• Non ci sono risultati.

Analisi giuridica dei lending marketplace

7 Le piattaforme di markeplace lending alla prova delle tradizionali riserve di attività in ambito finanziario (e delle

7.1 La raccolta del risparmio

L’evoluzione della riserva sulla raccolta del risparmio in Europa e in Italia

Una prima riserva di attività da considerare al fine di valutarne la pertinenza con il marketplace lending è quella della raccolta del risparmio presso il pubblico, data la rilevanza che è da sempre attribuita alla stessa nel nostro ordinamento ed il fatto che le uniche disposizioni della Banca d’Italia che si occupano in modo esplicito dell’attività delle piattaforme di marketplace lending sono proprio quelle relative a tale riserva95.

La raccolta del risparmio è tradizionalmente considerata uno degli elementi caratterizzanti l’attività bancaria e, come tale, è riservata alle banche sia dalla

disciplina italiana, sia da quella europea96.

95 Si tratta, in particolare, della Sezione IX (Social lending) delle Disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche, emanate l’8 novembre 2016.

96 Si pensi alla nozione di banche che “raccolgono depositi” contenuta nella prima legge bancaria (r.d.l. n. 7 settembre 1926, n. 1511, convertito nella l. 23 giugno 1927, n. 1107) e alla riserva delle attività di raccolta del risparmio e di esercizio del credito contenuta nell’art. 1 della legge bancaria del 1936/38, penalmente sanzionata dal successivo art. 96 della medesima legge. La riserva è stata poi trasfusa, adattandola al nuovo contesto economico e normativo, nel d.lgs. n. 481/1992 di recepimento della seconda direttiva di coordinamento in materia bancaria (89/646/CEE) e da lì nell’art. 11 del TUB. Prevedeva, infatti, l’art. 3 della citata direttiva 89/646/CEE che persone e imprese diverse dagli enti creditizi non potessero effettuare, a titolo professionale, l’attività di raccolta di fondi rimborsabili presso il pubblico. Lo stesso articolo prevedeva alcune deroghe, tra le quali si deve citare, per quanto qui interessa, il caso in cui un’espressa previsione normativa nazionale o europea consentisse tale raccolta a soggetti diversi dagli enti creditizi, ma a condizione che l’attività fosse soggetta a regolamentazione e a controlli diretti a proteggere depositanti e investitori. È importante ricordare che la riserva di cui trattasi è peraltro presente nel diritto europeo sin dalla prima di direttiva di coordinamento in materia bancaria (77/780/CEE), il cui 5° considerando precisa che l’attività bancaria consiste, sul lato della raccolta, nel “raccogliere fondi rimborsabili presso il pubblico sia sotto forma di deposito che sotto altre forme, quali l’emissione continua di obbligazioni e di altri titoli comparabili”, e il cui art. 1 identifica il contenuto dell’attività bancaria, sempre sul versante della raccolta, “nel ricevere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico”. Identica disciplina è contenuta oggi nell’art. 9, par. 2, della direttiva 2013/36/UE (meglio nota come CRD IV). Per un’analisi della disciplina della raccolta del risparmio nell’ordinamento italiano si rinvia, tra gli altri, a D’Amico e Enria 1996, pp. 280 ss.; Costi, 2001, pp. 185 ss.; Calandra Buonaura 2001, pp. 37 ss.; Porzio 2003, pp. 198 ss.; Brescia Morra, 2006, pp. 22 ss.; Desiderio 2010, pp. 369 ss.; a Troiano 2012, pp. 140 ss.

132

Quaderni FinTech

N. 5 luglio 2019

Partendo da quest’ultima, si deve qui ricordare che la riserva bancaria sull’attività di raccolta del risparmio presso il pubblico con obbligo di rimborso condotta insieme a quella di erogazione del credito è attualmente sancita dall’art. 4(1)1 della direttiva 2013/36/UE, meglio nota come Capital Requirements Directive o CRD IV, mentre quella sulla sola raccolta di fondi con obbligo di rimborso presso il pubblico dall’art. 9 del regolamento (UE) n. 575/2013, meglio noto come Capital Requirements Regulation o CRR (entrambi in corso di revisione come pacchetto CRD V e CRR II)97.

Nel diritto italiano, la riserva di attività di cui si discute è contenuta nell’art. 11 del Testo Unico Bancario (di seguito, t.u.b.; d.lgs. 385/1993).

Sino agli anni Settanta del secolo scorso, la riserva in questione – quale regola generale, passibile solo delle limitate eccezioni tassativamente previste dalla legge - ha costituito nell’ordinamento italiano uno degli strumenti per assicurare la centralità dell’intermediazione bancaria nel finanziamento dell’economia e per mantenere gli strumenti di raccolta con obbligo di rimborso e di finanziamento diretti e, quindi, “disintermediati” entro ristrette eccezioni (giustificate dal rapporto tra finanziatore e finanziato) o comunque entro i limiti della raccolta obbligazionaria consentita dal codice civile e, se applicabili, secondo le modalità ammesse dal testo unico finanziario.

Tali attività, infatti, sono collegate al tradizionale ruolo delle banche nella

trasmissione della politica monetaria, nei sistemi di pagamento e nel sistema economico generale anche a causa delle interconnessioni tra intermediari, nella trasformazione della liquidità e delle scadenze e nel fenomeno di creazione di moneta/liquidità (Costi 1999; Costi 2012, pp. 205-208; Brescia Morra 2010, pp. 95-

98; Brescia Morra 2016, pp. 11 ss., 58-60, 95 ss.; Duwatripont e Tirole 1993, pp. 29 ss.; Giorgianni e Tardivo 2012, pp. 5-6; Landi e Onado 1996, pp. 34-37; Carnell et al. 2009, pp. 48 ss.; Cranston 2002, pp. 65 ss.; Dragomir 2010, pp. 26 ss. e 39-47). La banca, infatti, svolge un ruolo di “intermediazione forte”, dal momento che, raccogliendo il denaro presso il pubblico in forma di fondi rimborsabili ed erogando finanziamenti a soggetti dalla medesima selezionati, assume direttamente su di sé il rischio di credito (Benston e Smith 1976; Santomero 1984, pp. 576-79; Bhattacharya e Takor 1993; Onado 2000, pp. 28 ss., 209 ss., 352; Perrone 2006).

Lo svolgimento di tali attività, anche in considerazione dell’importanza delle funzioni svolte, implica l’insorgenza di rischi di elevata entità e specifici del settore: in particolare, il rischio di “corsa agli sportelli” dei depositanti e quello del verificarsi di conseguenze negative in termini di instabilità del sistema collegate alla ridotta liquidità degli asset bancari per la necessità di impiegare proficuamente le risorse e quindi di riserve solo frazionarie. L’esigenza di presidiare in modo adeguato i rischi di cui si è detto e l’importanza degli enti creditizi nel contesto economico generale giustificano tradizionalmente la presenza di una riserva di attività e quindi la necessità di un’autorizzazione per lo svolgimento della

97 Il pacchetto prevede vari aggiustamenti ad alcuni requisiti e ai soggetti esenti, maggior proporzionalità nella vigilanza a favore delle banche piccole e semplici e incentivi per il prestito alle PMI: cfr. http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/comunicato_stampa_commissione_europea_16_aprile_201 9.pdf.

133 Marketplace lending Verso nuove forme di intermediazione finanziaria?

stessa, subordinata al rispetto, in primis, di una serie di condizioni oggettive: un capitale minimo98, una determinata forma legale (in Italia, s.p.a. o società cooperativa per azioni a responsabilità limitata), requisiti degli amministratori e dei titolari di partecipazioni qualificate99, assenza di stretti legami che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza (cfr. art. 14 t.u.b.). In secondo luogo, la disciplina bancaria impone il rispetto di stringenti requisiti prudenziali atti a dotare le banche di fondi propri sufficienti a coprire le perdite che potrebbero derivare dai rischi propri dell’attività, limiti alle partecipazioni detenibili in altre società (per limitare la concentrazione dei rischi, l’immobilizzazione degli impieghi e conflitti di interessi) e regole di corporate governance (artt. 53 ss. t.u.b.). Infine, le banche sono sottoposte a vigilanza (regolamentare, ispettiva e informativa) (artt. 51 ss. t.u.b.) e sono ad ogni modo tenute a rispettare anche discipline non prudenziali aventi ad oggetto, per esempio, i rapporti

contrattuali con i clienti (artt. 115 ss. t.u.b., disposizione non armonizzata a livello europeo, cui si

aggiungono, con non poche sovrapposizioni e difficoltà applicative, le discipline speciali di trasparenza diversificate - come si vedrà nelle pagine seguenti - a seconda dello specifico servizio offerto: credito ai consumatori, mutui residenziali, servizi di pagamento e conti di pagamento).

La disciplina ha subito nel corso del tempo diverse modifiche al fine di

adeguarla al progressivo aumento (ed allargamento) dei canali non bancari di finanziamento dell’impresa100 e alla creazione di nuovi intermediari finanziari non bancari, quali gli istituti di moneta elettronica (di seguito, IMEL) e gli istituti di pagamento (di seguito, IP). All’esito di queste modifiche, la disciplina in questione oggi prevede – per quanto in questa sede interessa – che non sia riservata alle

banche la ricezione di fondi: a) effettuata dai soggetti autorizzati a prestare servizi di pagamento e di emissione di moneta elettronica quando connessa all’espletamento di detti servizi e svolta nel rispetto delle condizioni e dei limiti

previsti dalle relative normative di settore; b) senza emissione di strumenti

finanziari, presso soci o dipendenti o altre società del medesimo gruppo, nei limiti individuati dal CICR e dalle disposizioni attuative della Banca d’Italia; c) effettuata dalle società mediante obbligazioni, titoli di debito od altri strumenti finanziari disciplinati dal codice civile e testo unico finanziario, nei limiti pure individuati dalle delibere del CICR e dalle disposizioni della Banca d’Italia in conformità con

quanto previsto dal codice civile stesso101; d) rientranti in altre ipotesi di raccolta

espressamente consentite dalla legge, nel rispetto del principio di tutela del risparmio (art. 11, comma 4, t.u.b.).

98 Ora di €10 milioni per banche lucrative e popolari e €5 milioni per le BCC.

99 I requisiti richiesti agli amministratori attengono alla professionalità, onorabilità (assenza di certe condanne penali) e, più recentemente, anche di indipendenza, competenza, disponibilità di tempo e limiti di cumulo degli incarichi, differenziati in base al ruolo da ricoprire (artt. 14, comma 1, lett. e), 19 e 26). I titolari di partecipazioni, invece, devono possedere determinati requisiti di onorabilità, competenza (graduata in base al livello di influenza) e correttezza, oltre che, in sede di acquisizione, superare il vaglio di idoneità a permettere la sana e prudente gestione della banca, svolto dall’autorità di vigilanza e basato tra l’altro sull’esame della reputazione del titolare delle partecipazioni, la sua solidità finanziaria, l’idoneità della struttura dell’eventuale gruppo di consentire l’esercizio efficace della vigilanza e la mancanza di un fondato sospetto di operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo (artt. 14, comma 1, lett d), 19 e 25 t.u.b.).

100 Si pensi alle numerose e penetranti modifiche introdotte nell’art. 11 t.u.b. dalla riforma del diritto societario (d.lgs. n. 6/2003 come “corretto” dal d.lgs. n. 37/2004) e alla relativa disciplina di attuazione, contenuta nella delibera del CICR 19 luglio 2005, n. 1058, a sua volta integrata dalla delibera 22 febbraio 2006, n 241.

101 Cfr. l’art. 4 della delibera CICR n. 1058/2005 (art. 3 Disposizioni di vigilanza sulla raccolta non bancaria del risparmio), il quale richiama i limiti previsti, rispettivamente, dall’art. 2412, comma 1, c.c. per le s.p.a., dall’art. 2483 c.c. per le s.r.l. e dall’art. 2526 c.c. per le cooperative a responsabilità limitata.

134

Quaderni FinTech

N. 5 luglio 2019

Sono inoltre escluse dalla riserva le forme di raccolta non qualificabili come rivolte “al pubblico”, in quanto realizzate «sulla base di trattative personalizzate con singoli soggetti, mediante contratti dai quali risulti la natura di finanziamento» (art. 2, comma 2, terzo trattino, della delibera CICR n. 1058/2005; cfr. anche art. 2,

comma 1, lett. b) Disposizioni della Banca d’Italia per la raccolta del risparmio dei

soggetti diversi dalle banche, novembre 2016), presumendosi in tal caso una maggior consapevolezza da parte di chi presta denaro (Troiano 2012, p. 101).

In passato, la Banca d’Italia ha ritenuto di scorgere una possibile violazione

della riserva sulla raccolta del risparmio nella ricezione di fondi dal pubblico operata da uno dei primi lending marketplace operanti in Italia, a causa della

confusione dei patrimoni e della conseguente nascita dell’obbligo di rimborso (in

violazione delle condizioni fissate dall’Autorità in sede autorizzativa).

Ci si riferisce al caso Zopa Italia, in cui l’Autorità di vigilanza, confermata nella sua opinione dal TAR Lazio, ha riconosciuto tale violazione in capo alla piattaforma (che era stata autorizzata ad offrire un servizio di pagamento nel rispetto di certe condizioni, ritenute dalla Banca d’Italia violate) per la presenza di inaccurata o incompleta separazione giuridica dei fondi della piattaforma da quelli degli utenti, con conseguente confusione patrimoniale e quindi passaggio di proprietà dei fondi a favore della piattaforma (con connesso rischio di azioni esecutive da parte dei creditori della stessa) e sorgere di un obbligo di rimborso in capo alla medesima. Inoltre, la sussistenza di una molteplicità e varietà di operazioni sui fondi inseriti nel sistema come a disposizione degli utenti (ad esempio, rimborso e reinvestimento di quanto ripagato dai prestatari) avrebbe creato di fatto una sorta di deposito irregolare102.

Il marketplace lending nell’ambito delle “Disposizioni sulla raccolta non bancaria del risparmio” della Banca d’Italia

Sulla base del quadro normativo europeo e nazionale sopra delineato e dei limiti dallo stesso imposti, nel 2016, in occasione della revisione delle già menzionate “Disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche”, la Banca

d’Italia vi ha introdotto una Sezione (la IX) dedicata al social lending (marketplace

lending), nella quale si chiarisce che tale attività può essere svolta nel rispetto delle discipline esistenti, con particolare riguardo alla normativa in materia di raccolta del risparmio.

Le Disposizioni affermano, infatti, che «[r]estano ferme le possibilità di raccolta senza limiti da parte di banche che esercitano attività di social lending attraverso portali on-line». Inoltre, esse precisano che, per quanto riguarda i gestori, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico: a) la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento dai gestori medesimi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del t.u.b. autorizzati a prestare servizi di pagamento ai sensi dell’art. 114-novies, comma 4, del

135 Marketplace lending Verso nuove forme di intermediazione finanziaria?

t.u.b.; b) la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori a tal fine autorizzati (sui quali infra, § 7.3).

Va pure osservato che , in queste disposizioni, l’Autorità non riferisce il

rischio di violazione della riserva bancaria solo ai gestori delle piattaforme (diversi

da banche, IP e IMEL) ma anche, e soprattutto, ai prenditori di fondi (crowd-

borrower), specificando che questi ultimi non violano la riserva in questione

ricevendo denaro dal pubblico solo nell’ipotesi in cui si avvalgano di «soggetti

sottoposti a vigilanza prudenziale, operanti nei settori bancario, finanziario,

mobiliare, assicurativo e previdenziale» o «l’acquisizione di fondi [sia] effettuata sulla base di trattative personalizzate con i singoli finanziatori»; quindi «allorché i prenditori e i finanziatori [siano] in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole del contratto tra loro stipulato e il gestore del portale si limit[i] a svolgere un’attività di supporto allo svolgimento delle trattative precedenti alla formazione del contratto», in modo che il contratto standard predisposto dalla piattaforma costituisca esclusivamente un punto di partenza per le trattative tra gli utenti (Banca d’Italia 2016b).

La configurazione di una violazione della riserva bancaria sulla raccolta del risparmio da parte dei prenditori è peraltro anche conseguenza della traduzione, nella trasposizione delle Direttive bancarie europee (dalla direttiva n. 73/183/CEE alla CRD IV) nel Testo Unico Bancario, dell’espressione inglese «carrying out the business of taking deposits».

Tale espressione è stata, infatti, tradotta semplicemente come “raccolta del risparmio” o “'acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi sia sotto altra forma” senza mantenere il requisito dello svolgimento in via professionale o perlomeno organizzata/imprenditoriale dell’attività stessa (implicita invece nel concetto di ‘business’), per cui qualunque acquisizione di fondi con obbligo di rimborso, anche occasionale, non organizzata e priva dei caratteri di continuità e di prevalenza, costituirebbe una violazione della riserva bancaria (Antonucci 1996, 621-622, la quale giunge ad ipotizzare che «l’estensione della riserva anche alla raccolta del risparmio non professionali non si limiti ad esorbitare dall’area del coordinamento compiuto dalla direttiva, ponendosi piuttosto in contrasto con l’art. 3 della direttiva, nel momento in cui definisce una diversa e più ampia riserva di attività di raccolta di fondi rimborsabili dal pubblico. Il che non resta fugato anche nella discutibile logica dell’armonizzazione minimale»; Troiano 2012, p. 101)103.

Una posizione simile a quella fatta propria dalle recenti disposizioni di Banca d’Italia è stata assunta anche dall’Autorità di vigilanza finanziaria del Belgio, paese in cui è riscontrabile analoga “imprecisa” trasposizione delle Direttive bancarie europee. Infatti, nel 2007, l’allora Autorità di vigilanza finanziaria belga, la Commission Bancaire, Financière et des Assurances (CBFA)104, nel decidere

103 Tale espressione è stata peraltro più correttamente tradotta nelle versioni ufficiali italiane delle Direttive (tranne curiosamente in quella della vigente CRD IV) come «effettuare, a titolo professionale, l'attività di raccolta di depositi o altri fondi rimborsabili, dal pubblico». Cfr. più ampiamente Macchiavello (2017). Di fronte alle constatate differenze tra gli Stati membri in fatto di definizione di “ente creditizio” anche su tale punto, l’EBA aveva anche proposto l'uso dell'espressione «in the course of carrying on the activity by way of business»: cfr. EBA (2014). 104 La CBFA era l’autorità responsabile della vigilanza bancaria, dei mercati finanziari e assicurativa ed è stata sostituita,

a partire dal 1 aprile 2011 ed a seguito di una riforma che ha introdotto un sistema di vigilanza basato sul modello “twin picks”, dall'Autorité des services et marchés financiers (FSMA) (con riferimento alla vigilanza sui mercati finanziari e società quotate, il controllo del rispetto delle regole di condotta, il controllo dei prodotti, l’educazione

136

Quaderni FinTech

N. 5 luglio 2019

sull’ammissibilità di uno specifico progetto di costituzione di quella che sarebbe stata la prima piattaforma di peer-to-peer lending nel paese, ha ragionato in termini di violazione della riserva in materia di raccolta del risparmio da parte dei riceventi il prestito e non delle piattaforme (le quali avrebbero agito su mandato di questi). I richiedenti il prestito, infatti, pubblicando le loro esigenze di credito, effettuerebbero un’offerta al pubblico (cioè rivolta a più di 50 persone secondo il diritto belga) con l’obiettivo di ricevere dallo stesso fondi rimborsabili (Colaert 2016).

Tuttavia, anche in Austria, dove la riserva bancaria copre la sola “commercial acceptance” di fondi dal pubblico con obbligo di rimborso per la finalità di amministrazione o di depositi (§ 1 (1) Figure 1, della legge federale bancaria), l’Autorità del mercato finanziario (Finanzmarktaufsicht – FMA) ha ritenuto nel 2012 che la ricezione di fondi nella forma di micro-prestiti da restituire con interessi ad una certa data effettuata attraverso piattaforme online e sulla base di un contratto standard da parte di imprese per finanziare le proprie regolari operazioni costituisse ricezione professionale/organizzata di fondi rimborsabili e quindi fosse vietata in quanto svolta senza la richiesta licenza bancaria105. Per tale motivo, nel paese si sono diffusi i prestiti subordinati online che, non implicando un obbligo assoluto di rimborso, sono stati ritenuti esclusi dalla riserva bancaria (Gajda 2017, pp. 24, 26, 30).

Infine, la Banca d’Italia suggerisce in termini generali alle piattaforme di prevedere limiti agli importi massimi dei prestiti ottenibili attraverso le stesse, in quanto coerenti con la ratio sottesa alle Disposizioni in questione di «impedire ai soggetti non bancari di raccogliere fondi per ammontare rilevante presso un numero indeterminato di risparmiatori», pur lasciando libere le piattaforme di stabilire la soglia.

Valutazione della congruità della normativa

Va innanzitutto considerato che se la relazione tra crowd-investor e piattaforme dovesse essere ritenuta riconducibile all’attività di raccolta del risparmio ne deriverebbe per queste ultime la necessità di ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria e di rispettare la relativa disciplina. Una tale conclusione non appare, però, coerente con la concreta attività svolta dalle piattaforme né, quindi, rispondente all’approccio regolatorio funzionale o risk-based che si è più sopra suggerito (§ 3.5). Perlomeno nel modello base (quello della mediazione tra privati), le

medesime non assumono, infatti, l’obbligo di rimborso (né il corrispondente rischio di credito), né quello di trasformazione delle scadenze e presentano finora

un livello molto limitato di interconnessioni tra loro e con il sistema bancario (cfr. anche CGFS e FSB 2017, pp. 25 e 31), rendendo perciò immotivata (ed eccessiva)

l’applicazione di una disciplina pensata invece per tali rischi e attività.

È perciò comprensibile che, nell’ambito delle più volte citate Disposizioni della Banca d’Italia del 2016, si sia cercato di chiarire le circostanze e condizioni in base alle quali il marketplace lending possa essere sottratto all’ambito della raccolta

finanziaria e la vigilanza sugli operatori finanziari nei rapporti con i clienti) e dalla Banque nationale de Belgique (con riguardo alla vigilanza micro-prudenziale e macro-prudenziale degli operatori finanziari e del mercato finanziario per la stabilità ed efficienza del sistema). Cfr. https://www.nbb.be/fr/la-banque-nationale/missions-et- activites/la-supervision-financiere e https://www.fsma.be/fr/brochure-de-presentation.

137 Marketplace lending Verso nuove forme di intermediazione finanziaria?

del risparmio. Tuttavia, la soluzione adottata non può che essere considerata un primo tentativo di adattare la disciplina esistente ad una realtà del tutto nuova, allo scopo di fornire linee-guida agli operatori che consentano loro di non ledere la riserva

in attesa di un intervento normativo organico in materia106.

Ciò premesso, pur considerando i limiti derivanti dalla normativa primaria e secondaria sopra esposta, risulta tuttavia evidente che le modalità operative effettive delle piattaforme (tese - in ragione dei costi, della diversificazione del rischio e della complessità risultante dalla gestione di molteplici relazioni contrattuali con innumerevoli riceventi - a standardizzare ed automatizzare il più possibile le

Outline

Documenti correlati