. Ne risulterebbe un testo impaginato su due linee, per il quale è da supporre uno sviluppo maggiore in larghezza che in altezza, stando alle riproduzioni secentesche. L’incipit era quello tipico delle iscrizioni funerarie cristiane di Carales: la prima lettera conservata è infatti probabilmente una M, la cui soprallineatura, presente in tutte le fonti, ne chiarisce la natura di abbreviazione per B(onae) M(emoriae). Per quanto riguarda il nome del defunto, se è corretta l’integrazione Gerin(us), si tratterebbe di un omonimo del personaggio il cui epitafio era stato ritrovato nell’abside della basilica il 19 novembre 1614 (CIL X, 1221*, vd. supra, § 1.1.6), per cui si possono riproporre le considerazioni già formulate in quella sede. Ad esse si può aggiungere che, data la rarità del nome, la presenza di ben due attestazioni a Carales potrebbe essere indicativa di una sua diffusione nella città, per la quale tuttavia mancano ulteriori elementi. La data contenuta alla seconda linea rimanda al terzo giorno prima delle calende di novembre (30 ottobre). La forma betacizzata nob(embres) per nov(embres) è pressoché esclusiva in Sardegna, e va riconosciuta anche nel testo in esame, in quanto l’ultima lettera è senza dubbio una B a cui manca l’occhiello inferiore266.