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L’erogazione del credito e la mediazione creditizia: la mancanza di un quadro armonizzato (unitario) europeo

Analisi giuridica dei lending marketplace

7 Le piattaforme di markeplace lending alla prova delle tradizionali riserve di attività in ambito finanziario (e delle

7.2 L’erogazione del credito e la mediazione creditizia: la mancanza di un quadro armonizzato (unitario) europeo

Le diverse scelte regolatorie a livello europeo

Un secondo ambito di riserve di attività riguardo al quale è opportuno misurare l’operatività dei lending marketplace attiene all’erogazione del credito, giacché è per il tramite delle medesime che i crowd-borrower ottengono accesso ai finanziamenti.

La normativa europea, come è noto, non rende oggetto di riserva l’attività di erogazione del credito in quanto tale ma solo quando viene svolta in combinazione con la raccolta del risparmio (in quanto attività bancaria). Inoltre,

sempre a livello europeo, la regolazione di tale attività non è stata armonizzata in via generale ma solo per ambiti limitati a maggior tutela del prenditore di credito consumatore, peraltro ignorando la disciplina applicabile al soggetto finanziatore in quanto tale (v. infra e § 8.2). Ci si riferisce alla seconda direttiva in materia di credito al consumo (2008/48/CE, nota anche come Consumer Credit Directive o CCD) e alla direttiva sui mutui residenziali ai consumatori (2014/17/UE, nota anche come Mortgage Credit Directive o MCD)107.

Di conseguenza, i singoli Stati membri hanno compiuto scelte regolatorie

diversificate, in taluni casi lasciando il settore del credito tendenzialmente libero e

non regolato (così, ad esempio, nel Regno Unito), in altri riconducendo l’erogazione del credito all’attività bancaria e per questa via assoggettandola a riserva (Germania e, prima delle recenti riforme, Francia); in altri, ancora, assoggettando l’attività di

107 La CCD e la MCD sono state rispettivamente recepite in Italia dagli artt. 121 ss. e artt. 120-quinquies ss. t.u.b. In materia di credito ai consumatori, ex multis: Costi (2012), pp. 725 ss.; Capriglione (1987); Carriero (1998); Sartori (2010), pp. 209 ss.; Carriero e Macario (2016), pp. 1467 ss. Per un’analisi della MCD, cfr. Grisafi (2015a) e Grisafi (2015b); De Gioia-Carabellese e Chessa (2016); Lupoi (2016); Pellecchia (2016).

139 Marketplace lending Verso nuove forme di intermediazione finanziaria?

erogazione del credito non accompagnata da raccolta del risparmio ad una riserva specifica (Italia e, dopo le recenti riforme, Francia).

Si tratta, peraltro, di un ambito di attività la cui regolazione sta subendo in molti Paesi significativi mutamenti negli ultimi anni, in connessione alle ricadute in

termini di credit crunch ma anche di diffidenza nei confronti dello shadow banking

system108, che la crisi economico-finanziaria ha lasciato dietro di sé.

In Francia, ad esempio, il monopolio bancario tradizionalmente copriva non solo la raccolta del risparmio (da sola o congiuntamente all’erogazione di finanziamenti) ma anche, in via separata, la mera attività di erogazione del credito e/o la semplice prestazione di servizi di pagamento (previgenti artt. L.511-5 e L.311-1 del Code Monétaire et Financier- di seguito, CMF)109. Sulla scorta del vecchio impianto normativo, si è giunti in passato a qualificare come illegale l’attività delle piattaforme di facilitazione del credito tra privati ritenendo la sottostante attività di prestito tra privati una violazione dell’allora vigente monopolio bancario, quando svolta a titolo oneroso (cioè applicando tassi di interesse: De Vauplane 2013, p. 21; Lasserre Capdeville 2015) e tra estranei (cioè non tra amici o parenti)110. L’estensione della riserva bancaria nell’ordinamento francese, tuttavia, è stata progressivamente ristretta per effetto del moltiplicarsi di eccezioni allo stesso111. Inoltre, la Francia ha di recente introdotto una normativa ad hoc per il marketplace lending (cfr. infra § 10).

In Germania, invece, la riserva bancaria copre tuttora anche l’attività di erogazione del credito, con la conseguenza che i business model delle piattaforme di lending ivi operanti presuppongono l’intervento di una banca per erogare formalmente il finanziamento; il diritto di credito conseguente all’erogazione sarà poi frazionato in più parti e ceduto ai crowd-investor in via diretta dalla banca attraverso il brokeraggio della piattaforma oppure in via indiretta previo trasferimento del credito alla

108 Per “shadow banking” s’intende «a system of intermediaries, instruments, entities or financial contracts generating a

combination of bank-like functions but outside of the regulatory perimeter or under a regulatory regime which is either light or addresses issues other than systemic risks, and without guaranteed access to central bank liquidity facility or public sector credit guarantees» (European Parliament, 2012; FSB, 2011). In materia si vedano anche

Commissione Europea (2013), p. 3; Wymeersh (2017), pp. 617 ss. Il FSB identifica le principali caratteristiche e rischi dello shadow banking nelle funzioni di trasformazione delle maturità o liquidità, creazione di leva finanziaria e trasferimento imperfetto di rischio di credito. Le funzioni economiche elencate per individuare i fenomeni di

shadow banking meritevoli di attenzione in termini di rischio sistemico sono: 1) gestione di organismi collettivi di

investimento caratterizzati da trasformazione di maturità/liquidità o leva finanziaria e perciò suscettibili di “corsa agli sportelli”; 2) erogazione di finanziamenti con dipendenza da fondi a breve termine; 3) intermediazione di mercato condotta in dipendenza da fondi a breve termine o garantita da beni dei clienti; 4) facilitazione del credito; 5) intermediazione creditizia basata su cartolarizzazione e finanziamento di entità finanziarie (FSB 2015). Sull’interpretazione che ne è stata data dalla Banca d’Italia e sull’approccio dell’autorità italiana, cfr. Gola et al. 2017; Lemma 2016.

109 Va rilevato, tuttavia, che le corti francesi hanno comunque escluso che la ricezione di denaro volta ad un uso specifico possa determinare la violazione della riserva bancaria in materia di raccolta del risparmio (al contrario quindi della posizione delle Corti e autorità di settore in Italia): cfr. Corte d’appello di Parigi, 25 febbraio 1999, Dalloz 2000, SC 455, obs. Synvet; Muller (2015), p. 199.

110 Le attività della piattaforma FriendsClear sono state sospese per violazione del monopolio bancario quando è emerso che gli “amici” che stringevano accordi di finanziamento non si conoscevano prima di incontrarsi virtualmente sulla piattaforma; dopo diversi tentativi di adattamento del modello di business effettuati su richiesta dell’Autorité de Contrôle Prudentiel (ACP) considerati però troppo onerosi e in grado di snaturare il LBC, la piattaforma ha chiuso: Roussin (2010), pp. 49-51; FINPART (2012); Jourdan (2012); Guillaume (2010); Guillaume (2013).

111 Sul progressivo restringimento del monopolio bancario in Francia e correlativa introduzione di riserve speciali a favore di altre categorie di soggetti (piattaforme di crowdfunding, società finanziarie, compagnie di assicurazione, fondi di credito ELTIF etc.), cfr. Delmas-Marsalet (2016), pp. 9 ss.; Pesneau (2016), p. 14.

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piattaforma (Aschenbeck-Florange e Nagel 2014, p. 104; CGFS e FSB 2017, pp. 13-14; Gajda 2017, p. 239)112.

Il contesto italiano: gli intermediari finanziari ex art. 106 t.u.b.

Passando ad esaminare il contesto italiano, va rammentato che, a partire dal 1991, l’erogazione del credito in forma professionale e nei confronti del pubblico è riservata agli intermediari finanziari di cui al Titolo V del t.u.b. e alle banche quando connessa alla raccolta di depositi.

Quanto alla disciplina degli intermediari del Titolo V, si deve ricordare che, in una prima fase, non vedendosi interferenza tra l’attività dei medesimi e gli interessi pubblici di tutela del risparmio, gli intermediari ex previgente art. 106 t.u.b. erano regolati con una disciplina minima (non prudenziale) finalizzata principalmente a ridurre i rischi di frode e di riciclaggio del denaro. Una disciplina più stringente (e consistente in un’autorizzazione, disciplina prudenziale e vigilanza regolamentare, ispettiva ed informativa simile a quella attualmente vigente per gli intermediari ex nuovo art. 106 t.u.b.) era richiesta solo per gli intermediari di maggiore rilevanza (ex previgente art. 107 t.u.b.), dato il ruolo da questi ultimi svolto nel finanziamento dell’economia e conseguente esposizione al rischio sistemico (Pellegrini 2010, pp. 286, 291).

Il d.lgs. n. 141/2010 (in occasione del recepimento della seconda Direttiva in materia di credito al consumo, cfr. anche infra § 8.2) ha modificato in maniera incisiva il quadro previgente eliminando la distinzione fra gli intermediari finanziari ex art. 106 e ex art. 107. Oltre ad erogare credito, tali intermediari, se specificatamente autorizzati, possono anche emettere moneta elettronica, offrire servizi di pagamento e prestare alcuni specifici servizi ed attività di investimento (negoziazione per conto proprio ed esecuzione di ordini per conto dei clienti, in entrambi i casi limitatamente agli strumenti finanziari derivati; nonché i servizi di sottoscrizione e/o collocamento con o senza assunzione a fermo o assunzione di garanzia nei confronti degli emittenti). I medesimi intermediari vengono ora sottoposti ad una disciplina prudenziale, procedura autorizzativa e vigilanza simil- bancaria (“vigilanza equivalente”).

Le norme in questione, infatti, ricalcano quelle previste per le banche ma con alcune facilitazioni in termini, ad esempio di inferiori requisiti di capitale minimo113 e di adeguatezza patrimoniale, nonché con significative semplificazioni per gli intermediari “minori”114 quanto a regole organizzative, calcolo di rischi e sospensione temporanea dell’applicazione di alcune novità introdotte da

112 Anche in Austria l’erogazione di credito professionale/organizzata (“on a commercial basis”) può essere svolta solo da banche e l’autorità di vigilanza interpreta in maniera molto estesa tale concetto per cui, per violare la normativa, può essere sufficiente anche un solo prestito. Rientra nella riserva bancaria anche il ricevere prestiti “on a

commercial basis”, per finanziare la propria attività economica, sulla base di contratti standard che prevedono la

restituzione a una determinata scadenza e la corresponsione di interessi, ad eccezione dell’ipotesi in cui si tratta di prestiti subordinati (ragione per cui le piattaforme offrono solo questo tipo di prestiti): Gajda (2017), pp. 23-24, 30. 113 Essi variano da €1,2 milioni in caso di forma cooperativa a mutualità prevalente (e oggetto erogazione di

finanziamenti senza rilascio di garanzie) a €2 o €3 milioni in caso di concessioni di finanziamenti, rispettivamente, senza o con rilascio di garanzie: cfr. Banca d’Italia (2015).

114 Gli intermediari possono considerarsi minori quando hanno meno di €250 milioni di attivo ma sono esclusi, tra gli altri, quelli autorizzati alla prestazione di servizi di pagamento.

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CRD IV e CRR115. Tale inasprimento di regime, in parte conseguente al sospetto verso lo shadow banking

system generatosi nel contesto della crisi finanziaria ma in ogni caso retto dal principio di

proporzionalità116, è stato ritenuto «funzionale al perseguimento degli obiettivi della sana e prudente gestione degli intermediari e della stabilità finanziaria del sistema nel suo complesso» (Banca d’Italia, 2014, p. 3) date anche l’interrelazione con le banche e la necessità rendere più omogenea la regolazione dei soggetti operanti nel sistema finanziario (Lemma 2011, pp. 186, 189; Capriglione e Lemma 2018, pp. 1575-1576).

Sempre in merito all’ampiezza della riserva in materia di erogazione del credito, pare opportuna un’ulteriore precisazione. Se, per un verso, infatti, l’introduzione del d.lgs. 141/2010 può dirsi aver portato in Italia un irrigidimento nelle regole concernenti tale attività, va, d’altro canto, pure segnalata la presenza di altre novità normative in forza delle quali la possibilità di erogare credito è stata progressivamente estesa anche a tipologie di soggetti diversi da banche ed intermediari ex art. 106 t.u.b. Il riferimento va alle assicurazioni – sulle quali però non ci si soffermerà in questa sede, lambendo solo marginalmente il fenomeno del marketplace lending (e nella prospettiva opposta in cui assumano la veste di crowd- investor) –, a società di cartolarizzazione, fondi di credito (dei quali ci si occuperà infra § 7.4) e operatori di microcredito.

Gli intermediari ex art. 106 t.u.b., così come le banche, sono pure soggetti, come si è già accennato, alla disciplina di trasparenza prevista dagli artt. 115 ss. t.u.b. e alle discipline in materia di credito ai consumatori e di mutui residenziali ai consumatori.

La disciplina in materia di credito ai consumatori di cui alla CCD e agli artt. 121 ss. t.u.b., che, come detto, l’hanno recepita in Italia, si applica ai “contratti di

credito” (art. 122, comma 1, t.u.b.)117 stipulati fra consumatori e finanziatori

professionali, introducendo: 1) intensi obblighi informativi precontrattuali (da adempiere attraverso la consegna di un documento sintetico contenente “Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori”); 2) di verifica del merito creditizio (su cui v. infra § 9); 3) il diritto di ripensamento del consumatore e

115 Ad esempio, requisiti di leva finanziaria e liquidità e alcune riserve: cfr. Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari, Circ. n. 288/2015.

116 Usa comprensibilmente toni critici nei confronti della riforma del titolo V del t.u.b. che ha introdotto una disciplina “near banks” per soggetti che tuttavia non raccolgono il risparmio presso il pubblico Antonucci (2012), pp. 105 ss., in particolare pp. 114-115.

117 In base all’art. 121, comma 1, t.u.b. per contratto di credito s’intende «il contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria» (lett. c), dove per consumatore s’intende «una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta» (lett. b) e per “finanziatore” «un soggetto che, essendo abilitato a erogare finanziamenti a titolo professionale nel territorio della Repubblica, offre o stipula contratti di credito» (lett. f). Eccezionalmente, in deroga alla riserva generale in materia di erogazione del credito, l’art. 122, comma 5, t.u.b. stabilisce che «I venditori di beni e servizi possono concludere contratti di credito nella sola forma della dilazione del prezzo con esclusione del pagamento degli interessi e di altri oneri».

Non tutti i contratti di finanziamento conclusi da consumatori sono tuttavia qualificabili come “contratti di credito”, essendo escluse dall’ambito di applicazione della disciplina di cui trattasi alcune tipologie di prestiti ai consumatori, tra le quali quelle soggette alla MCD (su cui v. subito infra), nonché i finanziamenti a titolo gratuito e quelli di importo inferiore a €200 o superiore a €75.000, (v. art. 2, par. 2, CCD).

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quello di rimborso anticipato del finanziamento in qualsiasi momento. Tutte le norme di tutela del consumatore introdotte da tale disciplina sono inderogabili salvo che le deroghe siano a suo vantaggio (cfr. art. 127 t.u.b.).

Per quanto concerne invece la disciplina in materia di mutui residenziali ai consumatori di cui alla MCD, recepita in Italia dagli artt. 120-quinquies e ss. t.u.b., – premesso che i mutui residenziali e ipotecari non sono tra i più diffusi nel settore del lending marketplace (risultando invece in crescita, specialmente nel Regno Unito, i finanziamenti ai real estate developer, cfr. § 4), va sottolineato che anch’essa si applica solo ai contratti tra consumatori e finanziatori professionali, ponendo in capo

a questi ultimi penetranti obblighi informativi e di condotta118.

Valutazione di congruità della disciplina

Venendo ad analizzare la pertinenza di tale normativa con l’operatività corrente delle piattaforme, va osservato che, in primo luogo, quando la piattaforma non si presenta come parte del contratto creditizio (cioè nell’assoluta prevalenza dei casi), la relativa attività non può essere descritta in termini di esercizio

professionale del credito119. Né può d’altra parte ritenersi che siano i crowd- investor a svolgere, in forma professionale da loro organizzata, attività di concessione di finanziamenti nei confronti del pubblico.

Quanto precede è confermato dal fatto che lo status di intermediario ex art. 106 t.u.b. risulta oggi assunto solo dal gestore di una delle piattaforme attive in Italia, il quale offre ai suoi utenti forme di compartecipazione al prestito (modello assunto anche allo scopo di rassicurare sull’allineamento degli interessi della piattaforma con quella dei crowd-investor).

D’altro canto, si deve considerare che la riserva di attività a favore degli intermediari ex art. 106 t.u.b. porta con sé l’applicazione di regole di tutela del soggetto finanziato e, in particolare, della disciplina generale di trasparenza di cui

agli art. 115 ss. t.u.b., delle discipline relative ai crediti ai consumatori e ai mutui residenziali ai consumatori di cui, rispettivamente, agli artt. 121 ss. e 120-

quinquies ss. t.u.b. nonché di altre discipline speciali di trasparenza inerenti a

specifiche ed ulteriori attività di natura finanziaria che gli intermediari possono svolgere (; servizi di pagamento, qualora gli intermediari ex art. 106 t.u.b. siano anche autorizzati come IP, e servizi di investimento ammessi e per i quali gli intermediari

siano stati autorizzati). Tali regole non risultano, invece, de iure condito

118 Si tratta di obblighi di pubblicità, di informativa (anche attraverso la consegna del Prospetto Informativo Europeo Standardizzato con informazioni personalizzate e che permettano il raffronto con altre offerte), di condotta (con attenzione ai bisogni particolari di ogni consumatore), di verifica del merito creditizio, di valutazione indipendente dell’immobile, di divieto di commercializzazione abbinata, di obbligo di concedere un periodo di riflessione di 7 giorni e di procedure da adottare in caso di inadempimento del debitore. Risultano applicabili anche alcune diposizioni in materia di trasparenza in generale (artt. 115 ss. t.u.b.) in forza del rinvio contenuto nell’art. 120-

noviesdecies t.u.b.

119 Salva la prospettiva, obiettivamente difficile da sostenere, di concepire i crowd-investor come ausiliari della piattaforma nell’erogazione in favore dei crowd-borrower del prodotto creditizio, dalla prima organizzato in forma professionale.

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direttamente applicabili ai contratti con le piattaforme che non hanno assunto lo

status giuridico di intermediari ex art. 106 t.u.b. (e ciò a causa della frammentazione della catena del valore e della mancanza del tradizionale rapporto bilaterale tra impresa finanziaria e consumatore-cliente, che la presenza delle piattaforme digitali porta con sé: cfr. §§ 2, 3 e 8).

Va peraltro considerato che, pur nel caso di piattaforme con status

regolamentare di cui all’art. 106 t.u.b., la disciplina generale di trasparenza ex artt.

115 ss. t.u.b. e quelle di protezione dei consumatori si applicherebbero ai soli contratti di finanziamento eventualmente sottoscritti tra piattaforme e utenti, ma non anche a quelli sottoscritti direttamente tra crowd-investor e crowd-borrower; la disciplina di trasparenza relativa ai servizi di pagamento potrebbe invece trovare

applicazione con riferimento ai contratti tra piattaforma e utenti ma solo per quanto attiene a quella tipologia di servizi prestati (§ 7.3)120.

Il ricorso all’approccio funzionale e risk-based più sopra prospettato (§ 3.4) evidenzia però che, nella prospettiva del crowd-borrower, non corre grande differenza tra un finanziamento ricevuto dall’intermediario tradizionale e quello erogato per il tramite della piattaforma, che comunque interagisce con gli utenti in modo professionale e organizzato, anche tramite predisposizione dei modelli

contrattuali e gestione dei conseguenti rapporti. Non sembra perciò ragionevole affermare che le istanze protettive perseguite dalle discipline di trasparenza rivolte agli intermediari creditizi (Titolo VI del t.u.b.) possano essere trascurate rispetto al marketplace lending solo perché in tale contesto non è rinvenibile un soggetto di imputazione dell’attività di esercizio professionale del credito. Del resto, anche sul versante dei rapporti concorrenziali tra imprese, si vede il riflesso della medesima questione poiché non vi è ragione per escludere che i lending marketplace vengano a competere sullo stesso mercato dei finanziatori tradizionali.

D’altra parte, le normative di trasparenza di cui agli artt. 115 ss. t.u.b.

non sono per sé sole sufficienti a proteggere gli interessi di tutti gli utenti coinvolti nel marketplace lending. Le medesime sono, infatti, com’è ovvio parametrate sull'attività di credito delle banche e degli intermediari ex art. 106 t.u.b.

e ignorano in toto la tutela degli utenti-lender (crowd-investor), risultando quindi

inadeguate. È questo, invece, un profilo che, nell’ottica di regolazione de iure

condendo del fenomeno del marketplace lending, non può in alcun modo essere trascurato.

Entrambe le considerazioni appena svolte inducono a ritenere, dunque, che, anche sotto il profilo della tutela degli interessi degli utenti connessi all’esercizio del credito, sembrerebbe preferibile l’introduzione di una normativa ad hoc.

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La mediazione creditizia. Valutazione di congruità

In chiusura sul tema dell’erogazione del credito, un breve cenno va riservato alla presenza nell’ordinamento italiano della disciplina sui mediatori creditizi, cioè di operatori che mettono in relazione finanziatori professionali con la potenziale clientela in vista della concessione di finanziamenti.

Il mediatore creditizio è il «soggetto che mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari previsti dal Titolo V con la potenziale clientela per la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma» e che deve iscriversi in apposito elenco tenuto dall’organismo degli agenti e dei mediatori (OAM) (art. 128-sexies, comma 1º, t.u.b.). L’iscrizione è subordinata al rispetto di requisiti di forma di società di capitali o cooperativa, sede legale in Italia, requisiti di azionisti di controllo e degli esponenti ed assicurazione per responsabilità civile (art. 128-

septies t.u.b.). La normativa prevede la sottoposizione dei mediatori creditizi a obblighi di indipendenza

e, ex art. 128-decies t.u.b., di trasparenza propri (con rinvio agli artt. 115 ss. t.u.b.).

Tale attività sembra presentare profili di somiglianza con quella svolta dalle piattaforme ma, al di là della maggior complessità dei servizi offerti dai lending marketplace, la stessa definizione legale di mediatore creditizio esclude, nella

maggior parte dei casi, l’applicabilità della relativa normativa nel contesto del

marketplace lending, presupponendo la natura di intermediario autorizzato del

soggetto che eroga il finanziamento (la maggior parte delle piattaforme italiane

richiedono, invece, ai crowd-investor una dichiarazione di non professionalità nella concessione di credito). Va tenuto presente, peraltro, che, essendo al mediatore creditizio richiesto lo svolgimento esclusivo dell'attività di mediazione salve attività strumentali e connesse, la qualificazione del gestore della piattaforma a tale stregua potrebbe non permettere al medesimo di svolgere al contempo le altre attività tipiche del crowdfunding (salvo che non possano considerarsi, appunto, strumentali e connesse).

Per completezza, va infine rammentato che anche CCD e MCD prevedono alcuni obblighi informativi e di condotta a carico degli intermediari del credito, cioè di quei soggetti, diversi dai finanziatori, che a diverso titolo favoriscono l’erogazione

dei finanziamenti121. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui si ritenesse di far ricadere i

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