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Le tombe di [ ]natius (CIL X, 1230*) e Numida (CIL X, 1324*)

1. La basilica di S Saturnino

1.2. Gli scavi nella basilica di S Saturnino: seconda fase (1621)

1.2.3. Le tombe di [ ]natius (CIL X, 1230*) e Numida (CIL X, 1324*)

Il 6 ottobre 1621, mentre si scavava al lato della tomba n. 37, se ne scoprì un’altra (n. 39), in cima alla quale era una lastra di marmo bianco contenente un’iscrizione in lettere ‘gotiche’ (CIL X, 1230*), il cui stato frammentario venne attribuito al crollo dell’edificio (f. 119r): A los seis del

sobre dicho mes de 8bre 1621 prosiguiendo la dicha serca al llado de la sobre dicha sepultura se ha hallado otra ensima de la qual se hallo una losa de marmol blanco y en ella esculpido un lletrero en lletras goticas que por la caida de la dicha iglessia estava todo quebrado y recita lo siguiente.

Le altre fonti secentesche ignorano l’ultima linea riportata dagli Actas I; per il resto, le varianti riguardano l’integrazione della M di B(onae) M(emoriae) e della B di nob[---] alla prima linea; l’assenza delle prime sei lettere alla terza; la lezione solotium invece di solatius contenuta in Carmona.

In CIL X, 1230* si riporta la versione dell’Esquirro; tuttavia, lezione in pace dei della seconda linea non trova riscontro in nessuna fonte.Il testo può essere trascritto come segue:

B(onae) Ṃ(emoriae) [---]natius Nọ[--- / requievit] in pace die pridie idus apr(ilis) [--- / --- vixi]t annis solatius (!) amicorum [--- / --- requie]ṿit in pace die VIII id(us) iulias ind(ictione) X.

Come si può desumere dalla lettura degli Actas I, doveva trattarsi di due tituli su uno stesso supporto, l’uno relativo ad un [--]natius No[---], l’altro a un anonimo. L’incipit prevedeva la semplice formula B(onae) M(emoriae). Al nome del defunto mancano non più di due lettere, se è attendibile il calcolo degli spazi effettuato sulla base del disegno degli Actas I; è perciò possibile che si tratti del gentilizio Egnatius o Munatius piuttosto che di Ignatius, nome scarsamente attestato in età romana e diffuso in età moderna, a differenza dei due precedenti per cui si può tracciare un percorso opposto239. L’integrazione Nobilis per la parola lacunosa che segue, proposta dagli autori

237 In SOLIN 1996, p. 300 si considera Adonus un nome di schiavo derivante da quello di una divinità o personaggio

mitologico. Esso è attestato molto raramente, ad esempio in CIL III, 10188, 29 (da Donji Lapac): Iao Adonis Abraxas;

CIL VI, 10574 (da Roma): Adonia Soliria e Adonius Solirius, una coppia di coniugi; 12055: Adonus; CAG III, p. 146 (da Arverni): Adonis; ILCV, 4627 (da Frigento): Vitus Adon[---]; IFCCarth II, 644 (da Cartagine): Adonis.

238 Di esso tuttavia non si conosce alcuna attestazione, né è possibile risalire al significato del nome.

239 Va comunque sottolineato come tutte e tre le integrazioni proposte riguardino gentilizi e non cognomina che

avrebbero potuto essere usati come nomina unica. L’ipotesi che si tratti di un Munatius troverebbe un confronto in una celebre iscrizione rinvenuta nel vicino cimitero di Bonaria (ILSard I, 108). Il nome Egnatius/a è invece attestato in Sardegna nella tavola di Esterzili (dove rappresenta il nomen dello scriba); a Pirri (CIL X, 7813); Sestu (CIL X, 7825);

secenteschi, non può che restare ipotetica; essa andrebbe comunque interpretata, piuttosto che come epiteto, come cognomen del personaggio, per il quale si dovrebbe ipotizzare un sistema onomastico costituito da almeno due elementi240. Alla linea successiva era contenuta la formula di trapasso

(quievit o requievit in pace), seguita dalla data di morte, avvenuta il giorno prima delle idi di aprile, ovvero il 12 dello stesso mese241. Le due linee successive vanno ritenute pertinenti ad un secondo

epitafio, in quanto ricorre una nuova formula di trapasso con la data di morte. Al principio della terza linea, l’indicazione degli anni di vita è curiosamente priva del numerale, forse omesso nella trascrizione. Essa è seguita da un epiteto elogiativo del defunto, definito solacium amicorum (la forma solatius è scorretta), secondo una tipologia di formule che, già presenti in ambito pagano, si diffondono e acquistano un particolare significato in ambito cristiano242. La data di morte, che segue

un probabile requievit in pace, è fissata all’ottavo giorno prima delle idi di luglio (8 luglio), nell’anno della decima indizione.

Sopra la medesima tomba n. 39 era un’altra iscrizione in marmo nero, lunga quattro palmi, riprodotta di seguito (f. 119r): En esta misma sepultura se hallo otro letrero largo quatro palmos de

marmol negro y en el estava esculpido otro letrero en letras goticas de la manera y forma siguiente.

La sepoltura sottostante era coperta da lastre di pietra, embrici e frammenti di marmo, mentre la struttura era realizzata in laterizi e calce. Alla presenza di numerose autorità elencate di seguito, essa fu aperta e al suo interno fu recuperato un corpo intero, attribuito ad Ignatius, col cranio intatto e su cui vi era ancora qualche capello. Una volta asportate le ossa, fu individuata al di sotto un’altra tomba (n. 40), che tuttavia non si fece in tempo ad aprire. Le ossa di Ignatius invece furono trasportate al palazzo arcivescovile all’interno di una cassetta di legno (f. 119r): Estava esta

sepultura cubierta de piedra ladrillos y pedassos de marmol y ella estava fabricada de ladrillos y cal y se hallaron presentes a sacar el santo cuerpo su senoria reverendissima y su excellencia y el senor obispo de Bosa don Vincente Baccallar, el doctor y canonigo don Antonio Baccallar comissario del santo offissio, los padres capuchinos arriba nombrados, el doctor y canonigo Angel Vico y Artea hoidor del real consejo y otras muchas personas ecclesiasticas y seglares y este dicho cuerpo del glorioso San Ignatio estava solo en dicha sepultura y se hallo la cabesa toda entera con algunos cabellos y baxo desta sepultura de San Ignasio havia otra que no huvo tiempo de habrirla

240 Non si può dunque andare oltre l’ipotesi di un cognomen No[---], che non vi sono elementi per integrare come

Nobilis.

241 La lettura in pace dei del CIL non ha ragione d’essere, in quanto tutte le fonti riportano die pridie, e l’uso di indicare

la data in questa maniera è attestato comunemente (in Sardegna si veda ad esempio CIL X, 7759; 7772; ILSard I, 111; 114; 118; AE 1991, 906).

242 Sull’uso di espressioni relative all’amicitia nelle iscrizioni cristiane vd. anche supra § 1.1.12, a proposito di FR11.

La formula solacium amicorum non è attestata altrove, se non in un’iscrizione classificata fra le falsae dal Mommsen e rinvenuta pochi giorni dopo quella in esame, il 14 ottobre 1621, sempre nella basilica di S. Saturnino (CIL X, 1304*; vd. infra, § 1.2.7). Tuttavia l’allusione al conforto recato dagli amici è presente negli epitafi in una serie di altre formulazioni. Il defunto è definito solacium sui generis in CIL VI, 17985a; solacius misericors omnibus notus in ICUR II, 4165; dulce solacium in CIL II, 2293 (da Corduba); aeternum solacium in CIL V, 3496 (da Verona); dulce

solaciolum in CIL VIII, 7427 (da Cirta); spes solacia nostra in CIL XI, 4154 (da Narnia); vd. JANSSENS 1981, pp. 193-

196; PIETRI 1985, pp. 226, 235; PIETRI 1985b, pp. 173-174. Da sottolineare che la forma corretta per l’aggettivo è

solacium e non solatius. In questo caso è impossibile determinare se si tratti di un errore del lapicida o del notaio; la sostituzione della T alla C potrebbe essere dovuta ad ipercorrettismo nella trascrizione, in quanto solacius poteva essere sentito come troppo ispanizzante; la presenza di un’inesistente forma di nominativo maschile a fronte del neutro potrebbe forse spiegarsi con la tendenza alla caduta della –m finale a fronte di una generale conservazione della –s (LUPINU 2000,pp.63-64).

y dicho santo cuerpo de San Ignasio se subio dentro una arquilla en palassio de su senoria reverendissima con mucha devossion y luminaria.

Il successivo 7 ottobre, alle otto del mattino, l’arcivescovo giunse nella basilica in compagnia di alcune autorità, e alla sua presenza fu aperta la tomba n. 40, al cui interno si rinvennero le ossa di un corpo attribuito a Santa Numida, che alle quattro del pomeriggio furono trasportate in processione al palazzo arcivescovile (f. 119v): El dia siguiente a los siete de dicho mes y anno a las

8 horas de la magnana baxo su excellencia en presencia del doctor y canonigo don Antonio Baccallar comissario del santo offissio y de los padres capuchinos arriba nombrados y otra mucha gente ecclesiasticos y seglares abrieron la dicha sepultura que estava abaxo de la del glorioso San Ignassio y hallaron y sacaron el santo cuerpo de la gloriosa santa Numida y puesto dicho santo cuerpo con su lienso dentro de una arquilla tapissada de tersiopelo a las quatro horas de la tarde se subio en palasio de su senoria reverendissima con mucha devosion y regosixo.

L’iscrizione di Numida rappresenta un caso emblematico delle mistificazioni più o meno consapevoli operate dagli autori secenteschi nei confronti del patrimonio epigrafico che andava emergendo dagli scavi, e allo stesso tempo è indicativa del fondamentale contributo che può essere fornito dagli Actas I ai fini della rivalutazione dello stesso patrimonio. Data la particolarità di questo caso, l’epigrafe è già stata oggetto di uno studio specifico da parte di Paola Ruggeri e Daniela Sanna, al quale si rimanda anche per la contestualizzazione nell’ambito degli aspetti ‘africani’ dell’epigrafia della Sardegna243. In primo luogo è dunque necessario riprendere le testimonianze

degli autori secenteschi e le relative trascrizioni del testo.

La versione del Bonfant coincide con quella dell’Esquirro, mentre il Carmona presenta alcune leggere varianti che comunque non modificano gli aspetti essenziali del testo. L’elemento fondamentale per spiegare il fraintendimento risiede nell’interpretazione dell’Esquirro, che alla prima linea integrò Numida cui cultro [caput amputatum est], generando la tradizione di una santa di nome Numida, martirizzata tramite decapitazione con un coltello. Identica ricostruzione in Bonfant, il quale integra cui cultro [caput absciderunt], mantenendo invariato il significato. Il Mommsen, nel classificare l’iscrizione fra le falsae, rilevò l’assurdità della lettura e dell’integrazione proposta nel Seicento, e intuì che dietro di essa si celava in realtà un etnico legato alla città di Cuicul in Numidia (attuale Djemila, in Algeria), arrivando a concludere che doveva trattarsi probabilmente di un titulus genuino244. Sulla base di questa intuizione e della convergente

testimonianza degli Actas I, si può proporre la seguente trascrizione interpretativa:

[---] Numida Cuiculita[nus --- / ---] vixit annis LI m(ensibus) V [--- / ---] quievit in pace [---] / ---.

L’epitafio non contiene alcun riferimento a una martire, ma è relativo a un personaggio di nome Numida, originario di Cuicul, morto all’età di cinquantun anni e cinque mesi. Il nome, già noto come cognomen derivato da un etnico, è attestato nell’epigrafia dell’Impero romano quasi esclusivamente al maschile, anche se in tre casi esso è riferito a donne. Le attestazioni sono più numerose in Africa, dove sono motivate dal legame con il popolo dei Numidi245. In Sardegna esso

243 RUGGERI,SANNA 1996.

244 Nel commento a CIL X, 1324* l’autore afferma che Numida Cuicul(ensis) cum videatur significari (quamquam

Esquirrus quomodo suppleverit, supra vides), haec genuina iudicanda est interpolata.

245 KAJANTO 1965, pp. 50 e 206; RUGGERI,SANNA, pp. 86-87. Su trenta attestazioni rilevate, nove appartengono alla

città di Roma, dodici alle province africane e le restanti nove ad altre province. Si tratta di: CIL VI, 3525 (P. Iunius

Numida); 5999 (Numida); 7330 (L. Volusius Numida); 7582 (Numida); 13327 (Aurelia Graphiciana Numida); 13328 (Numida Medaurianus); 13443 (P. Quinctius Numida); 37792 (Q. Calidus Numida); AE 1978, 32 (L. Salvius Numida),

ricorre una seconda volta (CIL X, 1333*), in un’iscrizione probabilmente falsa menzionante Sancta

Numida, che sarebbe stata rinvenuta il 22 aprile 1627 nell’area della c.d. chiesa dei SS. Mauro e Lello insieme a quella di un Paulus, sepolto insieme a Numida nella stessa tomba246. L’etnico

Cuiculitanus dichiara esplicitamente l’origine del defunto, già insita nel nome247. I tentativi di

individuare un eventuale legame fra la Sardegna e la colonia africana di Cuicul sono stati vani, per cui non si conoscono le ragioni della presenza a Carales del personaggio in esame in un momento collocabile nel V sec. d.C. o agli inizi del successivo248. Per quanto riguarda il resto dell’iscrizione,

il formulario è quello consueto: alla seconda linea è contenuto il dato biometrico, con l’indicazione degli anni e mesi di vita (da notare la I nana nel numerale LI); alla terza linea si trova la formula di trapasso, che doveva essere probabilmente seguita dalla data della morte o della depositio, che tuttavia non si è conservata.