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L’iscrizione del martyr episcopus (CIL X, 1190*, 1435*, 1436*)

1. La basilica di S Saturnino

1.1. Gli scavi secenteschi nella basilica di S Saturnino: prima fase (1614-1615)

1.1.3. L’iscrizione del martyr episcopus (CIL X, 1190*, 1435*, 1436*)

Il 9 novembre lo scavo riprese nel punto in cui si era interrotto la sera prima, alla presenza di numerosi esponenti del clero e dell’arcivescovo, il quale tuttavia lasciò la supervisione dei lavori al suo vicario (f. 6r): Die dominica nona praedicto in eadem ecclesia Sancti Saturnini. Passant avant

en la serca de dits cossos sants en dita iglesia de Sant Sadorro cantat lo veni Sancte Spiritus ab las oracions com dalt intervingue lo senyor archebisbe anat sa senyoria passa avant dit vicari ab lo canonge Fensa (nota a margine: canonge Aquiles Busquets) beneficiats, Antiogo Sabater, Miquel

Sechi, Camilo Porlasi, Antonio Barbanso, Augusti Murtas, Hieronimo Polla, los pares Noni y demes demunt dits ab altros de la companya, lo pare Esquirro ab altres tres caputzins y molts ecclesiastichs y alguns de notables llaichs.

Per prima cosa fu letto e trascritto il frammento di marmo rinvenuto il giorno prima nella tomba n. 10: Se ha llegit lo dit mabret del cos de la effibia y diu.

I presenti notarono che sul cranio del defunto vi erano una serie di lesioni antiche, ancora ricoperte di sangue raggrumato, e in particolare una grande frattura parzialmente rimarginata sulla fronte. Queste ferite furono unanimemente ritenute la causa di morte del presunto martire (f. 6r):

Nota que se ha trobat en lo dit cap de la effibia reconegut per los dits caputzins y altres religiosos que te molts cops en parts del cap perque ahont te cops se veu escat de negre (nota a margine: coma

sanch y os romput feridas de las quals mori lo Sant puyx son molt accidents y grans) y sobre la

front un cop de molt sangat sanat y no denota ser fet si no per abans y no modern com los demes segons axi lo han adverat tots los religiosos ecclesiastichs y demes llaichs in publica voce secundum Deum.

Il D’Esquivel79 localizza la tomba presso la testata della n. 5, ma al di là del muro che era stato

individuato; l’autore considera la sepoltura pertinente a uno dei vescovi africani esiliati in Sardegna

77 La prima di queste liste compare in GAMS 1886, p. 831; gli studiosi successivi si sono divisi fra chi le ritenne prive di

fondamento (LANZONI 1916, pp. 190-192, LANZONI 1927, pp. 656-658, ALBERTI 1964, pp. 1-2), e chi invece le

ripropone lasciando il beneficio del dubbio riguardo l’effettiva esistenza dei vescovi e la loro esatta successione cronologica (CHERCHI 1983, p. 15; TURTAS 1999, p. 819).

78 ZUCCA 1988 (su Severus vd. p. 37). 79 D’ESQUIVEL, pp. 35-36.

durante la persecuzione vandalica. Rispetto agli Actas I, nell’iscrizione viene aggiunta la congiunzione et fra le due parole.

L’Esquirro80 afferma che la tomba era all’interno della parete, presso la testata di quella di

Severus ma a una quota di tre palmi più alta. L’epigrafe misurava un palmo per mezzo palmo; il testo è riprodotto in maniera analoga agli Actas I, con l’aggiunta delle soprallineature nelle abbreviazioni. L’autore parla inoltre di un secondo frammento di marmo, ritrovato in un giorno imprecisato, che combaciava col primo e sul quale era scolpito il nome Eutimius. Questi fu ritenuto dunque un vescovo e martire cagliaritano del quale vennero puntualmente ricostruite le vicende.

Il Carmona si rifà all’Esquirro, ma non specifica che il secondo frammento combaciava col primo, e riporta l’iscrizione ricomposta come un secondo testo differente.

Il Bonfant81 fornisce informazioni del tutto analoghe a quelle dell’Esquirro, e riproduce

un’unica iscrizione ricomposta dai due frammenti.

Il CIL, sulla scia del Carmona, riporta due iscrizioni separate: la prima al n. 1436*, la seconda, ricomposta, al n. 1190*. Le trascrizioni dei due frammenti sono le seguenti:

1) --- / [---] Mar(tyr?) (hedera) ep(iscopu)s [---] / ---. 2) --- / [---] Eutimius [---] / ---.

1) L’abbreviazione MAR potrebbe effettivamente indicare il termine martyr82. Difficilmente

essa può essere sciolta come Mar(cus), in quanto l’abbreviazione corrente per il nome è la lettera M, mentre nei casi in cui si trovano le lettere Mar[---] su altre iscrizioni cristiane si è in presenza di epigrafi lacunose, nelle quali è stato calcolato lo spazio per altre tre lettere, che restituirebbero il nome Marcus intero83. Improbabile anche che si tratti di un’abbreviazione del nome del mese

(Mar[tius]), che non è attestata altrove in questa forma e non avrebbe senso nel contesto in esame. La sigla usata per la parola episcopus è già stata analizzata a proposito dell’epitafio di Severus (vd.

supra, § 1.1.2). L’iscrizione potrebbe essere avvicinata ad un’altra romana, proveniente dalla c.d. Cripta dei Papi nel cimitero di Callisto, dove si ricorda un Cornelius martyr ep(iscopus)84, per cui la

si può ipoteticamente riferire ad un autentico martire85.

2) Il secondo frammento attesterebbe un nome greco finora sconosciuto in Sardegna e generalmente raro nel panorama dell’epigrafia latina, oltretutto presente in una forma semplificata rispetto al corretto Euthymius86.

L’interpretazione data dalle fonti ha generato negli studiosi la tradizione su due distinti vescovi e martiri cagliaritani, l’uno anonimo e l’altro di nome Eutimius87. Appurato che il presunto

80 ESQUIRRO, pp. 25 e 31. 81 BONFANT, p. 422.

82 GROSSI GONDI 1920, p. 481, dove tuttavia non si forniscono ricorrenze. In effetti non è stato trovato alcun riscontro di

questo uso nei database epigrafici consultati, per cui lo scioglimento dell’abbreviazione resta ipotetico.

83 Si tratta di ICUR I, 159, 703, 11; 1390, 1; II, 6003; IV, 9997; 10482g; 11677k; V, 13516; 13985; 14017; VI, 15578;

15989; VII, 17884; VIII, 22961; 23603; X, 27449.

84 ILCV 956a; vd. TESTINI 1980, p. 382: l’iscrizione è datata al 253 d.C. 85 Così in ZUCCA 1988, p. 38.

86 Sul nome vd. KAJANTO 1963, p. 83; SOLIN 1982, pp. 767 e 1219; le attestazioni sono in ICUR II, 4905 (Eutymius da

Roma); AE 1977, 26; CIL VI, 12036; 20448 (tre donne di nome Euthymia da Roma); CIL VI, 17398; 35551 (due uomini di nome Euthymus da Roma); CIL III, 1208 (Euthymus da Apulum); CIL V, 4999 (Euthymia da Brixia); CIL X, 2710 (Euthymia da Puteoli); CIL XI, 2820 (Euthymia da Volsinii); CIL XI, 942 (Euthimus da Mutina); CIL XI, 2297 (Euthymus da Clusium); RICG 121 (Euthymius da Augusta Treverorum).

87 Le liste dei vescovi di cui si è parlato a proposito di Severus riportano infatti Eutimius vescovo e martire e un

anonimo vescovo e martire; vd. ZUCCA 1988, pp. 36 e 38 (il quale ritiene autentici entrambi i frammenti); TURTAS

martyr episcopus è solo uno, resta da stabilire l’effettiva pertinenza dei due frammenti ad una medesima iscrizione. La ricostruzione delle fonti appare artificiosa, imprecisa e priva di ogni riscontro negli Actas I, peraltro molto dettagliati su queste prime fasi degli scavi. È lecito dunque dubitare della ricomposizione effettuata, mentre è probabile che si tratti di un’elaborazione a posteriori, con lo scopo preciso di fornire un’identità alle reliquie di un vescovo cagliaritano, altrimenti destinate a restare anonime. Il frammento di marmo su cui si leggeva il nome Eutimius, quindi, andrebbe preferibilmente considerato come un ritrovamento a parte.

Per quanto riguarda l’interpretazione dell’iscrizione e la relativa sepoltura, si possono formulare alcune considerazioni. La fibbia rotonda, la cui descrizione è molto approssimativa, non fornisce elementi di datazione88. Non è chiaro inoltre se la lastra di marmo si trovasse sopra o sotto

il cranio dell’inumato, ma dagli Actas I e dalle fonti successive sembra di poter propendere per la seconda ipotesi. In questo caso il marmo doveva essere già spezzato al momento della sua collocazione nella tomba, in quanto difficilmente avrebbe potuto subire danni trovandosi sotto una deposizione inviolata. Infatti si parla sempre di un frammento (tros o pedaço), e ciò risulta anche dal testo, breve e lacunoso, costituito da due sigle separate da un’hedera, nel quale manca il nome del defunto.

Pur accettando l’iscrizione come autentica, va segnalato un elemento che ne mette in discussione la pertinenza alla sepoltura n. 10. Un importante dato stratigrafico contenuto nelle fonti precisa che la tomba era tre palmi più in alto di quella di Severus, quindi posteriore ad essa89. Il

terminus post quem per la sua datazione è dato perciò dal regno di Giustiniano, periodo a partire dal quale non sono più attestate persecuzioni di cristiani. Se a questo si aggiunge la singolarità di un frammento di marmo anonimo posizionato sotto il capo di un defunto, è possibile che ci si trovi in presenza del reimpiego antico di un’iscrizione lacunosa, quindi non della tomba di un martire. L’epigrafe sarebbe pertanto fuori contesto, slegata dalla sepoltura a cui era riferita, e testimonierebbe solo l’esistenza di un vescovo che subì il martirio a Cagliari in un momento imprecisato.

Il giorno seguente (10 novembre) un gran numero di persone si riunì nella basilica per proseguire le ricerche (f. 6v): Die lunae decima novembris 1614 in eadem ecclesia Sancti Saturnini.

Perseverant la dita serca y essent intervengut de mati lo senyor archebisbe cantat veni Sancte Spiritus y assistint lo vicari canonge Fensa, canonge Pirella, Antiogo Sabater, canonge Manca, rector Gerona, lo doctor Caviano, Antonio Barbanso, Jaume Serra, lo pare Nonis, pare Melis, fra Esquirro y sos companyons pare Antonio Corellas, Gavi Tola y doctor Estrada de Ales, dit Xinus, fra Albert Casula, los manobres Antiogo Pinna, Jaume Dessi, Francisco Terseros, lo doctor Carcassona, don Lluys Gualbes, Marti Esquirro, Joan Baptista Testony, Francisco Tola, Miquel Pinna y altres ecclesiastichs y llaichs se ha trobat lo seguent.

88 Simili oggetti sono comuni nelle necropoli dall’età tardoantica a quella moderna, in quanto appartenenti a tipologie la

cui estrema semplicità si accompagna alla lunga durata nel tempo (vd. LISSIA,ROVINA 1990, pp. 82-83; PIANU 2006, p.

34 e tav. XXXII, 1). Alcuni esemplari, che in base alla descrizione possono essere avvicinati a quello rinvenuto a Cagliari, sono esposti al Museo G.A. Sanna di Sassari, provenienti da S. Filitica-Sorso (n. 23; dataz. VII sec.) e da Parte ‘e Sale-Posada (n. 1; dataz. XIV-XVII sec.), su cui vd. ROVINA 2000.

89 Questo particolare era stato già notato in ESQUIRRO, p. 28. L’autore, per ovviare all’inconveniente, elabora una

ricostruzione dei fatti tale per cui l’anonimo vescovo sarebbe giunto morente a Cagliari in compagnia di Fulgenzio nel suo secondo esilio in Sardegna, per cui venne seppellito in cima agli altri che già si trovavano nel pavimento della basilica. L’incongruenza cronologica tuttavia resterebbe irrisolta, in quanto il secondo esilio di Fulgenzio si data al 519- 523, mentre Giustiniano divenne imperatore solo nel 527.

Si scavò dalla parte del vangelo, ai piedi di una colonna di marmo bianco, alla destra della tomba contenente la fibbia, e si trovò una sepoltura realizzata come una cappelletta (n. 11), contenente ossa riferibili a un corpo (ff. 6v-7r): Assaberes al peu de la columna de mabre blanch

debayx la falda del capitel en la part del evangeli a modo de capelleta y a ma dreta del cos martyr bisbe ab la fibia que ayr se troba se ha trobat altre cos y se ha tret ossos de un cos.

Sempre in prossimità della colonna e delle due tombe precedentemente descritte fu scoperta una fossa terragna (n. 12) contenente nove crani e numerose ossa sparse, ritenute pertinenti a deposizioni secondarie. Ancora sul lato del vangelo, presso l’altare e al di sotto di una tomba che va forse identificata con la n. 1, vi era una sepoltura in laterizi (n. 13), coperta da sei grandi embrici che recavano ciascuno un marchio riprodotto di seguito e ritenuto dai presenti la raffigurazione di una mitra vescovile (f. 7r): Item en sepultura de terra sens ediffici devant la dita coluna y del cos de

la capelleta proxime dita y a migh del bisbe martyr de la effibia se ha trobat sis caps y ayr sen trague tres que son nou caps ab molts ossos y los caps per orde uns demunt de altres cosa transladada. Item a la part del evangeli immediate al cornu del altar debayxe de la sepultura de

llargaria cosa de vuyt pams fabricada a rajolas com la de Sant Severo y llargaria de tres pams cuberta de rajolas ab rajolas molt grans que eren sis y en cadauna delles hi havia un senyal desta manera en la rajola que es axi la rajola ab lo senyal. Senyal de mytra lo de la rajola dalt posat.

Una volta asportata la copertura, si rinvenne un corpo il cui cranio non era intero. A detta dei presenti, le ossa avevano il colore del sangue e brillavano come se fossero argentate. Allo stesso modo nella terra, a tratti insanguinata, sembrava che vi fosse polvere d’argento, e si specifica che questa era visibile già prima che le ossa si frantumassero durante l’asportazione. Il notaio, in presenza di testimoni, garantisce la veridicità di quanto si afferma (f. 7v): Deapres bayx de la dita

cuberta se ha trobat un cos ab son cap si be un poch romput lo cap y ossos de color coma sanch y relluynt ab serts senyals coma stelletas de (nota a margine: plata) y relluents y la terra de la

sepultura de la matexa manera relluent com si hi hagues plata mesclada y bonissim olor sens sentir a res de terra y dins los ossos relluexen de la matexa manera com de fora y la terra (nota a margine: en alguns llochs vermella), encara que se rompessen (agg. intl.: los ossos com lluents

dins) y lo veren axi tots los sobre nomenats excepto lo senyor archebisbe que abans sen era anat y

se troba present per mi notary infrascrit Gaspar Syrigo notary y lo han reconegut tots los predits molt be y evidentment y digueren segons se veu esser axi.

Data la posizione della sepoltura presso l’altare e l’aspetto delle ossa, la si considerò senza dubbio la tomba di un martire che, in mancanza di successivi ritrovamenti più sicuri, poteva essere ritenuto S. Saturnino (ff. 7v-8r): Mes digueren que per estar lo dit cos immediate al peu del altar en

lo cornu del evangeli y debayx de altre cos que dalt se ha trobat per la gran evidencia que de cos Sant se te que altrament no podria estar axi tant oloros y resplendent que si altra cosa no se troba mes serta del glorios Sant Sadorro que infaliblement se te per tots que seria lo cos de Sant Sadorro.

Infine, al di sotto della quarta sepoltura a partire dall’altare (n. 4), sempre sul lato del vangelo, si rinvennero alcune ossa che furono recuperate e custodite (f. 8r): Item abayx a la quarta sepultura

comensant del altar y cornu a la part del evangeli se ha trobat uns ossos que se han posat en son lloch.

I ritrovamenti di cui si è appena parlato sono descritti in maniera analoga nell’opera dell’Esquirro90. Il seguente 11 novembre ci si riunì ancora nella basilica per proseguire le ricerche

(f. 9r): Die XI novembris 1614 in dicta ecclesia Sancti Saturnini. Tambe passant avant en dita serca

de cossos cantat lo veni Sancte Spiritus acudint sa paternitat ab lo canonge Fensa, Miquel Girona beneficiat, Gavi Tola, lo canonge y doctor Antiogo Astrada, Miquel Xinus, lo pare guardia de caputzins, lo pare Esquirro, fra Jacomo de Decimo Putzo y fra Domingo de Macomer caputzins ab molts altres ecclesiastichs y seglars en numero copios assistint tambe al demati lo magnifich Hieronimo Sancio conseller ters y altres molts llaichs ab los ordinaris manobres traballadors.

A destra dell’altare, quindi sul lato del vangelo, dove termina la prima navata e nel punto dove si trovavano le tombe in laterizio precedentemente menzionate, al di sotto della cornice o trabeazione che dà accesso alla navata stessa, vennero in luce a una profondità di quattro palmi cinque crani, due interi e tre in frammenti, sotterrati senza alcuna struttura di contenimento (n. 14). Considerate anche le restanti ossa recuperate, doveva trattarsi di cinque corpi. Sul lato dell’epistola invece, compresa tra il muro divisorio del c.d. reliquiario e la parete della basilica, si scoprì una sepoltura in laterizi (n. 15) con la copertura, contenente solo poche ossa (f. 9r-v): Anant cavant se

ha trobat a la ma dreta del altar ahont acaba la plassa del cor o primera navada ahon es lo altar mayor y dins lo ambit ahont se han trobat tots los sobredits cossos y sepulturas fabricades de rajola a la fi de dita plassa y sota la cornice ahont se entra al dit cor y navada ques assentadero ahont se entra a quatre pams sota terra enterrats sens fabrica alguna se ha trobat sinch caps dos romputs y los tres sensers y sen ha tret sinch cosfes de ossos y se fa nota que en quatre ullets se ha posat tres caps y han de esser sinch segons lo diu lo ultim ullet emendat. Item a la part de la epistola entre la

paret del reliquari dels sants y la paret de la fabrica de la Iglesia se ha trobat una sepultura feta a rajolas ab sa cuberta y dins ella poch mes de misa coffa de ossos.

Sul lato del vangelo, presso la cappelletta (n. 11) rinvenuta il giorno precedente sotto la colonna, si recuperò invece un frammento di marmo iscritto molto rovinato, sul quale si credette di leggere la parola MARTYR (f. 9v): Mes a prop la capelleta debayx lo capitel de la coluna blanca de

marmol que ayr se troba a la part del evangeli se ha trobat vuy un tros de mabre romput que ses lletres si be molt antigues y fosques en son caracter dyen segons a comu judici parexen que dyuen (Martyr).

Quest’ultimo ritrovamento è registrato anche nelle opere del D’Esquivel91, Esquirro92 e

Carmona93, e l’iscrizione venne raccolta in CIL X, 1435*. L’Esquirro la riferisce ad una sepoltura

non meglio localizzata all’interno della capilla mayor, mentre gli Actas I e il D’Esquivel parlano di un ritrovamento sporadico, ma le fonti sono concordi nell’affermare che l’epigrafe era ormai consunta e illeggibile, fatta eccezione per il termine Martyr. In questo caso è forse ravvisabile un vero e proprio intento mistificatorio da parte della fonti, nel voler riconoscere come unica parola leggibile proprio quella che potesse qualificare la sepoltura di un martire. Data la rarità con cui il termine compare per esteso nelle iscrizioni autentiche, a fronte di una sua frequente ricorrenza nelle

falsae94, la lettura fornita nel Seicento va probabilmente ritenuta frutto della suggestione da parte

degli scavatori, animati dalla volontà di scoprire il maggior numero possibile di corpi santi.

91 D’ESQUIVEL, p. 46. 92 ESQUIRRO, p. 30. 93 CARMONA, f. 21r.

94 Vd. GROSSI GONDI 1920, pp. 163-166; MASTINO 1999, nota 125: in Sardegna martyr ricorre soltanto nella targa

commemorativa di Luxurius, collocata nella chiesa dell’omonimo santo a Fordongianus (AE 1990, 459), mentre nelle c.d. falsae il termine ricorre per intero quattordici volte (CIL X, 1113*, 1120*, 1170*, 1194*, 1244*, 1249*, 1309*, 1320*, 1376*, 1419*, 1421*, 1456*, 1463*, 1464*), senza contare quelle in cui esso è il risultato di scioglimenti arbitrari di abbreviazioni. La genuinità delle iscrizioni va naturalmente vagliata caso per caso, ma la presenza della parola martyr rappresenta già di per sé un primo criterio per distinguere i falsi dagli originali.

Il 13 novembre si continuò a scavare sul lato del vangelo, nella cappelletta sotto la colonna col capitello (n. 11), e si rinvennero molte ossa, fra cui numerosi frammenti di cranio e mandibola con i denti, dai quali si sprigionò un buon profumo (f. 10r): Die 13 novembris 1614 in dicta ecclesia

Sancti Saturnini. Passant avant dita serca dels cossos sants intervenint sa paternitat lo senyor vicari juntament ab lo canonge Fensa, canonge Astrada, rector Miquel Gerona, Antonio Barbanso, Miquel Xinus, pares Noni y Meli y altres ecclesiastichs, fray Francisco Horru dominicano, Marti Esquirro y altres llaichs ab los ordinaris traballadors Joan Antonio, Corneli Fuster, Miquel Pinna picapedrer de la Marina. Se posa en estos actes com se ha trobat debayx de la coluna y capitel a

ma dreta del evangeli y anant sercant en la capelleta se ha trobat mes sercant una coffa y misa de ossos y en ells molts caps romputs ab dents a les barres cosa molt aleninia95 tot sens diguna mala

olor ans ab fragancia.